N. 62 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 ottobre 1997

                                 N. 62
  Ricorso  per  questione di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 6 ottobre 1997 (della regione Puglia)
 Regione - Conferenza Stato-Regione  -  Individuazione  di  compiti  e
    disposizioni  circa  le  intese  -  Unificazione con la Conferenza
    Stato-citta' ed autonomie locali, per quanto concerne  le  materie
    ed  i compiti di interesse comune delle regioni, province e comuni
    - Determinazione delle modalita' di convocazione e delle  funzioni
    di  tale organo - Eccesso di delega - Lesione dei principi posti a
    tutela delle autonomie locali e del decentramento amministrativo -
    Incidenza  sulle  competenze  e  sull'autonomia  delle  regioni  -
    Violazioni del principio di leale cooperazione.
 (D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, artt. 2, 3, 8 e 9).
 (Cost.,  art.  5, 76, 97, 115, 117 e 118; legge 15 marzo 1997, n. 59,
    art. 9; d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616).
(GU n.45 del 5-11-1997 )
   Ricorso della regione  Puglia,  in  persona  del  presidente  della
 Giunta  regionale  pro-tempore  autorizzato  con  delibera  di Giunta
 regionale, rappresentata e difesa, come  da  mandato  a  margine  del
 presente  atto,  dal  prof.  avv.  Aldo  Loiodice  e  dal  prof. avv.
 Beniamino Caravita di Toritto e  presso  lo  studio  di  quest'ultimo
 elettivamente  domiciliata  in  Roma,  via T. Taramelli 22, contro il
 Presidente  del   Consiglio   dei   Ministri   pro-tempre,   per   la
 dichiarazione  di  illegittimita' costituzionale del d.lgs. 28 agosto
 1997, n. 281 recante "Definizione ed ampliamento  delle  attribuzioni
 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e
 le  province  autonome di Trento e di Bolzano ed unificazione, per le
 materie ed  i  compiti  di  interesse  comune  delle  regioni,  delle
 province  e  dei  comuni, con la Conferenza Stato-citta' ed autonomie
 locali", e in particolare degli artt.  2,  3,  8,  9,  pubblicato  in
 Gazzeffa Ufficiale, serie generale, n. 202 del 30 agosto 1997.
                               F a t t o
   Con  ricorso notificato al Presidente del Consiglio dei Ministri in
 data  16  aprile  1997  e  successivamente   depositato   presso   la
 cancelleria  di  questa  ecc.ma Corte, la regione Puglia ha impugnato
 alcune disposizioni della legge 15 marzo 1997, n. 59, recante "Delega
 al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni  ed
 enti  locali,  per la riforma della pubblica amministrazione e per la
 semplificazione amministrativa", pubblicata nel suppl. ord.  n.  56/L
 alla Gazzetta Ufficiale del 17 marzo 1997, n. 63.
   Con  tale  impugnazione  la  regione  Puglia  denunciava la lesione
 dell'attuale   status   costituzionale   dell'autonomia    regionale,
 riservandosi,  inoltre, qualora necessario, di impugnare i successivi
 decreti di attuazione della suddeffa legge.
   Successivamente, in data 28 agosto 1997, il Governo, in  attuazione
 dell'art.  9  della legge n. 59/1997, adottava il decreto legislativo
 n. 281/1997, recante "Definizione ed ampliamento  delle  attribuzioni
 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e
 le  province  autonome di Trento e di Bolzano ed unificazione, per le
 materie ed  i  compiti  di  interesse  comune  delle  regioni,  delle
 province  e  dei  comuni, con la Conferenza Stato-citta' ed autonomie
 locali" pubblicato in Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 202  del
 30 agosto 1997.
   Proprio  l'art.  9 della legge n. 59/1997 aveva costituito oggetto,
 sotto vari profili, di specifica impugnazione da parte della  regione
 Puglia nel ricorso promosso avverso la legge n. 59/1997.
   La  circostanza  che  il  d.lgs.  28 agosto 1997 n. 281 costituisca
 attuazione della delega contemplata dal suddetto articolo, in una con
 la presenza di ulteriori aspetti  di  illegittimita'  costituzionale,
 non  puo'  esimere  la  regione Puglia dall'impugnarlo per i seguenti
 motivi di
                             D i r i t t o
   1. - Violazione degli artt. 5, 115, 117,  118  della  Costituzione;
 violazione  e  falsa  applicazione  del  d.P.R. n. 616 del 1977 quale
 norma interposta.
