N. 4 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 13 gennaio 1998
N. 4 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 13 gennaio 1998 (della regione Lombardia) Responsabilita' contabile e amministrativa - Delibere dell'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale della Lombardia concernenti autorizzazioni per spese di missione all'estero di consiglieri e funzionari - Azione di responsabilita' promossa dalla Corte dei conti nei confronti dell'ex presidente del Consiglio regionale e di altri componenti dell'ufficio di residenza per ritenuta mancanza di utilita' dei viaggi autorizzati e per eccessivo ammontare delle spese - Lesione dell'autonomia regionale - Difetto assoluto di giurisdizione della magistratura contabile - Incidenza sul diritto dei consiglieri regionali all'insindacabilita' dei voti dati e delle opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni - Richiamo a numerose decisioni della Corte costituzionale, tra le quali la sentenza n. 289/1997. (Atto di citazione della procura regionale Corte dei conti - Lombardia del 7 novembre 1997). (Cost., art. 5, quarto comma, 117, 118, 119, 121, 122 e 123; legge 22 maggio 1971, n. 339; legge 6 dicembre 1973, n. 853).(GU n.6 del 11-2-1998 )
Ricorso per conflitto di attribuzione della regione Lombardia, in persona del presidente pro-tempore della Giunta, on. Roberto Formigoni, ai sensi delle delibere di Giunta n. 33273 del 12 dicembre 1997 e n. 33893 del 29 dicembre 1997, rappresentato e difeso dal prof. avv. Beniamino Caravita di Toritto, e presso il suo studio elettivamente domiciliato, in Roma, via Torquato Taramelli, 22, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro-tempore, per l'annullamento dell'atto di citazione della procura regionale per la Lombardia della Corte dei conti nei confronti di Francesco Zaccaria, Claudio Bonfanti, Roberto Vitali, Camillo Piazza, Antonio Savoia e Massimo Colombo, rispettivamente presidente del Consiglio regionale e componenti dell'Ufficio di presidenza nella V legislatura, per deliberazioni di spesa assunte negli anni dal 1992 al 1994, notificato alla regione Lombardia in data 7 novembre 1997. F a t t o Con atto notificato il 7 novembre 1997, la procura regionale per la Lombardia della Corte dei conti ha promosso azione di responsabilita' amministrativa nei confronti dell'ex presidente del Consiglio regionale della Lombardia, nonche' di altri componenti dell'Ufficio di presidenza per deliberazioni di spesa assunte nel corso della quinta legislatura. Si tratta delle delibere dell'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale della Lombardia n. 623 del 30 settembre 1992, n. 389 del 2 giugno 1992, n. 690 del 4 novembre 1992, n. 833 del 13 ottobre 1994, n. 1028 del 13 dicembre 1994. Tutte le citate delibere autorizzavano spese di missione all'estero di consiglieri e funzionari per un ammontare complessivo di circa L. 113.000.000. Nel merito la procura regionale della Corte dei conti contesta essenzialmente che tali delibere non evidenziano "l'utilita'" dei viaggi autorizzati, che non "si riscontrano relazioni dei partecipanti o atti dell'Amministrazione regionale che evidenzino l'utilita' del viaggio", che mancano comunque "progetti, opere, atti, programmi" in cui risultino trasfuse le "cognizioni acquisite" e i "contatti commerciali e culturali avuti dai partecipanti" ai viaggi, e, infine, che le spese sostenute appaiono "eccessive". Si evidenzia infine che "evidente appare la mancata acquisizione di congizioni tecniche o commerciali immediatamente utilizzabili presso la struttura di appartenenza o a favore di imprese operanti nella regione". L'azione espletata dalla procura regionale della Corte dei conti costituisce un illegittimo sindacato della Magistratura contabile su attivita' dell'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale della Lombardia, con conseguente grave pregiudizio dell'autonomia costituzionalmente garantita alla regione e ad i suoi organi, tra cui il Consiglio regionale, per le seguenti ragioni di D i r i t t o 1. - Violazione e invasione della sfera di autonomia costituzionalmente garantita alla regione dagli artt. 122, comma 4, 5, 117, 118, 119, 121 e 123 della Costituzione in relazione alla legge 22 maggio 