N. 810 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 aprile - 5 novembre 1997

                                N. 810
  Ordinanza  emessa  il  3   aprile   1997   (pervenuta   alla   Corte
 costituzionale  il 5 novembre 1997) dalla Corte d'appello di Roma nel
 procedimento civile vertente tra il comune  di  Ussita  e  la  S.r.l.
 MA.CO.GE.
 Usi  civici  -  Termine  di trenta giorni per l'opposizione contro il
    progetto   di   liquidazione   degli   usi   civici   -   Ritenuta
    inapplicabilita'   dell'istituto  della  sospensione  dei  termini
    processuali per periodo feriale - Disparita'  di  trattamento  dei
    titolari   di  identiche  posizioni  giuridiche  a  seconda  della
    decorrenza o meno in periodo feriale del termine -  Incidenza  sul
    diritto di difesa.
 (Legge 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.48 del 26-11-1997 )
                          LA CORTE DI APPELLO
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile di appello
 iscritta al n. 12/94 del ruolo generale contenzioso e vertente tra il
 comune di Ussita, in persona del sindaco pro-tempore rappresentato  e
 difeso dagli avv.ti Giuseppe De Rosa del Foro di Camerino e dell'avv.
 Caterina Mele del Foro di Roma ed elettivamente domiciliato presso lo
 studio della seconda sito in Roma, via di S. Agatone n. 50, e la soc.
 MA.CO.GE.  a  r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore,
 rappresentato e difeso dagli  avvocati  Guido  Maida  e  Maria  Luisa
 Acciari  ed  elettivamente  domiciliata presso lo studio del primo in
 Roma, via Crescenzio n. 20.
   Oggetto:  reclamo  avverso  la  sentenza  del  commissario  per  la
 liquidazione  degli  usi  civici  dell'Emilia Romagna e Marche del 31
 gennaio/1 febbraio 1994.
                       Svolgimento del processo
   Il  sindaco  del  comune di Ussita, in data 2 maggio 1988, chiedeva
 alla regione Marche l'autorizzazione alla affrancazione  dei  diritti
 di  uso civico a favore della popolazione, gravanti su alcuni terreni
 di proprieta' della s.r.l. MA.CO.GE.,  siti  in  localita'  Pieve  di
 Ussita  e  distinti  al N.C.T. foglio 17, partt. 662, 71, 72, 77 e al
 N.C.E.U., foglio 17 part. 73.
   Il  geometra  Mario  Valenti,  nominato   perito   istruttore   con
 provvedimento  dell'assessore  agli  usi civici per la regione Marche
 del 26 luglio 1988, con relazione del 31 ottobre 1988, concludeva che
 il terreno di proprieta' della ditta MA.CO.GE. s.r.l. individuati nel
 N.C.T.   nel foglio 17 con le particelle  71,  72,  77  e  662  della
 superficie complessiva di mq. 3.005, doveva ritenersi soggetto ad uso
 civico di pascolo a favore della popolazione utente di Pieve.
   Determinata  il valore complessivo dell'area in L. 75.125.000, pari
 a L./mq. 25.000, con una quota a favore  del  demanio  civico  di  L.
 10.732.143, pari ad un canone enfiteutico annuo di L. 536.607.
   La  Giunta regionale delle Marche, con delibera n. 1030 del 7 marzo
 1989, approvava la relazione del perito istruttore  ed  il  4  agosto
 1989  veniva  notificato  all'A.U.  della s.r.l. MA.CO.GE. l'avvenuto
 deposito nella segreteria del comune di Ussita degli atti  istruttori
 riguardanti il progetto di affrancazione dei diritti di uso civico.
   In  data  12  settembre  1989 la MA.CO.GE. proponeva opposizione al
 suddetto progetto innanzi al commissario regionale per gli usi civici
 di Bologna contestando che gli immobili fossero gravati di uso civico
 e ritenendo comunque eccessiva la determinazione della quota a favore
 del demanio pubblico.
