N. 59 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 23 dicembre 1997

                                 N. 59
  Ricorso  per  conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il
 23 dicembre 1997 (della regione Lombardia)
 Giustizia amministrativa - Sentenza del TAR per  la  Lombardia,  sez.
    II, n. 1738 dell'8 ottobre 1997, con la quale sono state annullate
    le  deliberazioni  della Giunta regionale lombarda n. 67573 del 10
    aprile 1995, e nn. 9480 e 9479 del 1 marzo 1996, concernenti tutte
    il Piano territoriale di coordinamento del Parco agricolo  sud  di
    Milano,  per  essere  state  riconosciute  illegittime,  la  prima
    (recante "Approvazione della Relazione istruttoria  relativa  alla
    proposta  di  approvazione del Piano, ai sensi dell'art. 19, comma
    2, penultimo alinea, della legge regionale 30  novembre  1983,  n.
    86")  - giacche' con essa, invece di limitarsi alla verifica della
    proposta di piano adottata dalla provincia di Milano, in relazione
    alla coerenza con  gli  indirizzi  di  politica  ambientale  della
    regione,  come  previsto  dal  citato  art.  19,  si era riscritta
    completamente la proposta - e la seconda e  la  terza  (aventi  ad
    oggetto,  rispettivamente,  la trasmissione al Consiglio regionale
    del  progetto  di  legge  per  l'approvazione  al  Piano)  in  via
    derivata,   in   quanto  conseguenziali  alla  prima  -  Lamentata
    violazione, in riferimento agli articoli 97, 117, 118, 121, 122  e
    123  della  Costituzione  e  allo statuto della regione Lombardia,
    delle competenze garantite alla regione Lombardia in  ordine  alla
    integrita'  dalla  propria  potesta'  legislativa e in particolare
    della sfera dell'iniziativa legislativa della Giunta regionale, in
    quanto i provvedimenti annullati, trattandosi di atti  interni  ad
    un procedimento destinato a concludersi con un atto legislativo, e
    come  tali  attratti  nel  regime dell'atto legislativo, non erano
    assoggettabili, di conseguenza, alla giurisdizione del TAR  -  Non
    rilevanza  in  contrario  dell'argomento addotto nella motivazione
    della sentenza, secondo cui l'annullamento disposto nel  caso  dal
    giudice  amministrativo  sarebbe legittimato dagli effetti esterni
    delle deliberazioni della Giunta riguardo a misure di salvaguardia
    in base ad esse immediatamente operanti, effetti esterni  peraltro
    eliminabili,  a  voler  tutto  concedere,  limitando  solo ad essi
    l'esercitato sindacato -  Richiamo  alle  sentenze  nn.  110/1970,
    432/1994, 285/1990, 143/1989 e 1010/1988 - Istanza di sospensione.
 Sentenze  del tribunale amministrativo reg., sez. II, della Lombardia
    dell'8 ottobre 1997, n. 1738.
 (Cost.,  artt.  79,  117,  118,  121,  122  e  123;  statuto  regione
    Lombardia).
