N. 915 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 novembre 1997

                                N.  915
  Ordinanza  emessa  il  12  novembre 1997 dal tribunale di Torino nel
 procedimento penale a carico di Bertino Flavio ed altri
 Processo penale - Dibattimento -  Valutazione  delle  prove  -  Nuova
    normativa  - Disciplina transitoria - Dichiarazioni rese nel corso
    delle indagini preliminari da coimputato nello stesso procedimento
    e  da  coimputato  in  procedimento   connesso   -   Irragionevole
    diversita'  di  regime  a seconda dello stato del procedimento pur
    essendo  stati  comunque  i  reati  commessi  tutti  anteriormente
    all'entrata  in  vigore  della  novella  -  Lesione del diritto di
    difesa - Violazione dei principi  di  obbligatorieta'  dell'azione
    penale e di indipendenza del giudice.
 (Legge 7 agosto 1997, n. 267, art. 6, comma 5).
 (Cost., artt. 3, 24, secondo comma, 101, secondo comma, e 112).
(GU n.3 del 21-1-1998 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nel procedimento a carico di
 Bertino Flavio + altri (imputati dei reati di cui agli artt. 323, 426
 c.p.)  il  p.m.  ha  chiesto  ritualmente  l'audizione   di   Massera
 Giambattista quale coimputato in procedimento connesso.
   Nel  corso  del medesimo procedimento ha sollecitato il tribunale a
 disporre ex art. 507 c.p.p. l'esame del coimputato Pelassa Carlo, non
 precedentemente richiesto. Il tribunale ne ha disposto l'esame.
   Sia il Massera che il Pelassa, comparsi, dichiaravano di  avvalersi
 della  facolta'  di  non  rispondere onde venivano acquisiti, al fine
 della lettura in sede  dibattimentale,  i  verbali  delle  rispettive
 dichiarazioni rese al g.i.p. e al p.m.
   Al termine dell'assunzione delle prove l'istruttoria dibattimentale
 veniva   dichiarata  chiusa,  ma,  prima  della  discussione  finale,
 interveniva la modifica  legislativa  dell'art.  513  c.p.p.  con  la
 relativa  norma  transitoria  per  i  procedimenti  in  corso, di cui
 all'art. 6, legge 7 agosto 1997, n. 267.
   Il   tribunale    disponeva    la    riapertura    dell'istruttoria
 dibattimentale  e,  su  istanza  del p.m. citava i predetti Massera e
 Pelassa.  Entrambi  comparivano  e  ribadivano  di  avvalersi   della
 facolta'  di non rispondere.  A seguito dell'opposizione delle difese
 alla acquisizione delle dichiarazioni predibattimentali dei  predetti
 Massera e Pelassa, il tribunale espungeva dal fascicolo processuale i
 verbali di esame e di interrogatorio dei predetti Massera e Pelassa.
   A   questo  punto  il  p.m.  proponeva  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 513 c.p.p., come modificato  dalla  legge  7
 agosto 1997, n. 267 e dell'art. 6 della stessa legge n. 267/1997, per
 violazione degli artt. 3, 24, 101 e 111 della Costituzione.
   La  difesa di una parte degli imputati (l'altra parte dei difensori
 si e' rimessa al giudizio del tribunale) eccepiva non rilevanza della
 questione prospettata dal p.m. e ne contestava la fondatezza.
   Il tribunale, con ordinanza in data odierna,  revocava  l'ordinanza
 dibattimentale  22  settembre  1997,  con  la  quale  aveva espunto i
 verbali delle dichiarazioni rese dal Massera e dal Pelassa.
                       Rilevanza della questione
   A seguito della odierna ordinanza dibattimentale  di  revoca  della
 precedente  -  con cui erano stati espunti dagli atti i verbali delle
 dichiarazioni rese dal coimputato in procedimento connesso Massera  e
 dal  coimputato  Pelassa - il tribunale deve verificare se, una volta
 acquisiti ai fini della loro lettura i  verbali  delle  dichiarazioni
 dell'imputato  e  del coimputato in procedimento connesso che si sono
 avvalsi della facolta' di non rispondere, la  limitazione  posta  dal
 comma  5  dell'art.  6, legge n. 267/1997 alla valutazione delle loro
 dichiarazioni rese  in  precedenza  sia  conforme  alle  norme  della
 Costituzione.
              Non manifesta infondatezza della questione
   1.  -  La  questione  appare  fondata  a  fronte  della intervenuta
 modifica della norma processuale dell'art. 513 c.p.p. La disposizione
 transitoria (art. 6, c.  5,  legge  n.  267/1997)  non  si  limita  a
 stabilire  tempi  e  modi  per  rendere immediatamente applicabile il
 nuovo principio secondo cui i verbali  delle  dichiarazioni  rese  al
 p.m.,  alla  polizia  giudiziaria  delegata o al g.i.p. dall'imputato
 nello stesso procedimento sono inutilizzabili nei confronti di  altri
 senza  il  loro  consenso,  e  quelli  delle  dichiarazioni  rese dal
 coimputato  in  procedimento  connesso  sono   inutilizzabili   senza
 l'accordo   delle   parti.  Questa  disposizione,  contraddicendo  il
 principio tempus regit actum che  caratterizza  il  processo  penale,
 attribuisce  alle  dichiarazioni  di  cui  si  e'  detto  una valenza
 probatoria di  segno  intermedio  per  i  processi  in  corso,  ossia
 attenuata  rispetto  al vecchio testo dell'art.  513 c.p.p., preclusa
 invece dal nuovo testo.
