N. 4 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 8 gennaio 1998

                                 N. 4
  Ricorso  per  questione di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria l'8 gennaio 1998 (della regione Lombardia)
 Agricoltura - Zootecnia - Misure urgenti  in  materia  di  produzione
    lattiera - Aggiornamento degli elenchi dei produttori, titolari di
    quota  e  dei  quantitativi  ad  essi  spettanti  per i periodi di
    produzione lattiera 1997/1998 e 1998/1999 - Competenza dell'AIMA -
    Restituzione ai produttori di percentuali degli importi trattenuti
    a titolo di prelievo supplementare per il  periodo  di  produzione
    lattiera 1996-1997 - Termini stabiliti nella procedura dei ricorsi
    di  riesame  avverso  le  comunicazioni  dell'AIMA  concernenti  i
    quantitativi di latte commercializzato - Disciplina dei  contratti
    di  circolazione  delle  quote-latte  - Modalita' e criteri per la
    compensazione nazionale relativa al periodo produttivo 1995-1996 -
    Irragionevolezza  -   Lamentato   ricorso   allo   strumento   del
    decreto-legge  in  situazione  d'urgenza  determinata dallo stesso
    Governo - Violazione delle competenze e dell'autonomia regionale -
    Lesione  della  tutela  dell'iniziativa  economica  privata,   dei
    principi  di  buon  andamento  della pubblica amministrazione e di
    leale  cooperazione  tra  Stato  e  regioni  nonche'  dell'obbligo
    all'osservanza degli impegni comunitari.
 (D.-L.  1 dicembre 1997, n. 411, artt. 1, commi 1, 2 e 3, 2, commi 1,
    lett. D, 2, 3, lett. C, 4, 5, 6, 8, 9 e 10, 3, comma 1, 4 e 5).
 (Cost., artt. 3, 5, 11, 41, 77, 97, 115, 117 e 118;  legge  28  marzo
    1997, n. 81; legge 3 luglio 1997, n. 204; d.lgs. 4 giugno 1997, n.
    143;  legge 4 dicembre 1993, n. 491; legge 23 agosto 1988, n. 400,
    art. 12).
(GU n.4 del 28-1-1998 )
   Ricorso  della  regione  Lombardia,  in  persona   del   presidente
 pro-tempore  della  Giunta  regionale,  on.  dott. Roberto Formigoni,
 rappresentata e difesa, come da delega a margine del  presente  atto,
 ed in virtu' di deliberazione di giunta regionale n. VI/33853, del 23
 dicembre  1997,  di  autorizzazione a stare in giudizio, dagli avv.ti
 proff.  Giuseppe Franco Ferrari e Massimo Luciani,  ed  elettivamente
 domiciliata  presso  lo  studio  diquest'ultimo, in Roma, Lungotevere
 delle Navi, n. 30, contro il Presidente del Consiglio  dei  Ministri,
 per  la  dichiarazione  di  illegittimita' costituzionale del d.-l. 1
 dicembre 1997,  n.  411,  pubblicato  in  Gazzetta  Ufficiale,  serie
 generale, n. 280 del 1 dicembre 1997, recante "Misure urgenti per gli
 accertamenti in materia di produzione lattiera":
     quanto  all'art.  1,  commi  1,  2  e  3,  in  quanto  dispone la
 restituzione ai produttori degli importi trattenuti dagli  acquirenti
 a  titolo  di  prelievo  supplementare  limitatamente  al  periodo di
 produzione  lattiera  1996-1997  e  limitatamente  alla   percentuale
 dell'80% o 20%;
     quanto  all'art.  2,  comma  1,  lett.  d), in quanto dispone che
 l'AIMA determini gli effettivi quantitativi di latte commercializzato
 nei  periodi  1995-1996  e  1996-1997  con  particolare  riguardo  ai
 contratti  di  circolazione  delle  quote  latte, quali le soccide, i
 comodati di stalla, gli affitti di azienda di durata inferiore ai sei
 mesi;
     quanto all'art. 2, comma 2, in quanto dispone che, entro quindici
 giorni dalla entrata in vigore del medesimo decreto,  gli  acquirenti
 debbano inviare all'AIMA i contratti di cui al comma 1, lettera d), a
 pena  di  revoca del riconoscimento previsto dall'art. 23 del decreto
 del Presidente della Repubblica n. 569 del 1993;
     quanto  all'art.  2,  comma  3, lettera c), in quanto dispone che
 l'AIMA debba aggiornare i quantitativi  di  riferimento  dei  singoli
 produttori  per  i  periodi  1995-1996, 1996-1997 e 1997-1998 tenendo
 conto dei trasferimenti di quote e cambi di titolarita' conformi alla
 normativa vigente, per i medesimi periodi  sopra  citati,  comunicati
 dalle regioni e dalle province autonome e pervenuti all'AIMA entro il
 15 novembre 1997;
     quanto  all'art.  2,  comma  4,  in  quanto dispone che i termini
 previsti dal precedente comma 3 sono perentori;
     quanto all'art. 2, comma 5, in quanto dispone  che  l'AIMA  debba
 comunicare  ai  produttori,  entro  sessanta  giorni dalla entrata in
 vigore  del  decreto  medesimo,  mediante  lettera  raccomandata  con
 ricevuta  di  ritorno,  i  quantitativi  di  riferimento  individuali
 assegnati ed i quantitativi di latte commercializzato,  accertati  ai
 sensi  dei commi da 1 a 3 e che gli interessati possono presentare, a
 pena di decadenza, ricorso di riesame  entro  quindici  giorni  dalla
 data di ricezione della suddetta comunicazione;
     quanto  all'art. 2, comma 6, in quanto dispone che i c.d. ricorsi
 di riesame debbano essere presentati alle regioni;
     quanto all'art. 2, comma 8, in quanto dispone che le decisioni in
 ordine ai ricorsi di riesame debbano essere  adottate,  e  comunicate
 all'AIMA,  entro  il  termine  perentorio  di  sessanta  giorni dalla
 scadenza del termine per la presentazione dei  medesimi,  di  cui  al
 comma  5,  e  che  le  decisioni  pervenute  oltre  suddetto  termine
 perentorio sono considerate irricevibili,  salva  la  responsabilita'
 civile,  penale,  amministrativa  e  disciplinare  degli  autori  del
 ritardo;
     quanto all'art. 2, comma 9, in quanto dispone che qualora l'esito
 del ricorso di riesame comportasse una conferma dei  quantitativi  di
 riferimento  individuali  assegnati  dall'AIMA, o dei quantitativi di
 latte   commercializzato   accertati   dall'AIMA,   i   costi   degli
 accertamenti,   nella   misura  determinata  da  ciascuna  regione  o
 provincia autonoma, sono a carico del produttore ricorrente;
     quanto all'art. 2, comma 10, in quanto dispone che  con  apposito
 decreto  del  Ministro  delle  politiche  agricole  di  intesa con la
 conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni  e  le
 province   autonome  di  Trento  e  Bolzano,  siano  disciplinate  le
 modalita' per l'istruttoria dei ricorsi del riesame;
     quanto all'art. 3, comma 1, in quanto dispone la  mera  rettifica
 della compensazione nazionale per il periodo 1995-1996;
     quanto  all'art.  4  in quanto dispone che l'AIMA proceda, per il
 periodo 1997-1998, all'aggiornamento  degli  elenchi  dei  produttori
 titolari  di quota e dei quantitativi ad essi spettanti, che andranno
 a sostituire qualsiasi precedente assegnazione;
     quanto  all'art.  5  in  quanto  dispone  che,  per  il   periodo
 1998-1999, in deroga a quanto previsto dall'art. 01 del decreto-legge
 n. 11 del 1997, convertito con modificazioni in legge n. 81 del 1997,
 l'AIMA   provvede  all'aggiornamento  degli  elenchi  dei  produttori
 titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti.
                               F a t t o
   1.1.  -  Il  regime  delle  c.d.  quote   latte,   finalizzato   al
 contenimento della produzione, da anni eccedente nel mercato europeo,
 e'   stato   introdotto  in  Italia,  dopo  lungo  contenzioso  circa
 l'effettiva entita' della produzione interna e la  irrogazione  delle
 relative sanzioni comunitarie, dalla legge 26 novembre 1992, n. 468.
   Tale  testo normativo, dopo avere demandato, all'art. 2 comma 2, la
 redazione di elenchi dei produttori  titolari  di  quota  e  la  loro
 pubblicazione  in  appositi  bollettini  all'Azienda di Stato per gli
 interventi  nel  mercato  agricolo  (AIMA),  all'art.  2,  comma   2,
 limitatamente  ai  produttori  di  associazioni aderenti alla UNALAT,
 dispone la  articolazione  della  quota  in  due  parti:  l'una  (A),
 commisurata  alla  produzione  di  latte commercializzata nel periodo
 1988-1989;  l'altra  (B),   rapportata   alla   maggiore   produzione
 commercializzata nel periodo 1991-1992.
