N. 5 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 giugno 1997- 7 gennaio 1998

                                 N. 5
  Ordinanza   emessa   il   20   giugno  1997  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale il 7 gennaio 1998) dal Consiglio di Stato sul  ricorso
 proposto da Russo Luciano contro l'INAIL
 Impiego   pubblico   -   Dipendente   condannato  in  sede  penale  -
    Possibilita'   di   destituzione   all'esito    di    procedimento
    disciplinare  -  Termine  perentorio  di  novanta  giorni  per  la
    conclusione di detto procedimento - Asserita impossibilita' per la
    pubblica  amministrazione  di  porre  in  essere  tutti  gli  atti
    endoprocedimentali  previsti  a  difesa  dell'incolpato  - Dedotta
    inadeguata valutazione dei fatti - Irragionevolezza - Lesione  del
    principio di buon andamento della pubblica amministrazione.
 (Legge 7 febbraio 1990, n. 19, art. 9, comma 2).
 (Cost., artt. 3, 24 e 97).
(GU n.4 del 28-1-1998 )
                         IL CONSIGLIO DI STATO
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  in  appello
 proposto  da  Russo  Luciano.  rappresentato   e   difeso   dall'avv.
 Giovambattista  Coviello,  elettivamente  domiciliato in Roma, via C.
 Colombo n. 436, presso l'avv. Bianca Maria Caruso, contro  l'Istituto
 nazionale   per  l'assicurazione  contro  gli  infortuni  sul  lavoro
 (INAIL), in persona del presidente in carica rappresentato  e  difeso
 dall'avv.  Pasquale  Varone e dall'avv. Vincenzo Pone, domiciliato in
 Roma, via IV Novembre, 144, per  l'annullamento  della  sentenza  del
 tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. III, 3 marzo 1995,
 n. 475;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visti  l'atto  di  costituzione in giudizio e l'appello incidentale
 dell'amministrazione;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Relatore alla pubblica udienza del 20 giugno  1997  il  consigliere
 Giovanni Vacirca;
   Udito l'avv. Pone;
   Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
                               F a t t o
   Con  delibera  del  Comitato esecutivo dell'INAIL in data 24 luglio
 1991 fu  inflitta  al  sig.  Russo  la  sanzione  disciplinare  della
 destituzione in relazione a tre episodi di concussione per i quali il
 tribunale di Arezzo aveva pronunciato sentenza, divenuta irrevocabile
 il  19  luglio  1990, di applicazione su richiesta ex art. 444 c.p.p.
 della pena di anni uno e mesi undici di reclusione e  L.  500.000  di
 multa,  con  i  benefici  della  sospensione condizionale e della non
 menzione.
   Avverso il  provvedimento  di  destituzione  l'interessato  propose
 ricorso  al  TAR  del  Lazio  che  con  la  sentenza impugnata, lo ha
 respinto.
   Ha proposto appello il sig. Russo, deducendo:
     I) superamento del termine di novanta giorni per  la  conclusione
 del  procedimento  disciplinare  fissato  dall'art. 9, comma 2, della
 legge 7 febbraio 1990, n. 19;
     II)  mancata   comunicazione   della   nomina   del   funzionario
 istruttore;
     III) mancanza di motivazione.
   Resiste   all'appello   l'Amministrazione,  la  quale  con  ricorso
 incidentale impugna la sentenza di primo grado., nella parte  in  cui
 ha  ritenuto applicabile il termine di cui all'art. 9, comma 2, della
 legge n.  19 del 1990 anche nell'ipotesi di applicazione  della  pena
 su richiesta.
                             D i r i t t o
   1.  - Deve preliminarmente esaminarsi l'appello incidentale con cui
 l'INAIL sostiene che il termine di novanta giorni di cui all'art.   9
 della  legge  n.  19 del 1990 non si applichi nel caso di condanna su
 patteggiamento ex art. 444 c.p.p.
   La tesi dell'Amministrazione non puo' essere condivisa.
   L'art. 9 della legge 7 febbraio 1990, n. 19, cosi' dispone:
   "1. Il pubblico dipendente non puo' essere destituito di diritto  a
 seguito  di  condanna penale. E' abrogata ogni contraria disposizione
 di legge.
   2. La  destituzione  puo'  sempre  essere  inflitta  all'esito  del
 procedimento disciplinare che deve essere proseguito o promosso entro
 centottanta  giorni  dalla  data  in  cui  l'amministrazione ha avuto
 notizia della  sentenza  irrevocabile  di  condanna  e  concluso  nei
 successivi  novanta giorni. Quando vi sia stata sospensione cautelare
 dal servizio a causa del  procedimento  penale,  la  stessa  conserva
 efficacia,  se  non  revocata,  per  un periodo di tempo comunque non
 superiore  ad  anni  cinque.  Decorso  tale  termine  la  sospensione
 cautelare e' revocata di diritto.