1971, n. 339, e alla legge 6 dicembre 1973, n. 853. Difetto assoluto di giurisdizione. Posto che nessun dubbio sussiste, anche alla luce della pregressa, conforme, giurisprudenza costituzionale in materia, sulla ammissibilita' del conflitto in questione in quanto diretto avverso un atto giurisdizionale (per tutte v. Corte cost., sent. 285 del 1990), l'atto impugnato lede l'autonomia costituzionalmente garantita alla regione, menomandone la sfera di attribuzioni, ponendosi in evidente contrasto con l'art. 122, comma 4, della Costituzione, nonche' con il disposto degli artt. 5, 117, 118, 119, 121 e 123 della Costituzione, con la legge 22 maggio 1971, n. 339, recante "Approvazione dello statuto della regione Lombardia", e con la legge 6 dicembre 1973, n. 853, recante "Autonomia contabile e funzionale del Consigli regionali delle regioni a statuto ordinario". Come apparira' evidente dal prosiegno delle considerazioni in diritto, l'errore della procura regionale e' caduto "sui confini stessi della giurisdizione e non sul concreto esercizio di essa" (sempre Corte cost., sent. n. 285 del 1990). Le regioni sono, infatti, soggetti pienamente autonomi con i soli limiti previsti dalla Costituzione, dalle leggi e dagli atti con forza di legge statali; nel coerente contesto della forma di stato della Repubblica e della forma di governo delle regioni, l'organo consiliare e' dotato di autonomia contabile e funzionale non solo nell'ambito del rapporti interorganici regionali, bensi, anche e a maggior ragione, nel contesto dei rapporti intersoggettivi con lo Stato. Esorbita dai poteri della magistratura contabile, pertanto, sia la facolta', generale, di ingerirsi nella autorganizzazione interna del Consiglio regionale, quanto quella, specifica, di sottoporre a sindacato di ragionevolezza o, piu' ancora, di opportunita' la deliberazione di spese concernenti le esigenze funzionali del Consiglio medesimo. Cio' si deduce, in primo luogo, dal fatto che l'art. 122, comma 4, della Costituzione sancisce espressamente e con chiarezza che i consiglieri regionali "non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni". Va sottolineato in primo luogo che secondo la Corte costituzionale l'insindacabilita' delle opinioni espresse e dei voti dati, prevista dall'art. 68, comma 1, e dall'art. 122, comma 4, della Costituzione comporta l'assenza (perpetua, non legata cioe' alla singola legislatura) di qualsiasi responsabilita' civile, penale amministrativa (v. da ultimo Corte cost., sent. n. 100/1986) per i voti e le opinioni espressi dal parlamentare o dal consigliere regionale nell'esercizio delle funzioni. L'esclusione di ogni tipo di responsabilita' giuridica e' connaturata all'insindacabilita' stessa, giacche' questa e' diretta a precludere l'indagine sul modo di esercizio della funzione e, in particolare, a precludere l'indagine sui motivi che hanno determinato la volonta' dei componenti dell'assemblea: in questo modo viene garantita la libera esplicazione del mandato rappresentativo e, per questo tramite, la piena e totale liberta' del processo di formazione della volonta' politica dell'organo rappresentativo (in questo senso, Corte cost., sentenza n. 69/1985), preservando "da interferenze e condizionamenti esterni le determinazioni inerenti alla sfera di autonomia costituzionalmente riservata al Consiglio regionale" (Corte cost., sent. n. 70/1985). Questa e' la ratio dell'insindacabilita', ed e' proprio a tale ratio che va rapportata l'ampiezza della guarentigia. Non v'e' dubbio, poi, che l'immunita' riguardi non solo l'esercizio delle funzioni legislative da parte dei consiglieri, bensi' anche quelle "di indirizzo politico, nonche' quelle di controllo e di autoorganizzazione" (Corte cost., sentenza n. 70 del 1985): l'esercizio del mandato rappresentativo della comunita' regionale lombarda richiede, ed impone, la libera determinazione delle modalita' con cui i consiglieri regionali devono formare i propri convinci- menti, anche in relazione a missioni di studio, di conoscenza, di rappresentanza. Gia' con la sentenza n. 81 del 1975 questa ecc.ma Corte ebbe a formulare il canone interpretativo fondamentale della disposizione dell'art. 122, comma 4, della Costituzione, stabilendo che "la tutela