N. 448 SENTENZA 16 - 30 dicembre 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' in via incidentale.
 
 Caccia - Protezione della  fauna  selvatica  -  Comprensione,  nella
 percentuale  del territorio destinata a tale finalita', delle aree in
 cui sia comunque vietata  l'attivita'  venatoria  purche'  le  stesse
 siano   definibili   come  agro-silvo-pastorali  -  Ragionevolezza  -
 Disciplina  volta  ad  orientare  la  pubblica  amministrazione  alla
 elaborazione di piani faunistico-venatori - Non fondatezza.
 
 (Legge  11  febbraio  1992,  n,  157, art. 10, comma 3; legge regione
 Liguria 1 luglio 1994, n, 29, art, 3, commi 1 e 2).
 
 (Cost., art. 97, primo comma).
 
(GU n.1 del 7-1-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,   prof.
 Cesare MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO,   avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY , prof. Valerio ONIDA,   prof. Carlo  MEZZANOTTE,    avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,   prof. Piero Alberto
 CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  10,  comma  3,
 della  legge  11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della
 fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio),  e  dell'art.
 3,  commi  1 e 2, della legge della regione Liguria 1 luglio 1994, n.
 29 (Norme regionali per la protezione della fauna omeoterma e per  il
 prelievo  venatorio), promosso con ordinanza emessa il 26 aprile 1996
 dal TAR della Liguria sul ricorso proposto dall'Associazione Italiana
 per il W.W.F. contro la provincia  di  La  Spezia,  con  l'intervento
 dell'U.N.A.V.I. e della C.P.A. della provincia di La Spezia, iscritta
 al  n.  1278  del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 47,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1996;
   Visti  gli  atti di costituzione dell'U.N.A.V.I. della provincia di
 La Spezia e dell'Associazione italiana per  il  W.W.F.,  nonche'  gli
 atti  di  intervento  della  regione  Liguria  e  del  Presidente del
 Consiglio dei Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 17 giugno 1997 il giudice  relatore
 Massimo Vari;
   Uditi  gli  avvocati  Giovanni Petretti per l'Associazione italiana
 per il W.W.F., Claudio Chiola per l'U.N.A.V.I. della provincia di  La
 Spezia,  Gigliola  Benghi  per  la regione Liguria e l'avvocato dello
 Stato  Pier  Giorgio  Ferri  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Con  ordinanza  emessa  il 26 aprile 1996 - nel giudizio sul
 ricorso proposto dall'Associazione italiana  per  il  World  Wildlife
 Fund  (W.W.F.)  contro  la provincia di La Spezia, per l'annullamento
 delle delibere consiliari n. 56 del 29 maggio 1995 e  n.  64  del  14
 giugno  1995, aventi, rispettivamente, ad oggetto il piano faunistico
 venatorio provinciale e l'istituzione e perimetrazione  degli  ambiti
 territoriali  di  caccia, nonche' degli atti connessi il T.A.R. della
 Liguria  ha  sollevato  questione  di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.    10, comma 3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme
 per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per  il  prelievo
 venatorio),  e  dell'art.   3, commi 1 e 2, della legge della regione
 Liguria 1 luglio 1994, n. 29 (Norme regionali per la protezione della
 fauna  omeoterma  e  per  il  prelievo  venatorio),  denunciando   il
 contrasto  di  tali  disposizioni  con  l'art. 97, primo comma, della
 Costituzione, nella parte in cui comprendono, nella  percentuale  del
 territorio  destinata  a protezione della fauna selvatica, le aree in
 cui sia comunque vietata l'attivita' venatoria anche per  effetto  di
 altre   leggi  o  disposizioni;  e  cioe'  anche  aree  che,  purche'
 definibili come agro-silvo-pastorali,  sarebbero  tuttavia  inidonee,
 per la limitata estensione o per la vicinanza a vie di comunicazione,
 a garantire i predetti obiettivi protettivi.  Secondo l'ordinanza, se
 per  protezione della fauna, a mente del comma 4 del medesimo art. 10
 della  citata  legge  n.  157  del  1992,  va  inteso  "il divieto di
 abbattimento e cattura a fini venatori accompagnato da  provvedimenti
 atti  ad  agevolare  la  sosta della fauna, la riproduzione e la cura
 della prole", e' evidente che, nel territorio destinato a protezione,
 non puo' essere compreso quello che, per sua natura e  funzione,  sia
 inidoneo a consentire l'agevolazione congiunta delle attivita' vitali
 della fauna stessa. Di qui la denunciata illegittimita' dell'art. 10,
 comma  3,  della  legge n. 157 del 1992 la cui "contraddittorieta' in
 termini" farebbe dubitare della  sua  rispondenza  al  "principio  di
 ragionevolezza  di  cui  e'  codificazione nell'art. 97, primo comma,
 della Costituzione". Ad avviso del giudice rimettente lo stesso vizio
 colpirebbe anche l'art. 3, commi 1 e 2,  della  legge  della  regione
 Liguria  n.  29  del  1994,  in  quanto  la  stessa  definizione "del
 territorio da considerare" consentirebbe l'inclusione, nella zona  di
 protezione della fauna, anche di aree non idonee alla destinazione in
 questione.
