N. 827 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 luglio 1997

                                N. 827
  Ordinanza  emessa  il  16  luglio  1997  dal giudice per le indagini
 preliminari presso il Tribunale di Brescia nel procedimento penale  a
 carico di Sgarbi Vittorio
 Processo  penale  - Giudice dell'udienza preliminare che abbia emesso
    decreto di  rinvio a giudizio - Successiva restituzione  da  parte
    del  tribunale degli atti al p.m. - Incompatibilita' del g.u.p. ad
    esercitare le proprie funzioni nei confronti dello stesso imputato
    per i medesimi fatti - Omessa previsione - Lesione  del  principio
    di eguaglianza - Compressione del diritto di difesa.
 (C.P.P. 1988, art. 34, comma 2).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.48 del 26-11-1997 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Visti  gli  atti  del  procedimento  penale nei confronti di Sgarbi
 Vittorio, nato a Ferrara l'8 maggio 1952, per i  reati  di  cui  agli
 artt.  595, commi primo e terzo del c.p. e 13 della legge n. 74/1948,
 in danno di Colombo  Gherardo, Davigo Piercamillo, Di Pietro  Antonio
 e Greco Francesco;
   Vista   la   questione  di  legittimita'  costituzionale  di  nuovo
 sollevata all'odierna udienza dalla difesa con  riferimento  all'art.
 34,  comma secondo, del codice di procedura penale nella parte in cui
 non prevede la incompatibilita'  determinata  da  atti  compiuti  nel
 procedimento  da  parte  del giudice che, dopo aver emesso decreto di
 rinvio  a  giudizio,  si  trovi  di  nuovo  a   dover   adottare   il
 provvedimento  conclusivo  dell'udienza  preliminare  in  merito agli
 stessi fatti a seguito di provvedimento di restituzione degli atti al
 p.m. pronunciato dal tribunale;
   Rilevato che la questione di legittimita' costituzionale  e'  stata
 sollevata  con  riferimento  agli  artt. 3 e 24, comma secondo, della
 Costituzione, sotto il profilo del pari diritto di  ciascun  imputato
 non  di  essere  giudicato  da  magistrati  che abbiano gia' espresso
 valutazioni in ordine ai fatti contestati;
   Rilevato che la questione, rilevante nel presente procedimento, non
 appare   manifestamente   infondata,   e   cio'   pur  tenendo  conto
 dell'insegnamento  della  Corte  costituzionale  la  quale  in   piu'
 occasioni  ha  ricordato  come  in  sede  di  udienza preliminare sia
 affidato  al  g.u.p.  il  compito  di  operare  "un  controllo  sulla
 legittimita'  della  domanda  di  giudizio  avanzata dal p.m.", e non
 quello di accertare la verita' materiale dei  fatti  o  di  esprimere
 giudizi sul merito della responsabilita' dell'imputato ...;
     che  tuttavia  il modulo processuale adottato dal legislatore non
 comporta una contrazione poteri del giudice al punto da imporgli  una
 mera  verifica  dei  requisiti  formali  della  pretesa  punitiva,  o
 un'asettica ed acritica ricognizione del materiale ricevuto;
     che, al contrario, la necessita' di  "saggiare"  la  legittimita'
 della  richiesta  del  p.m.  "nella ... prospettiva di scongiurare la
 celebrazione di un dibattimento supefluo"  richiede  un  giudizio  di
 adeguatezza delle fonti di prova rispetto all'iniziativa intrapresa;
     che del resto la diversita' lessicale che si coglie nella prima e
 seconda  parte dell'art. 425, comma primo, del c.p.p. tra presupposti
 che devono "sussistere" e  quelli  che  devono  "risultare",  segnala
 come,  a  proposito  di  questi  ultimi,  sia  inevitabile una vera e
 propria verifica non solo dell'astratta  configurabilita'  dei  reati
 prospettati,  ma  anche  degli "elementi di prova che giustificano la
 richiesta di rinvio a giudizio", i quali, proprio in ragione di cio',
 devono essere esplicitati nel corso  dell'udienza  preliminare  (art.
