N. 450 SENTENZA 16 - 30 dicembre 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Presupposti per la concessione di un  termine  per
 la  difesa  al difensore designato che ne faccia richiesta - Semplice
 assenza   dall'udienza   del   difensore   di   fiducia   -   Mancata
 ricomprensione  -  Adeguata  salvaguardia  della  effettivita'  della
 difesa in giudizio - Non fondatezza.
 
 (C.P.P., art. 108).
 
 (Cost., artt. 3 e 24, secondo comma).
 
(GU n.1 del 7-1-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 108 del codice
 di procedura penale promosso con ordinanza emessa il 5 dicembre  1996
 dal pretore di Napoli, sezione distaccata di Marano, nel procedimento
 penale  a  carico  di  Bortone Mario ed altro, iscritta al n. 143 del
 registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio  del  1  ottobre  1997  il  giudice
 relatore Giuliano Vassalli.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -   Con atto notificato il 14 aprile 1994 Bortone Mario e Gallo
 Guglielmo venivano citati a giudizio del pretore di  Napoli,  sezione
 distaccata  di  Marano,  per  rispondere  del reato di cui agli artt.
 113, 589 e  40  cod.  pen.  (cooperazione  nel  delitto  di  omicidio
 colposo)  per aver provocato in concorso tra loro, rispettivamente il
 primo nella qualita' di capo cantiere ed il secondo nella qualita' di
 direttore di cantiere, la morte di  Ferrara  Luigi,  avvenuta  il  29
 giugno 1992.
   Dopo   numerosi   rinvii   delle  udienze  dovuti  a  cause  varie,
 all'udienza del 5 dicembre 1996 i due difensori del secondo imputato,
 dopo che un'istanza di rinvio presentata da uno  di  essi  era  stata
 disattesa  perche' intempestiva, non erano comparsi e cio' aveva reso
 necessario per il pretore  nominare  per  l'imputato  predetto  altro
 difensore  come  sostituto a' sensi dell'art. 97, comma 4, del codice
 di procedura penale.
   Il difensore d'ufficio, nominato come sostituto  dei  difensori  di
 fiducia  non  comparsi,  ebbe  a  formulare,  prima dell'apertura del
 dibattimento, richiesta di assegnazione di un termine per  la  difesa
 a'  sensi dell'art.   108 cod. proc. pen. Il p.m. non si oppose, ma i
 difensori della parte civile costituita e delle parti offese ebbero a
 eccepire l'inammissibilita' di detta richiesta  in  quanto  fatta  in
 mancanza  dei  presupposti  di  legge, e precisamente al di fuori dei
 casi di rinuncia, revoca, incompatibilita' e abbandono, rilevando che
 queste erano ipotesi tassative, non estensibili al difensore nominato
 d'ufficio nel caso di  mancata  comparizione  del  difensore  (o  dei
 difensori) di fiducia.
   Il  pretore,  preso  atto  dei dubbi di costituzionalita' sollevati
 sull'art. 108 dal difensore del primo imputato,  e  dopo  aver  posto
 l'accento   sulla   tassativita'  delle  ipotesi  in  detto  articolo
 previste, cosi' da non rendersi possibile risolvere la  questione  in
 via   interpretativa,   ha   sollevato   questione   di  legittimita'
 costituzionale dell'articolo stesso, nella parte in cui  non  prevede
 la  possibilita'  per  il  difensore designato a' sensi dell'art. 97,
 comma 4, nel caso di assenza del difensore di fiducia  di  richiedere
 un termine per la difesa.
   Secondo   il   giudice   rimettente   la   mancata   ricomprensione
 dell'assenza del difensore  di  fiducia  tra  i  presupposti  per  la
 concessione  del  termine per la difesa si pone in evidente contrasto
 con  l'art.  3  della  Costituzione  in  quanto  si  traduce  in  una
 irragionevole  discriminazione  della  suddetta  ipotesi  rispetto ad
 altre  situazioni "analoghe, anche se non giuridicamente assimilabili
 tra loro", quali la rinuncia da parte del difensore  di  fiducia  che
 abilita  a  richiedere  il  termine per la difesa pure essendo questa
 posizione  in  nulla  differente  dalla  condizione  processuale  del
 difensore  designato  a causa della assenza del difensore di fiducia.
