N. 468 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 maggio 1997

                                N. 468
   Ordinanza  emessa  il  15  maggio  1997  dal  pretore di Milano sul
 ricorso proposto da Muci Luigi contro la Cassa nazionale previdenza e
 assistenza ragionieri e periti (CNPR) e altri
 Previdenza e  assistenza  sociale  -  Cassa  Nazionale  Previdenza  e
    Assistenza   ragionieri   e   periti   commerciali   (C.N.P.R.)  -
    ricongiunzione - Onere a carico dei richiedenti nella  misura  del
    100%  della riserva matematica anziche' del 50% come per gli altri
    lavoratori autonomi - Eccessiva onerosita' - Deteriore trattamento
    dei ragionieri e periti commerciali rispetto agli altri lavoratori
    autonomi - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n.
    508/1991.
 Previdenza e  assistenza  sociale  -  Cassa  nazionale  Previdenza  e
    Assistenza   ragionieri   e   periti   commerciali   (C.N.P.R.)  -
    Ricongiunzione  -  Oneri  economici  -  Mancata  previsione  della
    detraibilita'  fiscale  -  Incidenza  sul  principio  di capacita'
    contributiva.
 (Legge del 5 marzo 1990, n. 45, artt. 1 e 2).
 (Cost. artt. 3, 38 e 53).
(GU n.30 del 23-7-1997 )
                                IL PRETORE
   In funzione di giudice  del  lavoro,  nella  causa  n.  10276/96RGL
 promossa  da Luigi Muci col proc. avv. M. Cinelli e P. Nastasi contro
 Cassa nazionale previdenza e assistenza ragionieri  e  periti  (CNPR)
 col  proc.  avv.  M.  Mole' e R. Bargasetti di Prun e contro INPS col
 proc.   avv. S. Graziuso  e  G.  Saia  e  contro  Ente  nazionale  di
 previdenza  e assistenza dei consulenti del lavoro (ENPACL) col proc.
 avv. A.  Antoniello e L. Grassi;
   Ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione degli atti  alla
 Corte Costituzionale;
   Con  ricorso  al  pretore  di  Milano,  in  funzione di giudice del
 lavoro, Luigi Muci, ha  esposto  di  aver  versato,  in  qualita'  di
 ragioniere,  oltre  13  anni  di  contributi  obbligatori alla "Cassa
 nazionale previdenza e assistenza ragionieri  e  periti  commerciali"
 dove  e'  attualmente iscritto senza interruzioni dal 1 gennaio 1980;
 di  aver  inoltre  versato  14  anni  di   contributi   previdenziali
 all'ENPACL,  come consulente del lavoro (periodo dal 1979 al 1992), e
 14 anni di contributi all'INPS, come lavoratore dipendente, di cui 76
 settimane (circa un anno e mezzo) come prosecutore  volontario.    Ha
 esposto  inoltre  di  aver percorso, al fine di far valere 35 anni di
 contributi utili per una pensione di anzianita', l'unica strada  oggi
 consentita ai liberi professionisti dalla legge 5 marzo 1990 n. 45, e
 quindi  di  aver  presentato  in  data 17 dicembre 1992 la domanda di
 "ricongiunzione" presso la gestione di attuale appartenenza, ossia la
 Cassa professionale (CNPR). Con lett. 21 agosto  1996  (doc.  1),  la
 Cassa  professionale  ha comunicato che, per ricongiungere 13 anni, 8
 mesi e 26  giorni,  gli  oneri  di  ricongiuzione  ammontano  a  lire
 149.012.448,  al  netto  di lire 46.512.610 rinvenienti e dall'EPACL.
 La lettera consente di pagare l'onere con 154 rate mensili (oltre  12
 anni)  di  lire  967.613 ciascuna, pari ad annue lire 11.611.000.  La
 stessa  lettera  evidenzia  che  ammonterebbe   a   lire   12.885.181
 l'incremento   pensionistico  annuo  derivante  dalla  ricongiunzione
 (differenza fra la pensione che spetterebbe dopo la ricongiunzione ed
 il pro-rata di pensione a carico della Cassa  calcolata  in  base  ai
 propri contributi).