privilegiata, apprestata... a favore dei consiglieri regionali, e' connessa alla tutela delle piu' elevate funzioni di rappresentanza politica dell'organo in questione, e quindi alla funzione primaria di tipo legislativo, a quella di indirizzo politico, di controllo, e di autorganizzazione interna, a prescindere dal fatto che tali funzioni si esplichino in atti formalmente amministrativi". Ne' viene qui in rilievo l'orientamento (v. sentenza n. 69 del 1985) - restrittivo e criticato - secondo cui dovrebbero considerarsi esclusi dalla citata guarentigia i voti dati e gli atti compiuti nell'esercizio delle funzioni di amministrazione attiva devolute al Consiglio con legge regionale, in quanto non attinenti al nucleo caratterizzante delle funzioni attribuite al Consiglio direttamente dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato. La posizione piu' recente della Corte costituzionale, espressa nella sentenza n. 289 del 1997, conforta infatti quanto sin qui sostenuto. Ha affermato, infatti, la Corte che "in definitiva, secondo quanto e' dato evincere dai richiamati precedenti..., il criterio di delimitazione della insindacabilita' dei consiglieri regionali sta nella fonte attributiva della funzione, e non nella forma degli atti, si' che risultano garantite sotto tale aspetto anche le funzioni che, benche' di natura amministrativa, sono assegnate al Consiglio regionale in via immediata e diretta dalle leggi dello Stato, avendo tuttavia presente che l'immunita' non e' diretta ad assicurare una posizione di privilegio per i consiglieri regionali, ma si giustifica in quanto vale a preservare da interferenze e condizionamenti esterni le determinazioni inerenti alla sfera di autonomia propria dell'organo". Non vi e' dubbio alcuno che tra le funzioni coperte dalla suddescritta immunita' vi siano senz'altro comprese quelle relative all'amministrazione e alla gestione dei fondi di bilancio intestati alla Presidenza del Consiglio regionale, peraltro in relazione - come nel caso in questione - ad attivita' legate strettamente all'esplicazione del mandato rappresentativo. Cio' va pacificamente accolto, non foss'altro perche' la sottrazione di questi atti al controllo dello Stato e' riconosciuta dalla stessa legislazione statale di attuazione delle guarentigie costituzionali del consigli regionali. La legge 6 dicembre 1973, n. 953, infatti, all'art. 4, comma 3, ha escluso dal controllo previsto dall'art. 125 Cost., tra gli altri, specificamente gli atti relativi alle spese per le indennita' di missione spettanti ai componenti del Consiglio regionale. La stessa pregressa giurisprudenza della Corte dei conti (v., in particolare, la decisione della sez. II, 27 ottobre 1987, n. 152) ha confermato tale orientamento che e' stato di recente ribadito da questa Corte nella sentenza 18-30 luglio 1997, n. 289. Con tale decisione la Corte, pronunciandosi in riferimento ad analoga fattispecie, ha affermato che il concorso a una delibera dell'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale concernente la gestione dei fondi del bilancio previsti per le esigenze funzionali del Consigli regionali "non e' suscettibile di sindacato da parte del giudice contabile". Non vi puo' essere dubbio, pertanto, che le deliberazioni collegiali dell'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale concernenti l'autorizzazione alle spese di missione di alcuni consiglieri attengano senz'altro a quel nucleo essenziale delle funzioni consiliari da ritenersi assolutamente insindacabili ad eccezione che dalla stessa assemblea consiliare e nei casi stabiliti dalle norme dei regolamenti interni. Trattasi, infatti, di funzioni e di guarentigie previste direttamente dalla legislazione statale di attuazione della Costituzione in specifico riferimento alla necessita' di assicurare l'autonomia contabile e funzionale dei Consigli regionali delle regioni a statuto ordinario. L'esigenza di autonomia contabile e funzionale del Consigli, organi legislativi e di massima rappresentanza politica delle regioni, si presenta, d'altronde, del tutto analoga alla corrispondente posizione del Parlamento, organo legislativo e di rappresentanza politica nazionale e questa ecc.ma Corte ha avuto gia' modo di affermare che ne' quelli (sentenza n. 143/1968) ne' questo (sentenza n. 129/1981) risultano soggetti al controllo della giurisdizione contabile della Corte dei conti. 