N. 59 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 23 dicembre 1997
N. 59 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 23 dicembre 1997 (della regione Lombardia) Giustizia amministrativa - Sentenza del TAR per la Lombardia, sez. II, n. 1738 dell'8 ottobre 1997, con la quale sono state annullate le deliberazioni della Giunta regionale lombarda n. 67573 del 10 aprile 1995, e nn. 9480 e 9479 del 1 marzo 1996, concernenti tutte il Piano territoriale di coordinamento del Parco agricolo sud di Milano, per essere state riconosciute illegittime, la prima (recante "Approvazione della Relazione istruttoria relativa alla proposta di approvazione del Piano, ai sensi dell'art. 19, comma 2, penultimo alinea, della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86") - giacche' con essa, invece di limitarsi alla verifica della proposta di piano adottata dalla provincia di Milano, in relazione alla coerenza con gli indirizzi di politica ambientale della regione, come previsto dal citato art. 19, si era riscritta completamente la proposta - e la seconda e la terza (aventi ad oggetto, rispettivamente, la trasmissione al Consiglio regionale del progetto di legge per l'approvazione al Piano) in via derivata, in quanto conseguenziali alla prima - Lamentata violazione, in riferimento agli articoli 97, 117, 118, 121, 122 e 123 della Costituzione e allo statuto della regione Lombardia, delle competenze garantite alla regione Lombardia in ordine alla integrita' dalla propria potesta' legislativa e in particolare della sfera dell'iniziativa legislativa della Giunta regionale, in quanto i provvedimenti annullati, trattandosi di atti interni ad un procedimento destinato a concludersi con un atto legislativo, e come tali attratti nel regime dell'atto legislativo, non erano assoggettabili, di conseguenza, alla giurisdizione del TAR - Non rilevanza in contrario dell'argomento addotto nella motivazione della sentenza, secondo cui l'annullamento disposto nel caso dal giudice amministrativo sarebbe legittimato dagli effetti esterni delle deliberazioni della Giunta riguardo a misure di salvaguardia in base ad esse immediatamente operanti, effetti esterni peraltro eliminabili, a voler tutto concedere, limitando solo ad essi l'esercitato sindacato - Richiamo alle sentenze nn. 110/1970, 432/1994, 285/1990, 143/1989 e 1010/1988 - Istanza di sospensione. Sentenze del tribunale amministrativo reg., sez. II, della Lombardia dell'8 ottobre 1997, n. 1738. (Cost., artt. 79, 117, 118, 121, 122 e 123; statuto regione Lombardia).(GU n.1 del 7-1-1998 )
Ricorso per conflitto di attribuzione della regione Lombardia, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta, on. Roberto Formigoni, ai sensi della delibera di Giunta n. 32902 del 5 dicembre 1997, rappresentato e difeso dal prof. avv. Beniamino Caravita di Toritto, e presso il suo studio elettivamente domiciliato, in Roma, via Torquato Taramelli 22, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro-tempore, per l'annullamento della sentenza del t.a.r. per la Lombardia, sez. II, n. 1738 dell'8 ottobre 1997, notificata alla regione Lombardia il 14 ottobre 1997, con la quale sono state annullate: la deliberazione della Giunta regionale lombarda n. 9479, del 1 marzo 1996, avente ad oggetto "Approvazione e trasmissione al Consiglio regionale del progetto di legge per l'approvazione del piano territoriale di coordinamento (p.t.c.) del parco regionale di cintura metropolitana parco agricolo sud Milano"; la deliberazione di Giunta regionale n. 9480 del 1 marzo 1996, avente ad oggetto "Trasmissione al Consiglio regionale della Relazione istruttoria relativa alla verifica, ai sensi dell'art. 19, comma 2, penultimo alinea, della legge reg. n. 86 del 1983, concernente la proposta di piano territoriale di coordinamento del parco regionale di cintura metropolitana parco agricolo sud Milano"; la deliberazione della Giunta regionale n. 67573, del 20 aprile 1995, recante: "Approvazione della relazione istruttoria relativa alla proposta di approvazione del piano territoriale di coordinamento del parco agricolo sud Milano, ai sensi dell'art. 19, comma 2, penultimo alinea della legge reg. n. 86 del 30 novembre 1983". F a t t o In attuazione della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86, come