   In attuazione della delega contenuta nel primo comma dell'art.    9
 della  legge  n.  59/1997,  l'art.  8, comma 1, unifica la Conferenza
 Stato-regioni con la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali "per
 la materia ed i compiti di interesse comune".
   Nel successivo  comma  4,  l'art.  8  disciplina  le  modalita'  di
 convocazione  della  suddetta  Conferenza  e l'art. 9 ne individua le
 funzioni.
   Tali disposizioni presentano evidenti vizi di incostituzionalita' e
 rappresentano  la   spia   piu'   evidente   di   un   tentativo   di
 decostituzionalizzare    le    garanzie   dell'autonomia   regionale,
 equiparandola - anche negli strumenti e nelle procedure - a quella  -
 pur costituzionalmente esistente - degli enti locali.
   Pur  non  avendo la Conferenza Stato-regioni una espressa copertura
 costituzionale, pare evidente che tale strumento e'  diventato  ormai
 un  punto  insostituibile  ed irretrattabile, a costituzione vigente,
 del raccordo tra lo Stato e le regioni, lo strumento  essenziale  per
 quella leale cooperazione che trova fondamento direttamente nell'art.
 5  della  Costituzione,  come tante volte dichiarato da questa ecc.ma
 Corte. In tale sede, Stato e regioni si confrontano, in una struttura
 dalla  composizione  predeterminata  (tutti  i  rappresentanti  delle
 regioni  e province autonome), essendo le regioni interlocutori dello
 Stato rispetto a "propri poteri e funzioni secondo i principi fissati
 dalla Costituzione" (art. 115 della Costituzione).
   L'unificazione  conduce  -  come  risulta  dal   tenore   di   tale
 disposizione  -  ad una composizione variabile, in cui si confrontano
 soggetti (le regioni) le cui funzioni e compiti sono garantiti  dalla
 Costituzione   (art.   115),   con  soggetti  le  cui  funzioni  sono
 determinate da  leggi  generali  della  Repubblica  (art.  128  della
 Costituzione).
   Ne'  vale sostenere che l'equiparazione tra regioni e citta' deriva
 dagli artt. 5 e 114 della Costituzione, i quali - in quanto norme  di
 principio  -  vanno  letti  ed  interpretati conformemente alle norme
 costituzionali citate (artt. 115 e 128)  che  prevedono  una  diversa
 garanzia delle funzioni regionali e di quelle degli enti locali.
   E'   evidente  d'altronde  che,  proprio  in  base  al  piu'  volte
 richiamato principio  di  sussidiarieta'  da  parte  della  legge  di
 delega,  il  luogo  naturale per la collaborazione e il coordinamento
 tra la regione-ente e  gli  enti  locali,  a  livello  regionale,  e'
 l'ambito  regionale  (se  si  vuole, la regione-comunita'). Non e' un
 caso infatti che alcune regioni abbiano gia' individuato, previsto  e
 disciplinato  delle  appropriate  sedi  regionali  per  la piu' ampia
 consultazione e il diretto confronto con gli enti locali, sedi in cui
 promuovere l'esercizio coordinato  delle  rispettive  funzioni  (l.r.
 Toscana,  19  luglio 1995, n. 77, art.  3, istituzione di un Comitato
 di  rappresentanti  del  sistema   delle   autonomie   locali;   l.r.
 Basilicata,  28  marzo  1996,  n.  17,  principi di coordinamento del
 sistema regionale delle autonomie in  Basilicata;  l.r.  Abruzzo,  18
 aprile  1996,  n. 21, istituzione della Conferenza permanente regioni
 enti locali). Ne' e' un caso  che  le  stesse  regioni  "al  fine  di
 favorire  la  partecipazione  degli  enti  locali alla determinazione
 della politica regionale" abbiano proposto di costituzionalizzare  la
 necessita'  dell'istituzione  del  Consiglio  delle  autonomie locali
 "presso  ogni  regione"  (art.  129   della   proposta   di   riforma
 costituzionale  in  senso  federalista elaborata dalla Conferenza dei
 presidenti delle regioni e delle province autonome, ora  in  numerosi
 atti parlamentari tra cui ad es. v. A.C. 2900).