 Altro motivo di contrasto con il principio  di  eguaglianza  sarebbe,
 secondo   il   rimettente,   quello  derivante  dal  confronto  della
 denunciata   situazione   con   quella   del   difensore    d'ufficio
 dell'imputato  sottoposto al giudizio direttissimo, che puo' giovarsi
 della facolta' a quest'ultimo riconosciuta dagli artt. 451, comma  6,
 e 566, comma 7, cod. proc. pen.
   La  disposizione impugnata sarebbe altresi' in contrasto con l'art.
 24, secondo comma, della Costituzione, perche' la  denunciata  lacuna
 legislativa,  oltre  a relegare in una posizione secondaria la difesa
 di  ufficio  intervenuta  per  l'assenza  dell'avvocato  di  fiducia,
 finirebbe  per  violare  il diritto dell'imputato ad avere una difesa
 effettiva e non meramente simbolica.
   2. - Nel giudizio davanti alla Corte e' intervenuto  il  Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
 generale dello Stato, chiedendo  una  dichiarazione  di  infondatezza
 della questione.
   A   tale   conclusione   l'Avvocatura   dello  Stato  perviene  non
 concordando con l'interpretazione dell'art. 108 cod. proc. pen.  data
 dal giudice a quo. Ed infatti, se appare difficile un'interpretazione
 estensiva  della  norma  impugnata, che faccia leva sul dato testuale
 dell'"abbandono", in modo  da  comprendere  in  esso  le  ipotesi  di
 semplice  assenza,  nulla  osta ad una interpretazione analogica, che
 ricomprenda tra i  presupposti  per  l'applicabilita'  dell'art.  108
 anche la mancata comparizione del difensore di fiducia ed eviti cosi'
 "attenuazione del diritto di difesa" e "sperequazione nel trattamento
 di ipotesi simili".
                         Considerato in diritto
   1.  -  In un procedimento per cooperazione in omicidio colposo, che
 vedeva non comparsi all'udienza dibattimentale i due difensori di uno
 dei due imputati e nel quale pertanto era stato necessario provvedere
 alla designazione come sostituto di un difensore d'ufficio, a'  sensi
 dell'art.  97, comma 4, del codice di procedura penale, il pretore di
 Napoli, sezione distaccata di Marano, dopo che il sostituto designato
 aveva chiesto un termine per la difesa a' sensi dell'art.  108 stesso
 codice e dopo  che  il  difensore  di  fiducia  dell'altro  imputato,
 nell'appoggiare    la    richiesta,    aveva   formulato   dubbi   di
 costituzionalita' dell'articolo stesso,  ha  sollevato  questione  di
 legittimita'   costituzionale  del  citato  articolo  in  quanto  non
 comprende tra i presupposti per la concessione di un termine  per  la
 difesa  al  difensore  designato  che  ne  faccia  richiesta anche la
 semplice assenza dall'udienza del difensore di fiducia.