2. - Ancora violazione degli artt. 5, 122 e 118 della Costituzione in relazione alla legge 6 dicembre 1973, n. 953. E ancora difetto assoluto di giurisdizione con conseguente violazione dell'autonomia costituzionalmente garantita alla regione. Tutte le contestazioni della procura regionale della Corte dei conti involgono valutazioni di merito e non di legittimita'. Delle autorizzazioni di spesa deliberate dall'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale per spese di missione all'estero viene contestata infatti "l'utilita'". Ma e' di palmare evidenza che un concetto gia' di per se' generico e relativo diventa chiaramente un parametro di merito con riferimento all'operato di un organo politicorappresentativo| Ogni valutazione circa il valore politico delle manifestazioni internazionali alle quali il Consiglio regionale, il piu' alto organo politico-rappresentativo della regione Lombardia, intende o meno partecipare, circa il livello della rappresentanza da inviare, circa il numero complessivo dei partecipanti e la necessaria durata della missione, non puo' che spettare al Consiglio medesimo in base a valutazioni di discrezionalita' politica. La richiesta della procura regionale della Corte dei conti si presenta, inoltre, in evidente contrasto e contro-tendenza coll'evoluzione dell'ordinamento in senso autonomistico. A seguito della recente legge 15 maggio 1997, n. 127, infatti, oramai nessun atto delle regioni puo' piu' essere sottoposto a controllo di merito (v. art. 17, trentaduesimo comma). Quanto agli atti concernenti le spese del Consiglio regionale essi, sin dal 1973, sono stati sottratti ad ogni altro controllo sia di merito che di legittimita' che non fossero quelli stabiliti dai regolamenti interni dei consigli medesimi. L'atto di citazione in oggetto, nella pretesa di voler sottoporre ad una valutazione di utilita' gli atti interni del consiglio regionale, si presenta, pertanto, come doppiamente lesivo dell'autonomia della regione Lombardia: della sua autonomia amministrativa, in generale, e, in particolare, dell'autonomia funzionale del suo massimo organo politico-rappresentativo. Istanza di sospensiva L'iniziativa della procura regionale e' fonte di gravi danni alla regione, giacche' ingenera dubbi di legittimita' sull'operato degli organi regionali: tali dubbi hanno effetti negativi non solo in ragione del discredito che in tal modo e' riversato sulle istituzioni dell'autonomia, bensi' anche perche' possono avere effetti sulle procedure di spesa in corso, creando situazioni di confusione e non chiarezza sulla legittimita' di decisioni di spesa. Vi e' inoltre il fondato rischio - incontestati essendo i fatti - che il giudizio introdotto dalla Procura della Corte dei conti prosegua e giunga a termine prima della conclusione del giudizio di merito dinnanzi alla Corte costituzionale. Cio' ingenererebbe una gravissima situazione sotto il profilo istituzionale, giacche' la regione dovrebbe adeguare i propri comportamenti ad una valutazione della Corte dei conti, da ritenersi alla luce della consolidata giurisprudenza costituzionale, illegittima ed ultra vires. Sarebbe allora opportuno e si eviterebbero cosi' gravi situazioni di confusione istituzionale e contabile procedere alla immediata sospensione dell'atto di citazione della procura della Corte dei conti regionale, in attesa della definitiva pronuncia di merito.
P. Q. M. La regione Lombardia, cosi' come rappresentata e difesa, chiede a codesta ecc.ma Corte di dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso alla procura regionale presso la sez. giurisdizionale per la Lombardia della Corte dei conti, il potere di citare in giudizio di responsabilita' amministrativa i componenti pro-tempore dell'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale della Lombardia, indicati in epigrafe, e di conseguenza chiede di annullare l'atto di citazione medesimo; previa sospensione dell'atto di citazione da rendersi in Camera di Consiglio, avendo udito il difensore della regione. Roma, addi' 31 dicembre 1997 Prof avv. Beniamino Caravita di Toritto 98C0025