N. 6 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 1995- 7 gennaio 1998
N. 6 Ordinanza emessa il 22 gennaio 1995 (pervenuta alla Corte costituzionale il 7 gennaio 1998) dal pretore di Roma sul ricorso proposto da Conti Luici contro la Malesci S.p.a. Lavoro e previdenza (Controversie in materia di) - Rapporto di lavoro subordinato - Competenza territoriale del giudice nella cui circoscrizione e' sorto il rapporto ovvero si trova l'azienda o una sua dipendenza a cui e' addetto il lavoratore - Mancata previsione del foro del domicilio del lavoratore, come previsto per gli agenti e i rappresentanti di commercio, nel caso di lavoratore che presti l'attivita' lavorativa al di fuori della sede dell'azienda o di una sua dipendenza - Deteriore trattamento dei lavoratori subordinati rispetto ai lavoratori parasubordinati. (Legge 11 febbraio 1992, n. 128). (Cost., art. 3).(GU n.4 del 28-1-1998 )
IL PRETORE A scioglimento della riserva di cui al processo verbale di udienza che precede; Esaminati gli atti; O s s e r v a Deduce la societa' resistente la incompetenza territoriale del pretore di Roma in funzione di giudice del lavoro, per essere il rapporto di lavoro inter partes sorto in Firenze, luogo nel quale si trova la sede di essa societa' dove e' pervenuta la lettera di accettazione della proposta di assunzione, e per la mancanza a Roma di una dipendenza nel senso voluto dalla norma di cui all'art. 413 del c.p.c. Sostiene invece la difesa del Conti che compentente a conoscere della presente controversia sia il pretore di Roma, atteso che il rapporto di lavoro sarebbe sorto ivi, con la ricezione da parte del ricorrente della lettera con la quale si "confermavano" al predetto, da parte della societa', le intese raggiunte nel corso dei colloqui avvenuti in Firenze, indipendentemente dalla circostanza che nella lettera stessa venisse richiesta al Conti la firma per accettazione. Aggiunge che la societa' Malesci, pur non avendo a Roma una dipendenza "in senso materiale", presenta tuttavia un "centro di interessi" consistente nel nucleo ispettivo di zona per le province del Lazio, cui era stato addetto il ricorrente dal 1968, onde sarebbe comunque applicabile l'art. 413 del c.p.c. nella sua originaria formulazione. Afferma infine che alla fattispecie in esame dovrebbe in ogni caso applicarsi il quarto comma dell'art. 413, aggiunto dalla legge n. 128 del 1992, secondo cui "competente per territorio per le controversie previste dal n. 3 dell'art. 409 e' il giudice nella cui circoscrizione si trova il domicilio dell'agente, del rappresentante di commercio ovvero del titolare degli altri rapporti di collaborazione di cui al predetto n. 3 dell'art. 409"; tanto sul presupposto che se la norma de qua riguardasse i soli rapporti c.d. "parasubordinati" di verificherebbe un contrasto con l'art. 3 della Costituzione con riferimento ai rapporti di lavoro subordinato che non si svolgano presso una "dipendenza" della societa' datrice di lavoro. Tale ultimo punto merita, a giudizio di questo pretore, un approfondimento, attesa la non accoglibilita' dei primi due assunti sorpa riportati. Ed invero la indicazione di Roma quale luogo di conclusione del contratto che ha dato vita al rapporto di lavoro tra le parti si fonda sul non condivisibile presupposto che la lettera del 27 gennaio 1961 costituisca "accettazione" da prte della societa' delle intese gia' raggiune nel corso dei colloqui precedenti con il Conti e non, come invece si evince chiaramente sia dalle espressioni letterali nella stessa contenute sia dalla considerazione che e' sempre l'azienda a formulare proposte di assunzione - che ove accettate danno luogo al rapporto di lavoro -, semplice proposta di contratto. Non si comprende infatti come si possa prescindere, come sostenuto dalla difesa del ricorrente nel corso della discussione, della espressa richiesta di firma per accettazione, contenuta nella piu' volta citata lettera, per ritenere invece sorto il rapporto in esito alla ricezione da parte del lavoratore della missiva, atteso che i colloqui preliminari intercorsi tra le parti sono manifestamente inidonei a configurare una proposta, che oltre tutto secondo l'impostazione difensiva sarebbe stata diretta dal (futuro) lavoratore al (futuro) datore di lavoro, contrariamente a quanto di norma avviene. Quanto all'argomento secondo cui la Malesci S.p.a. vanterebbe comunque a Roma una dipendenza, "sia pure non in senso materiale", che comporterebbe in ogni caso l'individuazione nel pretore adito del giudice competente a conoscere la controversia in esame, lo stesso e' parimenti non condivisibile. La dipendenza di cui all'art. 413 del c.p.c. e' stata infatti intesa, dalla giurisprudenza come dalla dottrina, quale complesso di beni con una propria individualita' tecnico-economica, anche privo di autonomia giuridica purche' caratterizzato da individualita' tecnica ed economica ed organizzazione che consenta di realizzare un fine produttivo inserito in quello proprio dell'azienda. Non puo' qundi, evidentemente, rientrare nel campo di applicazione della disposizione la situazione sottoposta all'esame di questo giudice, che vede la societa' datrice, operante nel campo dell'industria chimico-farmaceutica, produrre e distribuire