   Premette il  giudice  rimettente  di  non  ritenere  possibile  una
 interpretazione  dell'art.  108,  che comprenda anche l'ipotesi della
 mancata comparizione del difensore di fiducia all'udienza,  dovendosi
 ritenere   tassativa  la  elencazione  delle  ipotesi  formulate  nel
 suddetto articolo: rinuncia, revoca,  incompatibilita'  ed  abbandono
 della  difesa.  E  sulla  base  di questa interpretazione denuncia la
 lacuna  come  costituzionalmente  illegittima  perche'   la   mancata
 ricomprensione  nell'art.  108  dell'ipotesi  dell'assenza si pone in
 contrasto  con  l'art. 3 della Costituzione sotto un duplice profilo:
 in  quanto  si  traduce  in  un'irragionevole  discriminazione  della
 suddetta  ipotesi  rispetto  ad altre situazioni analoghe contemplate
 nell'art. 108 (quali ad esempio - dice  sempre  il  rimettente  -  la
 rinuncia  del  difensore  di  fiducia)  e  in  quanto  discrimina  la
 situazione del sostituto designato ex art. 97, comma 4,  in  caso  di
 mancata comparizione del difensore di fiducia da quella che viceversa
 e'  fatta al difensore d'ufficio dell'imputato sottoposto al giudizio
 direttissimo, il quale ha diritto, ove ne  faccia  richiesta,  ad  un
 congruo termine per la difesa secondo le previsioni degli artt.  451,
 comma 6, e 566, comma 7, del codice di procedura penale.
   La disposizione denunciata sarebbe inoltre in contrasto, sempre per
 effetto  della  rilevata  lacuna  normativa,  con  l'art. 24, secondo
 comma, della Costituzione, perche', oltre  a  relegare  in  posizione
 secondaria  la  difesa  di  ufficio  intervenuta  per  l'assenza  del
 difensore di fiducia, finirebbe per violare il diritto  dell'imputato
 ad avere una difesa effettiva e non meramente simbolica.
   2. - La questione non e' fondata.
   3.  -  Va presa anzitutto in esame la tesi dell'Avvocatura generale
 dello Stato, che, disattendendo  l'interpretazione  posta  alla  base
 dell'ordinanza  del  giudice  rimettente,  sostiene che sia possibile
 considerare la semplice  assenza  del  difensore  di  fiducia  tra  i
 presupposti  del  diritto  del  difensore  designato  d'ufficio ad un
 termine per la difesa,  e  cio'  in  forza  di  una  "interpretazione
 analogica" dell'art.  108.
   Per valutare questa tesi va preso in esame il sistema risultante in
 materia di termini per la difesa dal complesso di disposizioni che si
 intrecciano  a  costituire  la  disciplina  contenuta  nel  codice di
 procedura penale.
   Vengono anzitutto in considerazione gli artt. 97, comma  4,  e  102
 del codice di procedura penale.
   Collocato sotto la rubrica "Difensore d'ufficio", comune a tutte le
 previsioni dell'art. 97, il comma 4 di detto articolo si occupa della
 figura  del  sostituto  d'ufficio,  che  e'  un  difensore  d'ufficio
 particolare, previsto per i casi in cui il difensore vero e  proprio,
 di  fiducia  o d'ufficio nominato ai sensi dei precedenti commi 2 e 3
 dell'articolo,  non  e'  stato  reperito,  non  e'  comparso   o   ha
 abbandonato la difesa. A detto sostituto, designato dal giudice o dal
 pubblico ministero tra quelli immediatamente reperibili, si applicano
 le disposizioni dell'art. 102. Tale articolo si riferisce alla figura
 del  sostituto  del  difensore  di  fiducia  (o  anche  del difensore
 d'ufficio), designato dal difensore per il caso di impedimento e  per
 tutta  la  durata di questo. Le due figure del sostituto d'ufficio ex
 art. 97,  comma  quarto  (non  importa  se  sostituto  del  difensore
 d'ufficio  o  sostituto  del  difensore  di  fiducia  che  non  abbia
 provveduto  alla  designazione  di  un  sostituto)  e  del  sostituto
 designato  dal  difensore  di  fiducia  (o d'ufficio) sono dunque due
 figure parallele, per le  quali  il  codice  ha  inteso  dettare  una
 identica disciplina.
   Comune   ad   entrambe  e'  infatti  la  particolare  posizione  di
 sostituto, non nominato o designato ne' all'inizio  del  procedimento
 ne'   in   altro   momento   precedente   gli  eventi  della  mancata
 comparizione, della non reperibilita' e dell'abbandono.