   Secondo  il  rag.  Muci  a  prima vista, l'importo della rat sembra
 quasi coincidente con l'incremento pensionistico, ma  in  realta'  la
 rata   non   sara'   detraibile   fiscalmetne,   mentre  l'incremento
 pensionistico  sara'   decurtato   dalle   trattenute   fiscali;   di
 conseguenza,  per  i  12  anni della rateazione il rag. Muci dovrebbe
 destinare non solo  l'incremento  pensionistico,  ma  quali  l'intera
 pensione  per  pagare  le  rate  della ricongiunzione, restando cosi'
 senza pensione e senza lavoro, essendo  tale  tipo  di  pensionamento
 incompatibile con la prosecuzione della professione. Tuttavia, se non
 pata  la ricongiunzione, il rag. Muci non potra' avere la pensione di
 anzianita' da nessuno dei tre  enti  ai  quali  ha  contribuito,  pur
 avendo  versato  aliquote  contributive piene e calcolate per coprire
 anche tale prestazione pensionistica.   Egli  potrebe  conseguire  la
 pensione  di  vecchiaia  della  Cassa  professionale  nel  2010, e la
 pensione  INPS,  ma  perderebbe  lo  spezzone  contribuitivo  versato
 all'ENPACL,   non   raggiungendo  presso  questo  ente  il  requisito
 contributivo minimo. In tale situazione, il rag. Muci ha accettato di
 pagar le prime  rate  della  ricognizione,  ma  agisce  in  giudizio,
 confinando  di  poter ricongiungere le sue posizioni contribuitive in
 base a criteri  equi  e  conformi  alla  contribuzione  gia'  versata
 obbligatoriamente ai sensi di legge.
   Il   ricorrente   lamenta   quindi   che  l'onere  derivante  dalla
 ricongiunzione si rivela dunque sproporzionato rispetto  ai  benefici
 che  ne  derivano.    Solelva  quindi  questione di costituzionalita'
 dell'art. 2 della legge del 1990 per violazione degli artt. 3  Cost.,
 per  la  differenza  di  regime esistente presso altre gestioni (meno
 onerose) e comunque per violazione del principio di razionalita'.
   L'ENPACL, la  CNPR  e  l'INPS,  costituendosi  in  giudizio,  hanno
 chiesto   il   rigetto  del  ricorso,  senza  rimessione  alla  Corte
 costituzionale.
                     Motivi di incostituzionalita'
   Ad avviso di questo giudice la questione di costituzionalita' posta
 dal ricorrente non  e'  manifestamente  infondata,  oltre  ad  essere
 rilevante   per   il   giudizio  in  corso,  che,  allo  stato  della
 legislazione, dovrebbe chiudersi con una pronuncia di rigetto.
   L'art. 2 della legge 5 marzo 1990 n.  45  sembra  incostituzionale,
 per  violazione  del  principio  di uguaglianza (art. 3 Cost.), nella
 parte in  cui  determina  l'onere  di  ricongiunzione  per  i  liberi
 profesionisti  nella misura del 100% della riserva matematica, mentre
 per gli altri lavoratori autonomi lo stesso onere e'  stabilito,  dal
 terzo  comma  dell'art.  2  della  legge 7 febbraio 1979 n. 29, nella
 misura del 50% della riserva matematica (ed e' pari a zero per alcune
 categorie di lavoratori dipendenti: vedasi legge n.  322/1958  per  i
 dipendenti statali, legge n. 889/1971 per i regimi sostitutivi, legge
 15 marzo 1973 n. 44 per INPDAI, ecc.)
