N. 37 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 aprile 1997- 15 gennaio 1998

                                 N. 37
  Ordinanza   emessa   il   9   aprile   1997  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale il 15 gennaio 1998) dalla pretura di  Pescara  sezione
 distaccata  di  S. Valentino in A.C. nel procedimento penale a carico
 di Scipione Camillo ed altro
 Ambiente (Tutela dell')  -  Rifiuti  pericolosi  -  Violazione  degli
    obblighi  di  comunicazione e di tenuta dei registri obbligatori e
    dei formulari - Lamentata depenalizzazione - Eccesso di  delega  -
    Violazione dei principi di tutela dell'ambiente e della salute.
 (D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 52).
 (Cost., artt. 3, 9, secondo comma, 32 e 76).
(GU n.6 del 11-2-1998 )
                              IL PRETORE
   Visti gli atti del procedimento nei confronti di Scipione Camillo e
 Di   Tillio  Nino  Orazio,  viste  l'istanza  avanzata  dal  pubblico
 ministero,  dott.  Frettani  Francesco  che  ha  chiesto   sollevarsi
 questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 52 del decreto
 legislativo n. 22/1997, e le  conclusioni  della  difesa  sul  punto,
 osserva quanto segue.
   Il  reato  oggetto del presente processo e' costituito da omissioni
 nelle  comunicazioni  periodiche   circa   i   rifiuti   (fanghi   di
 depurazione)  prodotti  nel  depuratore comunale. Il fatto al momento
 del rinvio a giudizio era  previsto  e  sanzionato  penalmente  dagli
 artt. 3 e 9-octies della legge 9 novembre 1988, n. 475. Di recente e'
 entrata  tuttavia  in  vigore  la  normativa  contenuta  nel d.lgs. 5
 febbraio 1997, n. 22, che  all'art.  56  ha  disposto  esplicitamente
 l'abrogazione, fra le altre, delle citate disposizioni della legge n.
 475/1988,  mentre  con  gli  artt. 11, 12 e 52 ne ha riformulato, con
 talune modificazioni, la disciplina.  A  parte  le  novita'  circa  i
 presupposti  e  le  modalita'  per  l'adempimento  degli  obblighi di
 comunicazione al catasto dei rifiuti e  di  tenuta  del  registro  di
 carico  e  scarico  (artt. 11 e 12 del decreto legislativo), cio' che
 rileva  particolarmente   nel   presente   giudizio   e'   l'avvenuta
 depenalizzazione delle fattispecie in questione. L'art. 52, commi 1 e
 2,  del decreto legislativo n.  22/1997, punisce infatti con sanzioni
 amministrative pecuniarie chiunque non effettua la  comunicazione  di
 cui  all'art. 11, comma 3 (vale a dire la comunicazione annuale della
 quantita' e qualita' dei rifiuti prodotti recuperati e smaltiti,  cui
 sono tenuti coloro che esercitano a titolo professionale attivita' di
 raccolta  e  di  trasporto dei rifiuti, compresi i commercianti e gli
 intermediari di rifiuti, ovvero svolgono operazioni di recupero e  di
 smaltimento  dei rifiuti, nonche' le imprese e gli enti che producono
 rifiuti pericolosi  e...  non  pericolosi  derivanti  da  lavorazioni
 industriali  ed  artigianali,  con esonero per i piccoli imprenditori
 artigiani che non abbiano piu' di tre dipendenti e producano  rifiuti
 non  pericolosi  e con trasferimento dell'obbligo di comunicazione in
 capo all'ente gestore del servizio pubblico di raccolta nel  caso  in
 cui  i  produttori di rifiuti li conferiscano al servizio pubblico) e
 chiunque omette di tenere ovvero tiene in modo incompleto il registro
 di  carico  e  scarico di cui all'art. 12, comma 1 (tale disposizione
 pone  a  carico  dei  medesimi  soggetti  che  devono   compiere   la
 comunicazione  annuale sopra indicata l'obbligo di tenere un registro
 su cui annotare  almeno  una  volta  alla  settimana  la  qualita'  e
 quantita' dei rifiuti, mentre i commi successivi dell'art. 12 pongono
 un'ulteriore  disciplina,  a  seconda  del tipo di soggetti, circa il
 contenuto e le modalita' di  tenuta  dei  registri),  con  incremento
 dell'ammontare della sanzione amministrativa pecuniaria e aggiunta di
 sanzione  amministrativa  accessoria  quando  si  tratta  di registri
 concernenti rifiuti pericolosi. L'art.  52, comma 4, prevede sanzione
 amministrativa pecuniaria ridotta per l'ipotesi  di  incompletezza  o
 inesattezza  meramente formale nelle comunicazioni e nella tenuta dei
 registri di cui ai commi 1 e 2.