   2.  -  Nel  costituirsi  in giudizio l'Associazione italiana per il
 World  Wildlife  Fund  (W.W.F.)  ha  chiesto   che   sia   dichiarata
 l'illegittimita'  costituzionale delle norme indicate nell'ordinanza,
 se non interpretate nel senso che, nella  percentuale  di  territorio
 "da  proteggere"  in ogni regione, debbano essere incluse soltanto le
 aree idonee a consentire la  sosta  e  la  riproduzione  della  fauna
 selvatica,   escludendo   tutte  quelle  aventi  natura  marginale  e
 residuale (come le fasce di rispetto delle vie di comunicazione,  gli
 insediamenti  aeroportuali, le zone antropizzate, i parchi e giardini
 urbani, ecc.).
   Ricordato che il fine prioritario della legge n. 157  del  1992  e'
 quello  di proteggere la fauna selvatica, l'Associazione osserva che,
 quando il legislatore ha voluto che determinate aree fossero  incluse
 nella   percentuale   di   territorio   protetto,   lo   ha  indicato
 espressamente (come nel caso dei fondi chiusi vietati alla caccia  di
 cui all'art.  15, commi 8 e 9).
   Pertanto,  ove  la denunciata disposizione dell'art. 10 della legge
 n. 157  del  1992  non  dovesse  essere  intesa  nel  senso  che  nel
 territorio  protetto  ricadono  solo le aree idonee ad assicurare una
 efficace tutela della fauna, si chiede un intervento caducatorio  che
 travolga  anche tutte le disposizioni contenute nelle leggi regionali
 che dalla disposizione della legge-quadro traggono fondamento.
   3.  -  Si  e'  costituita  in  giudizio  anche  l'Unione  nazionale
 associazioni  venatorie italiane della provincia di La Spezia, che ha
 eccepito preliminarmente l'inammissibilita' della questione sotto  un
 duplice  profilo: anzitutto per difetto di rilevanza, quanto all'art.
 10, comma 3, della legge n. 157 del 1992,  giacche'  la  riproduzione
 del contenuto della legge statale da parte del legislatore regionale,
 secondo  quanto  si desume anche dalla giurisprudenza costituzionale,
 avrebbe comportato in ogni caso una novazione  della  fonte,  con  la
 conseguenza che il giudice a quo sarebbe tenuto ad applicare nel caso
 specifico  soltanto la legge della regione Liguria; in secondo luogo,
 perche' si tratterebbe di censure attinenti al merito politico  della
 normativa  impugnata,  e non gia' alla violazione di norme o principi
 costituzionali.
   Rilevato, poi, che in nessuna parte della legge statale o di quella
 regionale appare accolto l'assioma che  tutti  i  territori  compresi
 nella  quota  di  protezione debbano essere idonei alla realizzazione
 contemporanea  di  tutti  i  fini   protezionistici,   l'associazione
 venatoria  osserva  che l'evocazione dell'art. 97, primo comma, della
 Costituzione, sotto il profilo  della  violazione  del  principio  di
 ragionevolezza,  lungi  dal costituire una svista, dimostrerebbe come
 il giudice a quo critichi in realta' l'assetto dato  dal  legislatore
 ai   contrapposti   interessi   in   giuoco  secondo  scelte  rimesse
 all'apprezzamento di quest'ultimo.