   Altra disposizione di rilievo nella materia e' l'art. 486, comma 5,
 riferibile  al  solo  dibattimento,  nel  quale  e'  contemplata  una
 sottofattispecie dell'assenza del difensore, e cioe'  quella  assenza
 che  e'  dovuta ad assoluta impossibilita' di comparire per legittimo
 impedimento purche'  prontamente  comunicato.  Nel  dibattimento  nel
 quale  e'  stata  sollevata  la  presente  questione  la disposizione
 suddetta non sarebbe stata invocabile perche'  l'imputato  aveva  due
 difensori, nessuno dei quali era comparso all'udienza.
   Infine  viene  in considerazione l'art. 108, che e' la disposizione
 in  relazione  alla  quale  e'  stata  sollevata  la   questione   di
 legittimita' costituzionale.
   Dispone  tale articolo, intitolato "Termine per la difesa", che nei
 casi di rinuncia, di  revoca,  di  incompatibilita'  e  nel  caso  di
 abbandono,  al  nuovo difensore dell'imputato o a quello designato in
 sostituzione che ne fa richiesta e' dato un termine congruo, di norma
 non inferiore a tre giorni, per prendere cognizione degli atti e  per
 informarsi sui fatti oggetto del procedimento.
   Indubbiamente   l'enunciazione   contenuta  nell'articolo,  con  la
 elencazione  di  quattro  fattispecie  precise   (rinuncia,   revoca,
 incompatibilita'  e  abbandono  della difesa), ha formalmente tutti i
 caratteri tipici delle enunciazioni tassative. Tuttavia e' necessario
 domandarsi se vi sia una ratio comune a queste ipotesi e perche'  non
 figuri  accanto  ad  esse  quella  ipotesi  dell'assenza (per mancata
 comparizione  o  per  non  reperibilita'),  che  il  legislatore   ha
 disciplinato  per varie altre conseguenze e a fianco della quale, fra
 l'altro, nell'art.  97, comma 4, tra i presupposti della designazione
 di un sostituto d'ufficio figura proprio l'abbandono della difesa.
   E'  facile  avvedersi  della  ratio  comune  alle  quattro  ipotesi
 contemplate  nell'art.  108  se  si  pensa  che  in  ognuna  di  esse
 l'imputato rimane privo di difensore. Nei casi di rinuncia, di revoca
 o di incompatibilita' del  difensore  la  privazione  e'  definitiva,
 mentre  nel caso dell'abbandono la privazione puo' essere temporanea,
 tanto che il difensore che abbia abbandonato la difesa  dell'imputato
 puo' riprendere il proprio ruolo ogniqualvolta ricompaia. Ma cio' non
 basta  per  assimilare la semplice assenza non motivata all'abbandono
 perche' in quest'ultimo vi e' sempre qualche elemento, anche  se  non
 formale,  di  certezza,  che  permette  di asserire che l'imputato e'
 rimasto privo di difensore, e cio' anche  se  in  alcune  fattispecie
 concrete  tale  privazione  puo' rivelarsi come solamente temporanea.
 L'abbandono, considerato anche come illecito, e' comunque un istituto
 per il quale (cosi' come per il rifiuto  di  assumere  la  difesa  di
 ufficio)  e' dettata dall'art.  105 una apposita disciplina, la quale
 investe anche i  motivi  dell'abbandono  e  da'  con  questo  a  tale
 fattispecie una sua configurazione del tutto particolare. Nel dettare
 la disciplina generale per il termine a difesa, la legge ha preferito
 collocare   l'abbandono   accanto   alla   rinuncia,   alla   revoca,
 all'incompatibilita' proprio per questo comune risultato che in tutte
 si verifica di lasciare l'imputato privo di difensore, e  dare  cosi'
 la  prevalenza  a  questo  carattere  rispetto  a  quei caratteri che
 l'abbandono ha invece in comune con l'assenza e che si  riducono,  in
 definitiva,   alla   possibilita'   di  riassumere  in  ogni  momento
 l'effettivita' della difesa senza bisogno di alcuna  nuova  nomina  o
 d'altra formalita'.