 421, comma secondo, del c.p.p.);
     che  inoltre  l'art. 434 del c.p.p. nel prevedere la revoca della
 sentenza di non luogo a procedere quando "sopravvengono o si scoprono
 nuove fonti di  prova  che,  da  sole  o  unitamente  a  quelle  gia'
 acquisite,  possono  determinare  il rinvio a giudizio", recepisce la
 fisiologica possibilita' della pronuncia di sentenza di N.L.P.  anche
 in presenza di dati processuali favorevoli all'accusa;
     che del resto gia' nel passato, quando l'archetipo dell'art.  425
 del c.p.p. ancorava la regola di giudizio dell'udienza preliminare al
 rigido  e  restrittivo  parametro  dell'"evidente" infondatezza della
 pretesa  punitiva,  si  era  manifestata  una   certa   flessibilita'
 nell'interpretazione  della  norma,  per  consentire ad una categoria
 "filosofica" come quella dell'"evidenza" di poter  essere  utilizzata
 anche  dal  giurista,  (che  non  e'  un logico puro, bensi un logico
 pratico), e si  cerco'  pertanto  di  ammorbidire  l'assolutezza  del
 concetto  per assortirlo armonicamente in un sistema che prevedeva (e
 prevede) l'udienza dibattimentale  come  eccezione,  e  l'obbligo  di
 motivazione  anche  per le sentenze di non luogo a procedere (obbligo
 che sarebbe stato ovviamente superfluo nel caso in cui l'evidenza  si
 fosse   tradotta  in  una  situazione  prima  facie  verificabile  da
 chiunque);
     che il problema maggiore, anche sotto il profilo di  legittimita'
 costituzionale,  si  pose  in  relazione  al  mancato raccordo con la
 regola offerta dall'art. 425 del c.p.p. e quella contenuta  nell'art.
 125 disp. att., che indicava (e indica) nell'archiviazione il rimedio
 delle   iniziative  processuali  prive  di  "elementi  ...  idonei  a
 sostenere l'accusa in giudizio",  con  il  risultato  paradossale  di
 lasciare  l'imputato in balia delle scelte discrezionali del p.m., il
 quale si trovava nella condizione, nei casi  in  cui  avrebbe  potuto
 chiedere   l'archiviazione,   di   scavalcare  de  plano    l'udienza
 preliminare  servendosi  dell'asta  dell'"evidenza",  e  inflazionare
 cosi' il dibattimento attraverso un processo inutile;
     che per ovviare alla distonia, e riallineare cosi' l'art. 425 del
 c.p.p.  alle  interpretazioni  dottrinarie  e  giurisprudenziali piu'
 evolute,  al  principio  costituzionale   di   presunzione   di   non
 colpevolezza  e di tutela del diritto di difesa in ogni stato e grado
 del procedimento, ed infine alle  esigenze  logiche  e  pratiche,  e'
 intervenuta  la  legge  8  aprile 1993, n. 105, che, con un piccolo e
 mirato intervento di chirurgia  giuridica,  ha  asportato  la  parola
 "evidenza" dal corpo della norma;
     che   a   seguito   dell'"intervento   riparatore"  compiuto  dal
 legislatore,  e  del  riconoscimento  anche  da  parte  della   Corte
 costituzionale  dell'accresciuta  espansione dei poteri valutativi in
 sede di udienza preliminare devono ritenersi  superati  i  dubbi  sul
 carattere "etereo" delle decisioni del g.i.p.;
     che  pertanto,  per quanto si e' detto, non appare manifestamente
 infondata la questione sollevata dalla difesa  Sgarbi,  la  quale  ha
 rilevato   come   la   imparzialita'  del  giudice  per  le  indagini
 preliminari possa essere intaccata anche nel caso in cui  egli  venga
 di  nuovo a essere investito della valutazione degli stessi fatti per
 i quali abbia gia' disposto il rinvio a giudizio;
                                P. Q. M.
   Dichiara non manifestamente infondata la questione di  legittimita'
 costituzionale  sollevata dai difensori  dell'on. Vittorio Sgarbi con
 riferimento all'art. 34, comma secondo,  c.p.p.,  in  relazione  agli
 artt. 3 e 24 della Costituzione;
   Dispone    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale, e la sospensione del giudizio in corso;
   Manda la cancelleria per la notifica della  presente  ordinanza  al
 Presidente  del  Consiglio dei Ministri, e per la comunicazione della
 stessa ai Presidenti delle Camere del Parlamento.
     Brescia, addi' 16 luglio 1997
                          Il giudice: Spano'
 97C1318