N. 460 ORDINANZA 16 - 30 dicembre 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Reati  in  genere - Estorsione - Pena edittale minima di anni cinque
 di reclusione  -  Presunta  incongruita'  -  Analoga  questione  gia'
 dichiarata  dalla  Corte  manifestamente infondata (vedi ordinanza n.
 368/1995 e sentenza n. 217/1996)  -  Discrezionalita'  legislativa  -
 Manifesta infondatezza.
 
 (C.P., art. 629).
 
 (Cost., artt. 3 e 27, terzo comma).
 
(GU n.1 del 7-1-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,   prof.
 Cesare MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO,   avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,   prof.  Carlo  MEZZANOTTE,    avv.
 Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA,  prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 629 del codice
 penale  promosso  con  ordinanza  emessa  il  25  febbraio  1997  dal
 tribunale  di  Velletri nel procedimento penale a carico di Mammucari
 Massimo iscritta al n. 203 del registro ordinanze 1997  e  pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  17,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1997;
   Udito nella camera di consiglio del 10  dicembre  1997  il  giudice
 relatore Fernando Santosuosso;
   Ritenuto  che  nel  corso  di un procedimento penale a carico di un
 imputato per il delitto di estorsione il  tribunale  di  Velletri  ha
 sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale, in riferimento
 agli artt. 3 e 27, terzo comma,  della  Costituzione,  dell'art.  629
 cod. pen.;
     che  a  parere  del  giudice a quo la norma impugnata, cosi' come
 modificata dall'art. 8 del d.-l. 31 dicembre 1991, n. 419, convertito
 in legge, con modificazioni, nella legge 18 febbraio  1992,  n.  172,
 punisce  il  delitto  in  parola  con la pena edittale minima di anni
 cinque di  reclusione,  da  ritenersi  del  tutto  sproporzionata  in
 relazione  a  fatti  di  modesta  entita', quale quello sottoposto al
 giudizio del tribunale rimettente;
     che tale trattamento sanzionatorio e' vieppiu' irragionevole alla
 luce del confronto con i delitti di rapina e di concussione, entrambi
 puniti con pena edittale minima inferiore a quella prevista dall'art.
 629 cod. pen., pur essendo la concussione un delitto che  lede  anche
 l'interesse al buon andamento della pubblica amministrazione.
   Considerato  che  una  questione analoga a quella presente e' stata
 gia' dichiarata da questa Corte manifestamente  infondata  (ordinanza
 n.  368  del  1995)  in  relazione  al  raffronto  tra  il delitto di
 estorsione e quello di rapina;
     che   i  due  delitti  ora  richiamati  appaiono  sostanzialmente
 diversi, sicche' ogni  paragone  concernente  la  misura  della  pena
 risulta  inconferente,  tenendo  presente  che  a questa Corte non e'
 consentito sindacare  le  scelte  operate  dal  legislatore  in  tale
 settore,  se  non  in  presenza  di  situazioni  viziate  da evidente
 arbitrarieta';
     che il confronto non  e'  instaurabile  neppure  col  delitto  di
 concussione  il  quale,  pur presentando indubbi margini di affinita'
 con quello di estorsione,  e'  fattispecie  intrinsecamente  diversa,
 tale da non poter costituire un valido tertium comparationis;
     che  pertanto,  mancando  un  pertinente  ed  univoco  termine di
 raffronto (sentenza n. 217 del 1996), qualsiasi intervento di  questa
 Corte  volto  a  modificare  la  pena  edittale minima del delitto di
 estorsione si risolverebbe in un'indebita invasione  della  sfera  di
 discrezionalita' riservata al legislatore;
     che  la  questione,  dunque, dev'essere dichiarata manifestamente
 infondata;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 629 cod. pen. sollevata, in riferimento agli
 artt. 3 e 27, terzo comma,  Cost.,  dal  Tribunale  di  Velletri  con
 l'ordinanza di cui in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1997.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Santosuosso
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1997.
                       Il cancelliere: Fruscella
 97C1517