   Poiche' peraltro il regolamento CEE del Consiglio n. 804/68, del 27
 giugno  1968,  contemplava  la periodica rideterminazione delle quote
 nazionali spettanti all'Italia, i  commi  6-8  dello  stesso  art.  2
 assegnavano  alle  regioni  il  compito  di  vigilare sulla effettiva
 produzione  dei  singoli  operatori  e  di  comunicare  all'AIMA  per
 l'aggiornamento  del  bollettino  le  eventuali  situazioni  di quota
 assegnata   superiore   a   quella   effettiva,   e    al    Ministro
 dell'agricoltura  e  foreste,  acquisito  il  parere della Conferenza
 permanente per i rapporti tra lo Stato e  le  regioni  e  sentite  le
 organizzazioni professionali maggiormente rappresentative, in caso di
 eccedenza  delle  quantita' attribuite ai produttori alla stregua dei
 commi 2 e  3  rispetto  alle  quote  nazionali  individuate  in  sede
 comunitaria,  di stabilire con proprio decreto i criteri generali per
 il  pieno  allineamento  con  le  quote  nazionali  nell'arco  di  un
 triennio.  Lo  stesso  comma  8  imponeva  che,  con riferimento alle
 riduzioni obbligatorie della quota B, si tenesse conto "dell'esigenza
 di mantenere  nelle  aree  di  montagna  e  svantaggiate  la  maggior
 quantita' di produzione lattiera".
   Il d.-l. 23 dicembre 1994, n. 727, poi convertito con modificazioni
 in  legge  24  febbraio 1995, n. 46 ha poi operato la riduzione delle
 quote B per singolo  produttore,  con  l'esclusione  degli  operatori
 delle  stalle  ubicate  nelle  zone montane di cui alla direttiva del
 Consiglio CEE 75/268 del 28 aprile 1975, da effettuarsi entro  il  31
 marzo 1995 con operativita' dalla campagna 1995-1996.
   La  legge  di  conversione  n.  46/1995 ha innovato il decreto come
 segue: a) ha previsto (art. 2, comma 1, lett. a)) la riduzione  della
 quota  A  non  in produzione, almeno qualora essa ecceda il 50% della
 quota A attribuita; b) dopo avere confermato la riduzione della quota
 B (lett. a)) ha  escluso  (lett.  b))  da  entrambe  le  riduzioni  i
 produttori  non  solo titolari di stalle ubicate in zone di montagna,
 ma  anche  quelli  operanti  "nelle  zone  svantaggiate  e  ad   esse
 equiparate  nonche'  nelle  isole";  c)  ha consentito (art. 2, comma
 2-bis)  che  i  produttori  che   abbiano   ottenuto,   anteriormente
 all'entrata  in vigore della legge n. 468 del 1992, l'approvazione di
 un piano di sviluppo o di miglioramento  zootecnico  da  parte  della
 regione e che lo abbiano realizzato, possano chiedere la assegnazione
 di  una quota corrispondente all'obiettivo di produzione indicato nel
 piano medesimo, in sostituzione delle quote A e B.
   Piu' in generale, il decreto-legge n. 727 del 1994 e  la  legge  n.
 46  del 1995 hanno soppresso la previa consultazione della Conferenza
 tra Stato e regioni, rimettendo la istruttoria e  la  predisposizione
 del piano di rientro esclusivamente all'istanza ministeriale.
   Inoltre,  e'  stato  introdotto un meccanismo di autocertificazione
 delle produzioni, in base al quale gli acquirenti sono autorizzati  a
 considerare i quantitativi autocertificati dai produttori.
   La  legge  n. 46 del 1995, insieme con il decreto-legge convertito,
 veniva  impugnata  dalla  regione  Lombardia  con  ricorso  rubricato
 22/1995,  con allegazione di numerosi profili di incostituzionalita'.
 Codesta ecc.ma Corte, a seguito di discussione nella pubblica udienza
 del 23 novembre 1995, con decisione  n.  520  del  28  dicembre  1995
 accoglieva  il  predetto  ricorso, in una con quello presentato dalla
 regione Veneto e rubricato con n.  r.g.  23/1995,  sotto  il  profilo
 della  incostituzionalita'  dell'art.  2, comma 1, della legge, nella
 parte  in  cui  non  vi  si  contemplava  il  parere  delle   regioni
 interessate  nel  procedimento  di  riduzione delle quote individuali
 spettanti ai produttori di latte bovino.
   1.2. - Come e' noto, il Governo e' poi piu' volte  intervenuto  con
 la decretazione di urgenza, adottando prima il d.-l. 15 marzo 1996 n.
 124 e poi, reiterando il primo, adottando il d.-l. 16 maggio 1996, n.
 260, (impugnati con i ricorsi n.r.g. 18 e 27/1996), indi con il d.-l.
 8  luglio  1996  n.  353  (del  pari  impugnato con il ricorso n.r.g.
 32/1996), con il d.-l. 8 agosto 1996 n. 440, con il d.-l. 6 settembre
 1996, n. 463, e "infine" con i dd.-ll. 23 ottobre  1996,  nn.  542  e
 552.  Tali  ultimi  due  decreti-legge  sono  poi  stati  convertiti,
 rispettivamente, nelle leggi 20 dicembre 1996 n. 642  e  23  dicembre
 1996, n. 649 (impugnate con ricorsi nn. rr.gg. 12/1997 e 14/1997).
   I decreti-legge successivi alla legge n. 46 del 1995 appartengono a
 due  "catene"  di  decreti  reiterati:  una saldatasi con la legge di
 conversione del decreto-legge n. 542  del  1996  (legge  n.  649  del
 1996);   l'altra   saldatasi   con   la   legge  di  conversione  del
 decreto-legge n.  552 del 1996 (legge n. 642 del 1996).
   La prima catena e' relativa  alle  previsioni  sulle  procedure  di
 compensazione   (in  particolare,  all'eliminazione  delle  procedure
 previste dalla legge n. 468 del 1992, sostituite da una compensazione
 nazionale gestita dall'AIMA), nonche' alle modalita' e ai  tempi  dei
 prelievi  e  delle  restituzioni.  La  seconda  catena  riguarda,  in
 particolare, la disciplina dei bollettini dei produttori titolari  di
 quota;   la   fissazione   dei   criteri   di   effettuazione   della
 compensazione;  le  modalita'  della   compensazione   medesima;   la
 disciplina dell'abbandono della produzione; i termini per la cessione
 delle quote latte.
   Queste  due catene, ancorche' distinte, sono interconnesse, e - per
 le  ragioni  gia'  esposte  nei  ricorsi   sopradescritti   -   hanno
 determinato  gravissimi  pregiudizi  all'autonomia  delle  regioni in
 materia di agricoltura, disegnando uno scenario normativo  incoerente
 e  costituzionalmente  illegittimo.  L'incoerenza  e l'illegittimita'
 sono state confermate (e aggravate) dalla "saldatura"  operata  dalle
 menzionate leggi nn.  642 e 649 del 1996.
   A distanza di pochissimi giorni dalla pubblicazione (nella Gazzetta
 Ufficiale rispettivamente, del 21 e del 23 dicembre 1996) delle leggi
 ora  ricordate,  il  legislatore  e'  poi  nuovamente intervenuto nel
 settore della produzione lattiera con la legge 23 dicembre  1996,  n.
 662 (che, addirittura, ancorche' pubblicata poco dopo, reca la stessa
 data  della  legge  n.  649  del 1996), a conferma della caoticita' e
 della farraginosita' del suo agire.
   La  legge  (impugnata  con  ricorso  n.r.g.  20/1997)  dedica  alla
 produzione lattiera i commi da 166 a 174 dell'art. 2.
   Tutti i ricorsi piu' sopra menzionati, e segnatamente i ricorsi nn.
 rr.gg. 18-27-32/1996 e 12-14-20/1997, sono stati discussi all'udienza
 pubblica tenutasi in data 28 ottobre 1997.
   In riferimento ai medesimi ricorsi sopra menzionati, codesta ecc.ma
 Corte,  in  data  19  dicembre  1997,  ha  depositato  in cancelleria
 ordinanza istruttoria del 16  dicembre  1997,  con  la  quale  si  e'
 disposta  a  carico  del  Presidente del Consiglio dei Ministri (e in
 minima  parte  a  carico  dei   presidenti   delle   regioni)   ampia
 integrazione documentale.
   1.3  -  Nonostante  avessero  operato  la  "saldatura" finale delle
 descritte  catene  di  decreti-legge,  i  confusi  e   contraddittori
 interventi  normativi  di  fine  1996 non sono riusciti a scrivere la
 parola "fine" sotto la lunga e tormentata storia della disciplina  in
 via  d'urgenza  della  produzione  lattiera.  Il  Governo  e' infatti
 reintervenuto  con  il  decreto-legge  n.  11  del  1997   (anch'esso
 impugnato  dalla  ricorrente  con  ricorso  rubricato  al  n. 25/1997
 pendente avanti codesta ecc.ma Corte).
   La storia di questo decreto e' nota: incalzato dalla  protesta  dei
 produttori,   angosciati   dall'imminente   scadenza  del  cosiddetto
 "superprelievo",  ed  esasperati  dalla  pachidermica  gestione   del
 settore lattiero-caseario da parte del MIRAAF e dell'AIMA, il Governo
 ha  ritenuto  opportuno  intervenire,  subito,  con  un provvedimento
 legislativo d'urgenza.
