N. 770 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 luglio 1997

                                N. 770
  Ordinanza  emessa  il  30  luglio  1997  dal pretore di Siracusa nel
 procedimento di esecuzione nei confronti di Montalto Salvatore
 Processo penale - Applicazione della pena su richiesta delle parti  -
    Sentenza   -   Non   identificabilita',   secondo  la  consolidata
    giurisprudenza di legittimita', con  la  sentenza  di  condanna  -
    Lamentata  omessa  pronuncia  di  responsabilita'  dell'imputato -
    Lesione dei  principi  della  personalita'  della  responsabilita'
    penale,  della  presunzione  di non colpevolezza e della finalita'
    rieducativa della pena.
 (C.P.P. 1988, art. 444).
 (Cost., artt. 3, 27, primo, secondo e terzo comma).
(GU n.46 del 12-11-1997 )
                              IL PRETORE
   Premesso che con ricorso del 15 maggio 1997  il  procuratore  della
 Repubblica  presso  la  pretura  circondariale  dopo aver esposto che
 Montalto Salvatore, nato a Siracusa  il  28  giugno  1962  era  stato
 condannato   dal   pretore  di  Siracusa  in  data  15  gennaio  1996
 irrevocabile il 17 aprile 1997 alla pena di mesi 4 di reclusione e L.
 200.000 di multa, e che lo stesso Montalto era gia' stato  condannato
 con  pena  sospesa  con  senenze  divenute  irrevocabili  in  data 18
 novembre 1992, 12 maggio 1994 e 23 marzo 1995, chiedeva la revoca del
 beneficio della pena sospea ai sensi dell'art. 168 n. 1 c.p.
   Si opponeva a tale richiesta la difesa dell'imputato in  quanto  il
 motivo  di  revoca  non  sarebbe una sentenza di condanna, bensi' una
 sentenza  emessa  a  seguito  di  applicazione  del  c.d.  rito   del
 patteggiamento ex art. 444 c.p.p.
   Pertanto, secondo la difesa del Montalto, - in ossequio al costante
 orientamento  della Corte di cassazione, - secondo cui la sentenza di
 patteggiamento non puo' considerarsi sentenza di condanna -  ribadito
 nella  decisione  delle  Sezioni  Unite  dell'8  maggio 1996, sarebbe
 illegittima la richiesta di revoca della sospensione della pena  gia'
 concessa  in  quanto  la  sentenza a seguito del "patteggiamento" non
 contiene  un   giudizio   di   accertamento   della   responsabilita'
 dell'imputato e quindi un giudizio di colpevolezza; in tal modo viene
 a  mancare  il  presupposto  per la revoca della pena precedentemente
 sospesa.
   Da parte di questo pretore si osserva che e' ben vero  che  -  come
 ritenuto  dalla  Corte  di  cassazione  a SS.UU. - a seguito dle c.d.
 giudizio   di   patteggiamento   si   perviene   ad   una   pronuncia
 giurisdizionale  senza  giudizio  sia  con  riguardo  alla fondatezza
 dell'accusa che alla responsabilita' dell'imputato.
   E peraltro  vero  che  tale  circostanza  preclude,  di  fatto,  la
 possibilita'   al   giudice   dell'esecuzione  di  revocare  la  pena
 precedentemente sospesa, in  quanto  manca  il  presupposto  previsto
 dall'art. 168 n. 1 c.p., costituito dalla commissione di un ulteriore
 delitto per cui venga inflitta una pena detentiva.
   L'interpretazione  seguita  dalla  Corte  di  cassazione a SS.UU. a
 parere di questo pretore porta ad una violazione  dell'art.  3  della
 Costituzione per disparita' di trattamento fra gli imputati - che non
 trova  giustificazione  alcuna  nel principio di "ragionevolezza" - i
 quali sono sottoposti  a  diversi  trattamenti  a  seconda  del  rito
 processuale concretamente applicato.