   La  semplice  assenza e' invece una ipotesi molto diversa, che puo'
 risalire ai piu' diversi motivi ed essere  espressiva  di  situazioni
 assai  diverse  tra  loro:  puo'  essere  dovuta  ad  un  impedimento
 improvviso non potuto comunicare ne' all'imputato ne'  al  magistrato
 procedente,  puo'  essere  dovuta ad un semplice ritardo, puo' essere
 espressione di una scelta deliberata  nel  quadro  di  una  strategia
 difensiva,  e  perfino  di una strategia comunicata all'imputato o ad
 altri difensori.  Di essa non si puo' dire, come per  le  fattispecie
 espressamente  contemplate  nell'art. 108, che privi l'imputato della
 difesa ne' che si formalizzi in modo analogo a quello  proprio  delle
 fattispecie suddette.
   La  Corte di cassazione, anche con una sentenza delle Sezioni unite
 (11 novembre-19 dicembre 1994, Nicoletti), ha avuto modo di precisare
 che nelle situazioni che di per se'  non  comportano  la  revoca  del
 mandato  per  il difensore di fiducia o la dispensa dall'incarico per
 il difensore d'ufficio (situazioni alle quali la legge sopperisce  a'
 sensi  dell'art.  97,  comma 4, con la designazione di un sostituto),
 "il  titolare  dell'ufficio  di  difesa  rimane  sempre  l'originario
 difensore  designato,  il  quale,  cessata  la  situazione  che  alla
 sostituzione ha dato causa, puo'  riprendere  immediatamente  il  suo
 ruolo  e  ricominciare  le  sue  funzioni,  non richiedendo la legge,
 proprio per la immutabilita' della difesa e per  l'automatismo  della
 reintegrazione, comunicazioni o preavvisi di sorta".
   Per questo il legislatore ha ritenuto (eccezion fatta per l'assenza
 in  dibattimento  motivata  da  legittimo impedimento tempestivamente
 conosciuto,  per  cui  provvede  l'art.  486,  comma  5,  gia'  sopra
 richiamato)  di  non  poter  dare alla semplice assenza del difensore
 altra conseguenza se non quella della designazione  immediata  di  un
 sostituto:  al  quale  peraltro  sono  assegnati gli stessi diritti e
 doveri del sostituto di cui all'art. 102, e cioe' di un  soggetto  al
 quale  nessuno  ha  mai  inteso  riconoscere  un  autonomo diritto al
 termine per preparare la difesa.  Egli  rappresenta  il  difensore  a
 tutti gli effetti e la legge ne presume la preparazione adeguata.
   Queste,  in  sintesi, le ragioni per le quali deve ritenersi valida
 l'interpretazione dell'art. 108 fornita  dall'ordinanza  del  giudice
 rimettente e non e' viceversa accettabile la soluzione interpretativa
 proposta  dall'Avvocatura  dello  Stato.  Mentre  una interpretazione
 estensiva della nozione di abbandono,  come  gia'  rilevato,  non  e'
 proposta   neanche   dall'Avvocatura,  un  ricorso  analogico  e'  da
 escludersi per mancata esistenza  di  una  ratio  comune  all'ipotesi
 dell'assenza e a quelle espressamente contemplate nell'art. 108.
   4.  -  Cosi'  delineato per sommi capi il quadro normativo vigente,
 deve  ora  prendersi  in   esame   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale dell'art. 108 sollevata dal pretore di Napoli sotto il
 duplice  profilo  della  lesione del principio di eguaglianza e della
 lesione del diritto di difesa giudiziaria.
   L'art.  3  della  Costituzione  e'  richiamato  dall'ordinanza  del
 giudice  rimettente sotto un duplice aspetto: per la comparazione con
 situazioni definite analoghe a  quella  dell'assenza  del  difensore,
 come  la  rinuncia, e per la comparazione con i termini per la difesa
 previsti per il rito direttissimo: dieci giorni nel giudizio  davanti
 al tribunale o alla corte di assise (art. 451, comma 6, del codice di
 procedura  penale),  cinque  giorni  nel  giudizio davanti al pretore
 (art. 566, comma 7, dello stesso codice).
