N. 755 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 agosto 1997
N. 755 Ordinanza emessa il 4 agosto 1997 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Avezzano nel procedimento penale a carico di D'Angelo Alberto Processo penale - Richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero per intervenuta estinzione del reato - Emissione di decreto di archiviazione da parte del giudice - Possibilita' di dichiarare con tale decreto la falsita' di un atto o di un documento - Mancata previsione - Omessa previsione altresi' di autonoma impugnabilita' di tale pronuncia sulla falsita' - Disparita' di trattamento tra persone offese dal reato - Lesione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione e del principio di indipendenza del giudice. (C.P.P. 1988, art. 409, commi 1 e 6). (Cost., artt. 3, 97, comma primo e 111).(GU n.45 del 5-11-1997 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Letti gli atti del procedimento penale n. 631/1996 r.n.r. e n. 318/1997 g.i.p., pendente presso questo ufficio nei confronti di D'Angelo Alberto; Letta la richiesta di archiviazione del p.m. in data 3 aprile 1997 con contestuale istanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale affinche' esamini la questione di illegittimita' costituzionale nella stessa istanza illustrata; Ritenuto di dover accogliere la richiesta del p.m. apparendo rilevante e non manifestamente infondata la questione stessa, facendo proprie, in questa sede, le argomentazioni svolte dal medesimo p.m. che si allegano alla presente ordinanza; P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale affinche' valuti l'eccezione di costituzionalita' sollevata dal p.m. in sede di richiesta di archiviazione; Sospende il giudizio in corso in attesa della decisione della Corte. Avezzano, addi' 4 agosto 1997 Il giudice: Grieco Richiesta di archiviazione (artt. 408/411 c.p.p., 125 e 126 d.lgs. n. 271/1989) Il pubblico ministero, dott. Stefano Gallo, letti gli atti del procedimento penale suindicato nei confronti di D'Angelo Alberto, per il reato di cui agli artt. 476, 482, 640 c.p., iscritto nel registro delle notizie di reato in data 11 luglio 1996; Ritenuto che, dalla lettura degli atti allegati in denuncia ed acquisiti e dalle altre indagini svolte, la vicenda puo' essere ricostruita nei seguenti termini e che comunque questa e' l'ipotesi formata dall'accusa: 1) Raffaele D'Angelo e Raffaele Emilio sono parenti, probabilmente fratelli; entrambi hanno un figlio di nome Domenico; il figlio Domenico di Raffaele era nato il 1 novembre 1881; il figlio Domenico di Emilio era nato il 7 maggio 1898; 2) alla morte di Raffaele, suo figlio Domenico eredita i beni di cui all'impianto 716 del Catasto dell'Aquila; 3) cio' e' certo in quanto tra l'altro gli eredi di Domenico fu Raffaele succedono in tutto l'asse immobiliare indicato nel predetto impianto (atto di successione n. 774 del 6 settembre 1973); 4) Alberto D'Angelo, figlio del Domenico fu Emilio, intende vendere a Cellini Paolina uno dei beni immobili (foglio n. 54 part. 190) indicati nel predetto impianto ed approfittando della fortuita circostanza dell'ononimia del padre con il parente, con il concorso probabilmente di compiacenti impiegati e/o tecnici e comunque del padre che dall'Argentina firma a suo favore una procura a vendere proprio quell'immobile, altera il foglio catastale del predetto impianto ed il corrispondente foglio del catasto di Avezzano (cfr. allegato 1) depennando il nome Raffaele ed aggiungendo la data di nascita del nonno Emilio in modo da far risultare il padre Domenico fu Emilio legittimo erede e proprietario dell'immobile; 5) che si tratti di una dolosa falsificazione e non di una correzione ad opera degli addetti al Catasto e' provato dalla singolare coincidenza della corrispondenza del preteso errore sia nel catasto di Avezzano che in quello dell'Aquila e soprattutto dalla circostanza che se si fosse trattato di una correzione, l'addetto dopo averla eseguita, avrebbe proceduto all'annotazione di voltura a favore di Emilio a fianco del foglio di catasto ed apponendo la propria firma; da ultimo che si tratti di premeditata falsificazione e' dimostrato dall'atto di successione di cui al punto 3; 6) quindi Alberto D'Angelo procede alla vendita, per procura del padre, dell'immobile a favore di Cellini Paolina, dichiarando falsamente nell'atto di compravendita redatto davanti al notaio Stornelli che "a seguito di errore commesso all'impianto del vigente catasto rustico, il venditore e' stato indicato con la paternita' ''fu Raffaele'' anziche' ''fu Emilio''. Sara' esibito con la copia destinata alla voltura, un certificato rilasciato dall'ufficiale dello stato civile di Avezzano, attestante che D'Angelo Domenico fu Raffaele e D'Angelo Domenico fu Emilio, sono la stessa persona e che le vere generalita' sono: D'Angelo Domenico fu Emilio, nato a Massa d'Albe, il 7 maggio 1898" (certificato di cui si sconosce l'esistenza in quanto andato al macero scaduto