   In ogni  caso  non  sarebbe  esatto  che  tutte  le  aree  precluse
 all'attivita'  venatoria  in base ad altre leggi o disposizioni siano
 in radice inidonee a garantire la sosta e la riproduzione della fauna
 selvatica, rientrando fra di esse anche  i  fondi  agricoli  "chiusi"
 come pure i fondi esclusi dalla pianificazione venatoria per volonta'
 del  proprietario  (legge  n.  157 del 1992, art. 15, rispettivamente
 commi 8, 3 e 4).
   E questo non senza rilevare che,  ove  il  criterio  sostenuto  dal
 giudice   fosse  applicato  a  regioni  caratterizzate  da  rilevante
 presenza di zone  assoggettate  a  divieto  di  caccia  ex  lege,  lo
 scorporo   di   tali   zone  finirebbe  per  creare    insormontabili
 difficolta' alla pianificazione venatoria.
   Quanto, poi, all'art. 3,  comma  1,  della  legge  regionale  della
 Liguria  n. 29 del 1994, si sostiene che la relativa censura, priva -
 tra l'altro - dell'indicazione del parametro costituzionale,  propone
 una  diversa  definizione del territorio agro-silvo-pastorale, che si
 traduce in un'inammissibile richiesta alla Corte  costituzionale  "di
 provvedere ad una nuova disciplina legislativa della materia".
   4.  - Nell'intervenire in giudizio, il Presidente del Consiglio dei
 Ministri ha eccepito, in via  preliminare,  l'inammissibilita'  della
 questione,  non  essendo  l'art.  97, primo comma, della Costituzione
 "parametro pertinente allo  scrutinio  di  costituzionalita'  di  una
 norma   che   palesemente   non  attiene  alla  organizzazione  e  al
 funzionamento dei pubblici uffici".
   Nel merito la questione sarebbe infondata.
   Rammentato che l'art. 10 della legge n. 157 del 1992, stabilisce un
 criterio-base  di  "destinazione   differenziata"   del   territorio,
 distinguendo  tra  aree di protezione della fauna selvatica (comma 3)
 ed aree di promozione di forme di gestione programmata  della  caccia
 (comma  6),  si nega che sussista la denunciata contraddizione tra il
 censurato comma 3 e le altre disposizioni  della  legge  n.  157  del
 1992,  spettando, infatti, "alla funzione pianificatoria disporre per
 un appropriato impiego protettivo dei territori soggetti a divieto di
 caccia tenuto conto che la protezione nei sensi indicati dal comma  4
 ammette pur sempre forme diversificate e graduate".
   Peraltro,  alla stregua del voluto bilanciamento tra le esigenze di
 protezione  della  fauna  e  quelle  dell'attivita'   venatoria,   il
 complesso normativo in questione dovrebbe essere letto "nel senso che
 le  predette  aree a protezione incompleta non possono valere al fine
 del raggiungimento della  percentuale  minima  del  20%,  ma  debbono
 nondimeno  essere considerate per evitare il superamento della soglia
 massima del 30%".
   5. - Anche la  regione  Liguria  e'  intervenuta  in  giudizio  per
 sostenere  l'infondatezza  della  questione,  osservando che, secondo
 l'art. 10 della legge n.  157  del  1992,  non  tutto  il  territorio
 destinato   alla   tutela   deve  essere  utilizzato  come  "oasi  di
 protezione" (di cui alla lettera a del comma 8 del medesimo art. 10),
 spettando,  invece,  alla  pianificazione  regionale e provinciale il
 compito di individuare "comprensori omogenei"  mediante  destinazione
 differenziata del territorio stesso.
   Secondo  la  regione  la  questione  di legittimita' costituzionale
 sollevata dal TAR della Liguria sembra investire soprattutto la norma
 di principio della legge-quadro statale, norma che  e'  rimessa  alla
 discrezionalita'  del  legislatore e che, in concreto, pare idonea ad
 assicurare, mediante un corretto esercizio della  pianificazione  per
 ambiti, una sufficiente tutela degli interessi pubblici connessi alla
 protezione della fauna.