   Le  differenze  fra  i liberi professionisti e gli altri lavoratori
 autonomi non sembrano giustificate ne' sotto  il  profilo  reddituale
 degli  assicurati,  ne'  sotto il profilo delle prestazioni garantite
 dai vari ordinamenti destinatari  della  ricongiunzione.  Difatti  la
 riserva  matematica  e'  il  prodotto  dell'incremento  pensionistico
 concretamente  erogabile  per  il  coefficiente  di  capitalizzazione
 stabilito  nelle  tabelle:  cio'  significa  che le differenze fra le
 varie gestioni incidono nel calcolo dell'incremento  pensionistico  e
 nella  elaborazione  delle  tabelle;  ma  da  questo  punto in poi il
 calcolo  della  riserva  matematica  ha  scontato  tutte le possibili
 variabili. Non si capisce dunque perche',  a  parita'  di  incremento
 pensionistico  e  tenuto  conto  delle  varie  tabelle applicabili, i
 professionisti dovrebbero pagare il  doppio  degli  artigiani  o  dei
 commercianti.  Ne'  si  puo' dire che la differenza dipende dal fatto
 che la ricongiunzione dei liberi professionisti  va  ad  incidere  su
 gestioni  "privatizzate",  alle  quali  deve  affluire  il 100% della
 riserva  matematica,  a  differenza  delle  gestioni  "pubbliche"  di
 artigiani e commercianti.  Questo argomento non pare utilizzabile, in
 quanto  il  ricorrente  avrebbe  dovuto  pagare il 100% della riserva
 matematica anche se avesse ricongiunto nella direzione verso  l'Inps.
 Cio'  dimostra  che  l'onere della ricongiunzione al 100% o al 50% e'
 determinato   in   considerazione   del   soggetto   che   opera   la
 ricongiunzione   attraverso  una  discriminazione  personale  davvero
 difficile da spiegare e che accolla  solo  ai  liberi  professionisti
 oneri non richiesti ne' ai lavoratori autonomi iscritti alle gestioni
 speciali   Inps   (artigiani,   commercianti),   ne'  tanto  meno  ai
 dipendenti.    L'art.  2  della  legge  n.  45/1990  sembra   inoltre
 incostituzionale per violazione del principio di razionalita' (art. 3
 Cost.)  nella  parte in cui dispone che alla gestione di destinazione
 venga versata la intera riserva matematica, mentre alla  gestione  di
 provenienza  consente di trasferire non la propria riserva matematica
 corrispondente alla posizione previdenziale del ricorrente, ma i soli
 contributi maggiorati dell'interesse  composto  del  4,50%  all'anno,
 ossia una somma non rivalutata secondo le reali dinamiche monetarie e
 non comprensiva dei contributi integrativi.
   La polverizzazione del valore reale della posizione contributiva da
 trasferire,   conseguentemente   alla   adozione  dei  detti  criteri
 disomogenei, e' la principale  concausa  della  eccessiva  onerosita'
 della ricongiunzione.
   In  pratica,  se  si  stabilisce che la gestione di destinazione ha
 diritto di ricevere la riserva matematica, sembra logico che anche la
 gestione di provenienza trasferisca la propria riserva matematica; se
 invece sembra giusto trasferire i contributi, anche  la  gestione  di
 destinazione  deve  accontentarsi  dei  contributi,  rivalutati nella
 stessa misura. Ma non si puo' ammettere che  "in  entrata"  si  debba
 pagare  la riserva matematica e "in uscita" si riceva in restituzione
 l'importo nominale dei soli contributi soggettivi non rivalutati.  La
 sperequazione risulta  evidente  ove  si  consideri  che,  se  i  due
 spezzoni  contributivi  esistenti presso l'INPS e l'ENPACL rendessero
 ciascuno un "pro  rata"  di  tre  milioni  di  lire  all'anno,  essi,
 moltiplicati  per il coefficiente di capitalizzazione di 11,56299 (lo
 stesso usato dalla CNPR  per  il  calcolo  della  riserva  matematica