(GU n.1 del 7-1-1998 )
   Ricorso  per  conflitto di attribuzione della regione Lombardia, in
 persona  del  Presidente  pro-tempore  della  Giunta,   on.   Roberto
 Formigoni,  ai sensi della delibera di Giunta n. 32902 del 5 dicembre
 1997, rappresentato e difeso dal prof.  avv.  Beniamino  Caravita  di
 Toritto,  e  presso il suo studio elettivamente domiciliato, in Roma,
 via Torquato Taramelli 22, contro il  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  in  persona  del Presidente del Consiglio pro-tempore, per
 l'annullamento della sentenza del t.a.r. per la Lombardia,  sez.  II,
 n.  1738 dell'8 ottobre 1997, notificata alla regione Lombardia il 14
 ottobre 1997, con la quale sono state annullate:
     la deliberazione della Giunta regionale lombarda n. 9479,  del  1
 marzo  1996,  avente  ad  oggetto  "Approvazione  e  trasmissione  al
 Consiglio regionale del progetto  di  legge  per  l'approvazione  del
 piano  territoriale  di coordinamento (p.t.c.) del parco regionale di
 cintura metropolitana parco agricolo sud Milano";
     la deliberazione di Giunta regionale n. 9480 del  1  marzo  1996,
 avente   ad   oggetto  "Trasmissione  al  Consiglio  regionale  della
 Relazione istruttoria relativa alla verifica, ai sensi dell'art.  19,
 comma  2,  penultimo  alinea,  della  legge  reg.  n.  86  del  1983,
 concernente la proposta di piano territoriale  di  coordinamento  del
 parco regionale di cintura metropolitana parco agricolo sud Milano";
     la  deliberazione  della Giunta regionale n. 67573, del 20 aprile
 1995, recante: "Approvazione  della  relazione  istruttoria  relativa
 alla proposta di approvazione del piano territoriale di coordinamento
 del  parco  agricolo  sud  Milano,  ai  sensi  dell'art. 19, comma 2,
 penultimo alinea della legge reg. n. 86 del 30 novembre 1983".
                               F a t t o
   In attuazione della legge regionale 30 novembre 1983, n.  86,  come
 modificata  dalla  legge  regionale  23  aprile  1985,  n. 41, che ha
 inserito tra le "aree regionali protette  di  interesse  naturale  ed
 ambientale"  anche  i  "parchi  di cintura metropolitana", la regione
 Lombardia, con legge 23  aprile  1990,  n.  24,  istituiva  il  parco
 agricolo sud Milano.
   Sulla  base  di  quanto  stabilito dall'articolo 19, comma secondo,
 della legge regionale n. 86/1983, la provincia di Milano, quale  ente
 gestore  del  parco  agricolo  sud  Milano,  in data 20 ottobre 1993,
 approvava,   con   deliberazione   del   Consiglio   provinciale   n.
 20354/1980/91, la proposta di piano territoriale di coordinamento del
 parco.
   Successivamente, con i ricorsi 553/94 e 2217/94, la Edilnord s.p.a.
 -   in  qualita'  di  proprietaria  delle  aree  costituenti  il  cd.
 "triangolo industriale", site nei comuni di Lachiarella e Zibido  San
 Giacomo  -  impugnava,  rispettivamente,  la  delibera provinciale di
 adozione della proposta di p.t.c. e la  delibera  consiliare  con  la
 quale  la  provincia  di Milano aveva dato risposta alle osservazioni
 effettuate dalla Edilnord s.p.a. in ordine alla proposta di piano.
   Con  le  sentenze  nn.  561  e  563  del  29 aprile 1996, il t.a.r.
 Lombardia, sez.  II,  dichiarava  l'improcedibilita'  di  entrambi  i
 ricorsi  per sopravvenuta carenza di interesse a causa dell'adozione,
 da parte della Giunta regionale, della  "Relazione  istruttoria  alla
 relativa proposta di p.t.c.".
   La  relazione della Giunta, infatti, a parere del t.a.r. Lombardia,
 costituiva,  nella  sostanza,  "una  nuova   proposta,   che   supera
 integralmente  quella  contenuta  nella  precedente deliberazione del
 Consiglio provinciale del 21 ottobre 1993".
   Successivamente la Edilnord s.p.a. proponeva  ricorso  con  istanza
 cautelare di fronte al t.a.r. per la Lombardia contro gli atti citati
 in epigrafe.
   In  data 9 giugno 1996 il t.a.r. per la Lombardia, sez. I, emetteva
 ordinanza cautelare n. 1822/96 con cui  respingeva  la  richiesta  di
 sospensione  di  tali  deliberazioni  "considerato  che il ricorso si
 dirige avverso atti interni al  procedimento  legislativo  regionale,
 non   suscettibili   in   quanto   tali   di   impugnazione   in  via
 giurisdizionale".