modificata dalla legge regionale 23 aprile 1985, n. 41, che ha inserito tra le "aree regionali protette di interesse naturale ed ambientale" anche i "parchi di cintura metropolitana", la regione Lombardia, con legge 23 aprile 1990, n. 24, istituiva il parco agricolo sud Milano. Sulla base di quanto stabilito dall'articolo 19, comma secondo, della legge regionale n. 86/1983, la provincia di Milano, quale ente gestore del parco agricolo sud Milano, in data 20 ottobre 1993, approvava, con deliberazione del Consiglio provinciale n. 20354/1980/91, la proposta di piano territoriale di coordinamento del parco. Successivamente, con i ricorsi 553/94 e 2217/94, la Edilnord s.p.a. - in qualita' di proprietaria delle aree costituenti il cd. "triangolo industriale", site nei comuni di Lachiarella e Zibido San Giacomo - impugnava, rispettivamente, la delibera provinciale di adozione della proposta di p.t.c. e la delibera consiliare con la quale la provincia di Milano aveva dato risposta alle osservazioni effettuate dalla Edilnord s.p.a. in ordine alla proposta di piano. Con le sentenze nn. 561 e 563 del 29 aprile 1996, il t.a.r. Lombardia, sez. II, dichiarava l'improcedibilita' di entrambi i ricorsi per sopravvenuta carenza di interesse a causa dell'adozione, da parte della Giunta regionale, della "Relazione istruttoria alla relativa proposta di p.t.c.". La relazione della Giunta, infatti, a parere del t.a.r. Lombardia, costituiva, nella sostanza, "una nuova proposta, che supera integralmente quella contenuta nella precedente deliberazione del Consiglio provinciale del 21 ottobre 1993". Successivamente la Edilnord s.p.a. proponeva ricorso con istanza cautelare di fronte al t.a.r. per la Lombardia contro gli atti citati in epigrafe. In data 9 giugno 1996 il t.a.r. per la Lombardia, sez. I, emetteva ordinanza cautelare n. 1822/96 con cui respingeva la richiesta di sospensione di tali deliberazioni "considerato che il ricorso si dirige avverso atti interni al procedimento legislativo regionale, non suscettibili in quanto tali di impugnazione in via giurisdizionale". Successivamente il ricorso veniva chiamato avanti alla II sezione del t.a.r. Lombardia, all'udienza del 24 settembre 1997: in data 8 ottobre 1997 veniva depositata la sentenza n. 1738, notificata alla regione Lombardia in data 14 ottobre 1997. Con tale sentenza, oggetto del presente conflitto, il t.a.r. Lombardia, sez. II, accoglieva il ricorso promosso dalla Edilnord s.p.a. e, per effetto, annullava gli atti impugnati. Nella sentenza in oggetto il t.a.r. Lombardia sottolinea come la circostanza che le deliberazioni impugnate costituiscano segmenti di un procedimento che si conclude con un atto legislativo, se, da un lato, impedisce ogni controllo del giudice amministrativo in ordine alla legittimita' del provvedimento di approvazione del p.t.c., dall'altro, non esclude la possibilita' di un tale sindacato in ordine agli atti interni del procedimento legislativo che, in quanto produttivi di effetti giuridici esterni, sono da considerarsi autonomamente impugnabili. Quanto al merito, il t.a.r. ha dichiarato illegittima la deliberazione n. 67573 del 20 aprile 1995, con la quale la Giunta regionale ha approvato la relazione istruttoria e, conseguentemente, ha ritenuto illegittime, per invalidita' derivata, le consequenziali deliberazioni nn. 9480 e 9479 del 1 marzo 1996. L'illegittimita' della d.g.r. n. 67573 del 20 aprile 1995 discenderebbe, secondo quanto statuito dal t.a.r. Lombardia, dalla circostanza che, riscrivendo completamente la proposta di piano adottata dalla provincia di Milano, la Giunta regionale avrebbe violato l'art. 19, comma secondo, della legge regionale 86/83, in base al quale alla Giunta spetta esclusivamente "la verifica ... in relazione alla coerenza con gli indirizzi di politica ambientale della regione". La Giunta, inoltre, a parere del t.a.r. avrebbe dovuto indicare il parametro alla stregua del quale sarebbe stata condotta la verifica, presupponendo il concetto di "verifica" l'individuazione di un termine di raffronto e la specificazione di criteri obiettivi. La sentenza del t.a.r. Lombardia, esorbitando palesemente e grossolanamente dai confini dell'attivita' giurisdizionale, viola le competenze costituzionalmente garantite alla regione Lombardia, in tema