   Quanto ai suoi contenuti,  il  decreto  in  questione  puo'  essere
 diviso,  per  quanto  qui  interessa  (e  prescindendo  dunque  dalle
 disposizioni puramente finanziarie e da quelle previdenziali, di  cui
 agli artt.  9-11) in due parti.
   In  una  prima  parte  si  interviene  con  forme  di finanziamento
 agevolato ai produttori, onde  far  fronte  alla  crisi  del  settore
 determinata,  per  un verso, dall'encefalopatia spongiforme bovina, e
 per l'altro dalla sovrapproduzione di latte.
   Cosi', l'art. 1 stabilisce ammontare (comma 1),  tasso  (comma  2),
 criteri  di calcolo (comma 3), tempi e garanzie dei finanziamenti per
 fronteggiare i danni causati dalla  menzionata  epidemia  (comma  4).
 L'art.  2  fissa  le  procedure per la concessione dei finanziamenti.
 L'art. 3 introduce, per i  produttori  che  non  abbiano  chiesto  il
 finanziamento  di cui all'art. 1, un premio per la perdita di reddito
 subita a causa dell'encefalopatia spongiforme bovina. L'art. 4  detta
 regole  in  materia  di  incentivi  per  l'abbandono della produzione
 lattiera, determinando ammontare, modalita' e tempi  degli  incentivi
 medesimi.  L'art.  6  dispone  un  contributo  straordinario al Fondo
 interbancario di garanzia e detta ulteriori regole in materia.
   In una seconda  parte,  logicamente  differenziata  dalla  prima  e
 relativa  a questioni che avrebbero dovuto essere oggetto di ben piu'
 meditata considerazione, il decreto si occupa direttamente del regime
 della   produzione   lattiera.   Cosi',   l'art.   5   detta   regole
 sull'assegnazione di quote ai giovani produttori. L'art. 7 istituisce
 una  commissione  governativa  di indagine in materia di quote latte,
 che si segnala per la  totale  assenza  di  qualunque  rappresentante
 regionale,   e   di  qualsivoglia  raccordo  con  le  amministrazioni
 regionali.  L'art.   8,   infine,   detta   norme   in   materia   di
 identificazione   e   registrazione   degli   animali  (anagrafe  del
 bestiame), anche in applicazione del d.P.R. 30 aprile 1996 n. 317.
   1.4.  -  Nonostante fosse affetto dai vizi lamentati nel ricorso n.
 25/1997, sopra menzionato, il decreto-legge n. 11 del 1997  e'  stato
 poi  convertito  in  legge  ad opera della legge 28 marzo 1997, n. 81
 (anch'essa impugnata con ricorso pendente avanti codesta ecc.ma Corte
 al n. 36/1997). La  struttura  del  decreto  e'  stata  profondamente
 alterata, poiche' i suoi vari articoli sono stati tutti raggruppati e
 trasformati in commi (ben 54) di un solo maxi-articolo 1, ma il testo
 delle  varie  previsioni  normative e' rimasto largamente intatto, ad
 eccezione delle parti che  qui  appresso  si  indicano.    E'  stato,
 anzitutto,  premesso al testo originario un articolo 01, nel quale si
 prevede che le funzioni amministrative relative all'attuazione  della
 normativa  comunitaria  in  materia di quote latte siano svolte dalle
 regioni (e dalle province autonome). La soddisfazione  con  la  quale
 dovrebbe  essere  accolto  il  doveroso  riconoscimento  del corretto
 assetto delle competenze in questo delicato settore e'  destinata  ad
 avere  vita  breve. Basta infatti leggere quanto l'art. 01 aggiunge a
 tale previsione, e precisamente che:
     a) l'assegnazione alle regioni delle predette funzioni vale  solo
 "a decorrere dal periodo di applicazione 1997-1998";
     b)  "in  attesa  della  riforma  organica  del  settore" (videant
 posteri....|), sono fatti salvi i compiti svolti dall'AIMA  -  niente
 meno  -  "in  materia  di  aggiornamento del bollettino 1997-1998, di
 riserva  nazionale,  di  compensazione  nazionale  e   di   programmi
 volontari di abbandono";
     c)  come  se non bastasse, l'AIMA concorre con le regioni per gli
 altri adempimenti dello Stato nei confronti dell'Unione  europea  nel
 settore lattiero-caseario.  Come si vede, l'incipit di tale articolo,
 apparentemente  garantista  per  le  regioni,  si  rivela addirittura
 derisorio  quando  inserito  nel  contesto   dell'intera   previsione
 normativa.  Sempre nell'art. 01, poi, si e' previsto (al comma 2) che
 le   funzioni   di   indirizzo  e  coordinamento,  nonche'  i  poteri
 sostitutivi nei confronti delle regioni spettano  al  Ministro  delle
 risorse  agricole,  alimentari  e  forestali.   L'art. 1, comma 1, e'
 stato modificato assai marginalmente, con il rinvio (prima  mancante)
 a  quanto  previsto  dalla  legge  n.  468  del  1992  in  materia di
 attribuzione dei quantitativi di riferimento di produzione  lattiera.
 L'art.  1,  comma 3, e' stato modificato, nel senso che si prevede la
 consultazione degli "assessorati regionali all'agricoltura", al  fine
 di  determinare  i  criteri oggettivi per il calcolo della perdita di
 reddito derivante ai singoli produttori a seguito della crisi  dovuta
 all'encefalopatia  spongiforme bovina.  L'originario art. 4, comma 2,
 del decreto (ora art.  1,  comma  14)  e'  stato  modificato  con  la
 eliminazione   dell'inciso  che  prevedeva  la  sottoscrizione  della
 domanda di premio per  l'abbandono  della  produzione  da  parte  del
 proprietario,  ove  questi  fosse soggetto diverso dal titolare della
 quota.  L'originario art. 5, comma 1, del decreto (ora art. 1,  comma
 17)  e'  stato  modificato, prevedendo unilateralmente una disciplina
 ancora piu' analitica - eppercio' illegittima - delle assegnazioni di
 quote ai giovani produttori.  L'originario art. 5, comma 2 (ora  art.
 1,  comma 18) e' stato modificato con alcuni aggiustamenti lessicali,
 ed in particolare con la previsione che la riassegnazione delle quote
 avvenga  "a  livello  regionale"  (anziche'  "su  base   regionale").
 L'originario  art.  7,  comma  4  (ora  art.  1,  comma 31), e' stato
 modificato con la  previsione  piu'  specifica  dei  contenuti  della
 relazione  che  la  Commissione governativa di indagine in materia di
 quote latte e' tenuta a presentare.  E' stata introdotta, all'art. 1,
 comma 35, la previsione secondo cui l'AIMA provvede a rettificare gli
 elenchi  dei  produttori  assoggettati al prelievo supplementare e ai
 conguagli  sulla  base  delle  risultanze   della   relazione   della
 Commissione  governativa di cui al punto precedente, con il risultato
 di aggravare ulteriormente  -  se  possibile  -  i  gia'  gravi  vizi
 evidenziati  nell'impugnativa  del  decreto.    E'  stato introdotto,
 all'art. 1, comma 42, e modificando doverosamente  l'assurdo  art.  8
 del  decreto,  il principio secondo cui le regioni si avvalgono della
 banca dati per la registrazione  ed  identificazione  dei  bovini  da
 allevamento.
   1.5.  -  Con  ulteriore  ricorso  alla  decretazione di urgenza, il
 Governo ha poi adottato il d.-l. 7 maggio 1997, n. 118.
   In  estrema  sintesi,  il  contenuto  ditale  decreto-legge  e'  il
 seguente:
     il  comma  1  proroga  al  10  luglio  1997 la operativita' della
 commissione governativa di indagine, di cui  all'art.  1,  comma  28,
 della  legge  n.  81  del 1997, ribadendo che entro tale termine essa
 dovra' presentare alla Presidenza del Consiglio  ed  al  Ministro  la
 propria relazione;
     il  comma 2 ribadisce quanto gia' disposto dal comma 30 dell'art.
 1 della legge n. 81 del 1997 circa l'utilizzo della  forza  pubblica,
 aggiungendo   che   essa   puo'  in  particolare  svolgere  ispezioni
 amministrative ed esercitare "tutti i poteri... spettanti nell'ambito
 dei rispettivi ordinamenti, per l'esercizio delle  proprie  attivita'
 istituzionali";
     il   comma   3   demanda   all'AIMA,  entro  venti  giorni  dalla
 presentazione della relazione di  cui  al  comma  1,  di  operare  le
 rettifiche   negli  elenchi  dei  produttori  sottoposti  a  prelievo
 supplementare per il periodo 1995-1996 e di effettuare i  conseguenti
 conguagli   in   sede  di  compensazione  nazionale  per  il  periodo
 1996-1997, ovvero, se il conguaglio non sia possibile o  sufficiente,
 le  ripetizioni  di  somme  trattenute  in meno. Il 31 agosto diventa
 cosi' il nuovo termine per  il  versamento  del  saldo  del  prelievo
 supplementare da parte degli acquirenti per il periodo 1995-1996;
     il  comma 4 differisce al 10 giugno1997, limitatamente al periodo
 1996-1997, le dichiarazioni degli acquirenti, sottoscritte anche  dai
 produttori,  in  base  al  regolamento CEE 536/1993 e prescrive nello
 stesso termine una nuova  dichiarazione  per  il  periodo  1995-1996,
 prevedendo,  in  caso di omessa sottoscrizione delle dichiarazioni da
 parte del produttore, verifiche da parte delle forze di polizia;
     il comma 5 e' la norma finanziaria.