   3.  Per  i  loro  dipendenti  le  regioni  prorvedono ad adeguare i
 rispettivi ordinamenti ai principi fondamentali espressi nel presente
 articolo".
   Poiche' la sentenza prevista dall'art. 444, comma 2, c.p.p.  "salve
 diverse  disposizioni  di  legge,  e'  equiparata  a una pronuncia di
 condanna deve ritenersi applicabile senza distinzioni  la  disciplina
 dettata  dalla legge n. 19 del 1990, che e' successiva all'emanazione
 del nuovo codice di procedura penale, onde  deve  presumersi  che  il
 legislatore  abbia tenuto conto dell'istituto dell'applicazione della
 pena su richiesta delle parti.
   Se, d'altra parte, la nozione di "condanna penale",  a  cui  si  fa
 riferimento   nell'art.   9   della   legge   n.  19  del  1990,  non
 ricomprendesse  anche  le  sentenze  emesse   a   seguito   di   c.d.
 patteggiamento,   la  norma  non  potrebbe  interpretarsi  nel  senso
 dell'inapplicabilita'  del  solo  termine  di  90   giorni   per   la
 conclusione  del  procedimento,  ma  dovrebbe  pervenirsi a una delle
 seguenti conclusioni:
     a) sarebbe inapplicabile anche il termine di 180  giorni  per  la
 prosecuzione  o  la  promozione  del  procedimento  disciplinare, con
 l'inaccettabile conseguenza di sottoporre il pubblico dipendente, che
 avesse patteggiato, a un  trattamento  deteriore  rispetto  a  quello
 riservato  dalla  legge  al dipendente condannato previo accertamento
 della sua colpevolezza;
     b)  sarebbe  inapplicabile  la  destituzione,   con   l'incongrua
 conseguenza  di  garantire  al dipendente, che avesse patteggiato una
 impunita'  disciplinare  priva  di  giustificazione,  atteso  che  la
 sanzione  espulsiva  puo'  essere  inflitta  in  via generale anche a
 dipendenti che non abbiano commesso reati.
   2.1. -  Col  primo  motivo  di  appello  il  ricorrente  deduce  la
 tardivita'  del  provvedimento  di  destituzione  per  violazione del
 termine di novanta giorni previsto dall'art. 9, comma 2, della  legge
 n. 19 del 1990.
   L'Adunanza  plenaria  (3  settembre  1997,  n.  19),  risolvendo le
 incertezze interpretative  prospettate  nelle  ordinanze  10  gennaio
 1997,  n.  33,  della  V Sezione e 18 febbraio 1997, n. 295, della VI
 Sezione, ha ritenuto che il  superamento  di  tale  termine  comporti
 l'illegittimita'  del  provvedimento  sanzionatorio,  senza che possa
 tenersi  conto  di  ragioni  giustificatrici   connesse   alle   fasi
 endoprocedimentali.
   La  norma,  cosi' interpretata, e' stata, pero', ritenuta di dubbia
 costituzionalita'.
   2.2. - In  riferimento  all'art.  3  della  Costituzione  e'  stato
 osservato  che  la  fissazione  di  un  termine  breve puo' risultare
 illogica, perche' incompatibile con  quelli  posti  dalla  precedente
 normativa  a  difesa  della  posizione  dell'incolpato  e  al fine di
 garantire l'accertamento e l'adeguata  valutazione  dei  fatti  sulla
 base   di  un  articolato  procedimento,  caratterizzato  dalle  fasi
 endoprocedimentali  di  cui  al  t.u.  n.  3   del   1957.   Analoghe
 considerazioni  valgono  per le disposizioni regolamentari dell'INAIL
 (artt. 75-86  del  regolamento  organico  del  personale,  che  dalla
 contestazione  all'adozione  del provvedimento disciplinare prevedono
 una durata del procedimento ben superiore a 90 giorni).
   Deve, inoltre, osservarsi che puo' apparire  irragionevole  fissare
 il   medesimo   termine   per   la  conclusione  di  un  procedimento
 disciplinare gia' avviato e successivamente sospeso in  pendenza  del
 giudizio  penale e per la conclusione di un procedimento disciplinare
 promosso dopo la conclusione del procedimento penale.
   2.3. - In riferimento  all'art.  97  della  Costituzione  e'  stato
 rilevato  che  la  ristrettezza del termine di novanta giorni puo' in
 concreto non consentire l'adeguata  valutazione  dei  fatti,  in  una
 materia delicata, in cui l'ordinamento mira al giusto contemperamento
 delle  esigenze dell'Amministrazione con la posizione dell'incolpato.