   Successivamente il ricorso veniva chiamato avanti alla  II  sezione
 del  t.a.r.  Lombardia,  all'udienza del 24 settembre 1997: in data 8
 ottobre 1997 veniva depositata la sentenza n. 1738,  notificata  alla
 regione Lombardia in data 14 ottobre 1997.
   Con  tale  sentenza,  oggetto  del  presente  conflitto,  il t.a.r.
 Lombardia, sez. II, accoglieva il  ricorso  promosso  dalla  Edilnord
 s.p.a. e, per effetto, annullava gli atti impugnati.
   Nella  sentenza  in  oggetto il t.a.r. Lombardia sottolinea come la
 circostanza che le deliberazioni impugnate costituiscano segmenti  di
 un  procedimento  che  si conclude con un atto legislativo, se, da un
 lato, impedisce ogni controllo del giudice amministrativo  in  ordine
 alla  legittimita'  del  provvedimento  di  approvazione  del p.t.c.,
 dall'altro, non esclude la  possibilita'  di  un  tale  sindacato  in
 ordine  agli atti interni del procedimento legislativo che, in quanto
 produttivi  di  effetti  giuridici  esterni,  sono  da   considerarsi
 autonomamente impugnabili.
   Quanto   al   merito,   il  t.a.r.  ha  dichiarato  illegittima  la
 deliberazione n. 67573 del 20 aprile 1995, con  la  quale  la  Giunta
 regionale  ha approvato la relazione istruttoria e, conseguentemente,
 ha ritenuto illegittime, per invalidita' derivata, le  consequenziali
 deliberazioni nn. 9480 e 9479 del 1 marzo 1996.
   L'illegittimita'   della   d.g.r.  n.  67573  del  20  aprile  1995
 discenderebbe, secondo quanto statuito dal  t.a.r.  Lombardia,  dalla
 circostanza  che,  riscrivendo  completamente  la  proposta  di piano
 adottata dalla provincia  di  Milano,  la  Giunta  regionale  avrebbe
 violato  l'art.  19,  comma  secondo, della legge regionale 86/83, in
 base al quale alla Giunta spetta esclusivamente "la verifica  ...  in
 relazione  alla  coerenza  con  gli  indirizzi di politica ambientale
 della regione".
   La Giunta, inoltre, a parere del t.a.r. avrebbe dovuto indicare  il
 parametro  alla stregua del quale sarebbe stata condotta la verifica,
 presupponendo  il  concetto  di  "verifica"  l'individuazione  di  un
 termine di raffronto e la specificazione di criteri obiettivi.
   La   sentenza  del  t.a.r.  Lombardia,  esorbitando  palesemente  e
 grossolanamente dai confini dell'attivita' giurisdizionale, viola  le
 competenze  costituzionalmente  garantite  alla regione Lombardia, in
 tema di integrita' della  propria  potesta'  legislativa,  anche  con
 riferimento  alla sfera dell'iniziativa legislativa, e in particolare
 a quella di Giunta, violando cosi' gli art. 97, 117, 118, 121, 122  e
 123  Cost.,  nonche'  lo  statuto  regionale  e, in quanto gravemente
 lesiva della posizione  costituzionale  della  regione,  deve  essere
 impugnata per i seguenti motivi di
                             D i r i t t o
   1.   -   Circa   l'ammissibilita'  del  rimedio  del  conflitto  di
 attribuzione.  Circa la natura del vizio che puo' essere fatto valere
 ricorrendo avverso atti del  potere  giurisdizionale.  Nessun  dubbio
 puo'   sussistere   circa   l'ammissibilita'   di   un  conflitto  di
 attribuzione tra regione e Stato avente  ad  oggetto  un  atto  della
 autorita'  giurisdizionale:   numerosi sono i precedenti in proposito
 (a prendere le mosse dalla  sentenza  n.  110  del  1970),  cosicche'
 appare  inutile  soffermarsi  su  tale  punto  ormai  acquisito  alla
 giurisprudenza della Corte costituzionale.