   Sotto  il  primo  profilo debbono invocarsi considerazioni simili a
 quelle  svolte,  nel  precedente   paragrafo,   a   proposito   della
 ricostruzione  del  sistema dettato per la sostituzione del difensore
 assente.  La  semplice  assenza,  non  sorretta   da   un   legittimo
 impedimento,  e'  istituto del tutto diverso da quello dell'abbandono
 della difesa, e,   a  maggior  ragione,  da  quello  della  rinuncia,
 specificamente  richiamato  come tertium comparationis dal giudice  a
 quo. E d'altra parte il  sostituto  del  difensore  (non  importa  se
 designato  a' sensi dell'art. 97, comma 4, dal magistrato procedente,
 o dal difensore di fiducia o d'ufficio a'  sensi  dell'art.  102)  e'
 figura del tutto diversa da quelladel nuovo difensore designato nelle
 ipotesi  di rinuncia, revoca, incompatibilita' e abbandono di difesa.
 Il primo e'  chiamato  a  partecipare  al  processo  in  surroga  del
 difensore  assente,  che ancora deve considerarsi a tutti gli effetti
 difensore dell'imputato, come ripetutamente riconosciuto anche  dalla
 Corte  di  cassazione,  in  particolare  nella  decisione  piu' sopra
 ricordata. Egli non  e'  portatore  di  una  soggettivita'  difensiva
 autonoma,  proprio  perche'  il dominus della difesa non scompare dal
 processo, ne' di  diritto  (come  nei  casi  di  rinuncia,  revoca  e
 incompatibilita')  ne'  di fatto, come nel caso di abbandono, per cui
 pure subentra un sostituto fino a che la situazione non sia  chiarita
 o con il rientro nella effettivita' delle funzioni difensive o con la
 revoca  o  con  la  rinuncia.  Quello  del  sostituto  e'  dunque  un
 intervento  estemporaneo  ed  episodico,  fatto  per  sopperire  alle
 esigenze immediate della difesa,
  e  non puo' essere paragonato all'intervento del nuovo difensore ne'
 a quello del difensore temporaneamente  sostituito.
   Quelle denunciate dal giudice rimettente come situazioni meritevoli
 di un medesimo trattamento sono dunque, invece, situazioni del  tutto
 eterogenee, delle quali non sembra possibile l'assimilazione: non nel
 sistema  della  legge, come gia' visto, ma neanche dal punto di vista
 della legittimita' costituzionale.
   Meno ancora e' invocabile il principio costituzionale d'eguaglianza
 quando si assume come tertium comparationis il sistema previsto per i
 termini a difesa nel giudizio direttissimo. In tale giudizio, sia che
 esso si svolga dinanzi al tribunale o alla corte d'assise (artt.  449
 e seguenti), sia  che  esso  si  svolga  dinanzi  al  pretore  (artt.
 566-567),  l'imputato  (arrestato  in  flagranza  di  reato) e i suoi
 difensori vengono a contatto con il giudice per la prima volta ed  e'
 dunque necessario assicurare ad essi un congruo termine per preparare
 la  difesa.  La  situazione e' del tutto incomparabile con quella del
 giudizio ordinario, che si svolge dopo che  vi  sono  state  numerose
 occasioni  di  contatto  con il giudice e di conoscenza degli atti di
 causa sin dalla fase delle indagini preliminari, per non parlare  dei
 dibattimenti  ripetutamente  rinviati,  come  nel  caso  che  ha dato
 origine alla presente questione.