i propri farmaci, avvalendosi per la promozione di una rete di venditori che operano nel territorio nazionale; detti informatori rispondono del loro operato ad un ispettore di zona che opera con le modalita' indicate al punto 5) del ricorso. La coincidenza tra la detta figura di riferimento quale "centro relativo alla province del Lazio", distinto dalla sede di Firenze, e la "dipendenza" nel senso voluto dall'art. 413 del c.p.c. "sia pure non in senso materiale", non e' dunque possibile, proprio perche' non e' configurabile la individualita' tecnica ed economica ne' l'organizzazione cui si e' sopra fatto cenno. Deve infine esaminarsi la possibilita' di ritenere applicabile anche ai rapporti di lavoro subordinato, ma che non si svolgano presso una dipendenza della societa' pur esplicandosi in luogo diverso da quello nel quale la stessa ha sede, la previsione della legge n. 128/1992 che individua quale giudice competente quello nella cui circoscrizione si trova il domicilio del prestatore di lavoro. Detta possibilita' sembra allo stato esclusa dalla lettera della disposizione de qua, che si riferisce espressamente ai soli rapporti di c.d. "parasubordinazione"; il ricorrente eccepisce pertanto il contrasto della norma con quella di cui all'art. 3 della nostra Costituzione. La questione e', con tutta evidenza, rilevante ai fini della decisione della presente controversia, atteso che la esclusione del rapporto intercorrente tra le parti dal novero di quelli per i quali e' possibile il ricorso al giudice del luogo di residenza del prestatore imporrebbe una immediata pronuncia di incompetenza di questo pretore in favore di quello di Firenze, in considerazione della gia' evidenziata infondatezza delle altre argomentazioni sulle quali la difesa del Conti basa la competenza del giudice adito. Ad avviso di questo giudicante la questione e', altresi', non manifestamente infondata. La ratio della legge n. 128/1992 deve infatti individuarsi nella possibilita' che l'agente, il rappresentante ovvero il collaboratore di cui all'art. 409, n. 3 del c.p.c. si rivolta al giudice del luogo nel quale egli ha concretamente espletato la sua attivita', tanto da "stabilirvi la sede principale dei suoi affari e interessi" secondo la previsione dell'art. 43 del c.p.c., affinche' al soggetto che si trova nella posizione economica di minor vantaggio sia consentito un piu' agevole svolgimento del processo, analogamente a quanto previsto dall'art. 413 del c.p.c. con la previsione del foro della dipendenza. La stessa Corte costituzionale ha piu' volte evidenziato che le norme relative alla competenza per territorio nel rito del lavoro sono ispirate al principio di adeguare la disciplina del processo al rapporto oggetto della controversia al fine di detto piu' agevole svolgimento. L'attuale situazione normativa prevede dunque le ipotesi di lavoratore subordinato che presta la propria attivita' presso la sede o una dipendenza dell'azienda e di lavoratore c.d. "parasubordinato" che svolge i suoi compiti in un luogo normalmente diverso da quello nel quale la societa' ha una sede o una dipendenza (agente, rappresentante di commercio ecc.) agevolando in entrambi i casi la proposizione del giudizio a tutela delle pretese della parte piu' "debole" del rapporto, con il ricorso al giudice del luogo nel quale l'attivita' si e' esplicata e quindi con una serie di facilitazioni (minori spese per presenziare alle udienze, maggiori possibilita' di reperire testimoni a conoscenza dei fatti per fornire adeguata prova dei propri assunti ecc.); dal quadro resterebbe esclusa proprio l'ipotesi (nella quale rientra la fattispecie in esame) di lavoratore subordinato che lavori al di fuori della sede dell'azienda ovvero di una "dipendenza" nel senso voluto dall'art. 413 del c.p.c. Tale disparita', ad avviso di questo giudicante, non e' giustificata e sembra porsi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione relativo all'uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge. Alla stregua delle considerazioni che precedono deve essere sollecitata una pronuncia della Corte costituzionale circa la questione del contrasto con l'art. 3 della Costituzione della disposizione ci cui alla legge n. 128/1992, nella parte in cui non prevede che anche il lavoratore subordinato che svolga la propria attivita' al di fuori della sede dell'azienda o di una sua dipendenda possa far ricorso al giudice nella cui circoscrizione si trova il suo domicilio. Sino all'esito del giudizio della Corte il presente giudizio dovra' rimanere sospeso.
P. Q. M. Vista la legge n. 128 dell'11 febbraio 1992 dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale della legge predetta nella parte in cui non prevede che al giudice nella cui circoscrizione si trova il suo domicilio possa far ricorso anche il lavoratore subordinato che esplichi la sua attivita' al di fuori della sede dell'azienda ovvero di una dipendenza di essa; Sospende il giudizio promosso da Conti Luifi; Manda alla cancelleria per la trasmissione delgi atti alla Corte costituzionale e per la notifica al Presidente del Consiglio dei Ministri e la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblcia. Roma, addi' 22 gennaio 1995 Il pretore: (firma illeggibile) 98C0045