N. 367 ORDINANZA 24 - 28 novembre 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Incompatibilita' del g.i.p., che abbia disposto il
 rinvio   a   giudizio,   ad   esercitare   nuovamente,     a  seguito
 dell'annullamento del precedente rinvio a giudizio, tale funzione nei
 confronti degli stessi imputati   e per i  medesimi  reati  -  Omessa
 previsione  - Inesattezza del presupposto interpretativo da parte del
 giudice rimettente - Riferimento alla giurisprudenza della  Corte  in
 materia  (vedi  sentenza  n.  311/1997 e ordinanza n. 97/1997) - Mera
 verifica,  in  una  delibazione  di  carattere   processuale,   della
 legittimita'   della   domanda  di  giudizio  formulata  dal  p.m.  -
 Impregiudicata la decisione di merito sull'oggetto del processo (vedi
 ordinanza n. 24/1996, sentenze nn. 71/1996  e  51/1997)  -  Manifesta
 infontezza.
 
 (C.P.P., art. 34, secondo comma).
 
 (Cost., artt. 3 e 24).
 
(GU n.49 del 3-12-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,   prof.
 Cesare MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO,   avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare  RUPERTO,    dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,   prof.  Carlo  MEZZANOTTE,    avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,   prof. Piero Alberto
 CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  34,  comma  2,
 del  codice  di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 20
 dicembre 1996 dal tribunale di Locri nel procedimento penale a carico
 di Giuseppe Mazzaferro ed altri,  iscritta  al  n.  68  del  registro
 ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  18 giugno 1997 il giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
   Ritenuto che con ordinanza emessa il 20 dicembre 1996 il  tribunale
 di  Locri  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3 e 24 della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art.  34,
 comma  2,  del  codice  di  procedura  penale, nella parte in cui non
 prevede l'incompatibilita' del giudice per  le  indagini  preliminari
 che  abbia  disposto il rinvio a giudizio ad esercitare nuovamente, a
 seguito  dell'annullamento  del  precedente  decreto  di   rinvio   a
 giudizio,  tale  funzione nei confronti degli stessi imputati e per i
 medesimi reati;
     che il tribunale di  Locri  aveva  in  precedenza  dichiarato  la
 nullita'  parziale  del  decreto  di  rinvio a giudizio, per l'omessa
 indicazione, in alcuni capi di imputazione, del tempo e del luogo del
 delitto;  gli  atti  erano  stati,  quindi,  restituiti  al  pubblico
 ministero che, integrata l'imputazione, aveva chiesto ed ottenuto dal
 giudice  per  le  indagini  preliminari, che gia' in precedenza aveva
 adottato il  medesimo  provvedimento,  il  rinvio  a  giudizio  degli
 imputati;
     che  il  tribunale  rimettente  ricorda che l'art. 425 cod. proc.
 pen., nel testo  iniziale,  prevedeva  che  nell'udienza  preliminare
 fosse  emanata  sentenza  di  non  luogo  a  procedere  se risultasse
 "evidente" la causa che  consentiva l'adozione di  quella  pronuncia.
 Successivamente, essendo stato abrogato il requisito della "evidenza"
 (art.  1  della  legge  8  aprile 1993, n. 105), sarebbe notevolmente
 aumentata la  funzione  di  filtro,  rispetto  al  dibattimento,  del
 giudice  dell'udienza  preliminare;  sicche',  ad  avviso del giudice
 rimettente, l'art. 425 cod. proc.   pen. richiederebbe  ora,  per  il
 rinvio  a  giudizio,  un  accertamento  positivo  della  colpevolezza
 dell'imputato;
     che  il  giudice  rimettente  considera  che   l'incompatibilita'
 disciplinata  dall'art.  34  cod. proc. pen. riguarda la decisione di
 merito che definisce  la  responsabilita'  penale  dell'imputato,  ma
 ritiene  che  l'omessa  previsione dell'incompatibilita' anche per il
 giudice dell'udienza preliminare che  debba  nuovamente  pronunciarsi
 sul  rinvio  a giudizio dopo avere adottato nel medesimo procedimento
 un analogo provvedimento, poi annullato, nei confronti  degli  stessi
 imputati  e  per i medesimi reati, sia in contrasto da un lato con il
 principio di parita'  di  trattamento  (art.  3  Cost.),  essendo  la
 situazione   simile  a  quelle  che  determinano  l'incompatibilita',
 dall'altro con il diritto di difesa dell'imputato  (art.  24  Cost.),
 compromesso dal precedente giudizio dello stesso giudice;
     che dinanzi alla Corte e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei  Ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
 Stato, chiedendo che la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  o
 manifestamente  infondata, giacche' l'incompatibilita' presuppone che
 il convincimento gia'  espresso  dal  giudice  possa  incidere  sulla
 valutazione nel merito; valutazione estranea all'udienza preliminare,
 che  costituisce  solo un momento processuale interlocutorio, diretto
 ad accertare la legittimita' della richiesta di rinvio a giudizio;
   Considerato che il presupposto interpretativo dal  quale  muove  il
 giudice   rimettente   nel   qualificare   la  funzione  dell'udienza
 preliminare, pur dopo la modifica apportata all'art. 425  cod.  proc.
 pen.  dall'art.  1 della legge 8 aprile 1993, n. 105, e' inesatto. La
 giurisprudenza costituzionale  ha  gia'  altre  volte  affermato  che
 nell'udienza  preliminare  il  giudice  non  e' chiamato ad esprimere
 valutazioni sul merito dell'accusa, ma  solo  a  verificare,  in  una
 delibazione  di  carattere processuale, la legittimita' della domanda
 di giudizio formulata dal pubblico ministero (da ultimo, sentenza  n.
 311  del  1997  e  ordinanza  n.  97  del  1997), sicche' non risulta
 pregiudicata la decisione di merito  sull'oggetto  del  processo,  in
 ordine   alla   quale   e'  destinato  ad  operare  il  regime  delle
 incompatibilita';
     che non porta a diversa conclusione la modifica  legislativa  che
 ha  soppresso  la  parola  "evidente",  che qualificava le condizioni
 richieste ai fini dell'adozione  di  una  sentenza  di  non  luogo  a
 procedere  nell'udienza  preliminare:  la modifica stessa non muta le
 caratteristiche e la funzione di tale udienza (ordinanza  n.  24  del
 1996),  che  rimane  destinata  a  valutare  se  si possa o meno dare
 ingresso alla successiva fase del dibattimento  per  il  giudizio  di
 merito (sentenze n. 71 del 1996 e n. 51 del 1997);
     che,  pertanto,  la questione di legittimita' costituzionale deve
 essere dichiarata manifestamente infondata;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale,
 sollevata,  in  riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal
 tribunale di Locri con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 24 novembre 1997.
                        Il Presidente: Granata
                        Il redattore: Mirabelli
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 28 novembre 1997.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 97C1363