N. 452 SENTENZA 16 - 30 dicembre 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Riscossione  delle entrate patrimoniali - Ingiunzione di pagamento -
 Giudizio di opposizione - Competenza del giudice  del  luogo  ove  ha
 sede  l'ufficio  dell'ente che ha emesso l'ingiunzione medesima e non
 del  giudice  del  luogo  in  cui  risiede  l'ingiunto  opponente   -
 Conseguenze   di   fatto  connesse  alla  scelta  del  legislatore  -
 Ragionevolezza - Non fondatezza.
 
 (R.D. 14 aprile 1910, n. 639, art. 3).
 
 (Cost., artt. 3 e 25).
 
(GU n.1 del 7-1-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,   prof.
 Cesare MIRABELLI,   prof. Fernando SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,  prof.  Annibale
 MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3 del r.d.   14
 aprile  1910, n. 639 (Approvazione del testo unico delle disposizioni
 di legge relative alla riscossione delle entrate  patrimoniali  dello
 Stato),  promosso  con ordinanza emessa il 30 maggio 1996 dal giudice
 di  pace di Riva del Garda, iscritta al n. 938 del registro ordinanze
 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  40,
 prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio  del  1  ottobre  1997  il  giudice
 relatore Carlo Mezzanotte.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -    Il  giudice  di  pace  di  Riva  del Garda, con "sentenza"
 depositata il 30 maggio 1996 in un giudizio  di  opposizione  avverso
 un'ordinanza-ingiunzione emessa dall'Ente Poste Italiane - filiale di
 Trento   -   a   seguito   della  installazione  di  un  impianto  di
 telecomunicazioni senza la prescritta autorizzazione,  ha  sollevato,
 in  riferimento  agli  artt.  3 e 25 della Costituzione, questione di
 legittimita' costituzionale dell'art.  3 del r.d. 14 aprile 1910,  n.
 639  (Approvazione  del  testo  unico  delle  disposizioni  di  legge
 relative alla riscossione delle entrate  patrimoniali  dello  Stato),
 nella  parte  in  cui  attribuisce  la  competenza,  nel  giudizio di
 opposizione all'ingiunzione di pagamento, al giudice del luogo ove ha
 sede l'ufficio dell'ente che ha emesso l'ingiunzione medesima  e  non
 al giudice del luogo in cui risiede l'ingiunto opponente.
   Secondo  il  giudice  rimettente,  risulterebbero  violati  sia  il
 principio  del  giudice  naturale  precostituito   per   legge,   "da
 individuarsi   in   quello   del  luogo  in  cui  risiede  l'ingiunto
 opponente", sia il principio di eguaglianza, dal momento che verrebbe
 disciplinata in modo difforme la posizione  dei  cittadini  residenti
 nei  capoluoghi di provincia, ove hanno la sede gli uffici periferici
 emittenti, rispetto a quella dei residenti in periferia, esposti,  in
 conseguenza   della   individuazione   del  giudice  territorialmente
 competente operata dal legislatore, all'onere di  affrontare  ingenti
 quanto ingiuste spese per far valere le proprie ragioni.
    2.  -  E'  intervenuto  nel  presente  giudizio  il Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato,  chiedendo  che  la  questione sia dichiarata
 inammissibile, non solo per la forma con la quale e' stata  sollevata
 ("sentenza"  in  luogo  della  prevista  "ordinanza"),  ma  anche per
 difetto di rilevanza, posto che, in relazione  alla  infrazione  alla
 quale  si  riferisce  l'ingiunzione,  il  giudizio di opposizione non
 sarebbe disciplinato dalle disposizioni del r.d. 14 aprile  1910,  n.
 639,  ma  da quelle degli artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981,
 n. 689 (Modifiche al sistema penale).
   Ad avviso dell'Avvocatura, la questione  sarebbe  anche  infondata:
 poiche'  il  principio  di precostituzione del giudice deve ritenersi
 rispettato allorche' l'organo giudicante sia  istituito  dalla  legge
 sulla  base  di criteri fissati in anticipo e non in vista di singole
 controversie,  dovrebbero   ritenersi   legittime   le   disposizioni
 derogatorie   che,  come  nella  specie,  determinino  la  competenza
 territoriale sulla base di una razionale valutazione degli  interessi
 in gioco.
