N. 327 ORDINANZA 27 ottobre - 7 novembre 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Reati in genere - Abuso d'ufficio - Presunta indeterminatezza  della
 fattispecie  con riferimento alla locuzione "abusa del suo ufficio" -
 Ius superveniens: legge 16 luglio 1997, n. 234 -  Esigenza  di  nuovo
 esame  circa  la  rilevanza  della  questione  da  parte  del giudice
 rimettente - Restituzione degli atti al giudice a quo.
 
 (C.P., art. 323, secondo comma).
 
 (Cost., artt. 25, secondo comma, e 97, primo comma).
 
(GU n.46 del 12-11-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando   SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
 dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA,   prof. Valerio  ONIDA,
 prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda CONTRI, prof. Piero Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI,
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 323 del codice
 penale, promossi con ordinanze emesse il 14  e    27  maggio,  il  16
 aprile, il 7 e il 24 giugno, l'8 ottobre, il 3 luglio, il 25 giugno e
 il  1  luglio  (n.  2  ordinanze)  1996  dal  gip c/o il tribunale di
 Piacenza, il 21 giugno 1996 dal tribunale di Milano, il  3  ed  il  7
 maggio  1996  e  il  24  gennaio  1997  del  gip  c/o il tribunale di
 Piacenza, il 3 dicembre 1996 dal tribunale di Sondrio, il 4  febbraio
 1997  dal  tribunale  di  Grosseto,  il  13 marzo 1997 dal gip c/o il
 tribunale di Piacenza, l'11 febbraio e il 18 marzo 1997 dal tribunale
 di Sondrio, il 14, il 17 e il 21 marzo, l'8 aprile (n. 2  ordinanze),
 il 18 aprile (n.  2 ordinanze), il 21 aprile ed il 18 aprile 1997 dal
 gip  c/o  il  tribunale di Piacenza e l'11 aprile 1997 dal gip c/o il
 tribunale di Sondrio, rispettivamente iscritte ai nn. 797, 857,  890,
 891,  893,  949,  950,  951,  952,  953,  957,  967, 981 del registro
 ordinanze 1996 ed ai nn.  124, 171, 210, 287,  297,  298,  315,  316,
 342,  379, 380, 381, 382, 383, 384, 457 del registro ordinanze 1997 e
 pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 28, 38,  39,
 47,  40  e 41, prima serie speciale, dell'anno 1996 ed ai nn. 13, 15,
 18, 23, 24, 25, 26, 27 e 29, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Udito nella camera di consiglio del  10  ottobre  1997  il  giudice
 relatore Valerio Onida;
   Ritenuto  che,  con ordinanza emessa il 14 maggio 1996 (r.o. n. 797
 del 1996), il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale
 di  Piacenza  ha  sollevato  d'ufficio  questione   di   legittimita'
 costituzionale,  in  riferimento  agli artt. 25, secondo comma, e 97,
 primo comma, della Costituzione, dell'art. 323,  secondo  comma,  del
 codice  penale  (Abuso  d'ufficio), come novellato dall'art. 13 della
 legge 26 aprile 1990, n. 86;
     che, secondo il remittente, la disposizione sarebbe in  contrasto
 con   l'art.   25,  secondo  comma,  della  Costituzione,  in  quanto
 prevederebbe una fattispecie non  tassativa  e  non  sufficientemente
 determinata, dato il carattere generico, indeterminato e neutro della
 locuzione  "abusa  del suo ufficio", applicabile a qualsiasi vizio di
 tipo amministrativo; ne'  la  fattispecie  acquisterebbe  sufficiente
 determinatezza  in  forza della previsione del dolo specifico, la cui
 prova,  nella  interpretazione  giurisprudenziale,  verrebbe   spesso
 tratta dalla mera illegittimita' dell'atto e del comportamento;
     che,  sempre ad avviso del giudice a quo, la norma contrasterebbe
 altresi' con l'art. 97, primo comma, della Costituzione,  in  quanto,
 per  la  sua  insufficiente  determinatezza, costituirebbe una facile
 chiave di accesso a disposizione del giudice  penale  per  "penetrare
 nel  territorio  della  p.a."  attraverso la semplice attivazione dei
 meccanismi   processuali:   onde   essa   consentirebbe   "incursioni
 giudiziali"     nella     sfera    di    valutazione    discrezionale
 dell'amministrazione, e genererebbe  un  clima  non  favorevole  alla
 serenita'  delle  attivita'  amministrative,  cosi' compromettendo il
 buon andamento dell'amministrazione medesima;
     che  la  stessa  questione,  in  termini   identici,   salvo   il
 riferimento,  in  alcuni  casi,  al  primo  anziche' al secondo comma
 dell'art. 323 cod. pen., e' stata sollevata  dalla  stessa  autorita'
 giurisdizionale con altre ventidue ordinanze (r.o. nn. 857, 890, 891,
 893,  da  949 a 953, 967 e 981 del 1996; r.o. nn. 124, 287, 315, 316,
 342, da 379 a 384 del 1997), l'ultima delle quali emessa il 21 aprile
 1997;
     che,  con  ordinanza  emessa  il  21 giugno 1996 (r.o. n. 957 del
 1996), il tribunale di Milano ha sollevato  a sua volta,  su  istanza