   Il decreto-legge n. 118/1997 e' poi stato  convertito  in  legge  3
 luglio  1997,  n.  204.  Quest'ultima,  in  aggiunta al decreto-legge
 convertito, prevede:
     la sospensione dei programmi di  abbandono  della  produzione  di
 latte  e  la  conseguente  interruzione dell'assegnazione delle quote
 gratuite ai giovani produttori (art. 1-bis);
     l'obbligo per i primi acquirenti di trattenere solo  il  20%  del
 prelievo  supplementare  della quota B ridotta ed ugualmente prodotta
 nell'annata 1996-1997 (art. 1, comma 4-bis);
     la proroga dei lavori della Commissione per  tutto  agosto  (art.
 1,  comma  1),  con  conseguente  slittamento  dei  termini  previsti
 dall'art.  1, comma 3, del decreto-legge convertito.  Nel  frattempo,
 il  Governo  -  aggravando  la  gia'  sconcertante  disorganicita'  e
 frammentarieta' della disciplina in materia di quote latte - ha fatto
 si'  che  si intrufolasse nel testo del d.-l. 19 maggio 1997, n. 130,
 convertito in legge 16 luglio 1997, n.  228,  relativo  agli  incendi
 boschivi,  un  articolo relativo ai controlli veterinari straordinari
 da effettuarsi su tutti i  capi  bovini  presenti  nelle  aziende  da
 latte.   Con l'art. 6 del decreto-legge in oggetto e' stato, infatti,
 autorizzato  il  Ministro  della  sanita'  a  disporre  la   suddetta
 rilevazione  tramite  i  servizi  veterinari  delle USL.   Infine, il
 Governo, con il d.-l. 15 settembre 1997, n. 305  -  poi,  pero',  non
 convertito  -  disponeva  la  proroga di sessanta giorni dei suddetti
 termini  imposti  all'AIMA  per  le  rettifiche  negli  elenchi   dei
 produttori   sottoposti  a  prelievo  supplementare  per  il  periodo
 1995-1996 e per l'effettuazione dei conseguenti conguagli in sede  di
 compensazione  nazionale  per  il  periodo  1996-1997, ovvero - se il
 conguaglio non sia possibile o  sufficiente  -  per  la  restituzione
 delle  somme  versate  in  piu' e la ripetizione di quelle versate in
 meno.
   2.1. - Nel frattempo la Commissione d'indagine,  istituita  con  il
 decreto-legge  n.  11  del  1997, ha presentato due relazioni, del 26
 aprile 1997 e del 31 agosto 1997; quest'ultima, frutto delle proroghe
 disposte  dal  decreto-legge  n.  118  del  1997  e  dalla  legge  di
 conversione  n.  204 del 1997.  La Commissione ha evidenziato come la
 situazione  attuale  sia  frutto  di  una  normativa  che,  oltre   a
 disattendere  le direttive e i regolamenti comunitari, risulta essere
 chiaramente inadeguata  ad  impostare  un  definitivo  riassetto  del
 sistema.   Il dato maggiormente preoccupante e' stato individuato nel
 proliferare di contratti di pseudo soccida e comodato. Tale fenomeno,
 volto ad eludere le disposizioni normative in materia di circolazione
 di quote latte, discende - ad avviso della medesima Commissione -  da
 una  legislazione  nazionale  non  conforme  al diritto comunitario e
 contraddittoria  al  suo  interno.    Infatti,  se  da  un  lato   la
 legislazione  italiana - allo scopo di conservare le quote produttive
 nelle aree territoriali di origine -  proibisce  la  compravendita  e
 l'affitto di sole quote al di fuori della regione di appartenenza del
 cedente  (legge n. 468 del 1992), vietando altresi' la cessione della
 sola  quota  tra  aree  non  omogenee,  dall'altro  fa  menzione  dei
 contratti associativi, senza precisare alcunche' rispetto agli stessi
 (legge  n.  407 del 1994).   I contratti di pseudo soccida e comodato
 (resi possibili dalla richiamata menzione da parte della legislazione
 interna  dei  contratti  associativi)  non  comportano  un  effettivo
 trasferimento  della titolarita' delle quote in capo agli stipulanti,
 e per questo non sono soggetti ne' al  controllo  della  regione  ne'
 dell'AIMA  ma  hanno  comunque  come  unico  oggetto  del rapporto la
 realizzazione di una cessione strumentale -  seppure  sui  generis  -
 della  quota  stessa.    Come piu' sopra anticipato - e come rilevato
 dalla stessa Commissione - tali pseudo soccide e comodati non possono
 comunque dirsi  stipulati  in  evidente  violazione  della  normativa
 interna,  in  quanto  essa  -  seppure  in contrasto con la normativa
 comunitaria - legittima l'utilizzo di non meglio  definiti  contratti
 associativi.  Il problema di fondo non risiede dunque nei controlli -
 quasi  impossibili ad effettuarsi -,  ma nella disciplina statale del
 settore.  La stessa Commissione sollecita, infatti, una effettiva  ed
 ordinata  ripartizione  dei  ruoli  tra i vari soggetti preposti alla
 disciplina e gestione del settore.
   2.2.  -  La  Commissione  governativa  ha  inoltre  proposto che la
 compensazione,   limitatamente   alla   campagna   1995-1996,   venga
 effettuata  secondo  il  previgente sistema, e cioe' prima al livello
 delle APL, e a livello dei non associati, e poi a livello  nazionale.
 Tale  proposta  -  sempre  secondo  la  Commissione  -  si  impone in
 considerazione del principio del legittimo  affidamento,  cosi'  come
 riconosciuto  anche  dall'ordinamento  comunitario.  In  base  a tale
 principio, infatti, la Corte  di  giustizia  ritiene  non  possa  non
 tenersi  conto  dell'affidamento  riposto dall'imprenditore su norme,
 comportamenti e prassi delle autorita' nazionale  e  comunitaria,  in
 base   alle   quali   egli   ha  determinato  le  proprie  operazioni
 commerciali; cio', sempre che nessun interesse pubblico vi osti e che
 la lesione subita sia intervenuta in modo imprevedibile.  Nel caso di
 specie, considerato che solo nel maggio del 1996 la UE ha  contestato
 formalmente la metodologia di compensazione utilizzata in Italia, gli
 allevatori  fino  ad  allora confidavano del tutto verosimilmente nel
 mantenimento del precedente sistema. Inoltre, nessuna conseguenza  si
 produrrebbe  a  carico  dello  Stato  nel  caso in cui si tornasse ad
 operare la compensazione secondo la normativa previgente: il prelievo
 per l'esubero continuerebbe infatti ad essere a carico dei produttori
 eccedentari (cfr. pagg. 84-86, Relazione del 26  aprile  1997;  pagg.
 56-59  e  140-149,  Relazione del 31 agosto 1997).  Le considerazioni
 espresse  in  tal  senso  dalla  Commissione  confermano   le   gravi
 illegittimita'   che   viziano   le  disposizioni  impugnate,  troppo
 frettolosamente escogitate dal legislatore al solo fine di ovviare ad
 ulteriori infrazioni comunitarie.  Viceversa la Commissione  medesima
 ritiene  necessario  risolvere  definitivamente  la  grave  crisi del
 settore  tramite  misure  che,  oltre   ad   assicurare   l'effettivo
 adempimento   agli  obblighi  imposti  dall'UE,  risultino  idonee  a
 governare il sistema delle quote latte sulla scorta dei  principi  di
 equita'  ed  economicita'  (cfr.  pag.  204,  Relazione del 31 agosto
 1997).
   2.3. - Altro punto sottolineato da entrambe  le  relazioni  redatte
 dalla   Commissione   d'indagine   riguarda   la   sicura   e  totale
 compensazione concessa agli operatori delle zone  svantaggiate  (cfr.
 pagg.  158-159,  Relazione  del  31  agosto  1997).    In  seguito ad
 un'analisi  comparata  delle  legislazioni  degli  Stati  membri,  la
 Commissione  stessa  ha  evidenziato  come la situazione italiana sia
 atipica  rispetto  a  quanto  da  questi  disposto  a  tal  riguardo.
 Inoltre, la normativa comunitaria parrebbe consentire agevolazioni in
 favore  delle  zone svantaggiate solo a monte del sistema, e cioe' in
 sede di assegnazione delle quote.
   2.4. - Infine, quanto all'attribuzione dei poteri di gestione delle
 quote in capo alle regioni, la Commissione sottolinea  la  necessita'
 di  predeterminare,  con riguardo alle particolari situazioni locali,
 piu' sistemi concordati da ciascuna regione con l'organo  statale  di
 controllo (cfr. pag. 78, Relazione del 26 aprile 1997).
   Ne discende che le mere affermazioni di principio, quali la tardiva
 previsione  di un Comitato permanente in sede consultiva e la formale
 attribuzione delle competenze in capo alle regioni - salvo  mantenere
 ben  salde  in  capo all'AIMA le competenze effettive -, non potevano
 certo bastare ai fini di una seria e meditata riorganizzazione  della
 materia.