   La stessa legge n. 59 del 1997 prevede, all'art. 4, comma 1, che al
 "conferimento  delle  funzioni  (nelle  materie  di  cui all'art. 117
 Cost.) le regioni provvedono sentite  le  rappresentanze  degli  enti
 locali.  Possono altresi' essere ascoltati gli organi rappresentativi
 delle autonomie locali ove costituiti dalle leggi regionali".
   Non puo' sfuggire a nessuno  d'altronde  che  spostare  al  livello
 nazionale  la  sede  del  confronto e del coordinamento tra regioni e
 enti locali, oltre a ledere la Costituzione e i suoi  principi  e  in
 primo   luogo   quello  di  sussidiarieta',  finirebbe  per  favorire
 esclusivamente le grandi citta' a  detrimento  di  tutte  le  realta'
 locali  minori  che  ben  scarso  rilievo  rappresentativo potrebbero
 trovare a livello nazionale.
   Sintomatico  di  un  atteggiamento  poco  rispettoso  del  rapporto
 regione-autonomie  locali  e',  poi, l'art. 2 del decreto legislativo
 che, nell'individuare i compiti della Conferenza Stato-regioni,  pone
 a   fondamento   di   tali  attribuzioni  il  fine  di  garantire  la
 partecipazione delle regioni e delle province autonome di Trento e di
 Bolzano a  tutti  i  processi  decisionali  non  solo  "di  interesse
 regionale"  (che  riguardino cioe' tutte le regioni), ma anche quelle
 "di interesse interregionale ed infraregionale".
   Cosi' disponendo si incide, infatti, sull'autonomia  amministrativa
 e  organizzatoria  delle  singole  regioni  nei rapporti con gli enti
 locali infraregionali o  con  quelli  autonomamente  determinati  con
 altre  regioni.  Quale titolo avrebbero, infatti, lo Stato e le altre
 regioni ad  intervenire  in  un  processo  decisionale  di  interesse
 infraregionale o interregionale della regione Puglia?
   A  salvare  l'eccepita  incostituzionalita'  degli  artt. 8 e 9 del
 decreto legislativo  n.  281/1997  non  vale  nemmeno  sostenere  che
 l'unificazione  delle  due  Conferenze  riguarda solo "le materie e i
 compiti di interesse comune".
   Lo schema della legge delega fa si', infatti, che tutte le  materie
 e  i  compiti  non statali appaiano - incostituzionalmente - comuni a
 regioni,  province  e  comuni:  le  funzioni  in  tali  materie  sono
 distribuite  dallo  Stato,  il  quale  puo'  anche intervenire in via
 sostitutiva  sulle  regioni nel caso in cui queste non intervengano a
 distribuire le funzioni regionali agli enti locali|
   Si aggiunga, poi, che sembra  gia'  fin  d'ora  di  individuare  un
 fenomeno  interpretativo  che  renderebbe  definitivamente  tutte  le
 materie non statali "comuni" a regioni comuni e province.
   Si intravede gia' - ad esempio, nella bozza di decreto  legislativo
 sui  trasporti  locali  -  una tendenza a ribaltare l'interpretazione
 estensiva delle materie di cui all'art. 117 della Costituzione che fu
 data dal d.P.R. n. 616 del 1977: allora, si tento'  di  estendere  il
 significato delle nozioni costituzionali - incontrando le critiche di
 parte   della  dottrina  (Sandulli,  D'Atena)  -  al  fine  di  poter
 trasferire alle regioni funzioni all'interno di materie organicamente
 considerate; e il governo centrale, in  qualche  modo,  subi'  questo
 orientamento interpretativo.
   Oggi,  pare  che si stia cercando di tornare ad una interpretazione
 restrittiva delle materie dell'art. 117 della Costituzione: non  gia'
 per riassegnare allo Stato le funzioni in quegli interstizi che il n.
 616 aveva cercato di coprire, bensi' per poter assegnare direttamente
 agli  enti  locali  funzioni  in  materie  che il d.P.R. n. 616 aveva
 considerato attratte nella competenza regionale, ma che non  ricadono
 nelle materie dell'art. 117, se strattamente interpretate.