   Non si puo', infatti, fare a meno di sottolineare la ingiustificata
 diversita'  di  trattamento  sanzionatorio  esistente  fra coloro che
 scelgono, dopo alcune sentenze  di  condanna  con  pena  sospesa,  di
 aderire  al  rito del patteggiamento chiedendo l'applicazione di pena
 non sospesa,  rispetto  a  coloro  che,  nella  medesima  situazione,
 ottengano a seguito giudizio ordinario, una condanna a pena sospesa.
   Mentre  nel primo caso, pur in presenza di una applicazione di pena
 non sospesa non sussisterebbero  i  presupposti  per  la  revoca  del
 benefico     precedentemente    concesso,    nel    secondo,    caso,
 paradossalmente, pur in presenza di una  pena  che  non  si  dovrebbe
 scontare, la pena troverebbe la sua esecuzione a seguito della revoca
 chiesta  in  sede  di  esecuzione  con riferimento alle condanne gia'
 inflitte.
   E' pertanto evidente la disparita' di trattamento fra soggetti  che
 si trovano nella medesima situazione giuridica e di fatto.
   Peraltro,  come  gia'  rilevato dal pretore di Catania - sez. dist.
 di Acireale con l'ordinanza del 24 febbraio 1997, n. 264, in Gazzetta
 Ufficiale n. 21, l'istituto del  patteggiamento  non  consentendo  di
 considerare   l'imputato   colpevole   anche  in  quelle  ipotesi  di
 ammissione  di  responsabilita'  dell'imputato  avvenuta  nel   corso
 dell'udienza  di  convalida  dell'arresto,  privando  il  giudice del
 giudizio sull'esistenza della responsabilita' in  capo  all'imputato,
 viene,  conseguentemente  a menomare il principio cardine del diritto
 penale secondo cui  non  puo'  esservi  applicazione  di  pena  senza
 accertamento di responsabilita' stabilito dall'art. 27 al comma primo
 ("La  responsabilita'  penale  e'  personale")  ed  al  comma secondo
 ("L'imputato  non  e'  considerato  colpevole  sino   alla   condanna
 definitiva").
   A  tale  prima  violazione  si  aggiunge quella dell'art. 27, terzo
 comma, Cost. secondo cui le "pene devono  tendere  alla  rieducazione
 del condannato".
   E'  evidente  che  l'effetto  rieducativo  presuppone  un  soggetto
 colpevole, e che pertanto tale principio fondamentale  gia'  posto  a
 fondamento  di  diverse  pronunce  della  Corte  costituzionale viene
 violato se si prescinde dalla valutazione circa la  colpevolezza  del
 soggetto nei cui confronti si applica la pena.
                                P. Q. M.
   Visti  l'art.  134  della  Costituzione  e l'art. 23 della legge 11
 marzo 1953 n. 87;
   Ritenuto, pertanto non manifestamente infondata  e  ammissibile  la
 questione di legittimita' costituzionale relativa all'art. 444 c.p.p.
 in  relazione  agli artt. 3 e 27, primo, secondo e terzo comma, della
 Costituzione, e precisamente nella parte in cui non  prevede  che  la
 sentenza  con  la  quale il giudice applica la pena concordata fra le
 parti, accerte la colpevolezza dell'imputato, ovvero nella  parte  in
 cui  non  prevede  che  il  giudice  nel  pronunziare  detta sentenza
 dichiari l'imputato colpevole del reato attribuitogli,  ovvero  nella
 parte  in  cui  non  prevede  che il giudice su richiesta delle parti
 "condanni" l'imputato alla pena concordata fra le parti;
   Ordina la rimessione degli atti alla Corte costituzionale;
   Dispone la sospensione del procedimento fino alla  definizione  del
 giudizio incidentale di costituzionalita';
   Manda alla cancelleria per la notificazione della presene ordinanza
 al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  al  procuratore della
 Repubblica  presso  la  pretura  circondariale  di  Siracusa  ed   al
 difensore dell'imputato, nonche' per la comunicazione della stessa al
 Presidente della Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica.
     Siracusa, addi' 30 luglio 1997
                          Il pretore: Bersani
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