   2.5  -  In  conclusione,  le  relazioni  redatte  dalla Commissione
 d'indagine evidenziano la necessita' di riformare in radice  l'intero
 sistema, a partire dall'individuazione dell'annata di riferimento per
 l'assegnazione  delle quote.  Si e' infatti dimostrato come le errate
 rilevazioni della produzione nazionale effettuate a piu'  riprese  da
 diversi  organismi  abbiano determinato gia' ab origine le condizioni
 per il proliferare delle successive e consequenziali distorsioni, che
 hanno impedito l'effettivo e  razionale  adempimento  degli  obblighi
 imposti  dalla  UE.    Siffatta situazione e' da addebitarsi in primo
 luogo all'assurda ed incoerente sovrapposizione di  disposizioni  che
 si  sono  sempre  piu' allontanate dal dato reale. Le distorsioni del
 sistema si sono cosi' moltiplicate ed  hanno  di  fatto  impedito  un
 effettivo  adeguamento  della normativa interna agli obblighi imposti
 dalla UE.
   La Commissione ha poi rinvenuto precise responsabilita'  in  ordine
 alla evidente disfunzione del settore, e segnatamente:
     in capo all'UNALAT, che ha a suo tempo fornito dati non veritieri
 in merito alla produzione nazionale;
     in capo alle APL, per la gestione scorretta delle quote;
     in  capo  ai  primi acquirenti - le latterie -, che in genere non
 hanno ostacolato l'utilizzo distorto dei contratti  "associativi"  da
 parte dei produttori;
     in  capo  del  CCIA,  per le imprecise rilevazioni in ordine alla
 produzione nazionale;
     in capo al Governo, in riferimento alla stratificazione di  norme
 non   sempre  -  rectius,  quasi  mai  -  in  linea  con  il  diritto
 comunitario;
     in capo al Ministero,  per  non  avere  gestito  correttamente  i
 rilevamenti sulla produzione nazionale interna;
     in  capo  all'AIMA,  in  riferimento alla dimostrata inefficienza
 operativa.   E', poi, emblematico ed  illuminante  che,  quanto  alle
 gioni,  le relazioni si siano invece limitate ad evidenziare l'omesso
 esercizio da parte di tali Enti dei poteri di controllo in relazione,
 in particolare, ai  quantitativi  effettivi  di  latte  prodotto  dai
 singoli operatori ed in ordine ai contratti di acquisto ed affitto di
 quote.      In   relazione   ai   contratti,   si   e'   gia'   detto
 dell'impossibilita' di sottoporre  ai  controllo  quelle  particolari
 forme  di  transazioni,  dette  di peseudo soccida e comodato; queste
 ultime, infatti, non comportando un effettivo trasferimento di  quota
 non  erano  in  realta'  soggette ad alcun controllo ex lege.  Quanto
 all'omesso  controllo  dei  quantitativi  di   latte   effettivamente
 prodotto,  e'  di tutta evidenza che i poteri attribuiti alle regioni
 erano - e sono - del tutto formali,  spettando  all'AIMA  l'esclusiva
 competenza  in  ordine  all'assegnazione delle quote. L'estromissione
 delle regioni dai poteri programmatori ha  ovviamente  impedito  alle
 stesse  l'esercizio dei poteri di controllo. Il sistema indotto dalle
 disposizioni succedutasi in materia di quote latte ha reso,  infatti,
 possibile  l'utilizzo  da  parte  di  alcuni  produttori di strumenti
 giuridici (quali i contratti di pseudo soccida e comodato) ai  limiti
 della   legalita',   impedendo  di  fatto  all'organo  periferico  un
 effettivo controllo sul dato reale.
   3.1. - Da ultimo, e malgrado l'invito della Commissione governativa
 di procedere ad una complessiva - nonche' definitiva  -  riforma  del
 settore  lattiero-caseario,  il Governo e' nuovamente intervenuto con
 la decretazione d'urgenza per mezzo del decreto-legge  impugnato  con
 il  presente ricorso.  In sintesi, il decreto, quanto al procedimento
 di accertamento, prevede:
     che l'AIMA accerti la produzione effettiva  per  i  periodi  piu'
 sopra  indicati,  avendo  particolare  riguardo: a) ai modelli L1 non
 firmati o con firme apocrife, b) ai modelli L1 privi dell'indicazione
 dei  capi  bovini,  c)  ai  modelli  L1  con   quantita'   di   latte
 commercializzata   incompatibile  con  la  consistenza  numerica  del
 bestiame, d) ai contratti di  circolazione  di  quote  latte  (quelli
 ritenuti  atipici  dalla Commissione) con durata inferiore ai 6 mesi,
 e) ai modelli L1 con codici fiscali errati o  partite  IVA  errate  o
 inesistenti,  o relativi ad aziende senza bestiame o destinatarie dei
 premi accordati per vacche nutrici o per abbattimento (art. 2,  comma
 1);
     che  i  contratti  di  cui  al  precedente punto d) devono essere
 inviati all'AIMA a cura degli acquirenti entro 15 giorni dall'entrata
 in  vigore  del  decreto-legge   medesimo,   pena   la   revoca   del
 riconoscimento previsto dall'art. 23 del decreto del Presidente della
 Repubblica  n. 569/1993 (art. 2, comma 2) (dimenticando che la revoca
 e disposta dalle regioni, che, in quanto non  destinatarie  dell'atto
 comunicato,  non  potrebbero  direttamente  valutare se l'invio della
 documentazione e' avvenuto nei termini prescritti);
     che l'AIMA aggiorni i quantitativi  di  riferimento  dei  singoli
 produttori  per  i  periodi  1995-1996, 1996-1997 e 1997-1998 tenendo
 conto: a) delle istanze di riesame presentate entro il  30  settembre
 1997 dalle regioni e dalle province autonome, b) degli azzeramenti di
 doppie  quote,  delle  revoche  e  riduzioni  operate dalle regioni e
 province autonome, pervenute all'AIMA entro la  data  di  entrata  in
 vigore  del  decreto stesso, c) dei trasferimenti di quote e cambi di
 titolarita' per i periodi considerati,  comunicati  dalle  regioni  e
 province autonome e pervenuti entro il 15 novembre 1997 (si consideri
 che,  quanto  ai cambi di titolarita', per il periodo 1997-1998, essi
 possono essere effettuati fino al 31 marzo  1998  e  comunicati  alle
 regioni nei 15 giorni successivi - vd. art. 21 decreto del Presidente
 della  Repubblica  n.  569/1993 -), d) della correzione, in base alle
 risultanze del censimento 1993-1994, delle assegnazioni  di  quote  a
 suo tempo effettuate (art. 2, comma 3);
     che   l'AIMA,   compiuto   l'accertamento   de   quo   nei   modi
 sopradescritti, comunichi ai produttori, entro sessanta giorni  dalla
 entrata in vigore del decreto medesimo, mediante lettera raccomandata
 con  ricevuta  di  ritorno, i quantitativi di riferimento individuali
 assegnati ed i quantitativi di latte commercializzato (art. 2,  comma
 5, prima parte);
     che i singoli interessati possono presentare alla regione, a pena
 di  decadenza, ricorso di riesame entro quindici giorni dalla data di
 ricezione della summenzionata comunicazione (art. 2, comma 5, seconda
 parte e comma 6) (dimenticando che la regione, non potendo  accertare
 la  data di ricezione della comunicazione, non sara' in grado neppure
 di accertare il presupposto di ammissibilita' del ricorso medesimo  -
 ovvero: la sua proposizione nei termini);
     che  le  regioni  devono  decidere  sui  ricorsi  de quibus entro
 sessanta giorni (termine perentorio) a decorrere dalla  scadenza  del
 termine  per  la  presentazione,  ed  entro  lo stesso termine devono
 comunicare all'AIMA la relativa decisione, a pena di  irricevibilita'
 e  salva  la  responsabilita'  civile, penale e disciplinare (art. 2,
 comma 8) (ancora non si considera che le regioni non  hanno  i  mezzi
 per accertare il dies a quo).
   3.2.  -  Nelle  more  della  effettiva  attuazione  di quanto sopra
 descritto, il Governo ha poi disposto in  favore  dei  produttori  la
 restituzione  dell'80%  degli  importi  trattenuti dagli acquirenti a
 titolo di prelievo supplementare, limitatamente al periodo  1996-1997
 (art. 1).
   3.3.  -  Inoltre, l'art. 3 del decreto impugnato dispone che l'AIMA
 provveda alla rettifica della compensazione nazionale per il  periodo
 1995-1996 sulla base dei modelli L1 pervenuti alla data di entrata in
 vigore  del  decreto,  nonche'  degli  accertamenti  compiuti e delle
 decisioni dei ricorsi di riesame di cui all'art. 2.  La compensazione
 per il periodo 1995-1996 - da effettuarsi sempre a livello  nazionale
 -  subira',  dunque,  mere  rettifiche malgrado la stessa Commissione
 governativa,  rilevata  la  violazione  del  principio  di  legittimo
 affidamento,  avesse espressamente invitato il Governo a disapplicare
 il sistema di compensazione nazionale per il periodo in oggetto.