il termine di conservazione e comunque, se esistente, probabilmente falso oppure redatto in modo da attestare semplicemente che D'Angelo Domenico fu Emilio e' nato il 7 maggio 1898, circostanza ovviamente pacifica, ma necessaria ad integrare il reato di truffa attesa la data di nascita del 7 maggio 1898 apposta dopo la cancellazione del fu Raffaele nei due fogli di catasto); l'atto di vendita e' del 19 agosto 1967; da tutto quanto precede discende che D'Angelo Alberto in concorso con ignoti e con il deceduto padre Domenico ha comesso due ipotesi di falso in pubblici registri ed una truffa, appropriandosi in tal modo di un bene immobile che non gli spettava; discende anche che tutti e tre i reati sono ampiamenti prescritti in quanto i primi due commessi in epoca anteriore e prossima al 19 agosto 1967 e l'ultimo perfezionatosi proprio in tale giorno; Considerato che ai sensi dell'art. 411, c.p.p., trattandosi di reati estinti, il p.m. non puo' esercitare l'azione penale ma deve obbligatoriamente chiedere l'archiviazione del procedimento; che la falsita' dell'atto puo' essere dichiarata dal g.u.p. ai sensi del combinato disposto degli artt. 425, 537 c.p.p. ma non dal g.i.p. perche' non espressamente previsto; che la ratio sottostante la mancata previsione espressa, attesa la cognizione piena degli atti del fascicolo del p.m. tanto del g.i.p. quanto del g.u.p. e la possibile manifesta falsita' dell'atto accertata sia dal p.m. che dal g.i.p. pur nell'assenza del contraddittorio con la difesa, va dunque vista esclusivamente nell'impossibilita' per l'indagato di impugnare il decreto di archiviazione in merito alla pronuncia sulla falsita' del documento; che nell'ipotesi in cui la parte offesa, come nel caso in questione, non abbia chiesto di essere avvisata ex art. 408, secondo comma, c.p.p., si puo' verificare l'eventualita' che la stessa non messa in grado di conoscere l'avvenuto accertamento della falsita' dell'atto, non promuova azioni civili dirette alla declaratoria della sua falsita' di talche' l'atto, pur falso, continua a svolgere tutti i suoi effetti, circostanza tanto piu' contraria a giustizia quando questo sia un atto pubblico, un certificato, un'autorizzazione amministrativa o comunque un atto di fede privilegiata; che tale normativa appare in contrasto con l'art. 3 della Costituzione perche' prevede una disparita' di trattamento della persona offesa che in caso di richiesta di archiviazione pur nell'accertata falsita' dell'atto che lo danneggia non puo' ottenere la declaratoria di falsita' di quest'ultimo e con gli artt. 97, primo comma, 101, della Costituzione in quanto si consentirebbe ad un atto pubblico manifestamente falso e tale riconosciuto dall'autorita' giudiziaria di continuare a svolgere tutti gli effetti inerenti alla propria qualita' con eventuale detrimento del buon andamento della pubblica amministrazione; che l'indagato, non sempre a conoscenza di procedimenti a suo carico che si concludano con un'archiviazione, deve essere messo nella possibilita' (ove venga accolta la fondatezza della questione di costituzionalita') di impugnare il disposto del decreto di archiviazione che contenga la declaratoria di falsita' dell'atto e percio' deve essere messo in grado di conoscere l'esistenza di tale pronuncia; Ritenuto pertanto non conforme al dettato costituzionale degli artt. 3, 97, primo comma, 101 della Costituzione l'art. 409, c.p.p., primo comma, nella parte in cui non prevede che il g.i.p. con il decreto di archiviazione possa dichiarare la falsita' di un atto o di un documento ed ultimo comma nella parte in cui non prevede che tale declaratoria vada notificata all'indagato e sia autonomamente impugnabile; che la questione non e' manifestamente infondata ed e' rilevante ai fini del decidere in quanto in tale contesto normativo il g.i.p., pur potendo conoscere della falsita' dell'atto non puo' dichiararlo in accoglimento di una richiesta di archiviazione che non sia, come per il caso in esame, per infondatezza della notizia di reato perche' atto genuino; Considerato che il g.i.p. viene con il presente atto investito sia della richiesta di archiviazione che della questione di legittimita' costituzionale e che pertanto appare rispettata la condizione del giudizio in corso dinanzi ad una autorita' giurisdizionale.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Visti gli artt. 408/411 del c.p.p. e 125 del decreto legislativo n. 271/1989, chiede che il giudice per le indagini preliminari in sede voglia disporre l'archiviazione del procedimento dichiarando la falsita' dell'impianto 716 del Catasto dell'Aquila e del corrispondente impianto del Catasto di Avezzano nella part in cui sono state depennate le parole "fu Raffaele" ed aggiunte le parole "nato il 7 maggio 1898"; che previamente, emetta ordinanza con la quale disporre l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sospendendo il giudizio in corso. Avezzano, addi' 5 marzo 1997 Il pubblico ministero: Gallo 97C1201