   Ha confermato ancora recentemente Corte cost., sent. 432 del  1994,
 che  "l'impiego  del conflitto di attribuzione tra Stato e regione in
 relazione ad atti del potere giurisdizionale risponde a  esigenza  di
 integrazione  della  tutela  dell'autonomia regionale contro tutte le
 invasivita'  statali,  con  la  conseguenza  che  il   conflitto   di
 attribuzione  puo' ben trarre origine da un atto giurisdizionale se e
 in  quanto  lo  stesso  sia  ritenuto  lesivo   di   una   competenza
 costituzionalmente  garantita alla regione, una volta considerato che
 la figura dei conflitti di attribuzione non si  restringe  alla  sola
 ipotesi  di  contestazione  circa l'appartenenza del medesimo potere,
 che ciascuno dei soggetti  contendenti  rivendichi  per  se',  ma  si
 estende  a comprendere ogni ipotesi in cui dall'illegittimo esercizio
 di  un  potere  altrui  consegue  la  menomazione  di  una  sfera  di
 attribuzioni costituzionalmente assegnata all'altro soggetto".
   Ammessa  in  via  di  principio  la  ricorribilita' in conflitto di
 attribuzione tra Stato e regioni di atti del potere  giurisdizionale,
 resta  comunque  da verificare - come ben sottolineato nella sentenza
 n. 285 del 1990,  richiamando  ulteriori  conformi  precedenti  -  la
 natura  del  vizio  dell'atto promanante dal potere giudiziario fatto
 valere dinnanzi alla Corte costituzionale: il vizio deve  cadere  sui
 confini  stessi  della  giurisdizione e non sul concreto esercizio di
 essa.
   "Quanto al punto - proseguiva la sent. n. 285 - se venga o meno  in
 discussione  una  menomazione  di  una  competenza costituzionalmente
 attribuita alla regione, non puo' esservi dubbio che  la  prospettata
 disapplicazione  di leggi regionali, sia sotto il profilo di una loro
 equiparazione  ad  atti  amministrativi,  sia  in   quanto   ritenute
 costituzionalmente  illegittime,  violi,  ove  accertata, le invocate
 norme costituzionali  e  incida,  in  particolare,  sulla  competenza
 legislativa  garantita  alla  regione  dall'art.  117,  comma  1". E,
 concludeva la medesima sentenza, "accertato che non spetta alla Corte
 di cassazione disapplicare le leggi regionali,  la  sentenza  oggetto
 del conflitto deve essere annullata in applicazione degli articoli 41
 e 38 legge 11 marzo 1953, n. 87".
   2.  - Circa l'esclusione che, nel caso concreto, si tratti di error
 in iudicando. Se nella sentenza n. 285 la  questione  -  e  il  vizio
 fatto  valere  -  verteva intorno alla "forza" dell'atto legislativo,
 nel conflitto qui introdotto la questione - e il relativo vizio della
 sentenza  impugnata - riguarda il regime del procedimento legislativo
 e la sottoposizione degli atti di esso facenti  parte  al  regime  di
 impugnazione   della   legge   e  non  ad  autonome  possibilita'  di
 impugnazione.
   Afferma la sentenza impugnata: "Non v'e' dubbio che  -  secondo  la
 sequenza procedimentale delineata dal legislatore regionale (art.  19
 della  legge  regionale  n. 86 del 1983) - le deliberazioni impugnate
 (aventi ad oggetto l'approvazione  della  Relazione  istruttoria,  la
 trasmissione di questa al Consiglio regionale, nonche' l'approvazione
 e  la  trasmissione  allo  stesso  Consiglio  del  progetto di legge)
 costituiscano segmenti di un procedimento che si conclude con un atto
 legislativo.
