N. 7 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 9 gennaio 1998

                                 N. 7
  Ricorso  per  questione di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria  il  9  gennaio  1998  (del  presidente   della   regione
 siciliana)
 Finanza  pubblica  -  Disposizioni  tributarie  urgenti  - Elevazione
    dell'aliquota IVA dal 19 al 20 per cento - Modifiche al regime IVA
    per le cessioni di contratti di sportivi professionisti e  per  il
    trasporto  urbano - Trattamento tributario delle plusvalenze sulle
    cessioni di partecipazioni - Disposizioni in materia di sanzioni e
    interessi - Riserva allo Stato delle  entrate  derivanti  da  tali
    norme  -  Indeterminatezza  circa  il carattere di "novita'" delle
    entrate stesse - Lesione dell'autonomia finanziaria della  regione
    siciliana  -  Violazione  del  principio di leale cooperazione tra
    Stato  e  regioni   -   Richiamo   alle   sentenze   della   Corte
    costituzionale nn. 429/1996 e 61/1987.
 (D.-L. 29 settembre 1997, n. 328, art. 7, in relazione agli artt.  1,
    2,  lettere  a),  e b), 4, comma 1, e 6-bis, dello stesso decreto,
    convertito in legge 29 novembre 1997, n. 410).
 (Statuto siciliano, art. 36; d.P.R. 26 luglio  1965,  n.  1074,  art.
    2).
(GU n.6 del 11-2-1998 )
   Ricorso  del  presidente  della regione siciliana pro-tempore on.le
 prof. Giuseppe Provenzano autorizzato a ricorrere  con  deliberazione
 della  Giunta  regionale n. 458 del 22 dicembre 1997, rappresentato e
 difeso, sia congiuntamente che  disgiuntamente,  dall'avv.  Francesco
 Castaldi  e  dall'avv.  Francesco  Torre ed elettivamente domiciliato
 nell'ufficio della regione in Roma, via Marghera, 36, giusta  procura
 a  margine  del  presente atto, contro il il Presidente del Consiglio
 dei Ministri pro-tempore domiciliato per la carica a Roma, presso gli
 uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Palazzo  Chigi  e
 difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione di
 incostituzionalita'  dell'art.  7 in relazione ai precedenti art.  1,
 2, lett. a) e b), 4, primo comma, e  6-bis  del  d.-l.  29  settembre
 1997,  n. 328, convertito con legge 29 novembre 1997, n. 410, recante
 "Disposizioni  tributarie   urgenti",   pubblicata   nella   Gazzetta
 Ufficiale n. 279 del 29 novembre 1997.
   1.1.  -  L'art.  7  della  legge  impugnata  riserva all'erario "le
 entrate derivanti dal presente decreto" per finalita' di  risanamento
 del  bilancio  statale  e  demanda  ad  un decreto del Ministro delle
 finanze, di concerto col Ministro del tesoro, del  bilancio  e  della
 programmazione   economica,  l'emanazione,  entro  90  giorni,  delle
 modalita' di attuazione del presente articolo.
   La legge impugnata contiene diverse norme in materia tributaria che
 daranno  luogo  ad  incrementi di entrate, che porteranno globalmente
 nelle casse dello Stato 1.500 miliardi  di  gettito  aggiuntivo  gia'
 nell'anno 1997 e 5.725 miliardi nell'anno 1998. Buona parte del nuovo
 gettito  e'  garantito  dall'art.  1 con il quale e' stato operato un
 globale riordino delle aliquote I.V.A., che si  riducono  da  quattro
 (4,  10, 16 e 19%) a tre: quella super ridotta del 4%, quella ridotta
 del 10% e quella ordinaria del 20%. Il maggior  gettito  e'  previsto
 per  l'aumento  dell'aliquota  ordinaria, che passa al 20% e riguarda
 una serie di beni di grande consumo, quali  ad  es.  la  benzina,  il
 metano   per  auto,  materiali  per  l'edilizia,  elettrodomestici  e
 abbigliamento.  Si riduce invece l'aliquota I.V.A. dal 19 al  10%  su
 alcuni beni di prima necessita' come lo zucchero.