   2.   -   Violazione   e   falsa  applicazione  dell'art.  76  della
 Costituzione.
   Lo stesso art. 8, ai commi 2 e 3, disciplina,  rispettivamente,  la
 composizione   e   le  modalita'  di  convocazione  della  Conferenza
 Stato-citta' e l'art. 9, ai commi 5, 6 e 7 ne  individua  in  maniera
 dettagliata  le  funzioni, modificando la disciplina del d.P.C.M. che
 l'aveva   istituita   (cosicche'   nemmeno   si   puo'   parlare   di
 "legificazione" delle originarie disposizioni secondarie).
   Entrambe le disposizioni sono incostituzionali in quanto viziate di
 eccesso  di  delega  per  violazione dell'art. 76 della Costituzione.
 Mentre, infatti, l'art.  9  della  legge  n.  59/1997  conferisce  al
 Governo  una  espressa  delga  a  definire e ampliare le attribuzioni
 della Conferenza Stato-regioni e a provvedere all'unificazione  della
 stessa  con  la  Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali, nessuna
 delega e' rinvenibile nella legge Bassanini in ordine alla disciplina
 della  composizione,  dell'organizzazione  e  delle  attribuzioni  di
 quest'ultima.
   D'altra  parte,  la  circostanza che le disposizioni concernenti la
 disciplina della Conferenza Stato-citta'  siano  state  inserite  nel
 Capo  III,  intitolato  genericamente  (e  volutamente?)  "Conferenza
 Unificata", e siano state "mescolate", sia nell'art. 8  che  all'art.
 9,  con quelle relative alla conferenza unificata sta ad indicare che
 il Governo fosse ben consapevole di non aver  ricevuto  una  espressa
 delega a disciplinare la Conferenza Stato-citta'.
   3.  - Violazione e falsa applicazione degli  artt. 5, 115, 117, 118
 e 97 della Costituzione, e dell'art. 9 della legge n.  59  del  1997;
 manifesta  irragionevolezza  e  violazione  del  principio  di  leale
 cooperazione.
   Del tutto incoerente con il ruolo assegnato  dall'ordinamento  alla
 Conferenza  Stato-regioni  e  contraddittoria  sia  con  la  legge n.
 59/1997 che, all'art. 9, comma 1, lettera a), delega al  Governo  "il
 potenziamento  dei  poteri  e  delle  funzioni  della Conferenza" (la
 stessa  legge  n.    59/1997  all'art.  8,  comma  1  provvede a tale
 potenziamento prevedendo la necessita' dell'intesa con la  Conferenza
 Stato-regioni  per  l'adozione  da  parte  del  Governo degli atti di
 indirizzo e coordinamento), sia  con  la  logica  cui  sembra  essere
 ispirato  il  decreto  legislativo  n.   281/1997 nell'individuare le
 funzioni della stessa, appare la previsione  dell'art.  3,  comma  4,
 relativo alle intese.
   Dopo aver disciplinato nei primi tre commi del suddetto articolo le
 modalita'   di  perfezionamento  dell'intesa  tra  il  Governo  e  la
 Conferenza Stato-regioni, il decreto, al comma 4, sembra svuotare  di
 ogni significato l'importanza di tale momento di raccordo, stabilendo
 che  "in  caso di motivata urgenza" il Governo possa provvedere anche
 in mancanza dell'intesa.
   I provvedimenti assunti in assenza dell'intesa  saranno  sottoposti
 solo  successivamente alla Conferenza, le cui osservazioni il Governo
 e'  tenuto  semplicemente  a   esaminare   ai   fini   di   eventuali
 deliberazioni successive (art. 3, comma 5).
   Non  sfugge  il senso di una tale previsione: permettere al Governo
 di aggirare, senza troppe difficolta', l'obbligo di consultazione.  A
 cio'  si  aggiunga  che  l'aggettivazione  utilizzata  per   definire
 l'urgenza  non  sembra avere alcun potere qualificante. L'espressione
 "urgenza motivata" risulta, infatti, pur sempre molto generica e,  in
 quanto  tale,  idonea a prestarsi ad un uso strumentalizzato da parte
 del Governo.