di integrita' della propria potesta' legislativa, anche con riferimento alla sfera dell'iniziativa legislativa, e in particolare a quella di Giunta, violando cosi' gli art. 97, 117, 118, 121, 122 e 123 Cost., nonche' lo statuto regionale e, in quanto gravemente lesiva della posizione costituzionale della regione, deve essere impugnata per i seguenti motivi di D i r i t t o 1. - Circa l'ammissibilita' del rimedio del conflitto di attribuzione. Circa la natura del vizio che puo' essere fatto valere ricorrendo avverso atti del potere giurisdizionale. Nessun dubbio puo' sussistere circa l'ammissibilita' di un conflitto di attribuzione tra regione e Stato avente ad oggetto un atto della autorita' giurisdizionale: numerosi sono i precedenti in proposito (a prendere le mosse dalla sentenza n. 110 del 1970), cosicche' appare inutile soffermarsi su tale punto ormai acquisito alla giurisprudenza della Corte costituzionale. Ha confermato ancora recentemente Corte cost., sent. 432 del 1994, che "l'impiego del conflitto di attribuzione tra Stato e regione in relazione ad atti del potere giurisdizionale risponde a esigenza di integrazione della tutela dell'autonomia regionale contro tutte le invasivita' statali, con la conseguenza che il conflitto di attribuzione puo' ben trarre origine da un atto giurisdizionale se e in quanto lo stesso sia ritenuto lesivo di una competenza costituzionalmente garantita alla regione, una volta considerato che la figura dei conflitti di attribuzione non si restringe alla sola ipotesi di contestazione circa l'appartenenza del medesimo potere, che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi per se', ma si estende a comprendere ogni ipotesi in cui dall'illegittimo esercizio di un potere altrui consegue la menomazione di una sfera di attribuzioni costituzionalmente assegnata all'altro soggetto". Ammessa in via di principio la ricorribilita' in conflitto di attribuzione tra Stato e regioni di atti del potere giurisdizionale, resta comunque da verificare - come ben sottolineato nella sentenza n. 285 del 1990, richiamando ulteriori conformi precedenti - la natura del vizio dell'atto promanante dal potere giudiziario fatto valere dinnanzi alla Corte costituzionale: il vizio deve cadere sui confini stessi della giurisdizione e non sul concreto esercizio di essa. "Quanto al punto - proseguiva la sent. n. 285 - se venga o meno in discussione una menomazione di una competenza costituzionalmente attribuita alla regione, non puo' esservi dubbio che la prospettata disapplicazione di leggi regionali, sia sotto il profilo di una loro equiparazione ad atti amministrativi, sia in quanto ritenute costituzionalmente illegittime, violi, ove accertata, le invocate norme costituzionali e incida, in particolare, sulla competenza legislativa garantita alla regione dall'art. 117, comma 1". E, concludeva la medesima sentenza, "accertato che non spetta alla Corte di cassazione disapplicare le leggi regionali, la sentenza oggetto del conflitto deve essere annullata in applicazione degli articoli 41 e 38 legge 11 marzo 1953, n. 87". 2. - Circa l'esclusione che, nel caso concreto, si tratti di error in iudicando. Se nella sentenza n. 285 la questione - e il vizio fatto valere - verteva intorno alla "forza" dell'atto legislativo, nel conflitto qui introdotto la questione - e il relativo vizio della sentenza impugnata - riguarda il regime del procedimento legislativo e la sottoposizione degli atti di esso facenti parte al regime di impugnazione della legge e non ad autonome possibilita' di impugnazione. Afferma la sentenza impugnata: "Non v'e' dubbio che - secondo la sequenza procedimentale delineata dal legislatore regionale (art. 19 della legge regionale n. 86 del 1983) - le deliberazioni impugnate (aventi ad oggetto l'approvazione della Relazione istruttoria, la trasmissione di questa al Consiglio regionale, nonche' l'approvazione e la trasmissione allo stesso Consiglio del progetto di legge) costituiscano segmenti di un procedimento che si conclude con un atto legislativo. Non v'e' dubbio altresi' che - in relazione alla natura di questo atto - sia escluso il sindacato del giudice amministrativo in ordine alla legittimita' del provvedimento di approvazione del Piano territoriale di coordinamento del parco di cintura