   Con sentenza 31 gennaio/1 febbraio 1994 il  commissario  dichiarava
 che  l'uso  civico  di  pascolo  a favore della popolazione di Ussita
 esisteva solo sulla particella n. 71 del foglio 17  escludendolo  per
 tutte le altre.
   Con  atto  notificato  il  14  aprile  1994  il  comune  di  Ussita
 interponeva reclamo ai sensi dell'art. 32 legge  16  giugno  1992  n.
 1766   avverso   la   citata  sentenza  eccependo  l'inammissibilita'
 dell'opposizione della MA.CO.GE. avverso il progetto di affrancazione
 perche' proposta oltre il termine di decadenza di  trenta  giorni  di
 cui  all'art.  15, quarto comma del r.d. 26 febbraio 1928 n. 332; nel
 merito, chiedeva dichiararsi l'esistenza del diritto di uso civico su
 tutto il territorio di Ussita, da accertarsi mediante C.T.U.
   Si costituiva la MA.CO.GE. s.r.l. resistendo alle eccezioni di rito
 e di merito della controparte,  concludendo  per  la  conferma  della
 sentenza impugnata.
   Interveniva  nel  giudizio il p.g. che ritenuta l'applicabilita' ai
 giudizi davanti al commissario  della  sospensione  dei  termini  nel
 periodo  feriale ai sensi della legge n. 742 del 1969, concludeva per
 la tempestivita' dell'opposizione proposta dalla MA.CO.GE. avverso il
 progetto di affrancazione. Nel merito chiedeva disporsi C.T.U.  volta
 ad  accertare,  con  piu'   approfondita   e   qualificata   indagine
 storicogiuridica,  l'esistenza  o  meno  su  tutto  il territorio del
 comune di Ussita di diritti di uso civico.
   Cosi' precisate le posizioni delle parti la causa era  ritenuta  in
 decisione all'udienza collegiale del 6 marzo 1997.
                        Motivi della decisione
   Pregiudizialmente  va  esaminata l'eccezione sollevata dalla difesa
 del comune  di  Ussita  di  inammissibilita'  dell'opposizione  della
 MA.CO.GE.    avverso  il  progetto  di affrancazione perche' proposta
 oltre il termine di decadenza di trenta giorni di  cui  all'art.  15,
 quarto comma r.d.  26 febbraio 1928 n. 332.
   Al  riguardo  va rilevato, come risulta dagli atti del fascicolo di
 ufficio del commissario per gli  usi  civili  dell'Emilia  Romagna  e
 Marche  (doc.  26)  e  come  evidenziato  dallo stesso commissario in
 sentenza, che l'avviso di  deposito  degli  atti  istruttori  risulta
 notificato  all'A.U. della societa' MA.CO.GE. il 4 agosto 1989 (e non
 il 14 agosto 1989 come erroneamente  sostenuto  dall'appellata)  onde
 l'opposizione  avverso  il  progetto  di  affrancazione  pervenuta al
 commissario il 12 settembre 1989 risulta tardivamente proposta  oltre
 il  termine di trenta giorni prescritto dal piu' volte citato art. 15
 regio decreto n. 332 del 1928.
   Per superare tale eccezione la difesa della societa' appellata,  la
 cui  tesi  e'  stata  condivisa  anche  dal  p.g.,  ha  sostenuto che
 trattandosi di  termine  processuale  e'  applicabile  il  regime  di
 sospensione  dei  termini nel periodo feriale di cui all'art. 1 della
 legge 7 ottobre 1969 n. 742 onde l'opposizione sarebbe tempestiva.
   L'esposta argomentazione, ad avviso di questa Corte, non puo' esser
 condivisa per piu' ordini di motivi.
   Giova innanzitutto evidenziare che a norma dell'art. 1 della  legge
 n.  742  del 1969 la sospensione concerne solo il decorso dei termini
 processuali  relativi  alle  giurisdizioni  ordinarie  ed  a   quelle
 amministrative  e,  pertanto,  non  e' applicabile con riferimento ai
 termini previsti,  a  pena  di  decadenza,  per  la  proposizione  di
 un'azione giudiziaria (Cass. Sez. I 23 agosto 1985 n. 4494), quale e'
 quella in esame, trattandosi in tal caso di termine sostanziale e non
 processuale.