   Si ricava dunque che l'addebito originariamente mosso agli imputati
 trova piena continuita' dal punto di  vista  della  materialita'  del
 fatto  nella  normativa recentemente entrata in vigore, nel senso che
 le omissioni in tema di  comunicazioni  periodiche  circa  i  rifiuti
 prodotti  continuano  a  costituire  violazione  di obblighi previsti
 dalla legge. La differenza  rispetto  alla  normativa  previgente  e'
 rappresentata  dal  fatto  che tale violazione risulta ora punita con
 sanzione amministrativa. Codesto giudice dovrebbe dunque applicare al
 caso di specie la nuova disciplina,  ai  sensi  di  quanto  stabilito
 dall'art. 2, secondo comma, c.p.
   Si  ha  pero'  motivo di dubitare della legittimita' costituzionale
 dell'art. 52 del decreto legislativo n. 22/1997.
   La delega per l'emanazione  del  decreto  legislativo  n.  22/1997,
 contenuta nella legge 22 febbraio 1994, n. 146 (prorogata dalla legge
 6  febbraio  1996, n. 52), conteneva infatti tra i criteri e principi
 direttivi, rilevanti ex art.  76  della  Costituzione,  il  seguente,
 enunciato  nell'art. 2, lettera d), della legge: Salva l'applicazione
 delle  norme  penali   vigenti,   ove   necessario   per   assicurare
 l'osservanza  delle  disposizioni  contenute nei decreti legislativi,
 saranno previste sanzioni amministrative e penali per  le  infrazioni
 alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti,
 rispettivamente,   dell'ammenda   fino  a  lire  duecento  milioni  e
 dell'arresto fino a tre anni, saranno previste, in via alternativa  o
 congiunta,  solo  nei  casi in cui le infrazioni ledano o espongano a
 pericolo interessi generali  dell'ordinamento  interno  del  tipo  di
 quelli  tutelati dagli artt. 34 e 35 della legge 24 novembre 1981, n.
 689. In tali casi saranno previste: la pena dell'ammenda  alternativa
 all'arresto  per  le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino
 l'interesse  protetto;  la  pena  dell'arresto  congiunta  a   quella
 dell'ammenda  per  le  infrazioni  che recano un danno di particolare
 gravita'. La sanzione amministrativa del pagamento di una  somma  non
 inferiore a... e non superiore a...  sara' prevista per le infrazioni
 che  ledano  o  espongano  a  pericolo  interessi  diversi  da quelli
 suindicati. ... In ogni caso, in deroga ai limiti sopra indicati, per
 le infrazioni  alle  disposizioni  dei  decreti  legislativi  saranno
 previste   sanzioni   penali  o  amministrative  identiche  a  quelle
 eventualmente gia' comminate dalle leggi vigenti per  violazioni  che
 siano  omogenee  e  di  pari  offensivita'  rispetto  alle infrazioni
 medesime.
   La  legge  delega  impone  al  Governo,  quindi, a parere di questo
 giudice,  nell'adempimento  degli  obblighi  di   recepimento   della
 normativa  comunitaria  di rispettare il sistema sanzionatorio penale
 gia' esistente, disponendo anzitutto testualmente che sia fatta salva
 l'applicazione delle norme penali vigenti (al momento della delega) e
 solo  subordinatamente,  come  e'  ben  chiarito   dall'inciso   "ove
 necessario"  il  ricorso a nuove sanzioni penali o amministrative per
 la creazione di  nuove  e  diverse  fattispecie  precedentemente  non
 sanzionate.