   6.  - Con memoria, depositata nell'imminenza dell'udienza, l'Unione
 nazionale associazioni  venatorie  italiane  della  provincia  di  La
 Spezia,   nell'insistere   sulla   richiesta   di   declaratoria   di
 inammissibilita'  della  questione,  si  sofferma,  in   particolare,
 sull'erroneita'  del  riferimento  al  parametro  dell'art. 97, primo
 comma, della Costituzione,  sull'irrilevanza  della  censura  avverso
 l'art.   10   della   legge   n.   157  del  1992  e,  nel  contempo,
 sull'inaccoglibilita' di una richiesta di sostanziale riscrittura dei
 criteri  fissati  dal   legislatore   in   tema   di   pianificazione
 faunisticovenatoria  del  territorio;  riscrittura tale da comportare
 l'introduzione - accanto alle aree disciplinate dalla legge regionale
 per le varie destinazioni - di una quarta area costituita dalle  zone
 comunque  soggette a divieto di caccia, ma ritenute, al tempo stesso,
 inidonee ad assicurare la protezione della fauna.
   Inoltre, riguardo all'art. 3 della legge della regione  Liguria  n.
 29  del  1994,  si rileva che, mentre la censura a carico del comma 2
 tende a colpire l'inclusione, nella zona  di  protezione,  anche  dei
 terreni  comunque soggetti a divieto di caccia, quella concernente il
 comma 1 condurrebbe verso il piu' radicale esito di impedire che tali
 terreni rientrino nella nozione di  territorio  agro-silvo-pastorale,
 configurando,  in  tal  guisa,  una  questione  di  costituzionalita'
 inammissibile, in quanto "ambigua ed ancipite" ed  "irrimediabilmente
 contraddittoria nell'esito".
   Quanto,   poi,   alla   esigenza  di  salvaguardare  ecosistemi  di
 particolare rilievo, a cio' dovrebbe provvedere  la  legislazione  in
 tema  di  ambiente (come in effetti ha provveduto la legge n. 394 del
 1991,  che  istituisce  le  riserve  naturali),  e  non  quella   che
 disciplina l'attivita' venatoria sul territorio.
   Rilevato,  inoltre,  che  l'operazione  richiesta  dal T.A.R. della
 Liguria finirebbe col mettere in pericolo "la possibilita' stessa  di
 costituire  ambiti  territoriali di caccia razionalmente delimitati e
 configurati", relegando ingiustamente l'attivita'  venatoria  ad  una
 posizione  deteriore e residuale, si osserva, infine, quanto all'art.
 3, comma 1, della legge della regione Liguria n. 29 del 1994, che, in
 ogni   caso,   non   sussisterebbero    i    denunciati    vizi    di
 contraddittorieta'  ed  irragionevolezza, in quanto la definizione di
 territorio agro-silvo-pastorale  data  dalla  legge  regionale  della
 Liguria appare inattaccabile sotto ogni profilo logico e giuridico.
                         Considerato in diritto
   1.  -    Con  l'ordinanza  in  epigrafe  il T.A.R. della Liguria ha
 sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  10,
 comma  3,  della  legge  11  febbraio  1992,  n.  157  (Norme  per la
 protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
 venatorio),  e  dell'art.  3,  commi 1 e 2, della legge della regione
 Liguria  1  luglio  1994,  n.   29 (Norme regionali per la protezione
 della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio),  nella  parte  in
 cui   comprendono   nella  percentuale  del  territorio  destinata  a
 protezione della fauna selvatica le aree in cui sia comunque  vietata
 l'attivita'   venatoria,   anche   per   effetto  di  altre  leggi  o
 disposizioni,  purche'  le  aree   stesse   siano   definibili   come
 agro-silvo-pastorali.
   Il  rimettente,  premesso  che  l'art.  10, comma 4, della legge 11
 febbraio 1992, n. 157,  definisce  la  protezione  come  "divieto  di
 abbattimento  e cattura a fini venatori accompagnato da provvedimenti
 atti ad agevolare la sosta della fauna, la  riproduzione  e  la  cura
 della prole", ritiene che, nel territorio destinato a protezione, non
 possano  essere  ricomprese  aree  che  non siano adatte a consentire
 l'agevolazione congiunta di tutte le attivita' vitali della fauna; la
 legge   quadro   statale   sarebbe,   percio',   affetta    da    una
 "contraddittorieta'  in  termini",  tale  da  far  dubitare della sua
 rispondenza al principio di ragionevolezza, che il rimettente  reputa
 "codificato  nell'art.  97,  primo comma, della Costituzione", mentre
 analogo vizio colpirebbe anche l'art. 3, commi 1  e  2,  della  legge
 della  regione  Liguria  n. 29 del 1994, in quanto la definizione del
 territorio  agro-silvo-pastorale  ivi  contenuta  consentirebbe,  del
 pari,  di  includere nella zona destinata alla protezione della fauna
 anche aree non idonee ad una compiuta funzione protettiva.