   3.4. - L'art. 4, quanto alla campagna 1997-1998, dispone che l'AIMA
 proceda all'aggiornamento  dell'elenco  dei  produttori  titolari  di
 quota  e  dei  quantitativi ad essi spettanti con la comunicazione di
 cui al comma 5 dell'art. 2. Tali aggiornamenti andranno a  sostituire
 ad  ogni  effetto  i  bollettini  pubblicati precedentemente. Ai fini
 delle trattenute e del versamento del prelievo supplementare  -  come
 espressamente  recita  il  medesimo  art.  4 - gli acquirenti saranno
 tenuti a considerare esclusivamente le quote risultanti dal  suddetto
 elenco.
   3.5.  -  Da  ultimo,  quanto  alla campagna 1998-1999, l'art. 5, in
 espressa deroga  all'art.  01  del  decreto-legge  n.  11  del  1997,
 convertito  in  legge n. 81 del 1997, attribuisce nuovamente all'AIMA
 la competenza in ordine alla redazione degli elenchi  dei  produttori
 titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti per il periodo
 1998-1999.
   Le    riferite   previsioni   normative   sono   costituzionalmente
 illegittime per i seguenti motivi di
                             D i r i t t o
   1. - Quanto all'intero d.-l. 1 dicembre  1997  n.  411,  violazione
 degli artt. 5, 77, 115, 117 e 188 della Costituzione.
   Il  decreto-legge  impugnato  non  e'  stato  altro che l'ennesimo,
 ultimo (?), di una lunghissima serie di decreti-legge in  materia  di
 produzione lattiero-casearia. Cosi' come per i decreti-legge nn. 11 e
 118  del  1997,  si  potrebbe  qui  ritenere  presente  il  requisito
 dell'urgenza, atteso che il decreto risulta adottato per  far  fronte
 alla  protesta  dei  produttori.    Vero  e', pero', che l'urgenza e'
 paradossalmente autoprodotta, perche' le ragioni della protesta  sono
 imputabili   all'inadeguatezza   delle   scelte   e  all'inefficienza
 dell'Amministrazione dello Stato, inadeguatezza  e  inefficienza  che
 hanno  trovato il loro punto di massima, clamorosa, espressione nelle
 previsioni retroattive che, in riferimento ai  bollettini  dell'AIMA,
 sono  state  dettate  da  precedenti decreti-legge tutti puntualmente
 impugnati dalla ricorrente con ricorsi  tuttora  pendenti  innanzi  a
 codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale.  Se  le cose, dunque, sono al
 punto in cui sono, imputet sibi, lo Stato.    In  queste  condizioni,
 pero',  il  ricorso  allo strumento del decreto-legge non puo' essere
 ammesso,  specificamente  quando  la   sua   utilizzazione   ha   per
 conseguenza  la  lesione  di  sfere  di competenza costituzionalmente
 garantite alle regioni: cosi'  facendo,  infatti,  lo  Stato  scarica
 sulle  regioni,  attraverso la decretazione d'urgenza, le conseguenze
 negative della propria inefficienza, con inaccettabile  de'tournement
 della  funzione specifica dello strumento previsto dall'art. 77 della
 Costituzione (far fronte a necessita' prodotte  dall'esterno).    Non
 basta.  Il  decreto  impugnato,  s'e'  detto, e' solo l'ultimo di una
 serie davvero impressionante. L'eccezione, in materia  di  produzione
 lattiero-casearia,  si e' fatta dunque regola. Cio' che doveva essere
 straordinario e' divenuto ordinario. Manca pertanto, in questo  caso,
 il  requisito  essenziale  della  straordinarieta' della decretazione
 d'urgenza, che e' imposto dallo stesso art.  77  della  Costituzione.
 Di  qui',  un'ulteriore  conferma  della violazione di tale parametro
 costituzionale, anche in riferimento alle  norme  costituzionali  che
 garantiscono  autonomia  alle  regioni  (che  sono  pregiudicate  dal
 susseguirsi  di  atti  provvisori,  che  ingenerano   incertezza   ed
 instabilita'  dei  rapporti  fra  la  pubblica  amministrazione  e  i
 cittadini, e di quelli fra lo Stato e  le  regioni  medesime).    Non
 varrebbe  obiettare  che  la  straordinarieta' si predicherebbe dello
 strumento decreto-legge in genere, e non del singolo atto.   Cio'  e'
 vero,  infatti, solo se e solo quando il singolo atto non entra a far
 parte di una incredibile catena di decreti-legge, tutti nella  stessa
 materia,  e  tutti  rivolti  a disciplinare le medesime questioni. In
 casi di questo genere, l'assenza di straordinarieta' puo' ben  essere
 valutata (e censurata) in riferimento al singolo atto, perche' questo
 non  vale  nella  sua astratta individualita', ma deve essere assunto
 quale  episodio  qualificante  di  una  vera  e  propria   "politica"
 normativa.
   Qui'  la  cosa  e'  tanto  piu' grave, in quanto - come appresso si
 dimostrera'  -  l'impugnato  decreto-legge   detta   una   serie   di
 disposizioni  retroattive incompatibili, per la loro stessa struttura
 normativa, con l'idea dell'urgenza (non autoprocurata) che e' sottesa
 alla logica dell'art. 77 della Costituzione.
   2. - Quanto ancora all'intero decreto-legge n.  411  del  1997,  si
 deve  lamentare  la  violazione degli artt. 5, 11, 97, 115, 117 e 118
 della  Costituzione  anche  in  riferimento  al  principio  di  leale
 cooperazione  fra lo Stato e le regioni, e all'art. 12 della legge 23
 agosto 1988, n. 400.   Come ha gia'  limpidamente  affermato  codesta
 ecc.ma  Corte proprio in riferimento alla materia dell'allevamento di
 bestiame al fine della produzione lattiera, la Conferenza  permanente
 per  i  rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome deve
 essere sempre coinvolta (ai sensi dell'art. 12 della legge n. 400 del
 1988) nella determinazione dei criteri generali della disciplina  del
 settore   lattiero-caseario   (sentenza   n.   520  del  1995).  Tale
 coinvolgimento e', qui', mancato.   La  Conferenza,  invero,  non  e'
 stata  sentita in occasione dell'adozione del decreto impugnato, come
 invece prescrive l'art. 12, comma 5, lett. a) della legge n. 400  del
 1988,  a tenore del quale la Conferenza viene consultata "sulle linee
 generali  dell'attivita'  normativa  che  interessa  direttamente  le
 regioni...",  e qui' non v'e' dubbio che:  a) interesse della regione
 siano  il  sostegno   e   la   razionalizzazione   della   produzione
 lattiero-casearia;  b)  il  decreto  impugnato  non  sia un semplice,
 episodico   esercizio  di  potesta'  normativa,  ma  determini  linee
 generali di disciplina del settore, nel tentativo (peraltro  fallito)
 di  dare  soddisfazione  alle  richieste  dei produttori, danneggiati
 dall'inadeguato esercizio delle competenze statali in  materia.  Cio'
 vale,  di  per  se',  a  determinare  l'illegittimita'  dell'atto qui
 impugnato, nella sua interezza e comunque nelle previsioni  che  piu'
 direttamente  si  riferiscono  alle  autonomie  regionali,  anche  in
 considerazione  del  fatto  che  il  mancato   coinvolgimento   della
 Conferenza   Stato-regioni   determina,   in   una   con  la  lesione
 dell'autonomia regionale in materia, un'inadeguata considerazione  di
 tutti  gli  aspetti  rilevanti  della  problematica  della produzione
 lattiero-casearia. Di qui, la violazione (sempre in  connessione  con
 l'autonomia   regionale)   del   principio  costituzionale  del  buon
 andamento della pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione)
 e del principio secondo il quale  l'iniziativa  privata  puo'  essere
 guidata  e controllata solo per perseguire finalita' sociali (art. 41
 della  Costituzione),  cio'  che  determina  anche   la   conseguente
 violazione  dell'art.  11  della Costituzione atteso che efficienza e
 coerenza delle scelte di governo  della  produzione  lattierocasearia
 sono   valori  propri  dell'ordinamento  comunitario,  che  lo  Stato
 italiano e' tenuto a salvaguardare.   Non varrebbe obiettare  che  la
 previsione    della   necessaria   consultazione   della   Conferenza
 Stato-regioni si rinviene in una fonte ordinaria quale  la  legge  n.
 400  del  1988.  E'  infatti  evidente che tale previsione non fa che
 esplicitare quanto gia' implicito e racchiuso nel principio di  leale
 cooperazione  fra  lo Stato e le regioni, che deriva direttamente dai
 parametri costituzionali sopra invocati, dei quali la legge n.    400
 del  1988  e',  per  questo  profilo,  mera  integrazione.  E neppure
 varrebbe obiettare che l'urgenza di provvedere  avrebbe  impedito  la
 consultazione,  atteso  che  l'urgenza non giustifica questa completa
 esclusione delle regioni" (cosi' la citata sentenza n. 520 del  1995,
 punto 7 del Considerato in diritto).