                         Considerato in diritto
   1. -  Oggetto del presente giudizio e' la questione di legittimita'
 costituzionale,  in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione,
 dell'art. 3 del r.d. 14 aprile 1910,  n.  639,  nella  parte  in  cui
 attribuisce    la    competenza,    nel   giudizio   di   opposizione
 all'ingiunzione  di  pagamento,  al  giudice  del  luogo  ove ha sede
 l'ufficio dell'ente che ha emesso l'ingiunzione  medesima  e  non  al
 giudice  del  luogo  in  cui risiede l'ingiunto opponente. Secondo il
 giudice di pace di Riva del Garda, questa disposizione contrasterebbe
 sia con il principio del giudice naturale, che dovrebbe "individuarsi
 in quello del luogo in cui risiede l'ingiunto opponente", sia con  il
 principio  di  eguaglianza,  sotto il profilo del diverso trattamento
 riservato ai cittadini residenti nei capoluoghi  di  provincia,  dove
 normalmente  hanno  la sede gli uffici periferici emittenti, rispetto
 ai cittadini residenti in periferia.
   2. - Devono, in primo  luogo,  essere  disattese  le  eccezioni  di
 inammissibilita' prospettate dall'Avvocatura dello Stato.
   2.1.  -  La  prima  eccezione, da considerare ritualmente formulata
 anche se solamente enunciata, investe un  aspetto  formale  dell'atto
 con  il  quale  e'  stato introdotto il presente giudizio: il giudice
 remittente lo ha qualificato "sentenza" anziche' "ordinanza".
   La circostanza non comporta inammissibilita' della questione, posto
 che, come si desume dalla lettura dell'atto, nel promuovere questione
 di legittimita' costituzionale, il  giudice  a  quo  ha  disposto  la
 sospensione   del  procedimento  principale  e  la  trasmissione  del
 fascicolo alla cancelleria della Corte costituzionale, si' che a tale
 atto, anche se autoproclamantesi "sentenza", deve essere riconosciuta
 natura di "ordinanza", sostanzialmente  conforme  a  quanto  previsto
 dall'art.  23 della legge n. 87 del 1953.
   2.2. - La seconda eccezione di inammissibilita' concerne l'asserito
 difetto di rilevanza della questione, ed e' formulata sul rilievo che
 nel     giudizio     principale,     nel    quale    e'    contestata
 un'ordinanza-ingiunzione che, secondo quanto affermato nell'ordinanza
 di remissione, sarebbe stata emessa  per  violazione  della  legge  9
 (recte:   6)   agosto   1990,   n.   223   (Disciplina   del  sistema
 radiotelevisivo  pubblico  e   privato),   non   dovrebbero   trovare
 applicazione  le disposizioni del r.d. 14 aprile 1910, n. 639, ma, in
 virtu' del rinvio contenuto nella  stessa  legge  n.  223  del  1990,
 quelle  di  cui  agli  artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n.
 689.
   Neppure tale eccezione  merita  accoglimento.  Dalla  ordinanza  di
 remissione  risulta che l'ingiunzione e' stata emessa dall'Ente Poste
 Italiane  a   seguito   della   attivazione   di   un   impianto   di
 telecomunicazione   senza   la  prescritta  autorizzazione.  Anche  a
 prescindere dal riferimento contenuto nella medesima  ordinanza  alla
 legge  6  agosto 1990, n. 223, quale fonte indiretta del procedimento
 di cui agli artt. 22 e 23 della  legge  24  novembre  1981,  n.  689,
 l'applicazione della disposizione censurata discende dal fatto che la
 previsione  del  pagamento  del doppio del canone contenuta nell'art.