   Non v'e' dubbio altresi' che - in relazione alla natura  di  questo
 atto  - sia escluso il sindacato del giudice amministrativo in ordine
 alla  legittimita'  del  provvedimento  di  approvazione  del   Piano
 territoriale di coordinamento del parco di cintura metropolitana.
   Questa  circostanza  non  e'  pero'  sufficiente  ad escludere ogni
 sindacato del giudice  amministrativo  in  ordine  alla  legittimita'
 degli   atti  amministrativi  interni  al  procedimento  legislativo:
 l'autonoma impugnabilita' di questi atti dipende - secondo i principi
 generali in tema di ammissibilita' del  ricorso  davanti  al  giudice
 amministrativo - dalla loro capacita' di produrre, accanto ad effetti
 endoprocedimentali, anche effetti giuridici esterni.
   Ed  e'  certamente un effetto giuridico esterno quello che consegue
 all'adozione della proposta di piano territoriale  di  coordinamento:
 prevede  infatti  l'art. 18, comma 6, della legge regionale n. 86 del
 1983, che "Dalla  data  di  pubblicazione  della  proposta  di  piano
 cessano  di  applicarsi le norme di salvaguardia previste dalla legge
 istitutiva ai sensi del precedente art. 16, comma 1, lett. d);  dalla
 stessa  data,  sino all'entrata in vigore della legge di approvazione
 del piano territoriale, e comunque per non oltre due anni dalla  data
 di  pubblicazione della proposta di piano, e' vietato ogni intervento
 in contrasto con le previsioni del piano medesimo e  delle  eventuali
 modifiche  deliberate,  in sede di verifica del piano, da parte della
 Giunta regionale, ai sensi del successivo art. 19, comma 2".
   La  salvaguardia  -  assicurata   dalla   richiamata   disposizione
 regionale  - delle previsioni contenute nella proposta di piano (come
 adottata dall'ente gestore  e  come  eventualmente  modificata  dalla
 Giunta  regionale  in  sede  di  verifica),  costituisce  un  effetto
 giuridico esterno ''funzionalmente'' distinto rispetto  agli  effetti
 propri  dell'atto  conclusivo  del  procedimento.    Sicche' non v'e'
 dubbio che - a prescindere dalla qualificazione dell'intervento nella
 specie compiuto dalla Giunta regionale  in  sede  di  verifica  della
 proposta  di  piano  elaborata  dalla provincia (se di sola modifica,
 ovvero di integrale rielaborazione della proposta) - la deliberazione
 con cui la Giunta regionale ha approvato la relazione istruttoria  e'
 idonea   ad   arrecare   una   lesione   immediata,  autonoma  e  non
 necessariamente dello stesso contenuto rispetto a quella  conseguente
 alla approvazione definitiva del p.t.c. (ai sensi dell'art. 19, comma
 2,  della  legge  regionale  n.  86  del 1983, al Consiglio regionale
 spetta l'esame della proposta, delle  osservazioni  pervenute,  delle
 controdeduzioni  dell'Ente  proponente  e  delle  modifiche apportate
 dalla Giunta: sicche' - almeno teoricamente - la legge regionale  che
 conclude il procedimento potrebbe approvare un piano in parte diverso
 da quello trasmesso al Consiglio)".
   Al  fine, allora, di approfondire la contestazione della sentenza e
 per  verificare  l'esorbitanza  della  sentenza  dai  confini   della
 giurisdizione, si puo' partire da tre affermazioni poste dalla stessa
 sentenza:
     non  v'e'  dubbio  che  le  deliberazioni impugnate costituiscano
 segmenti di un procedimento che si conclude con un atto legislativo;
     il fatto che sia escluso il sindacato del giudice  amministrativo
 in  ordine  alla  legittimita'  del provvedimento di approvazione del
 p.t.c. "non e' pero' sufficiente  ad  escludere  ogni  sindacato  del
 giudice   amministrativo  in  ordine  alla  legittimita'  degli  atti
 amministrativi interni al procedimento legislativo";
     l'autonoma  impugnabilita'  di   questi   atti   (definiti   come
 amministrativi interni al procedimento legislativo) dipende dal fatto
 che essi abbiano effetti giuridici esterni.