   3.  - Quanto al decreto-legge n. 411 del 1997 nella sua totalita' e
 in specie con riguardo agli artt. 4 e 5,  commi  1  e  2,  violazione
 degli  artt.  5,  117 e 118 della Costituzione, anche con riferimento
 alla legge 28 marzo 1997, n. 81, alla legge 3 luglio 1997, n.  204  e
 al  d.lgs.  4  giugno  1997,  n.  143  nonche' alla relativa legge di
 delegazione 4  dicembre  1993,  n.  491.    La  disciplina  normativa
 contestata  con  il  presente  ricorso,  sia  nel suo insieme che con
 particolare riguardo agli artt. 4  e  5  (il  primo  per  il  periodo
 1997-1998  e  il  secondo  per  il  periodo  1998-1999  coperto dalle
 "disposizioni  finali"),  conferma  in  capo  all'AIMA   compiti   di
 aggiornamento  degli  elenchi  dei produttori titolari di quota e dei
 quantitativi ad essi spettanti,  con  tutti  i  relativi  effetti  in
 termini  di vincoli per gli acquirenti (art. 4, comma 1), adeguamento
 e memorizzazione dei dati (comma 2), applicazione del prelievo (commi
 3 e 4) e sanzioni  ulteriori  (comma  4),  per  la  prima  delle  due
 stagioni  produttive  come  per la seconda (art. 5, comma 1), essendo
 alle regioni affidato un compito meramente esecutivo di  cui  non  e'
 dato intravedere il contenuto reale (art. 5, comma 2).
   Tale disciplina costituisce un evidente e grave arretramento, privo
 di fondamento che non sia la consueta urgenza autoprocurata, rispetto
 al riparto di competenze tra Stato e regioni imposto dagli artt.  117
 e  118  della  Costituzione  e  comunque  ormai  in qualche modo, pur
 imperfetto  e  gia'  contestato dalle regioni, riconosciuto sia dalla
 legge n. 81/1997, ed in specie  dall'art.  01,  sia  dalla  legge  n.
 204/1997,  che circoscrive i compiti dell'AIMA alle annate produttive
 precedenti (ad es.  art.  1,  commi  3,  4,  4-bis),  e  dal  decreto
 legislativo  n.   143/1997, di riorganizzazione della amministrazione
 centrale di settore e di conferimento delle  funzioni  alle  regioni:
 quest'ultimo testo normativo riserva al ricostituito Ministero per le
 politiche  agricole  (e  comunque  non all'AIMA) solo attribuzioni di
 disciplina generale e coordinamento  nazionale  in  settori  che  non
 sembrano  ricomprendere  la  produzione  del  latte,  ma  al  piu' la
 importazione ed esportazione di prodotti agricoli ed alimentari (art.
 2, commi 1 e 2 e art. 4).   Inoltre,  quanto  al  periodo  1997-1998,
 l'art.  4  introduce  disposizioni chiaramente retroattive.  Infatti,
 (cosi' come, peraltro, gia'  avvenuto  per  il  periodo  1995-1996  e
 1996-1997)  a  campagna  quasi  terminata,  si dispone - assumendo di
 operare  un  mero  aggiornamento  -  l'emissione  di  un  elenco  dei
 produttori  titolari  di  quota  e dei quantitativi ad essi spettanti
 sostitutivo di ogni altro atto di pari contenuto, suscettibile,  poi,
 di  ulteriori  "aggiustamenti"  in esito ai ricorsi di riesame di cui
 all'art. 2.  Tale nuovo elenco, sostitutivo  dei  precedenti,  andra'
 dunque  ad  incidere retroattivamente su una campagna sostanzialmente
 ultimata, ancora in evidente contrasto con la normativa  comunitaria.
 La lesione delle norme costituzionali di cui in epigrafe e' evidente:
 le  regioni  vengono, infatti, dichiaratamente spossessate dal potere
 di intervento nel governo di settore (espressamente riconosciuto,  da
 ultimo,  dalle  leggi nn. 81 e 204 del 1997 e dal decreto legislativo
 n. 143 del 1997) e relegate ad un ruolo meramente esecutivo,  per  di
 piu' nell'ambito di un quadro procedurale confuso e contraddittorio.
   4.  - Quanto all'art. 1, commi 1 e seguenti, violazione degli artt.
 3, 97, 41, 5, 115, 117 e 118  della  Costituzione.    La  scelta  del
 legislatore  nazionale  di  ripristinare  la liquidita' delle aziende
 agricole mediante la restituzione degli importi trattenuti  a  titolo
 di  prelievo,  pur subordinatamente all'accertamento da eseguire, pur
 limitatamente alle percentuali dell'80% o del 20% e condizionatamente
 alla sottoposizione al prelievo supplementare dopo  la  effettuazione
 della  composizione  nazionale,  sarebbe  non  censurabile  se non si
 caratterizzasse per disparita' di trattamento che configurano la piu'
 classica delle irragionevolezze secondo l'insegnamento  della  ecc.ma
 Corte. La restituzione viene infatti limitata alla stagione 1996-1997
 e ad una quota del relativo prelievo, benche' la situazione di fatto,
 rappresentata  dalla  ignoranza  dei  dati,  che  infatti  si intende
 accertare, sia identicamente estesa alla stagione 1995-1996, rispetto
 alla quale nessun rimborso pur limitato e subordinato viene disposto.
 Come pure e' irragionevole, sulla base di tale situazione  di  fatto,
 limitare  il  rimborso  a percentuali anziche' all'intero.  Del pari,
 sono prive di intrinseca razionalita' che possa trovare fondamento in
 disposizioni  costituzionali  le  limitazioni  al  70%  del  prelievo
 supplementare   da  non  operare  o  da  restituire  per  il  periodo
 1997-1998, di cui al comma 3.
   Al di la' dell'obiettivo carattere discriminatorio ed  inefficiente
 della  azione  cosi' configurata, sussiste una indubbia lesione della
 capacita' programmatoria delle regioni, che si trovano ad operare  in
 un  contesto  che, segnato gia', in proiezione futura dalla invadente
 riapparizione  dell'AIMA,  devono anche, per il passato, fare i conti
 con operazioni illogiche e tali da sconvolgere il mercato di settore,
 senza esservi state in alcun modo coinvolte, in un contesto in cui  i
 dati  sono  stati,  presuntivamente  e  figurativamente  come sempre,
 raccolti dall'AIMA, salvo quanto si dira' sub 5 e 6  dei  sistemi  di
 accertamento e ricorso.
   Il  mancato  coinvolgimento  regionale  e' peraltro gia' stato piu'
 volte lamentato nel contenzioso a catena innescato dalla reiterazione
 di provvedimenti normativi caratterizzati in larga parte dagli stessi
 vizi.
   5. - Quanto all'art. 2, commi 5, 6, 8,  9  e  10  violazione  degli
 artt. 3, 5, 97, 115, 117, 118 della Costituzione.
   La   disciplina   contenuta  nelle  norme  richiamate  in  epigrafe
 costruisce un sistema di ricorsi avverso gli  accertamenti  dell'AIMA
 di  cui  al  comma  5,  nel  quale  le  competenze  statali  (rectius
 dell'AIMA)  e  regionali  sono  inestricabilmente  avviluppate,   con
 riduzione  delle  regioni  ad  un ruolo di mero supporto della azione
 statale. Per giunta, le regioni sono costrette a  rispettare  termini
 brevissimi, anzi irrisori e irragionevoli sia nella entita' che nelle
 modalita'  di  applicazione,  per  intervenire su accertamenti altrui
 (statali), venendo iugulate da una  perentorieta'  che  non  solo  e'
 suscettibile di gravissime conseguenze sulla attivita' dei produttori
 e sulla capacita' programmatoria delle regioni stesse, ma che produce
 sanzioni abnormi per il caso di inosservanza dei termini stessi.
   Ed infatti: il comma 6 demanda alle regioni l'evasione di un numero
 imprecisato  di  ricorsi  di  "riesame",  secondo  modalita'  che  il
 Ministro deve determinare in proprio, alla stregua del comma  10.  Il
 termine  e'  di soli sessanta giorni (comma 8) per l'istruttoria e la
 decisione, ma la decorrenza dal  termine  utile  per  le  regioni  e'
 fissata  nel  decorso di quindici giorni dalla comunicazione da parte
 dell'AIMA ai singoli produttori con raccomandata r.r. dei  rispettivi
 dati:  poiche' la regione non puo' conoscere tale data, essa non puo'
 neppure valutare la ricevibilita' dei ricorsi che dovrebbe evadere, e
 viene cosi' esposta alle gravissime conseguenze che si sono accennate
 in  termini  di  sostanziale  incertezza,  oltre  che  di esiguita' e
 perentorieta' di termini. Il comma  8  minaccia  le  citate  sanzioni
 civili,  penali,  amministrative  e  disciplinari,  si  badi, per gli
 adempimenti delle regioni, che hanno cosi' a disposizione  pochissimo
 tempo  per  rivedere  dati  che  altri  (l'AIMA)  ha  avuto  anni per
 rivedere, commettendo errori mai  corretti,  non  rispondendo  ne'  a
 ricorsi  diretti  dei  produttori  ne'  di norma a ordini del giudici
 amministrativi.  Si  badi  inoltre  che  i  soli  termini  dotati  di
 conseguenze sanzionatorie sono quelli di cui al comma 8, cioe' quelli
 gravanti  sulle  regioni,  e  non anche quelli di spettanza statale o
 dell'AIMA, di cui al comma 5. Ogni  commento  e'  superfluo:  per  il
 legislatore  governativo sembrano esservi due pesi e due misure per i
 termini e per i  loro  inadempimenti:  massimo  rigore  e  formalismo
 quando  sono  coinvolte le regioni; benevola comprensione quando sono
 coinvolte le Amministrazioni dello Stato.