   2. - Vanno, anzitutto, esaminate le eccezioni di  inammissibilita',
 muovendo  da  quella  proposta  dalla  Presidenza  del  Consiglio dei
 Ministri, la quale nega che il parametro invocato, e cioe' l'art. 97,
 primo comma, della Costituzione, possa reputarsi  pertinente  ad  uno
 scrutinio  di  costituzionalita'  che  concerne i criteri seguiti dal
 legislatore  nella  regolamentazione  di   una   materia   quale   la
 pianificazione    del    territorio   agro-silvo-pastorale   a   fini
 faunistico-venatori.
   Tale  rilievo,  ripreso   successivamente   anche   nella   memoria
 illustrativa  depositata  dall'Unione  delle  associazioni  venatorie
 italiane della provincia di La Spezia, non e', ad  avviso  di  questa
 Corte, ostativo all'esame di merito delle proposte questioni.
   Dal  testo dell'ordinanza risulta, infatti, inequivocabilmente, che
 il giudice rimettente, sia pure attraverso l'evocazione del parametro
 dell'art. 97, primo comma, della Costituzione attinente alla  materia
 dell'organizzazione   dei  pubblici  uffici,  intende  segnalare,  in
 realta',  un  vizio  di  ragionevolezza   riconducibile,   piuttosto,
 all'art.  3  della  Costituzione,  in  quanto  la  censura  sollevata
 concerne disposizioni volte a disciplinare  attivita'  amministrative
 con  riguardo,  tra  l'altro,  a  facolta'  ed  obblighi  di soggetti
 pubblici e privati.
   Onde  superare  l'eccezione  in  parola  e',  percio',  sufficiente
 rifarsi  a  quell'orientamento giurisprudenziale che, pur a fronte di
 inesatti od incompleti riferimenti  normativi,  reputa  non  precluso
 l'esame  di  costituzionalita',  quando  i  termini  della  questione
 appaiono adeguatamente definiti.
   3. - Neppure fondata e' l'eccezione di  inammissibilita'  sollevata
 dall'Unione  delle associazioni venatorie italiane della provincia di
 La Spezia, la  quale  sostiene  l'irrilevanza  della  questione,  per
 quanto attiene segnatamente all'art. 10, comma 3, della legge n.  157
 del  1992, in base al rilievo che la riproduzione del contenuto della
 legge  statale  da parte del legislatore regionale avrebbe comportato
 una novazione della fonte, si' che il giudice a quo sarebbe tenuto ad
 applicare, nel  caso  specifico,  soltanto  la  legge  della  regione
 Liguria.
   Infatti  la  questione  sottoposta  all'esame  della Corte concerne
 materia (caccia e protezione della fauna selvatica) in cui,  ex  art.
 117  della  Costituzione (ma v. anche l'art. 99 del d.P.R. n. 616 del
 1977), le regioni ordinarie hanno competenza legislativa  concorrente
 con  quella statale. Ne consegue che la disciplina dell'art. 3, commi
 1 e 2, della legge della regione Liguria n.  29  del  1994  non  pone
 fuori causa quella contenuta nella legge statale n. 157 del 1992, che
 detta  i  principi  fondamentali  in  materia,  ma si coordina con la
 medesima, realizzando, nell'accennata  concorrenza  tra  le  potesta'
 legislative  dello  Stato  e  della regione, un assetto i cui criteri
 ispiratori  formano,  per  l'appunto,  oggetto  della   denuncia   di
 incostituzionalita';  denuncia  che,  a  ben vedere, investe in primo
 luogo la disposizione di principio della legge-quadro statale,  quale
 matrice    originaria    della    regolamentazione    sospettata   di
 illegittimita'.