   3.  -  Circa  la  collocazione  e  il  regime degli atti interni al
 procedimento legislativo. La sentenza qui in contestazione  qualifica
 pianamente  gli  atti  impugnati  come  atti  interni al procedimento
 legislativo:   ma poi non  ne  trae  le  conseguenze  che  pianamente
 avrebbe  dovuto trarre e che - paradossalmente - aveva gia' tratto in
 sede cautelare: l'assoluta e insuperabile assenza di giurisdizione in
 proposito, in quanto attratti, in ragione degli articoli 117,  121  e
 123 Cost., nel regime dell'atto legislativo.
   L'art.  19  della  legge  n.  86  del  1983  prevede  che  il piano
 territoriale del parco sia approvato con legge regionale, su proposta
 dell'ente gestore. Il comma  2  dell'art.  19  precisa  la  procedura
 (pubblicazione;  osservazioni e controdeduzioni; verifica e modifiche
 da parte della Giunta regionale; trasmissione al Consiglio  regionale
 per l'esame e l'approvazione).
   Non interessa in questa sede decidere se gia' la proposta dell'ente
 gestore  costituisca  una forma (ulteriore) di iniziativa legislativa
 (a livello regionale non vi e' la tipizzazione dell'art.  71  Cost.),
 ovvero  rappresenti  solo  lo  strumento  per  attivare  la procedura
 legislativa, che inizia con l'atto  giuntale  di  approvazione  della
 proposta  di  piano  e  la  sua  trasmissione  al  Consiglio  (con la
 deliberazione n.  9479 del 1 marzo 1996 la Giunta ha  deliberato  "di
 approvare  il  progetto  di  legge...  e di trasmetterlo al Consiglio
 regionale").
   Anche nell'ipotesi piu' restrittiva, il t.a.r. ha ritenuto di poter
 colpire l'atto tipico dell'iniziativa legislativa,  vale  a  dire  la
 delibera di Giunta e la trasmissione al Consiglio.
   Nessun  dubbio  puo'  sussistere sul fatto che l'approvazione della
 proposta di piano e la sua trasmissione  al  Consiglio  costituiscano
 atti facenti parte dell'iniziativa legislativa: essi, al di la' della
 copertura  fornita dall'art. 122 Cost. (v. Corte cost., 432 del 1984)
 nel caso di iniziativa giuntale, appaiono attratti nel  regime  della
 legge.  La  loro  impugnabilita'  dinanzi  al  giudice amministrativo
 permetterebbe,  allo  stesso  titolo,  di   impugnare   la   delibera
 governativa   di   approvazione  di  una  proposta  di  legge  ovvero
 l'autorizzazione presidenziale. Il che' pare assurdo.
   4. - Circa il regime degli atti del  procedimento  legislativo.  Ad
 una  prima  sommaria  ricerca  non  constano,  alla difesa regionale,
 impugnazioni  di  atti  di  iniziativa   legislativa   di   strumenti
 urbanistici nel caso della loro approvazione per legge.
   Puo'  essere  allora opportuno esaminare altre situazioni in cui si
 e' tentato di impugnare atti di procedimenti legislativi.
   Cosi', di recente, il t.a.r. Lazio, I, sent. n. 210  del  1997,  ha
 dichiarato   inammissibile   il   ricorso  avverso  un  provvedimento
 dell'ufficio centrale per il  referendum  sulla  base  dell'argomento
 "secondo  il  quale  gli  atti  emessi  dall'ufficio  centrale  per i
 referendum abrogativi di leggi nazionali hanno natura solo formale di
 atti  giurisdizionali,  atteso   che   il   segmento   procedimentale
 nell'ambito  del  quale  essi  sono  emanati  costituisce momento del
 complessivo procedimento legislativo abrogativo previsto dall'art. 75
 Cost." (la decisione, poi confermata in appello da  Cons.  Stato,  n.