metropolitana. Questa circostanza non e' pero' sufficiente ad escludere ogni sindacato del giudice amministrativo in ordine alla legittimita' degli atti amministrativi interni al procedimento legislativo: l'autonoma impugnabilita' di questi atti dipende - secondo i principi generali in tema di ammissibilita' del ricorso davanti al giudice amministrativo - dalla loro capacita' di produrre, accanto ad effetti endoprocedimentali, anche effetti giuridici esterni. Ed e' certamente un effetto giuridico esterno quello che consegue all'adozione della proposta di piano territoriale di coordinamento: prevede infatti l'art. 18, comma 6, della legge regionale n. 86 del 1983, che "Dalla data di pubblicazione della proposta di piano cessano di applicarsi le norme di salvaguardia previste dalla legge istitutiva ai sensi del precedente art. 16, comma 1, lett. d); dalla stessa data, sino all'entrata in vigore della legge di approvazione del piano territoriale, e comunque per non oltre due anni dalla data di pubblicazione della proposta di piano, e' vietato ogni intervento in contrasto con le previsioni del piano medesimo e delle eventuali modifiche deliberate, in sede di verifica del piano, da parte della Giunta regionale, ai sensi del successivo art. 19, comma 2". La salvaguardia - assicurata dalla richiamata disposizione regionale - delle previsioni contenute nella proposta di piano (come adottata dall'ente gestore e come eventualmente modificata dalla Giunta regionale in sede di verifica), costituisce un effetto giuridico esterno ''funzionalmente'' distinto rispetto agli effetti propri dell'atto conclusivo del procedimento. Sicche' non v'e' dubbio che - a prescindere dalla qualificazione dell'intervento nella specie compiuto dalla Giunta regionale in sede di verifica della proposta di piano elaborata dalla provincia (se di sola modifica, ovvero di integrale rielaborazione della proposta) - la deliberazione con cui la Giunta regionale ha approvato la relazione istruttoria e' idonea ad arrecare una lesione immediata, autonoma e non necessariamente dello stesso contenuto rispetto a quella conseguente alla approvazione definitiva del p.t.c. (ai sensi dell'art. 19, comma 2, della legge regionale n. 86 del 1983, al Consiglio regionale spetta l'esame della proposta, delle osservazioni pervenute, delle controdeduzioni dell'Ente proponente e delle modifiche apportate dalla Giunta: sicche' - almeno teoricamente - la legge regionale che conclude il procedimento potrebbe approvare un piano in parte diverso da quello trasmesso al Consiglio)". Al fine, allora, di approfondire la contestazione della sentenza e per verificare l'esorbitanza della sentenza dai confini della giurisdizione, si puo' partire da tre affermazioni poste dalla stessa sentenza: non v'e' dubbio che le deliberazioni impugnate costituiscano segmenti di un procedimento che si conclude con un atto legislativo; il fatto che sia escluso il sindacato del giudice amministrativo in ordine alla legittimita' del provvedimento di approvazione del p.t.c. "non e' pero' sufficiente ad escludere ogni sindacato del giudice amministrativo in ordine alla legittimita' degli atti amministrativi interni al procedimento legislativo"; l'autonoma impugnabilita' di questi atti (definiti come amministrativi interni al procedimento legislativo) dipende dal fatto che essi abbiano effetti giuridici esterni. 3. - Circa la collocazione e il regime degli atti interni al procedimento legislativo. La sentenza qui in contestazione qualifica pianamente gli atti impugnati come atti interni al procedimento legislativo: ma poi non ne trae le conseguenze che pianamente avrebbe dovuto trarre e che - paradossalmente - aveva gia' tratto in sede cautelare: l'assoluta e insuperabile assenza di giurisdizione in proposito, in quanto attratti, in ragione degli articoli 117, 121 e 123 Cost., nel regime dell'atto legislativo. L'art. 19 della legge n. 86 del 1983 prevede che il piano territoriale del parco sia approvato con legge regionale, su proposta dell'ente gestore. Il comma 2 dell'art. 19 precisa la procedura (pubblicazione; osservazioni e controdeduzioni; verifica e modifiche da parte della Giunta regionale; trasmissione al Consiglio regionale per l'esame e l'approvazione). Non interessa in questa sede decidere se gia' la proposta