 Ne' la previsione di un termine assai breve per  la  conclusione  del
 procedimento   appare   imposta   dalla  giurisprudenza  della  Corte
 costituzionale, la quale, nel ritenere illegittima la destituzione di
 diritto,  ha  anzi  chiarito  la  necessita'  di  specifici  addebiti
 disciplinari  che,  ancorche'  idonei  ad integrare gli estremi di un
 reato, debbono essere valutati sotto il diverso  e  autonomo  profilo
 disciplinare  (C.  cost.,  14  ottobre  1988, n. 971; id., 2 febbraio
 1990, n. 40; id., 24 ottobre 1995, n. 447).
   Va, inoltre, osservato che la previsione del termine di  90  giorni
 non  appare  indispensabile  per  soddisfare l'esigenza di una rapida
 definizione della  posizione  dell'incolpato,  che  sarebbe  comunque
 assicurata  dal  termine di 180 giorni per promuovere o proseguire il
 procedimento disciplinare e dai termini previsti dalle norme generali
 per le varie fasi di tale procedimento.
   2.4. - Il termine di 90 giorni puo', poi, risolversi indirettamente
 in un pregiudizio per lo stesso incolpato, la cui  posizione  rischia
 di  essere  valutata in modo affrettato e senza adeguata ponderazione
 delle  sue  difese.  Atteso  che,  secondo  il  diritto  vivente,  la
 valutazione   dei   fatti  e  delle  prove  rientra  nella  sfera  di
 discrezionalita' della pubblica amministrazione, sindacabile in  sede
 di  giurisdizione  di legittimita' soltanto sotto il profilo dei vizi
 logici e della manifesta irrazionalita' (Cons.  Stato,  sez.  IV,  18
 gennaio 1990, n. 21), la compressione dei termini per controdedurre e
 dei  tempi per l'esame delle deduzioni potrebbe avere rilevanza anche
 in riferimento all'art.   24 Cost.,  in  quanto  si  ridurrebbero  le
 garanzie  preventive, senza un corrispondente ampliamento del diritto
 di difesa in sede giurisdizionale.
   3.  -  Col  secondo  motivo  di  appello  si  lamenta  la   mancata
 comunicazione  del funzionario istruttore. La doglianza e' infondata,
 in quanto nel caso in esame non e' stata aperta la fase  istruttoria,
 configurata come eventuale dall'art. 79 del regolamento organico, ne'
 e'  ammissibile.    in  quanto non notificata all'Amministrazione nel
 giudizio   di   primo   grado,   la   nuova    censura    concernente
 l'obbligatorieta'  della  nomina  di  un  funzionario  istruttore  in
 relazione alla richiesta di ulteriori  accertamenti  formulata  il  9
 gennaio 1991 dal direttore generale.
   4.  -  Col  terzo  motivo  l'appellante  ripropone  la doglianza di
 difetto di motivazione.
   Anche  tale  censura e' infondata. Vero e' che l'Amministrazione ha
 fatto riferimento alla sentenza penale e agli accertamenti  ispettivi
 esperiti   sull'operato   del   dipendente,   ma  cio'  non  comporta
 l'attribuzione di valore probatorio alla  sentenza  emessa  ai  sensi
 dell'art.  444 c.p.p., che - come risulta dalla deliberazione in data
 27  maggio  1991  della  Commissione  di  disciplina   -   e'   stata
 autonomamente   valutata   insieme   con  tutti  ali  altri  elementi
 disponibili, proprio in considerazione del fatto  che  "nel  caso  di
 sentenza  emessa  ai  sensi  degli  artt.  444  e  segg.  del  c.p.p.
 potrebbero anche non essere stati acquisiti in sede  penale  elementi
 sufficienti ai fini della loro utilizzazione in sede disciplinare".
   5. - In conclusione deve dichiararsi rilevante e non manifestamente
 infondata  la  questione  di  lettimita'  costituzionale dell'art. 9,
 comma 2, della legge n. 19 del 1990.
                               P. Q. M.
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata,  in  riferimento
 agli   artt.   3,  24  e  97  della  Costituzione,  la  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art.  9,  comma  2,  della  legge  7
 febbraio  1990,  n.  19,  nella  parte  in cui fissa il termine di 90
 giorni per la conclusione del procedimento disciplinare;
   Sospende il giudizio;
   Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
   Dispone che, a cura della segreteria,  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  alle  parti  nonche'  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri e sia comunicata ai Presidenti della Camera dei  deputati  e
 del Senato della Repubblica;
   Ordina  che  la  presente  decisione  sia  eseguita  dall'autorita'
 amministrativa.
     Cosi' deliberato in Roma, il 20 giugno 1997
                         Il presidente: de Lise
                                         Il consigliere, est.: Vacirca
 98C0044