   Comunque, ribadisce il legislatore, con ulteriore limitazione della
 delega,  ove  non si possa fare riferimento a specifiche norme penali
 preesistenti per determinati comportamenti, "in ogni caso" in  deroga
 ai limiti previsti per le sanzioni nuove da introdurre con il decreto
 legislativo,  occorre  adottare  sanzioni  identiche  a  quelle  gia'
 comminate per violazioni omogenee e di pari offensivita'.
   Va detto ancora che la legge  delega  integra  queste  prescrizioni
 generali  con  quelle  specifiche (art. 36, lettere b) e c)) relative
 alla  tutela  ambientale,  nelle  quali  e'  espressamente   previsto
 "mantenimento  dei  livelli  di  protezione ambientale previsti dalla
 normativa nazionale ove  piu'  rigorosi  di  quelli  derivanti  dalla
 normativa   comunitaria";   il  che  e'  applicazione  del  principio
 pacificamente affermato dalla giurisprudenza comunitaria, che prevede
 come possibilita' di adozione o mantenimento  da  parte  dei  singoli
 Stati  di  norme sanzionatorie piu' rigorose rispetto alla disciplina
 comunitaria per la tutela della salute e dell'ambiente.
   Vi e' ancora sul punto lo  specifico  richiamo  nell'art.  2  della
 legge  delega  all'applicazione  di  sanzioni penali per la difesa di
 interessi generali tutelati dagli artt. 34 e 35, legge  n.  689/1981.
 Infatti,  se  si  analizza  il  contenuto dell'art. 34 della legge n.
 689/1981, si  rileva  che  tra  le  fattispecie  di  reato  sottratte
 all'epoca  alla depenalizzazione figurano, fra le altre, quelle poste
 dalla legge n. 319/1976, sulla tutela delle acque  dall'inquinamento,
 quelle  poste dalla legge n. 615/1966, sull'inquinamento atmosferico,
 nonche' quelle previste da leggi in materia urbanistica ed  edilizia.
 Il  legislatore  delegante  del  1994  ha  voluto dunque vincolare il
 Governo a presidiare con  sanzione  penale  quelle  fattispecie  che,
 nell'ambito  delle materie oggetto di legislazione delegata, dovevano
 considerarsi funzionali alla tutela di interessi dello stesso tipo di
 quelli tutelati  dalla  normativa  sull'inquinamento  delle  acque  e
 dell'aria  e sulla disciplina del territorio (oltre naturalmente agli
 altri interessi enucleabili dall'elenco contenuto nell'art. 34  della
 legge   n.  689/1981).  E'  evidente  che  gli  interessi  di  tutela
 ambientale protetti alla  disciplina  dei  rifiuti  sono  esattamente
 dello  stesso  tipo  di quelli tutelati dalle leggi sull'inquinamento
 idrico e atmosferico. Tanto piu' cio'  appare  incontestabile  se  si
 considera  che  all'epoca  dell'entrata  in  vigore  della  legge  n.
 689/1981 non sussisteva ancora la disciplina dei rifiuti  di  cui  al
 decreto  del  Presidente della Repubblica n. 915/1982 (che dunque non
 fu "materialmente" possibile includere nell'elenco di cui  al  citato
 art.  34)  e  che  la disciplina dei rifiuti - sia quella sino a poco
 tempo fa vigente, contenuta appunto nel decreto del Presidente  della
 Repubblica  n.  915/1982, sia quella recentissimamente introdotta dal
 decreto legislativo n. 22/1997  -  si  raccorda  e  collega  in  modo
 diretto  ed  esplicito con quella posta dalla legge sull'inquinamento
 delle acque (si vedano in proposito gli  artt.    2,  commi  6  e  7,
 lettera b), e 9, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica
 n.  915/1982 e l'art. 8, comma 1, lettera e), del decreto legislativo
 n.  22/1997).  Ma  vi  e'  di  piu': lo smaltimento incontrollato dei
 rifiuti  incide  sull'ambiente  in  tutte   le   sue   componenti   e
 frequentemente  colpisce,  in  modo diretto o indiretto, l'integrita'
 delle acque, sicche' la normativa che disciplina lo  smaltimento  dei
 rifiuti  e'  in  certa  misura  rilevante  anche  con  riguardo  alla
 protezione dall'inquinamento idrico. Ne consegue che il richiamo alla
 normativa sull'inquinamento delle acque contenuto nell'art. 34  della
 legge  n.  689/1981  non  poteva  che valere, nella prospettiva della
 legge n. 146/1994, anche per la normativa sui rifiuti.