dell'ente gestore costituisca una forma (ulteriore) di iniziativa legislativa (a livello regionale non vi e' la tipizzazione dell'art. 71 Cost.), ovvero rappresenti solo lo strumento per attivare la procedura legislativa, che inizia con l'atto giuntale di approvazione della proposta di piano e la sua trasmissione al Consiglio (con la deliberazione n. 9479 del 1 marzo 1996 la Giunta ha deliberato "di approvare il progetto di legge... e di trasmetterlo al Consiglio regionale"). Anche nell'ipotesi piu' restrittiva, il t.a.r. ha ritenuto di poter colpire l'atto tipico dell'iniziativa legislativa, vale a dire la delibera di Giunta e la trasmissione al Consiglio. Nessun dubbio puo' sussistere sul fatto che l'approvazione della proposta di piano e la sua trasmissione al Consiglio costituiscano atti facenti parte dell'iniziativa legislativa: essi, al di la' della copertura fornita dall'art. 122 Cost. (v. Corte cost., 432 del 1984) nel caso di iniziativa giuntale, appaiono attratti nel regime della legge. La loro impugnabilita' dinanzi al giudice amministrativo permetterebbe, allo stesso titolo, di impugnare la delibera governativa di approvazione di una proposta di legge ovvero l'autorizzazione presidenziale. Il che' pare assurdo. 4. - Circa il regime degli atti del procedimento legislativo. Ad una prima sommaria ricerca non constano, alla difesa regionale, impugnazioni di atti di iniziativa legislativa di strumenti urbanistici nel caso della loro approvazione per legge. Puo' essere allora opportuno esaminare altre situazioni in cui si e' tentato di impugnare atti di procedimenti legislativi. Cosi', di recente, il t.a.r. Lazio, I, sent. n. 210 del 1997, ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso un provvedimento dell'ufficio centrale per il referendum sulla base dell'argomento "secondo il quale gli atti emessi dall'ufficio centrale per i referendum abrogativi di leggi nazionali hanno natura solo formale di atti giurisdizionali, atteso che il segmento procedimentale nell'ambito del quale essi sono emanati costituisce momento del complessivo procedimento legislativo abrogativo previsto dall'art. 75 Cost." (la decisione, poi confermata in appello da Cons. Stato, n. 333/1997, prende le mosse, confermandola, da Cass., ss.uu., n. 1292 del 19 febbraio 1983). Egualmente, la piu' recente giurisprudenza amministrativa non ritiene impugnabili davanti al giudice amministrativo le deliberazioni di giunta regionale che indicono referendum in materia di variazione di circoscrizione comunale, avendo natura di atti endoprocedimentali inseriti, insieme al referendum stesso, nel procedimento di cui all'art. 133 Cost. (Cons. Stato, V, 27 settembre 1993, ord. n. 1301). Questa giurisprudenza conferma il punto di arrivo di una incontesta acquisizione teorica, secondo cui gli atti facenti parte nel procedimento legislativo seguono la stessa sorte e hanno lo stesso regime giuridico dell'atto - legge - al quale sono funzionalizzati. L'iniziativa - non c'e' bisogno di spendere su cio' troppe parole - costituisce, ai sensi degli articoli 71 e 121 Cost., uno degli elementi del procedimento legislativo: gli atti di iniziativa hanno - e non possono avere - lo stesso regime della legge cui ineriscono. 5. - Circa alcune erronee conseguenze in ragione di una presunta natura amministrativa degli atti impugnati. Non varrebbe - a sostegno dell'impugnabilita' delle delibere - andare alla ricerca di una presunta loro natura estrinsecamente e sostanzialmente amministrativa, che le renderebbe impugnabili nonostante il loro inserimento nel procedimento legislativo. La assolutamente consolidata giurisprudenza costituzionale, nell'affermare la legittimita' di leggi provvedimento, ha sempre precisato che "si deve escludere che la Costituzione vieti l'adozione di leggi a contenuto particolare e concreto. Tanto la Costituzione (articoli 70 e 121), quanto gli statuti regionali definiscono la legge, non gia' in ragione del suo contenuto strutturale o materiale, bensi' in dipendenza dei suoi caratteri formali, quali la provenienza da un certo organo o da un certo potere, il procedimento di formazione e il particolare valore giuridico (rango primario delle norme legislative, trattamento giuridico sotto il profilo del sindacato, resistenza all'abrogazione, ecc.)" (Corte