 333/1997,  prende  le mosse, confermandola, da Cass., ss.uu., n. 1292
 del 19 febbraio 1983).
   Egualmente,  la  piu'  recente  giurisprudenza  amministrativa  non
 ritiene    impugnabili   davanti   al   giudice   amministrativo   le
 deliberazioni di giunta regionale che indicono referendum in  materia
 di  variazione  di  circoscrizione  comunale,  avendo  natura di atti
 endoprocedimentali  inseriti,  insieme  al  referendum  stesso,   nel
 procedimento di cui all'art.  133 Cost. (Cons. Stato, V, 27 settembre
 1993, ord. n. 1301).
   Questa giurisprudenza conferma il punto di arrivo di una incontesta
 acquisizione   teorica,  secondo  cui  gli  atti  facenti  parte  nel
 procedimento legislativo seguono la stessa sorte e  hanno  lo  stesso
 regime giuridico dell'atto - legge - al quale sono funzionalizzati.
   L'iniziativa - non c'e' bisogno di spendere su cio' troppe parole -
 costituisce,  ai  sensi  degli  articoli  71  e  121 Cost., uno degli
 elementi del procedimento legislativo: gli atti di iniziativa hanno -
 e non possono avere - lo stesso regime della legge cui ineriscono.
   5. - Circa alcune erronee conseguenze in ragione  di  una  presunta
 natura amministrativa degli atti impugnati. Non varrebbe - a sostegno
 dell'impugnabilita'  delle  delibere  -  andare  alla  ricerca di una
 presunta    loro    natura    estrinsecamente    e    sostanzialmente
 amministrativa,  che  le  renderebbe  impugnabili  nonostante il loro
 inserimento nel procedimento legislativo.
   La   assolutamente   consolidata   giurisprudenza   costituzionale,
 nell'affermare  la  legittimita'  di  leggi  provvedimento, ha sempre
 precisato che "si deve escludere che la Costituzione vieti l'adozione
 di leggi a contenuto particolare e concreto.  Tanto  la  Costituzione
 (articoli  70  e  121),  quanto  gli statuti regionali definiscono la
 legge, non gia' in ragione del suo contenuto strutturale o materiale,
 bensi' in dipendenza dei suoi caratteri formali, quali la provenienza
 da un  certo  organo  o  da  un  certo  potere,  il  procedimento  di
 formazione  e  il  particolare valore giuridico (rango primario delle
 norme  legislative,  trattamento  giuridico  sotto  il  profilo   del
 sindacato, resistenza all'abrogazione, ecc.)" (Corte cost., sent. 143
 del 1989, e ivi ulteriori precedenti).
   Non  esistendo  un  contenuto  tipico  della  legge, non e' nemmeno
 possibile  differenziare  fasi  del   procedimento   legislativo   in
 relazione  al  presunto  carattere amministrativo di atti relativi ad
 una certa fase: il regime degli atti del procedimento legislativo  e'
 dato sempre e solo dal regime finale della legge, in ragione del loro
 inserimento  in  un procedimento destinato all'approvazione dell'atto
 legislativo; e il regime della legge e' quello della insindacabilita'
 da  parte  del  giudice comune, sia sotto un profilo sostanziale, sia
 sotto un profilo procedimentale.
   Eventuali vizi procedimentali - e  fra  di  essi  sono  sicuramente
 compresi  quelli  relativi  all'iniziativa  -  potranno  essere fatti
 valere  con  il  rimedio  della  sollevazione  della   questione   di
 costituzionalita' in un giudizio ordinario.
   Incorre  poi  in  una grave confusione concettuale il t.a.r. quando
 deduce l'impugnabilita' dall'esistenza di effetti giuridici esterni.
   La presenza di  questi  effetti  vale  a  giustificare  l'interesse
 all'impugnazione, ma non puo' certo mutare la natura di un atto.