   Orbene  dalla  suindicata  rimodulazione delle aliquote I.V.A., che
 portera' allo erario dello  Stato  gran  parte  degli  incrementi  di
 entrata  suindicati,  derivera'  per la regione siciliana, invece, un
 decremento del gettito I.V.A.  gia'  a  partire  dall'anno  in  corso
 rispetto  a  quello conseguito negli anni precedenti. Invero, qualora
 codesta ecc.ma Corte  non  dovesse  dichiarare  fondata  la  presente
 impugnativa,  tutti  gli  aumenti  del gettito derivanti dall'aumento
 dell'aliquota ordinaria saranno devoluti  all'erario  statale,  senza
 alcun vantaggio, come e' ovvio, per quello regionale, che, di contro,
 subira'  gli  effetti  negativi  in  termini  di  minore  gettito  in
 conseguenza della diminuizione dell'aliquota dal 19 al 10%  sui  beni
 di prima necessita'.
   L'art. 2, lett. a), che modifica l'art. 7, quarto comma, lett.  d),
 del  d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, prevede la territorialita' delle
 cessioni dei contratti di prestazione degli  sportivi  professionisti
 con il criterio del domicilio del committente.
   L'art.  2,  lett. b), che sostituisce il numero 14) del primo comma
 dell'art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica n.  633/1972
 riconosce,   nell'ambito   delle   operazioni   esenti   da  imposta,
 l'esenzione solo per le prestazioni di  trasporto  urbano  effettuate
 con taxi o mezzi equivalenti.
   L'art. 4, comma 1, che sostituisce il comma 3 dell'art. 3 del d.-l.
 28 gennaio 1991, n. 27, convertito, con modificazioni, dalla legge 25
 marzo  1991,  n.  102,  prevede  l'aumento  dal  7 al 14% della quota
 forfettaria per determinare la plusvalenza in caso di opzione per  il
 regime non analitico per cessioni di partecipazioni non qualificate.
   L'art.  6-bis  prevede  una  sanatoria  per le imprese sottoposte a
 procedure concorsuali. Le stesse invero  potranno  versare  l'I.V.A.,
 con  modalita'  particolari, senza le sanzioni di cui all'art. 44 del
 decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972 e 92 del  decreto
 del Presidente della Repubblica n. 602/1973 ne' gli interessi.
   1.2. - Gli interventi disposti con le richiamate norme, pur essendo
 essenzialmente rivolti a procurare, in varie forme, maggiori entrate,
 non  costituiscono,  pero',  "nuove  entrate  tributarie",  che e' la
 condizione precisa che l'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965,  n.  1074,
 recante  norme  di  attuazione  dello  statuto  siciliano  in materia
 finanziaria, pone alla facolta' dello Stato di riservarsi le  entrate
 spettanti alla regione.
   Invero,  come  e' noto, secondo la giurisprudenza di codesta ecc.ma
 Corte,  la  "novita'   dell'entrata",   che   costituisce,   appunto,
 "requisito indefettibile" per la devoluzione allo Stato delle entrate
 tributarie  riscosse nell'ambito territoriale regionale, caratterizza
 "le  imposte  di  nuova  istituzione"  o  "le entrate derivanti da un
 incremento  dell'importo  delle  aliquote  di  imposte  preesistenti"
 (sentenza n. 429/1996).
   Detto   principio   elaborato   dalla  Corte  costituzionale  trova
 esplicito recepimento nelle recenti norme di attuazione dello statuto
 speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e
 provinciale (d.lgs. 24 luglio 1996, n.  432),  il  cui  art.  4,  che
 sostituisce  l'art.    1,  comma 1, del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268,
 stabilisce, appunto, che puo' essere riservato allo Stato "il gettito
 derivante da maggiorazioni di aliquote o  dall'istituzione  di  nuovi
 tributi...   purche'   risulti   temporalmente   delimitato,  nonche'
 contabilizzato  distintamente   nel   bilancio   statale   e   quindi
 quantificabile".
   Nel  caso  di  specie,  non  trattandosi  di  nuovo  tributo ne' di
 elevazione di aliquota di  tributi  esistenti,  la  devoluzione  allo
 Stato  dei  maggiori  proventi  disposta  dalle  norme  impugnate  si
 appalesa illegittima.
   Come osserva la Corte nella sentenza n. 61 del  1987  l'apposizione
 di  "cautele"  da  parte dell'art. 2 del decreto del Presidente della
 Repubblica n. 1074/1965 (in specie la  "novita'  dell'entrata")  alla
 citata facolta' di riserva, del cui esercizio costituisce condizione,
 e'  volta  "a  rendere  possibile il controllo politico sull'esatto e
 corretto esercizio della deroga"  contenuta  nel  richiamato  art.  2
 della normativa di attuazione.