   A  cio'  si  aggiunga  l'ulteriore  assorbente  considerazione  che
 dall'ambito della legge in esame  restano  escluse  le  giurisdizioni
 speciali,  quale  e'  senza  dubbio quella del commissario regionale,
 tant'e' che le questioni che insorgono sul  riparto  di  attribuzioni
 fra   detto  commissario  ed  il  giudice  ordinario  attengono  alla
 giurisdizione e non alla competenza e sono proponibili con istanza di
 regolamento preventivo di giurisdizione (Cass. sez. un. 2810-1982  n.
 6373).
   Tuttavia  ritiene questa Corte, che la disciplina sulla sospensione
 dei termini nel periodo feriale, cosi' interpretata, non sfugge  alla
 censura  d'incostituzionalita'  per  contrasto  con  gli artt. 3 e 24
 della Costituzione.
   E' noto, infatti, che  l'istituto  della  sospensione  dei  termini
 processuali  in  periodo feriale nasce dalla necessita' di assicurare
 un periodo di riposo agli avvocati e procuratori legali: tuttavia  la
 mancata  applicazione  dell'istituto della sospensione al termine per
 proporre opposizione contro il progetto  di  liquidazione  degli  usi
 civici  comporta  una  disparita'  di  trattamento  tra  titolari  di
 medesime posizioni  giuridiche,  con  violazione  dell'art.  3  della
 Costituzione,  ed  ancor  piu'  incide  sul  diritto  di  difesa, con
 violazione dell'art.  24 della Costituzione, quando, come  nel  caso,
 la  possibilita'  di  agire  in  giudizio costituisca per il titolare
 l'unico rimedio per far valere il suo diritto  essendo  evidente  che
 tale possibilita' per la brevita' del termine, e' fortemente limitata
 dalla  difficolta'  di avvalersi dell'opera del difensore nel periodo
 destinato al riposo degli avvocati.
   Peraltro  non  si  ravvisano  preminenti  ragioni a tutela di altri
 valori costituzionali da  giustificare  la  rigorosa  osservanza  del
 suddetto  termine,  con  esclusione  del  beneficio  del regime della
 sospensione, onde deve  ritenersi  non  manifestamente  infondata  la
 prospettata  questione di costituzionalita' dell'art. 1 della legge 7
 ottobre 1969 n. 742 nella parte in cui  non  dispone  che  l'istituto
 della  sospensione dei termini si applichi anche a quello stabilito a
 norma dell'art. 15, quarto comma, del regio decreto 26 febbraio  1928
 n. 332 per proporre opposizione avverso il progetto di affrancazione.
   Giova  conclusivamente  ricordare  che  la  Corte costituzionale in
 fattispecie analoghe ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
 del  citato  art.  1  della legge n. 742 de 1969 (v. sent. 7 febbraio
 1985 n. 40; sent. 22 maggio 1987 n. 255;  sent.  22  maggio  1987  n.
 278; sent. 2 febbraio 1990 n. 49 e sent. 29 luglio 1992 n. 380).
                               P. Q. M.
   Sospende  il  giudizio  ed  ordina  rimettersi  gli atti alla Corte
 costituzionale  per  l'esame  della  questione  di  costituzionalita'
 dell'art.  1 della legge 7 ottobre 1969 n. 742 nella parte in cui non
 dispone che l'istituto della  sospensione  dei  termini  si  applichi
 anche  a  quello  stabilito a norma dell'art. 15, quarto comma, regio
 decreto 26 febbraio 1928 n. 332;
   Dispone che la presente ordinanza sia, a  cura  della  cancelleria,
 notificata  alle  parti, al pubblico ministero ed alla Presidenza del
 Consiglio dei Ministri nonche' comunicata ai Presidenti della  Camera
 dei deputati e del Senato.
     Cosi' deciso in Roma il 3 aprile 1997.
                        Il presidente: Lo Turco
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