   Non  maggiore  considerazione  merita  l'ulteriore   eccezione   di
 inammissibilita',  prospettata  dalla  stessa parte, nel senso che la
 contemporanea sottoposizione al giudizio della Corte dei commi 1 e  2
 della  legge  regionale n.   29 del 1994 configurerebbe una questione
 "ambigua" ed "ancipite".
   Infatti   nella   prospettazione   dell'ordinanza   la   disciplina
 pianificatoria,    che   il   rimettente   reputa   irragionevole   e
 contraddittoria, scaturisce, ad un tempo,  dalla  disposizione  della
 legge  statale,  che  espressamente  include nella zona di protezione
 della fauna aree da reputare non compiutamente idonee alle  finalita'
 protettive,  e  da  quella  della  legge  regionale, che definisce il
 territorio  agro-silvo-pastorale  in  termini  tali   da   consentire
 anch'essa l'inclusione, nella zona di protezione della fauna, di aree
 che il giudice a quo ritiene inadatte allo scopo.
   4. - Nel merito la questione non e' fondata, non ravvisandosi nelle
 disposizioni denunciate l'irragionevolezza segnalata dal rimettente.
   Invero   la   disciplina  faunistico-venatoria  ha  il  suo  tratto
 caratterizzante  nella  pianificazione   di   tutto   il   territorio
 agro-silvo-pastorale;  pianificazione  che,  secondo  le  indicazioni
 dell'art. 10, comma 1, della legge  11  febbraio  1992,  n.  157,  e'
 finalizzata,   "per   quanto  attiene  alle  specie  carnivore,  alla
 conservazione   delle   effettive   capacita'   riproduttive   e   al
 contenimento naturale di altre specie e, per quanto riguarda le altre
 specie,   al   conseguimento  della  densita'  ottimale  e  alla  sua
 conservazione, mediante la riqualificazione delle risorse  ambientali
 e la regolamentazione del prelievo venatorio".
   In  vista  di  tali obiettivi il territorio agro-silvo-pastorale di
 ogni regione viene destinato, dal medesimo art. 10, per una quota dal
 20 al 30 per cento, alla protezione della fauna selvatica (comma  3);
 prevedendosi,  nel contempo, che una quota fino al massimo del 15 per
 cento possa essere destinato alla istituzione di  centri  privati  di
 riproduzione   della   fauna   selvatica   allo   stato  naturale  ed
 all'esercizio di caccia riservata a gestione privata (comma 5) e che,
 sulla quota  residuale,  le  regioni  promuovano  forme  di  gestione
 programmata  della  caccia,  attraverso  la  ripartizione  in  ambiti
 territoriali   di  dimensioni  subprovinciali,  sentite  le  province
 interessate nonche' le organizzazioni professionali  agricole  (comma
 6).
   A  sua  volta  l'art.  3 della legge della regione Liguria 1 luglio
 1994, n. 29, nel recepire  i  principi  della  legislazione  statale,
 prevede,  per  la  zona  di  "protezione  e  produzione  della  fauna
 selvatica", un'area i cui limiti di estensione vanno contenuti  nelle
 percentuali  minima  e  massima sopra accennate (comma 2), definendo,
 nel contempo, territorio agro-silvo-pastorale quello comprendente  "i
 terreni agricoli, con esclusione di quelli situati nelle zone urbane,
 i  terreni  incolti, le foreste demaniali e regionali, le zone umide,
 le spiagge, i corsi d'acqua, i laghi naturali e artificiali  ed  ogni
 altra  zona  verde, attualmente o potenzialmente idonea all'attivita'
 di coltivazione dei fondi, di allevamento  di  specie  animali  e  di
 silvicoltura" (comma 1).