 195 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione  del  testo  unico
 delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di
 telecomunicazioni), come modificato dall'art. 30 della legge 6 agosto
 1990,  n.  223,  ha  funzione  satisfattoria dell'interesse dell'ente
 pubblico pregiudicato dalla  abusiva  utilizzazione  degli  impianti;
 sicche',  come ritiene la Corte di cassazione, il procedimento per la
 riscossione, integrando questa una entrata patrimoniale dello  Stato,
 e' quello di cui al r.d. 14 aprile 1910, n. 639.
   3. - Ancorche' ammissibile, la questione e' infondata.
   Si deve anzitutto dubitare che l'art. 3 del r.d. 14 aprile 1910, n.
 639,  realizzi  effettivamente  una  deroga  agli ordinari criteri di
 determinazione  della  competenza.  Secondo   il   diritto   vivente,
 l'opposizione  alle  ingiunzioni  emesse  ai  sensi  del citato regio
 decreto n. 639 del 1910 introduce infatti un  ordinario  giudizio  di
 cognizione,   nel   quale   l'opponente  ha  il  ruolo  di  attore  e
 l'amministrazione intimante quello  di  convenuto.  Conseguentemente,
 l'individuazione  del  giudice  territorialmente competente in quello
 del luogo nel quale ha sede l'ufficio che ha emesso l'ingiunzione non
 comporta una sostanziale modificazione e, tanto meno una  deroga,  ai
 criteri generali sulla competenza. Ma seppure di deroga si trattasse,
 questa   Corte  ha  piu'  volte  affermato  che  il  principio  della
 precostituzione del giudice, sancito dall'art. 25 della Costituzione,
 e' rispettato purche' l'organo giudicante sia stato  istituito  dalla
 legge  sulla  base  di  criteri generali fissati in anticipo e non in
 vista di singole controversie (v.,  tra  le  pronunce  piu'  recenti,
 sentenze  nn.  143 e 42 del 1996, 460 del 1994, 217 del 1993, 269 del
 1992, nonche' ordinanza n. 218 del 1996) e che la nozione di  giudice
 naturale  non  si cristallizza nella determinazione di una competenza
 generale, ma si forma anche a seguito di  tutte  le  disposizioni  di
 legge  che  possano  derogare a tale competenza in base a criteri che
 ragionevolmente valutino i disparati interessi coinvolti nel processo
 (sentenze nn. 336 del 1995, 902 del 1988, 641 del 1987, 135 del 1980,
 nonche' ordinanze nn. 508 del 1989, 463 del 1988 e 139 del 1971).  Ne
 discende  che  la  previsione  che  la competenza territoriale debba,
 nella specie, radicarsi nel luogo dove ha sede l'ufficio emanante non
 costituisce    esercizio    arbitrario    o    irragionevole    della
 discrezionalita'  che  spetta in materia al legislatore, poiche' tale
 previsione e' fondata sulla considerazione della natura dell'ente dal
 quale  l'ordinanza  proviene,  della  articolazione  territoriale  di
 questo  e della qualita' dei crediti per il soddisfacimento dei quali
 il procedimento di ingiunzione fiscale puo' essere esperito.
   Quanto, poi, alla diversita' di condizioni nelle  quali  vengono  a
 trovarsi i cittadini in ragione del loro luogo di residenza, che puo'
 essere  piu'  o  meno  vicino  alla  sede  del giudice competente, le
 argomentazioni appena  svolte  rendono  evidente  che  si  tratta  di
 conseguenze  di  fatto  connesse alla scelta del legislatore e non di
 una vera e propria disparita' di trattamento sulla quale questa Corte
 abbia  titolo  per   intervenire,   posto   che,   come   detto,   la
 classificazione legislativa non appare arbitraria o irragionevole.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 3 del r.d. 14 aprile 1910, n. 639 (Approvazione  del  testo
 unico  delle  disposizioni  di  legge relative alla riscossione delle
 entrate patrimoniali dello Stato),  sollevata,  in  riferimento  agli
 artt.  3  e  25  della  Costituzione, dal giudice di pace di Riva del
 Garda con il provvedimento indicato in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1997.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Mezzanotte
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1997.
                       Il cancelliere: Fruscella
 97C1509