cost., sent. 143 del 1989, e ivi ulteriori precedenti). Non esistendo un contenuto tipico della legge, non e' nemmeno possibile differenziare fasi del procedimento legislativo in relazione al presunto carattere amministrativo di atti relativi ad una certa fase: il regime degli atti del procedimento legislativo e' dato sempre e solo dal regime finale della legge, in ragione del loro inserimento in un procedimento destinato all'approvazione dell'atto legislativo; e il regime della legge e' quello della insindacabilita' da parte del giudice comune, sia sotto un profilo sostanziale, sia sotto un profilo procedimentale. Eventuali vizi procedimentali - e fra di essi sono sicuramente compresi quelli relativi all'iniziativa - potranno essere fatti valere con il rimedio della sollevazione della questione di costituzionalita' in un giudizio ordinario. Incorre poi in una grave confusione concettuale il t.a.r. quando deduce l'impugnabilita' dall'esistenza di effetti giuridici esterni. La presenza di questi effetti vale a giustificare l'interesse all'impugnazione, ma non puo' certo mutare la natura di un atto. E, di nuovo, se si volesse che da un atto del procedimento legislativo, quale l'iniziativa, non possano derivare effetti esterni, il rimedio non e' l'annullamento dell'atto di iniziativa, bensi' l'eliminazione - o l'attivazione degli strumenti per eliminare - degli effetti giuridici esterni. E, nella specie, ben si sarebbe potuto, se del caso, sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 18, comma 6, della legge reg. n. 86 del 1983, nella parte in cui prevede l'applicazione delle misure di salvaguardia, ovvero annullare non gia' la proposta di piano in se', bensi' nella parte in cui da essa derivavano misure di salvaguardia. 6. - Circa eventuali vizi di costituzionalita' della procedura prevista dalla legge n. 86 del 1983. Dalla lettura della sentenza non e' dato sapere se il t.a.r. aderendo ad un determinato filone dottrinale, volesse colpire l'approvazione per legge del Piano territoriale di coordinamento. Sul punto si e' in verita' gia' pronunciata codesta ecc.ma Corte costituzionale, respingendo, con la sentenza n. 143 del 1989, la questione di legittimita' costituzionale di una legge della provincia di Trento che prevede l'approvazione del p.t.c. con legge anziche' con atto amministrativo. E' sicuramente sempre possibile che la Corte costituzionale muti opinione: ma il t.a.r. nel caso in questione, avrebbe dovuto non gia' annullare gli atti inerenti all'iniziativa legislativa della Giunta, quasi facendosi giustizia da se', bensi' (come peraltro ha fatto in vicenda simile, relativa al p.t.c. del parco di Montevecchia e della valle del Curone, con ordinanza del t.a.r. Lombardia, Milano, 14 novembre 1996) sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19 della legge reg. n. 86 del 1983. 7. - Non e' in questa sede che deve essere discussa la bonta' della sentenza del t.a.r. circa i poteri regionali di modifica della proposta dell'Ente gestore. Valga solo ricordare che con la sentenza n. 1010 del 1988 la Corte costituzionale ha mandato esente da vizi di costituzionalita' il potere della Giunta regionale siciliana di apportare modifiche in sede di approvazione dei piani urbanistici comprensoriali. Sospensiva La sentenza deve essere sospesa nelle more del giudizio. Essa, infatti, crea danni gravissimi alla regione sotto due diversi profili: viene infatti interrotto un procedimento legislativo che si era gia' avviato, tant'e' che - prima del deposito della decisione - la competente commissione consiliare aveva gia' provveduto, in data 18 settembre 1997, ad approvare - con ulteriori modifiche - la proposta di piano; l'interruzione del procedimento di approvazione del piano crea una grave situazione anche sotto il profilo delle misure di salvaguardia applicabili.
P.Q.M. La regione Lombardia, cosi' come rappresentata, chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale, previa sospensione da rendersi sentito in camera di consiglio il proprio difensore, voglia annullare la sentenza impugnata citata in epigrafe, dichiarando che non spetta allo Stato, e per esso al t.a.r. Lombardia, annnullare atti del procedimento legislativo regionale. Roma-Milano, addi' 12 dicembre 1997 Prof. avv. Beniamino Caravita di Toritto 97C1499