N. 457 ORDINANZA 16 - 30 dicembre 1997
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Giudizio abbreviato - Consenso - Mancata previsione della possibilita' di revoca del consenso prestato dal p.m. nell'ipotesi in cui il magistrato non possa piu' partecipare all'udienza - Eventualita' che in nessun caso puo' incidere sulla validita' e l'efficacia degli atti processuali gia' compiuti atteso che, secondo il principio della conservazione degli atti, l'ordine del processo e la certezza dei relativi rapporti, impongono la riferibilita' delle singole condotte alla parte unitariamente intesa - Manifesta infondatezza. (C.P.P., artt. 439 e 440). (Cost., artt. 108, (recte: 107, ultimo comma)).(GU n.1 del 7-1-1998 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 439 e 440 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 13 gennaio 1997 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Cassino, nel procedimento penale a carico di Turchetta Antonio ed altri, iscritta al n. 122 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, prima serie speciale, dell'anno 1997; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 1 ottobre 1997 il giudice relatore Giuliano Vassalli; Ritenuto che il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Cassino ha premesso in fatto che, essendo stato ammesso il giudizio abbreviato su consenso prestato dal locale procuratore della Repubblica, successivamente posto fuori del ruolo organico della magistratura, nella udienza fissata per la discussione altro magistrato, chiamato a svolgere le funzioni di pubblico ministero, ha dichiarato di voler revocare il consenso al rito non essendo il procedimento a suo avviso definibile allo stato degli atti e, in subordine, ha eccepito questione di legittimita' costituzionale degli artt. 438 e seguenti cod. proc. pen. nella parte in cui non prevedono la possibilita' di revoca del consenso nella ipotesi in cui il magistrato che lo ha prestato non possa piu' partecipare all'udienza; che a sostegno della proposta eccezione il pubblico ministero ha invocato la sentenza n. 484 del 1995, nella quale questa Corte ha affermato il principio della revocabilita' della ordinanza di ammissibilita' del rito da parte del giudice diverso per un postulato di identita' che, inespresso nel dato normativo, risulta chiaramente delineato nel sistema; che a proposito di tale eccezione, il rimettente - pur rilevando che "tale postulato di identita'" non puo' essere invocato per il pubblico ministero, attesa la particolare composizione dell'ufficio e "per la natura di contratto di diritto pubblico che si riconosce alla richiesta di rito ed al consenso" - osserva che il principio di indipendenza del pubblico ministero, attuato dall'art. 70, terzo comma, dell'ordinamento giudiziario e ribadito dall'art. 53 del codice di rito, risulterebbe in effetti compromesso nei casi in cui il magistrato che ha espresso il consenso si trovi nella assoluta impossibilita' di partecipare al giudizio abbreviato sostenendo personalmente l'accusa; che alla stregua di tali rilievi - conclude il giudice a quo - si appaleserebbe dunque fondato il dubbio che gli artt. 439 e 440 cod. proc. pen. si pongano in contrasto con l'art. 108 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono la revocabilita' da parte del pubblico ministero di udienza, anche dopo l'ordinanza di ammissione del rito abbreviato, del consenso prestato da diverso magistrato della procura della Repubblica impossibilitato in modo assoluto a partecipare al giudizio abbreviato; che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque infondata; Considerato che, a prescindere dalla palese erroneita' del parametro invocato - venendo qui in discorso l'art. 107, ultimo comma, della Costituzione e non, come dedotto dal rimettente, l'art. 108 della Carta fondamentale - il caso di specie posto a fondamento della questione non presenta alcuna interferenza con le garanzie di indipendenza che il codice di rito e le norme sull'ordinamento giudiziario assicurano al pubblico ministero, giacche' la sostituzione del magistrato che esercita quelle funzioni e' in se' una eventualita' che in nessun caso puo' incidere sulla validita' e l'efficacia degli atti processuali gia' compiuti o valere quale atipica legittimazione ad una sorta di restituzione nel termine per l'esercizio di facolta' precluse o per riesaminare unilateralmente scelte che hanno ormai prodotto i loro effetti; che il principio di conservazione degli atti, l'ordine del processo e la certezza dei relativi rapporti sono tutti valori che impongono la riferibilita' delle singole condotte alla parte unitariamente intesa, a prescindere da chi volta a volta sia chiamato a rappresentarla, sicche' in ipotesi di sostituzione del magistrato del pubblico ministero - e non diversamente da cio' che accade nel caso di sostituzione del difensore - il nuovo rappresentante non puo' che intervenire nel processo nello stato in cui esso si trova, senza per questo vedere in alcun modo compromessa la propria autonomia, posto che tale garanzia - essendo per definizione correlata all'esercizio concreto delle relative funzioni - puo' trovare risalto solo nel presente e con riferimento a quelle attivita' processuali ancora da compiere; che, pertanto, la questione proposta deve essere dichiarata manifestamente infondata; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 439 e 440 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 108 (recte: 107, ultimo comma) della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Cassino. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1997. Il Presidente: Granata Il redattore: Vassalli Il cancelliere: Fruscella Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1997. Il cancelliere: Fruscella 97C1514