   Ne' sembra fondato obiettare che,  facendo  riferimento  l'art.  2,
 lettera  d)  della  legge  n.  146/1994 alle infrazioni che "ledano o
 espongano a pericolo" gli interessi generali del tipo  di  quelli  di
 cui  all'art.  34,  legge  n.  689/1976,  dovevano  essere  munite di
 sanzione penale soltanto fattispecie  di  ordine  sostanziale  e  non
 anche   inadempimenti   di   carattere  formale,  come  quelli  della
 comunicazione annuale e della tenuta del registro dei rifiuti. Contro
 tale possibile obiezione occorre infatti osservare che l'attivita' di
 smaltimento  dei  rifiuti  (intendendo  in  senso  lato  il   termine
 smaltimento)  non  e' un'attivita' di per se' illecita e contrastante
 con l'interesse  alla  tutela  dell'ambiente  e  della  salute  della
 collettivita', ma lo diventa ove venga svolta al di fuori dei criteri
 tecnici  e  della  disciplina  giuridica  fissati dalle norme e dagli
 organi amministrativi. La  tutela  dell'interesse  protetto  si  basa
 dunque  sulle  verifiche  e  sui  controlli, preventivi e successivi,
 circa le modalita' di  "gestione"  dei  rifiuti  e  gli  obblighi  di
 comunicazione  annuale  e  di tenuta dei registri di carico e scarico
 costituiscono  uno  dei  momenti  importanti  di  tali  verifiche   e
 controlli.
   Vi  e' di piu'. L'art. 2, lettera d), legge n. 146/1994, enuncia un
 criterio direttivo valido per l'esercizio della delega  non  solo  in
 materia  di  rifiuti,  ma  anche  con riguardo ad altri ambiti. Se ne
 deduce che il "dosaggio" di sanzione amministrativa e sanzione penale
 non doveva necessariamente avvenire all'interno della disciplina  dei
 rifiuti,  bensi'  doveva  essere  operato  dal  Governo  con riguardo
 esclusivo alla natura degli interessi tutelati  nei  diversi  settori
 normativi.  La  legge  n.  146/1994  non  e'  stata dunque una delega
 diretta ad una parziale depenalizzazione delle fattispecie in tema di
 rifiuti.  Vale anzi osservare, all'opposto, che  lo  stesso  art.  2,
 lettera  d),  della legge in questione si chiude (come sopra e' stato
 riportato)  con  l'enunciazione  dell'obbligo  per   il   legislatore
 delegato  di  stabilire,  per  le  infrazioni  alle  disposizioni dei
 decreti emanandi,  "sanzioni  penali  o  amministrative  identiche  a
 quelle   eventualmente   gia'   comminate  dalle  leggi  vigenti  per
 violazioni che siano omogenee e di pari offensivita'".  Questo  forte
 richiamo   all'omogeneita'   normativa   sul   piano   sanzionatorio,
 quand'anche non si voglia  o  possa  interpretarlo  come  diretto  ad
 imporre  il  mantenimento  integrale  delle  fattispecie  penali gia'
 previste come tali nelle materie oggetto della delega e quindi  anche
 nel  campo  dei  rifiuti  (tesi sostenuta in via principale da questo
 giudice), doveva chiaramente valere ad impedire - in combinazione con
 il richiamo all'art. 34 legge n. 698/1981 -  alterazioni  del  quadro
 sanzionatorio  per  fattispecie  riconducibili alla medesima ratio di
 altre  contenute  in materie "vicine", non interessate dall'esercizio
 della delega.