   D'altra parte l'intero art. 3 sembra attuare in maniera discutibile
 la delega contenuta nell'art. 9, comma 1, lett.  c)  della  legge  n.
 59/1997  che  attribuisce  al  Governo  il  compito di specificare le
 materie per le quali l'intesa e' obbligatoria  e  di  disciplinare  i
 casi di dissenso.
   Tale    disposizione    sembra   infatti   stabilire   e   smentire
 contemporaneamente il principio della obbligatorieta'  delle  intese.
 Mentre,  da  un  lato,  infatti, il primo comma, nel disporre che "le
 disposizioni  del  presente  articolo  si   applicano   a   tutti   i
 procedimenti  in  cui la legislazione vigente prevede un'intesa nella
 Conferenza Stato-regioni",  sembrerebbe  stabilire  che  l'intesa  e'
 obbligatoria  in  tuffi  i  casi  nei  quali  essa  e' prevista dalla
 legislazione vigente, dall'altro, il comma quarto, affermando che una
 qualsiasi generica, anche se motivata, urgenza  possa  permettere  al
 Consiglio dei Ministri di provvedere ugualmente, sembrerebbe derogare
 all'affermato principio dell' obbligatorieta' della intesa.
   Ad  analoghe  censure  si  presta  l'art.  2,  comma 5 nel quale si
 prevede che "quando il Presidente del Consiglio dei Ministri dichiara
 che ragioni di urgenza non consentono la consultazione preventiva" la
 Conferenza venga consultata successivamente  sui  disegni  di  legge,
 sulle  leggi  di  conversione  dei  decreti  legge  e sugli schemi di
 decreti legislativi.
   La valutazione dell'urgenza,  anche  in  questo  caso,  sembrerebbe
 essere  lasciata  alla  piena  discrezionalita'  del  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri.
   E' sicuramente discutibile, contraddittorio e in  violazione  della
 stessa  delega  che l'obbligo di intesa - che dovrebbe costituire uno
 dei momenti qualificanti  della  nuova  disciplina  della  Conferenza
 Stato-regioni  - possa essere superato ed aggirato; la mancanza, poi,
 di  qualsiasi  formula  -  sostanziale  o  procedurale  -  che miri a
 circoscrivere la possibilita' del Governo di aggirare l'intesa  rende
 palese  lo scopo della previsione: le regioni saranno poste di fronte
 al fatto compiuto; "cosa fatta, capo ha"|: e a  poco  servira'  dover
 tornare  nei  quindici  giorni successivi su di un provvedimento gia'
 assunto  dal  Consiglio  dei  Ministri  (che  sarebbe  obbligato  "ad
 esaminare  le  osservazioni della Conferenza Stato-regioni ai fini di
 eventuali deliberazioni successive").
   Ben si poteva  -  per  sottolineare  l'esistenza  di  casi  in  cui
 l'urgenza  la fa da padrona - ridurre drasticamente (a cinque giorni,
 ad esempio) il termine  in  cui  l'intesa  deve  perfezionarsi,  pena
 l'autonoma  deliberazione del Consiglio dei Ministri (termine posto a
 trenta  giorni  dall'attuale  comma   3);   ovvero,   qualificare   e
 sostanziare  l'urgenza  che  legittima  il Governo a provvedere senza
 intesa (anche se l'esperienza della decretazione  di  urgenza  mostra
 come la qualificazione dell'urgenza ben possa essere aggirata|).
   In  realta',  siamo  di fronte ad un ulteriore passo negativo su di
 una strada - quella della legge Bassanini - che non promette nulla di
 buono per le regioni.
                                P. Q. M.
   La regione Puglia chiede che l'ecc.ma Corte  costituzionale  voglia
 dichiarare l'illegittimita' costituzionale del decreto legislativo n.
 281  del  28  agosto  1997,  di  attuazione  della  delega  conferita
 dall'art.  9 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e in particolare degli
 artt.  2, 3, 8 e 9, per violazione degli artt. 5, 115, 117, 118, 76 e
 97 della Costituzione, nonche' dell'art. 9 della legge n. 59 del 1997
 e del d.P.R. n. 616 del 1977.
     Roma-Bari, addi' 27 settembre 1997.
 Prof. avv. Beniamino Caravita di Toritto - prof. avv. Aldo Loiodice
 97C1159