   La  disciplina  di  cui  trattasi,  come si evince dal suo insieme,
 appare volta,  dunque,  ad  orientare  finalisticamente  la  pubblica
 amministrazione  nella  elaborazione  di piani faunistico-venatori, i
 quali costituiscono la sede  procedimentale  per  l'individuazione  -
 secondo  criteri  dotati  di  sufficiente  elasticita'  -  di spazi a
 destinazione   differenziata   nell'ambito    di    un    complessivo
 bilanciamento  di interessi nel quale trovano considerazione, accanto
 alle esigenze di protezione della fauna, quelle venatorie  e  quelle,
 altresi',  degli  agricoltori,  interessati  non solo al contenimento
 della fauna selvatica  che  si  riproduce  spontaneamente,  ma  anche
 all'impedimento  di  una attivita' venatoria indiscriminata.  D'altra
 parte l'attivita' venatoria, gia' considerata da  questa  Corte  come
 diretta  non  solo  all'abbattimento  di  animali selvatici, ma anche
 "congiuntamente" alla protezione dell'ambiente  naturale  e  di  ogni
 forma  di  vita  (sentenza  n. 63 del 1990), si pone essa stessa come
 mezzo di regolazione della fauna selvatica,  dipendendo  la  densita'
 ottimale delle specie non carnivore, come risulta dall'art. 10, comma
 1,  della  legge  n.  157  del 1992, non solo dal miglioramento delle
 risorse ambientali, ma anche dal prelievo venatorio.
   Quanto poi alla zona di protezione della  fauna,  vero  e'  che  il
 comma 4 del medesimo art. 10 definisce la protezione come "il divieto
 di   abbattimento   e   cattura   a  fini  venatori  accompagnato  da
 provvedimenti atti ad agevolare la sosta della fauna, la riproduzione
 e la cura della prole", ma da tale definizione non e'  dato  evincere
 che  la volonta' legislativa possa essere individuata prescindendo da
 tutto il contesto della legge n. 157 del  1992  ed,  in  particolare,
 dalle varie disposizioni contenute nell'art. 10 della legge medesima.
 Queste  ultime  confermano, infatti, che non necessariamente tutto il
 territorio  destinato  alla  tutela  faunistica  deve  rivestire   le
 caratteristiche proprie delle "oasi di protezione", e cioe' di quelle
 aree  che,  secondo  la  definizione  del comma 8, sono "destinate al
 rifugio, alla riproduzione e alla sosta della fauna selvatica"; detto
 territorio  "comprende"  si'  queste  ultime  (comma  4),  ma   resta
 affidato,  per  la  ulteriore sua individuazione, alla pianificazione
 faunistico-venatoria regionale e provinciale, cui  spetta  enucleare,
 secondo  i  criteri  stabiliti  nel  menzionato art. 10, "comprensori
 omogenei" nei quali si articola  la  destinazione  differenziata  del
 territorio stesso.
   L'irragionevolezza   della   disciplina  non  puo'  percio'  essere
 predicata solo in ragione della definizione  generale  di  protezione
 accolta  dal  comma  4  dell'art. 10; definizione che non va posta in
 antitesi bensi' raccordata con gli altri disposti della disciplina in
 esame, si' da valutare coerenza e razionalita' delle scelte  in  modo
 unitario,  correlando,  in  particolare,  il  dato dell'entita' della
 percentuale di territorio destinato alla tutela  faunistica  con  gli
 elementi  che, nella loro varieta', entrano, secondo quanto stabilito
 dallo stesso legislatore, a comporre detto dato.
   Non hanno, dunque, fondamento i dubbi sollevati dal  rimettente  in
 ordine alle disposizioni censurate ed, in particolare, in ordine alla
 loro  idoneita'  a  realizzare,  mediante un corretto esercizio della
 pianificazione, una adeguata tutela degli interessi pubblici connessi
 alla protezione della fauna. L'eventuale ipotesi di piani, che -   in
 ragione  delle  tipologie  di  aree in essi inclusi - non apparissero
 rispondenti agli obiettivi di protezione individuati dalla  normativa
 sopra  citata,  potra',  d'altro canto, aprire la via al sindacato di
 legittimita'  innanzi  al  giudice  amministrativo,  restando   cosi'
 garantita,  in ogni caso, la realizzazione degli obiettivi perseguiti
 dalla normativa portata all'esame di questa Corte.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  10,  comma  3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme
 per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per  il  prelievo
 venatorio),  e  dell'art.  3,  commi 1 e 2, della legge della regione
 Liguria 1 luglio 1994, n. 29 (Norme regionali per la protezione della
 fauna  omeoterma  e  per  il  prelievo   venatorio),   sollevata   in
 riferimento   all'art.   97,  primo  comma,  della  Costituzione  con
 l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1997.
                        Il Presidente: Granata
                          Il redattore: Vari
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1997.
                       Il cancelliere: Fruscella
 97C1505