   Detta   cautela   (novita'   del   provento)  costituisce  pertanto
 essenziale garanzia  di  legittimita'  costituzionale  della  riserva
 operata   dalle  norme  impugnate.  Ma  in  queste  ultime  non  v'e'
 indicazione alcuna dei criteri per la selezione del provento nuovo da
 quello che nuovo non e', di guisa che e' impedito alla  regione  e  a
 codesta  Corte  in  questa  sede  il  controllo  sull'esercizio della
 deroga.
   Le norme impugnate invero si limitano a rinviare ad  un  successivo
 decreto   interministeriale   la  indicazione  dei  predetti  criteri
 selettivi, impedendo quel  controllo  sul  corretto  esercizio  della
 deroga  sul punto della novita' del provento che, come detto, codesta
 Corte  ha  qualificato  siccome  statutaria  cautela  della   regione
 siciliana.  Vien  meno in tal guisa la prevedibilita' delle decisioni
 che   saranno   adottate   dagli   organi    ministeriali    preposti
 all'applicazione   delle   norme  impugnate  con  conseguente  palese
 violazione del principio della certezza del diritto.
   Il grado di tutela dell'autonomia  finanziaria  di  cui  e'  dotata
 statutariamente  la  regione  siciliana  risulta infatti direttamente
 proporzionale al grado  di  definizione  della  normativa.  In  altri
 termini, perche' si abbia effettivita' di tutela occorre che le norme
 che  afferiscono  alla  materia  finanziaria  siano  sufficientemente
 precise  e  dettagliate,  nonche'  ancorate  a   precisi   indicatori
 quantitativi.
   Per le suesposte ragioni le norme impugnate violano l'art. 36 dello
 statuto  siciliano  e  l'art.  2  del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074,
 recante norme di attuazione in materia finanziaria.
   1.3. - Non puo' infine non rilevarsi ancora una volta il vulnus  al
 principio  di  leale  cooperazione da parte delle norme impugnate per
 non avere le  stesse  previsto  nessuna  forma  di  partecipazione  e
 consultazione   della  regione  siciliana  nella  determinazione  dei
 maggiori proventi derivanti dagli interventi in parola.
   A  tal  riguardo  va  osservato  come in una materia "vitale" quale
 quella finanziaria, che costituisce uno dei  cardini  della  speciale
 autonomia  di  cui e' dotata statutariamente la regione, quest'ultima
 e' totalmente  ignorata  sia  a  monte  che  a  valle  del  complesso
 procedimento,  legislativo e amministrativo, che, senza il correttivo
 intervento   di   codesta   Corte,   portera'   ancora   una    volta
 all'incameramento  in  favore  dell'erario  statale  di  qualsivoglia
 aumento delle entrate tributarie riscosse in Sicilia.  A  monte,  per
 non  avere  il  Presidente del Consiglio invitato il presidente della
 regione al Consiglio dei Ministri in cui veniva discussa ed approvata
 la normativa finanziaria de qua, facendo  venir  meno  il  necessario
 coordinamento  tra  lo  Stato  e  la regione cui e' mirato l'art. 21,
 terzo comma, dello statuto; a valle, perche' il  Ministro  competente
 provvedera'  in  assoluta  autonomia  e  senza  alcuna interlocuzione
 regionale a determinare discrezionalmente  il  quantum  dei  maggiori
 proventi  che  affluiranno  allo  Stato con buona pace della speciale
 autonomia finanziaria della regione.
                                P. Q. M.
   Si   chiede   che   l'ecc.ma   Corte   dichiari    l'illegittimita'
 costituzionale  delle  norme  impugnate  per  contrasto con l'art. 36
 dello Statuto siciliano e con le  relative  norme  di  attuazione  in
 materia finanziaria.
   Con riserva di ulteriori deduzioni.
   Si depositano col presente atto:
     1)  autorizzazione  a ricorrere (delibera Giunta regionale n. 458
 del 22 dicembre 1997);
     2)  copia  del  d.-l.  29  settembre  1997,  n.  328,  nel  testo
 coordinato  con  la  legge   di conversione 29 novembre 1997, n. 410,
 pubblicato nella stessa Gazzetta Ufficiale (n. 279  del  29  novembre
 1997) in cui e' pubblicata la legge di conversione.
      Palermo, addi' 27 dicembre 1997
             Avv. Francesco Castaldi - avv. Francesco Torre
 98C0024