 richiesta), avrebbero un valore 69378000, mentre l'importo trasferito
 e'  di  lire  24.805.291.    La  disomogeneita' dei criteri non trova
 giustificazione  logica  e  determina  un  vizio   di   mancanza   di
 proporzionalita' fra quanto la gestione di destinazione deve ricevere
 e  quanto  la  gestione  di provenienza deve dare.  La differenza che
 viene posta a carico dell'assicurato rende  praticamente  impossibile
 la  ricongiunzione, se non per periodi molto brevi. E comunque, anche
 per  questi,  la  gestione  di  provenienza  lucra  ingiustamente  la
 rivalutazione  monetaria  dei  contributi  versati, ovvero la propria
 riserva matematica, che  grosso  modo  corrisponde,  secondo  calcoli
 fatti,   ai  contributi  maggiorati  da  rivalutazione  monetaria  ed
 interessi  sul  montante.    La  Corte  costituzionale, con ordin. 30
 dicembre 1991 n. 508, respingendo l'eccezione sollevata  dal  pretore
 di  Milano contro la eccessiva onerosita' delle tabelle da utilizzare
 per il calcolo della ricongiunzione, invocata da dipendenti della ATM
 con riferimento all'onere (dimezzato) imposto dalla legge n. 29/1979,
 ha affermato "la normativa  in  esame  potrebbe  essere  riconosciuta
 difforme  dalle  garanzie  dell'art.  38, la' dove sono assicurati ai
 lavoratori mezzi adeguati alle loro esigenze per la vecchiaia, ovvero
 in  caso  di  invalidita',  solo  se  la  copertura  assicurativa  si
 presentasse  abnorme  rispetto  agli  scopi che essa si propone. Ma a
 tanto dimostrare occorrerebbe evidenziare, nei  sensi  sostenuti  dal
 pretore,  una  palese  irragionevolezza dei prelievi, con conseguente
 negativa incidenza sull'art. 3".   Nel  caso  di  specie  l'onere  di
 ricongiunzione  e'  tale  da  assorbire l'incremento pensionistico di
 oltre 20 anni (sarebbe di una dozzina di anni  se  non  si  dovessero
 considerare  gli  aspetti  fiscali,  di cui si dira' in seguito).  La
 polverizazione del valore della posizione contributiva della gestione
 di provenienza, attuata attraverso il  trasferimento  dei  contributi
 non  rivalutati, urta pure contro la natura previdenziale del credito
 che l'assicurato vanta verso  la  cassa  di  provenienza,  come  tale
 disciplinato  dall'art. 429 c.p.c., sicche' ad esso e' applicabile la
 sentenza della Corte costituzione 12 aprile 1991 n. 156, che comporta
 la attribuzione del cumulo fra rivalutazione monetaria ed  interessi.
 Il Consiglio di Stato in adunanza plenaria, con decisione n. 9 del 31
 marzo  1992,  ha  affermato  (in  una  fattispecie  assimilabile alla
 presente)  che,  quando  un  fondo  pensionistico   aziendale   viene
 soppresso,  le  somme  versate  vengono private della loro originaria
 finalita' pensionistica e risultano percio' versate "sine causa".  La
 novita'  di  questa  decisione  e'  che  sulle  somme  da  restituire
 all'interessato  spettano  la rivalutazione monetaria e gli interessi
 legali. Analogamente avevano deciso la sesta sezione del Consiglio di
 Stato (decisioni numero 466 e 537 del 1992) e diversi  TAR  (fra  cui
 Campania  n.  56/1993,  Lombardia n. 64/1991 e Lazio n. 80/1981).  Se
 dunque la  considerazione  minima  che  dovevano  ricevere  le  somme
 versate  per contributi e' la rivalutazione alla stregua di tutti gli
 altri crediti previdenziali, si profila un  ulteriore  e  subordinato
 motivo  di  incostituzionalita'  dell'art.  2  della legge n. 45/1990
 nella parte in cui  dispone  che  la  gestione  di  provenienza  deve
 trasferire  i  soli contributi maggiorati dell'interesse composto del
 4,50% all'anno, anziche' i contributi rivalutati  a  norma  dell'art.