   5. -  Esclusa  ogni  possibilita'  di  invocare  a  sostegno  della
 questione  il parametro rappresentato dall'art. 3 della Costituzione,
 la questione stessa  va  tuttavia  esaminata  sotto  il  profilo  del
 diritto  di  difesa  giudiziaria, pure invocato dal giudice a quo. Ma
 anche sotto questo aspetto valgono le considerazioni  precedentemente
 svolte.  Ed  infatti  l'imputato  il  cui  difensore  non si presenti
 all'udienza senza che si sia verificata alcuna delle quattro  ipotesi
 tassativamente   contemplate  nell'art.  108  non  puo'  considerarsi
 automaticamente privo di difensore.  L'avvocato che  interviene  come
 sostituto  del  difensore  (di  fiducia  come  d'ufficio)  da  questo
 nominato (ex art. 102)  o  immediatamente  designato  dal  magistrato
 appena  verificatasi  l'assenza  del  difensore (art. 97, comma 4) e'
 investito del compito di  rappresentare  colui  che  e'  e  resta  il
 difensore   dell'imputato.  E  non  si  puo'  dimenticare  che  anche
 l'assenza da una determinata udienza puo' rientrare nel quadro di una
 "strategia difensiva", in  ipotesi  concordata  con  l'imputato  o  a
 questo  comunicata.  Il  principio  di  effettivita'  della difesa in
 giudizio rimane allora adeguatamente salvaguardato,  proprio  perche'
 si   conservano  i  diritti  e  le  facolta'  propri  dell'assistenza
 difensiva in capo all'unico  soggetto  chiamato  ad  esercitarli:  il
 difensore  che l'imputato o l'ufficio hanno originariamente designato
 come tale.
   E'  ben  vero  che   sul   versante   degli   interessi   immediati
 dell'imputato  ad  avere,  almeno attraverso il sostituto, una difesa
 informata sui fatti e gli atti di causa,  possono  verificarsi  delle
 carenze o dei difetti sotto il profilo dell'assistenza tecnica; ma si
 tratta  di profili di mero fatto, che possono realizzarsi in tutte le
 ipotesi in cui il difensore, per libera scelta, ritenga di  astenersi
 dal  presenziare a determinati atti. La sua scelta partecipativa, ove
 non condizionata da situazioni di impedimento,  non  puo'  in  nessun
 caso  turbare l'ordinato svolgersi del processo, proprio perche' essa
 stessa e' espressione di un diritto di difesa, per definizione libero
 nelle opzioni in cui  esso  si  esprime.  E  quanto  all'esigenza  di
 assicurare  la  concretezza  della  difesa  attraverso  il  sostituto
 d'ufficio designato nella stessa udienza, il  giudice  potra'  sempre
 concedere allo stesso - tenendo conto della natura della attivita' da
 svolgere  e  della rilevanza che la stessa puo' assumere in relazione
 alla specifica posizione dell'imputato - un differimento ad horas per
 studiare gli atti e congruamente prepararsi alla difesa. Quel che non
 si puo' consentire  e'  che  attraverso  una  serie  di  assenze  non
 previste  e  non motivate si innesti una serie di rinvii ex art. 108,
 rinvii che anche se la legge prevede  che  debbano  essere  di  pochi
 giorni  possono invece portare, come il piu' delle volte accade nelle
 condizioni attuali della vita giudiziaria, a intervalli di  lunghezza
 insostenibile  per  un ordinato svolgimento della giustizia e per gli
 interessi delle altre parti del processo. Ne'  si  puo'  giungere  ad
 eludere  il  tassativo disposto dell'art. 486, comma 5, del codice di
 procedura penale, dettato proprio per garantire una  adeguata  difesa
 nel   corso   del   dibattimento,  attraverso  una  dichiarazione  di
 illegittimita' costituzionale dell'art.   108  per  asserito  difetto
 delle previsioni in esso contenute.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art.  108  del  codice  di  procedura  penale,   sollevata,   in
 riferimento agli artt. 3 e 24, comma secondo, della Costituzione, dal
 pretore  di  Napoli, sezione distaccata di Marano, con l'ordinanza in
 epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1997.
                        Il Presidente: Granata
                        Il redattore: Vassalli
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1997.
                       Il cancelliere: Fruscella
 97C1507