   E,  di  nuovo,  se  si  volesse  che  da  un  atto del procedimento
 legislativo,  quale  l'iniziativa,  non  possano   derivare   effetti
 esterni,  il  rimedio  non e' l'annullamento dell'atto di iniziativa,
 bensi' l'eliminazione - o l'attivazione degli strumenti per eliminare
 - degli effetti giuridici esterni. E, nella specie,  ben  si  sarebbe
 potuto,   se   del  caso,  sollevare  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 18, comma 6, della  legge  reg.  n.  86  del
 1983,  nella  parte  in  cui  prevede  l'applicazione delle misure di
 salvaguardia, ovvero annullare non gia' la proposta di piano in  se',
 bensi' nella parte in cui da essa derivavano misure di salvaguardia.
   6.  -  Circa  eventuali  vizi  di costituzionalita' della procedura
 prevista dalla legge n. 86 del 1983. Dalla lettura della sentenza non
 e' dato sapere  se  il  t.a.r.  aderendo  ad  un  determinato  filone
 dottrinale,  volesse  colpire  l'approvazione  per  legge  del  Piano
 territoriale di coordinamento.
   Sul punto si e' in verita' gia' pronunciata  codesta  ecc.ma  Corte
 costituzionale,  respingendo,  con  la  sentenza  n. 143 del 1989, la
 questione di legittimita' costituzionale di una legge della provincia
 di Trento che prevede l'approvazione del p.t.c.  con  legge  anziche'
 con atto amministrativo.
   E'  sicuramente  sempre  possibile che la Corte costituzionale muti
 opinione: ma il t.a.r. nel caso in questione, avrebbe dovuto non gia'
 annullare gli atti inerenti all'iniziativa legislativa della  Giunta,
 quasi  facendosi  giustizia da se', bensi' (come peraltro ha fatto in
 vicenda simile, relativa al p.t.c. del parco di Montevecchia e  della
 valle  del  Curone,  con  ordinanza  del t.a.r. Lombardia, Milano, 14
 novembre 1996) sollevare  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 19 della legge reg. n. 86 del 1983.
   7. - Non e' in questa sede che deve essere discussa la bonta' della
 sentenza  del  t.a.r.  circa  i  poteri  regionali  di modifica della
 proposta dell'Ente gestore. Valga solo ricordare che con la  sentenza
 n. 1010 del 1988 la Corte costituzionale ha mandato esente da vizi di
 costituzionalita'  il  potere  della  Giunta  regionale  siciliana di
 apportare modifiche in sede di  approvazione  dei  piani  urbanistici
 comprensoriali.  Sospensiva
   La  sentenza  deve  essere  sospesa  nelle more del giudizio. Essa,
 infatti,  crea  danni  gravissimi  alla  regione  sotto  due  diversi
 profili:
     viene  infatti  interrotto un procedimento legislativo che si era
 gia' avviato, tant'e' che - prima del deposito della decisione  -  la
 competente  commissione  consiliare aveva gia' provveduto, in data 18
 settembre 1997, ad approvare - con ulteriori modifiche - la  proposta
 di piano;
     l'interruzione  del  procedimento  di approvazione del piano crea
 una  grave  situazione  anche  sotto  il  profilo  delle  misure   di
 salvaguardia applicabili.
                                P.Q.M.
   La  regione Lombardia, cosi' come rappresentata, chiede che codesta
 ecc.ma Corte costituzionale, previa sospensione da  rendersi  sentito
 in  camera  di  consiglio  il  proprio difensore, voglia annullare la
 sentenza impugnata citata in epigrafe,  dichiarando  che  non  spetta
 allo  Stato,  e  per  esso  al  t.a.r. Lombardia, annnullare atti del
 procedimento legislativo regionale.
     Roma-Milano, addi' 12 dicembre 1997
                Prof. avv. Beniamino Caravita di Toritto
 97C1499