   La norma, in tal modo,  determina  una  disparita'  di  trattamento
 processuale  per i reati commessi anteriormente all'entrata in vigore
 della legge, a seconda dello stato del procedimento stesso, nel senso
 che in quelli in corso  viene  applicata  la  norma  transitoria,  in
 quelli non ancora in corso la nuova norma di cui all'art. 513 c.p.p.:
 norme che obiettivamente dettano discipline diverse.
   Ne  discende  la  violazione dell'art. 3 della Costituzione, quanto
 meno sotto il profilo della razionalita'.
   2. - Altrettanto palese e' la violazione del  diritto  alla  difesa
 (art. 24, comma 2), che viene diversamente tutelato in punto utilizzo
 dello  stesso  tipo  di prova. Infatti vigono regole diverse circa il
 valore probatorio da attribuire a determinati atti (le  dichiarazioni
 predibattimentali rese dal coimputato nello stesso procedimento e dal
 coimputato in procedimento connesso) nell'ambito di procedimenti che,
 per  circostanze  del  tutto casuali, siano gia' iniziati o non siano
 ancora iniziati, al momento della entrata in vigore della legge,  pur
 essendo  i  reati  nell'un  caso  come  nell'altro  comunque commessi
 anteriormente all'entrata in vigore della stessa.
   3. - La norma transitoria di cui si discute, cosi'  come  il  nuovo
 testo  dell'art.  513 c.p.p., consente la lettura delle dichiarazioni
 pregresse del coimputato in procedimento  connesso,  quindi  la  loro
 utilizzabilita'  come  prova,  quando  sia stato espresso il consenso
 delle parti. Emerge con chiarezza da cio'  che  l'acquisizione,  come
 prova  a  tutti  gli  effetti  delle  dichiarazioni del coimputato in
 procedimento connesso, puo' essere paralizzata per il solo fatto  che
 vi  sia  l'opposizione di una delle parti, anche quando l'opposizione
 non  sia  in  alcun  modo  motivata.  Alle  parti  e',  in  sostanza,
 attribuito  un  diritto  di "veto" aprioristico all'acquisizione come
 prova di un atto che, senza tale opposizione, avrebbe pieno  ingresso
 nel processo.
   Il  che  viola  indubitabilmente il principio costituzionale di cui
 all'art. 101, comma 2, della Costituzione, secondo cui il giudice  e'
 soggetto  soltanto  alla  legge  e  non  puo'  di  conseguenza essere
 condizionato dalla volonta'  di  una  delle  parti  del  processo,  a
 seconda  che  si  opponga  o  meno,  senza  alcuna  motivata ragione,
 all'acquisizione di uno stesso atto.
   Questa considerazione viene a spostare necessariamente l'attenzione
 dalla norma transitoria alla norma dell'art. 513 c.p.p. nella attuale
 versione, in quanto ne costituisce la  necessaria  conseguenza  e  la
 riproduce  quasi  testualmente sotto il profilo del diritto di "veto"
 attribuito alle parti in ordine all'acquisizione di una prova.
   Le conseguenze sono a prima vista aberranti. Si potra' assistere al
 caso in cui le parti consentano la  lettura  di  determinati  verbali
 relativamente  ad uno o a piu' coimputati, mentre il p.m. o la difesa
 non consentano  la  lettura  dello  stesso  atto  relativamente  alla
 posizione di altro coimputato nello stesso procedimento.
   4. - L'utilizzo variabile della stessa prova, confligge inoltre con
 il  principio,  piu'  volte  riconosciuto dalla Corte costituzionale,
 della necessita' di non dispersione  della  prova.  Tale  dispersione
 viene,  invece,  privilegiata  ex  lege nel momento in cui si rimette
 alla  volonta'  di  una  sola  delle  parti,  senza  possibilita'  di
 controllo  da parte del giudice, il potere di impedire l'ingresso nel
 procedimento di una prova altrimenti dotata di  piena  legittimazione
 (salvo  sempre  il  controllo del giudice circa il suo valore ai fini
 dell'accertamento della responsabilita').
   Il che contrasta con l'art. 112 della Costituzione che  attribuisce
 al p.m. il dovere di esercitare l'azione penale. Ove questo esercizio
 venga incrinato sulla base di una mera facolta' attribuita alle altre
 parti,  le  quali  si  oppongono  alla  acquisizione  di  un elemento
 probatorio che  -  senza  il  loro  dissenso  -  avrebbe  la  massima
 utilizzabilita', non si puo' negare che il processo penale subisca un
 completo stravolgimento.
   D'altra  parte  non  si  puo'  negare che il rifiuto del coimputato
 nello stesso procedimento o del coimputato in procedimento connesso a
 sottoporsi all'esame in  sede  dibattimentale,  rende  le  precedenti
 dichiarazioni  rese  da  costoro  "irripetibili"  al pari delle altre
 situazioni  "imprevedibili"  di  cui  all'art.  512  c.p.p.  Non   si
 comprende  quale  diversita'  possa  sussistere  fra  il  caso in cui
 volontariamente  il  coimputato  in  procedimento  connesso   diventi
 irreperibile  per  non  rendere  la dichiarazione nel procedimento, e
 quella in cui lo stesso coimputato a  viso  aperto  dichiari  di  non
 voler rendere la dichiarazione.  In entrambi i casi vi e' la volonta'
 di  non  rispondere,  ma  il trattamento processuale e' completamente
 diverso.
                               P. Q. M.
   Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  6,  comma  5,  della legge 7
 agosto 1997, n. 267, per violazione degli artt. 3, 24 comma 2, e  112
 della Costituzione;
   Sospende  il  giudizio  in  corso e ordina l'immediata trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
   Ordina che, a cura della cancelleria,  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  al  presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al
 Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del Senato della
 Repubblica.
     Torino, addi' 12 novembre 1997
                   Il presidente estensore: Ambrosini
 98C0034