 di parte, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 323 cod.
 pen., in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 97, primo comma,
 della  Costituzione,  con  argomentazioni  di tenore analogo a quelle
 svolte dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di
 Piacenza;
     che, con tre ordinanze emesse rispettivamente il 3 dicembre  1996
 (r.o. n. 171 del 1997), l'11 febbraio 1997 (r.o. n. 297 del 1997), il
 18  marzo  1997  (r.o.  n. 298 del 1997), il tribunale di Sondrio, su
 istanza  di   parte,   ha   sollevato   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  323 cod. pen., in riferimento all'art. 25,
 secondo comma, della Costituzione;
     che,  secondo  il  remittente,  la  norma,   interpretata   dalla
 giurisprudenza   nel   senso   che  sono  ricompresi  nella  condotta
 contemplata dalla  fattispecie  incriminatrice  ogni  violazione  del
 parametro   di   doverosita'   dell'azione   amministrativa   e  ogni
 comportamento  esplicantesi  in  un'illecita  deviazione   dai   fini
 istituzionali  della  pubblica  amministrazione, non consentirebbe di
 escludere dubbi di  indeterminatezza  della  fattispecie,  stante  la
 genericita'  di  tali  riferimenti  e  l'assenza  di  una definizione
 normativa dell'eccesso di potere;
     che, con una ulteriore ordinanza emessa l'il  aprile  1997  (r.o.
 n.  457  del  1997),  lo  stesso tribunale di Sondrio ha sollevato la
 medesima questione con riferimento, oltre che  all'art.  25,  secondo
 comma,   anche   all'art.  24,  secondo  comma,  della  Costituzione,
 lamentando  in  proposito  che  "la  incertezza  della   norma"   non
 permetterebbe   un   efficace   esercizio   del   diritto  di  difesa
 costituzionalmente garantito;
     che questione di legittimita' costituzionale dell'art.  323  cod.
 pen., in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 97, primo comma,
 della  Costituzione, e' stata sollevata dal tribunale di Grosseto con
 ordinanza  emessa  il  4  febbraio  1997  (r.o.  n.  210  del  1997),
 contenente  rilievi di tenore analogo a quelli svolti dal giudice per
 le indagini preliminari presso il  tribunale  di  Piacenza,  e  sopra
 riferiti: in particolare, secondo il remittente, l'indeterminatezza e
 l'elasticita'  della  fattispecie  rischierebbero  di  dare eccessivo
 spazio alla discrezionalita' interpretativa dei giudici, anche per la
 carenza di una normativa che delinei con  certezza  i  confini  della
 liceita'  e  legittimita'  dell'azione amministrativa, nonche' per la
 possibilita' di configurare il reato in rapporto a condotte omissive;
   Considerato che, data la sostanziale identita' delle  questioni,  i
 giudizi vanno riuniti e decisi con unica pronunzia;
     che  e'  sopravvenuta,  dopo  la proposizione delle questioni, la
 legge 16 luglio 1997, n.  234  (Modifica  dell'art.  323  del  codice
 penale,  in  materia di abuso d'ufficio, e degli artt. 289, 416 e 555
 del codice  di  procedura  penale),  il  cui  art.  1  ha  sostituito
 interamente il testo dell'art. 323 del codice penale;
     che  la  novella  ha  sensibilmente modificato la fattispecie del
 reato di abuso d'ufficio: in particolare sostituendo  la  descrizione
 della  condotta  del pubblico ufficiale o dell incaricato di pubblico
 servizio, consistente nell'"abusare dell'ufficio", e accompagnata dal
 fine  di  procurare  a  se'  o  ad  altri  un   ingiusto   vantaggio,
 patrimoniale  o  non  patrimoniale,  o  di arrecare ad altri un danno
 ingiusto, con l'espressione "nello svolgimento delle funzioni  o  del
 servizio,  in  violazione  di norme di legge o di regolamento, ovvero
 omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio  o  di  un
 prossimo  congiunto  o  negli altri casi prescritti, intenzionalmente
 procura a se' o ad altri un ingiusto  vantaggio  patrimoniale  ovvero
 arreca ad altri un danno ingiusto";
     che  pertanto  si rende necessario restituire gli atti ai giudici
 remittenti, per un nuovo esame della rilevanza delle  questioni  alla
 luce dello jus superveniens.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi, ordina la restituzione degli atti al giudice per
 le  indagini  preliminari  presso  il  tribunale  di  Piacenza  e  ai
 tribunali di Milano, di Sondrio e di Grosseto.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 27 ottobre 1997.
                        Il Presidente: Granata
                          Il redattore: Onida
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 7 novembre 1997.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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