 429 cp.c., per violazione del princio di uguaglianza (art. 3 Cost.) e
 per   indebita   vanificazione   della  rilevanza  prevideaziale  dei
 contributi   versati   (art.   38   Cost.).      Altro   profilo   di
 incostituzionalita'  puo'  essere  ravvisato  nella non detraibilita'
 fiscale  dell'onere  di   ricongiunzione,   mentre   il   correlativo
 incremento  pensionistico  sara'  assoggettato al trattamento fiscale
 delle pensioni obbligatorie. Si verifica cosi' l'incongruenza di  una
 capitalizzazione  pagata  per  intero  per costituire una rendita che
 sara' dimezzata  dalla  incidenza  fiscale.    La  non  detraibilita'
 fiscale  viene  generalmente  fondata  sull'art.   10, lettera m) del
 d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, che dichiara deducibili i  premi  per
 le  assicurazioni  sulla  vita  ed  i  contributi  previdenziali  non
 obbligatori, fino a concorrenza di lire 2.500.000 all'anno.  Tuttavia
 occorre  notare  che  rendite derivanti dalla assicurazione fruiranno
 poi  della  aliquota  ridotta  al 12.5% ex art. 6, legge 26 settembre
 1985 n. 482, mentre l'incremento pensionistico  che  derivera'  dalla
 ricongiunzione  scontera'  la  normale  aliquota  IRPEF, in quanto si
 fondera' con il resto della pensione in modo inscindibile. La rendita
 costituita con l'assicurazione differisce dunque da quella costituita
 con la ricongiunzione quanto a trattamento  fiscale.  Ma  diversa  e'
 pure  la flinzione dei due istituti, giacche' l'assicurazione tende a
 garantire  una   rendita   autonoma   dalla   pensione,   mentre   la
 ricongiunzione  mira  a  costituire "una pensione unica", salvando il
 valore    previdenziale    di    quegli    spezzoni     contributivi,
 obbligatoriamente,  versati, che, in mancanza della "totalizzazione",
 perderebbero ogni valore previdenziale.   In  pratica,  l'importo  da
 versare  per la ricongiunzione dovrebbe essere fiscalmente equiparato
 alla contribuzione obbligatoria cui esso inerisce.
   Non sembra dunque  logico  equiparare  il  trattamento  fiscale  di
 operazioni  concettualmente  diverse  ed  i  cui risultati reddituali
 saranno assoggettati ad una diversa incidenza fiscale. Ma, se non  si
 equiparano  ai  premi  delle  assicurazioni, le rate da pagare per la
 ricongiunzione perdono perfino  la  limitata  detraibilita'  di  lire
 2.500.000  annue,  per  il semplice motivo che il d.P.R. del 1986 non
 poteva prevedere la deducibilita' degli  oneri  che  sarebbero  stati
 successivamente  introdotti dalla legge n. 45/1990 (ben potendo pero'
 tener conto di quelli derivanti dalla legge  n.  29/1979).    Poiche'
 dunque   la   non   deducibilita'   fiscale   fa  lievitare  in  modo
 irragionevole il costo della ricongiunzione, si pongono in  contrasto
 con  l'art.  38  della  Cost.  sia  il  citato  art. 10 del d.P.R. 22
 dicembre 1986 n. 917, sia l'art. 2 comma 3 della  legge  n.  45/1990,
 nella parte in cui non prevedono la deducibilita' fiscale degli oneri
 di ricongiunzione.
   Pure  violato  appare  il principio della capacita contributiva, di
 cui  all'art.  53  Cost.,  in  quanto  le  somme  da  pagare  per  la
 ricongiunzione  non  possono  essere  incluse  nel  novero  di quelle
 rivelatrici della  capacita'  contributiva,  essendo  destinate  alla
 salvaguardia della posizione previdenziale.
                               P. Q. M.
   Ritenuta  rilevante  e non manifestamente infondata la questione di
 costituzionalita' degli artt. 1  e  2  della  legge  n.  45/1990  nei
 termini di cui in motivazione;
   Dispone  ex  art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, la sospensione del
 presente  procedimento  e  la  rimessione  degli  atti   alla   Corte
 costituzionale;
   Ordina  che,  a  cura  della Cancelleria, la presente ordinanza sia
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e  comunicata  ai
 Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
     Milano, addi' 15 maggio 1997
  Il pretore: Santosuosso
 97C0800