   6. - Quanto all'art. 2, commi 1, lett. d), 2, 3,  lett.  c),  e  4,
 violazione degli artt. 3, 97, 5, 115, 117 e 118 della Costituzione.
   All'art.  2,  comma  3,  si  prevede  che  gli  acquirenti di latte
 trasmettano all'AIMA copia autenticata dei contratti di  circolazione
 delle  quote  di  cui  al  comma  1,  lett. d), a pena, di revoca del
 riconoscimento di cui all'art. 23 del decreto  del  Presidente  della
 Repubblica  n.   569/1993. La commistione ed il viluppo di ruoli, con
 sostanziale negazione del ruolo costituzionale delle  regioni  appare
 evidente  anche  sotto questo profilo.  La revoca del beneficio grava
 infatti sulle regioni, mentre e' l'AIMA a poter e dover verificare se
 l'acquirente abbia o meno inviato i  contratti  di  circolazione  nei
 termini  stabiliti: ne deriva che le sanzioni (il lavoro scomodo, per
 non  dire  impopolare)  sono  regionali,  gli  accertamenti  statali;
 inoltre,  le competenze all'accertamento e controllo sugli acquirenti
 sono attribuite alle regioni dall'art.  8 della legge n.  468/1992  e
 dall'art. 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 569/1993,
 con  il risultato che il redivivo ministero e le sue articolazioni si
 riprendono ancora competenze gia' cedute, che non  dovrebbero  essere
 in  discussione  dopo  i  citati  interventi  legislativi:  legge  n.
 81/1997,  legge  n.  204/1997,  decreto  legislativo   n.   143/1997.
 Viceversa  gli  arretramenti  sul  piano  del  riparto  di competenze
 proseguono e come sempre in danno delle  regioni,  nella  specie  con
 effetti  particolarmente  odiosi  verso  gli amministrati e regolati,
 viste le conseguenze sanzionatorie.  Inoltre, il comma 2 dell'art. 2,
 in  riferimento  alle  annate  1995-1996   e   1996-1997,   introduce
 retroattivamente  previsioni  di carattere sanzionatorio nei riguardi
 dei contratti di circolazione  delle  quote-latte  -  quali  soccide,
 comodati  di  stalla, affitti di azienda - di durata inferiore ai sei
 mesi.   La durata limitata viene dunque  vista  quale  sintomo  della
 natura  illecita del contratto medesimo, e cio' in evidente contrasto
 con la disciplina generale del codice civile e della   legge  n.  203
 del  1982,  che  nulla a proposito stabilivano nel corso delle annate
 prese  a  riferimento  (1995-1996  e  1996-1997),  ne'   stabiliscono
 tuttora.    La  disciplina  introdotta  dal  comma  2 dell'art. 2 e',
 dunque, in primo luogo retroattiva, ma anche qualora  non  lo  fosse,
 essa  - prevedendo competenze di accertamento solo in capo all'AIMA e
 ad una Commissione di istituzione ministeriale - andrebbe comunque ad
 incidere illegittimamente sulle  prerogative  delle  regioni.  Queste
 ultime  sono  state,  infatti,  spogliate  di  qualsivoglia potere di
 accertamento dei contratti in oggetto.   In tal  modo  l'interferenza
 con  l'attivita'  programmatoria regionale passa ancora una volta per
 uno sconvolgimento retroattivo di rapporti agrari di diritto privato,
 suscettibili di serie  conseguenze  sulla  produzione  di  latte,  in
 teoria  governata  dalle regioni.   Il comma 3, lett. c), dell'art. 2
 prevede  poi  che,  anche  per  la  campagna  1997-1998,  le  regioni
 comunichino   all'AIMA   i  trasferimenti  di  quota  e  i  cambi  di
 titolarita', facendoli pervenire entro il 15  novembre  1997.  Si  e'
 gia'  detto  come tale intervento dell'AIMA sulla stagione produttiva
 in corso ricacci le regioni dietro una linea divisoria  tra  Stato  e
 regioni  delle  competenze agricole che lo stesso legislatore statale
 aveva  recentemente  tracciato,  almeno  a  partire  dalla   stagione
 1997-1998.  Ma vi e' ben di piu'.  La stagione 1997-1998 e' in corso,
 essendo iniziata il 1 aprile 1997 ed essendo destinata a terminare il
 31 marzo 1998. Non e' quindi dato capire perche', nella procedura  di
 accertamento  in carico all'AIMA che e' il presupposto dei ricorsi di
 riesame alla regione, si  sarebbero  dovuti  depositare  i  contratti
 entro  il  15  novembre,  quando  la legislazione vigente consente di
 comunicarli   alla   regione  nei  quindici  giorni  successivi  alla
 conclusione della stagione stessa (art.  21  decreto  del  Presidente
 della  Repubblica n. 569/1993). E' inoltre assurdo, con danno sia per
 i produttori  che  per  la  capacita'  programmatoria  regionale,  il
 riferimento   alla   ricezione  da  parte  dell'AIMA,  anziche'  alla
 spedizione.  In tal modo, si introduce inusitatamente un  trattamento
 casualmente discriminatorio tra contratti fatti pervenire e contratti
 non fatti pervenire entro un dato termine arbitrario, precedentemente
 sconosciuto  in  quanto  non  previsto  dalla  disciplina civilistica
 vigente ed anche a  posteriori  non  razionalmente  riconducibile  ad
 alcun    serio    parametro    logico   rilevante   nel   settore   e
 costituzionalmente supportabile.
   7. - Quanto all'art. 3, comma 1 violazione degli artt.  3,  5,  97,
 115, 117 e 118 della Costituzione.
   L'art.   3,   comma   1,   del   decreto-legge  impugnato  conferma
 implicitamente modalita' e  criteri  adottati  per  la  compensazione
 nazionale  relativa  al  periodo produttivo 1995-1996, gia' impugnati
 avanti codesta ecc.ma Corte con il ricorso avverso la  legge  n.  649
 del  1996,  oltre  che  sospesi  in sede cautelare dal TAR Lombardia.
 Come gia' piu'  volte  esposto,  lo  stravolgimento  del  sistema  di
 compensazione operato - un prima battuta dal decreto-legge n. 440 del
 1996  -  a  campagna  conclusa,  e confermato nella disposizione qui'
 impugnata, viola la lettera e lo spirito della normativa comunitaria.
 Questa, infatti, prevedendo una data periodizzazione  delle  campagne
 di produzione del latte, intende far si' che si realizzi una gestione
 corretta  e  programmata della produzione lattiera medesima, che deve
 essere calibrata proprio su questa periodizzazione. Sconvolgimenti  a
 posteriori  della  disciplina  del  settore,  introdotti dapprima dal
 decreto-legge n. 440 del 1996, riprodotti dai successivi e da  ultimo
 confermati  dal  decreto-legge  impugnato,  sono  dunque radicalmente
 contrari alla normativa comunitaria e,  conseguentemente,  all'ordine
 costituzionale dei rapporti fra Stato e regioni, che quella normativa
 contribuisce  a  definire.    Inoltre, la confermata soppressione del
 livello  provinciale  di  compensazione,  non  sostituito  da  alcuna
 istanza  regionale,  non  solo  opera  l'ennesimo by-pass del governo
 regionale, ma reca ancor piu' grave pregiudizio agli interessi  degli
 agricoltori  della  regione ricorrente - piu' si innalza, infatti, il
 livello di compensazione, meno e' probabile che le  eccedenze  locali
 possano  trovare  aggiustamento  e  compensazione  senza danno per la
 produzione complessiva a livello provinciale e regionale - e, in modo
 non indiretto ne' riflesso ma (come rilevo' gia' la sentenza  n.  520
 del 1995) immediato, all'interesse stesso della regione ricorrente ad
 esercitare  le  proprie  potesta' programmatorie del settore.   Sotto
 tutti i profili di cui sopra,  violati,  dunque,  sono,  in  una  con
 l'art.  41,  gli  artt.  5,  117 e 118 della Costituzione, perche' le
 regioni  -  cui  pure  codesta   ecc.ma   Corte   costituzionale   ha
 riconosciuto  un ruolo preminente in questo settore - sono totalmente
 spossessate delle loro attribuzioni programmatorie, specie in seguito
 all'applicazione   radicalmente   retroattiva    della    disciplina,
 confermata dal decreto-legge impugnato.
                                P. Q. M.
   Si  chiede  che l'ecc.ma Corte voglia, in accoglimento del presente
 ricorso,  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  del  d.-l.  1
 dicembre  1997,  n.  411,  "Misure  urgenti  per  gli accertamenti in
 materia   di   produzione   lattiera"   nella   sua    interezza    e
 specificatamente  quanto  ai  commi 1, 2 e 3 dell'art. 1, ai commi 1,
 lett. d), 2, 3, lett.  c) 4, 5, 6, 8, 9 e 10 dell'art. 2, al comma  1
 dell'art. 3, e agli artt. 4 e 5 per intero.
     Milano-Roma, addi' 29 dicembre 1997
    Avv. prof. Giuseppe Franco Ferrari - avv. prof. Massimo Luciani
 98C0010