   Ancora si deve osservare  che  l'art.  52,  comma  4,  del  decreto
 legislativo  n.  22/1997  (cui si e' fatto cenno gia' sopra) pone una
 sanzione amininistrativa attenuata per  i  casi  di  incompletezze  o
 inesattezze  meramente  formali  dei registri di carico e scarico dei
 rifiuti. Da cio'  si  desume  che  il  legislatore  delegato  non  ha
 attribuito  in via generale una rilevanza esclusivamente formale alle
 violazioni della disciplina  dei  registri  e  che  dunque  per  tali
 violazioni,  a  parte  le  suddette  ipotesi  attenuate,  non  doveva
 comunque prevedere una sanzione amministrativa, in ossequio a  quanto
 previsto  dal  criterio  direttivo  di  cui all'art. 2 della legge n.
 146/1994. In  mancanza  di  formulazione  di  ipotesi  attenuata  con
 riguardo   alle  omissioni  concernenti  l'obbligo  di  comunicazione
 annuale  al  catasto  dei  rifiuti,  si  deve  poi  desumere  che  il
 legislatore  delegato  abbia  valutato tali violazioni come aventi in
 ogni caso un disvalore non  meramente  formale  e  dunque  anche  per
 queste,  in  ossequio  al  pluricitato criterio direttivo, non doveva
 prevedere una sanzione amministrativa.
   Occorre inoltre  evidenziare  che  gli  obblighi  di  comunicazione
 annuale  e  di  tenuta  dei  registri  sono  disciplinati (come si e'
 precedentemente visto) dagli artt. 11 e 12 del decreto legislativo n.
 22/1997 tenendo conto delle dimensioni dell'attivita' di produzione e
 smaltimento dei rifiuti e della natura degli stessi,  con  esoneri  o
 semplificazioni  per  i  casi  di  minore  rilevanza. Anche da questa
 prospettiva si evince dunque  la  rilevanza  niente  affatto  formale
 delle  condotte  illecite  previste  dall'art.  52  e  la conseguente
 necessita' per  il  legislatore  delegato,  sempre  in  relazione  ai
 criteri  della  delega,  di  approntare  per  esse  sanzioni  penali,
 eventualmente fissando sanzioni amministrative per  i  soli  casi  di
 oggettiva  minore  rilevanza,  individuabili  sulla  base del tipo di
 omissione, della  dimensione  dell'attivita'  e  della  qualita'  dei
 rifiuti.  Non  puo' tacersi infatti che l'obbligo della comunicazione
 della qualita' e quantita' dei rifiuti prodotti e  della  tenuta  dei
 registri  di  carico e scarico e' depenalizzato anche per chi produce
 quantita' rilevanti di rifiuti e svolge  a  titolo  professionale  le
 operazioni di recupero e smaltimento, compresi quindi incenerimento e
 discarica,  per  quantita'  maggiori  di  una  tonnellata  di rifiuti
 pericolosi all'anno (al di sotto di tale soglia e' gia' prevista  una
 procedura  con termini semplificati - v. art. 12, comma 4 - con altra
 scelta rischiosa sotto il profilo del controllo).
   E' altresi' evidente che l'obbligo  di  comunicazione  dei  rifiuti
 prodotti,   trattati   o   smaltiti   in  discarica  dal  produttore,
 costituisce  la  necessaria  premessa  per  qualunque  controllo  sul
 destino  e  sulla  gestione dei rifiuti stessi, fatti, questi ultimi,
 penalmente sanzionati.  Se si sfornisce di sanzione penale  l'obbligo
 di  comunicazione,  e'  illogico  e contraddittorio ritenere di poter
 perseguire penalmente gli altri abusi e di poter regolarmente  curare
 tutte le operazioni di censimento, catasto, pianificazione del flusso
 dei  rifiuti.  Infine,  privando  gli organi inquirenti dell'iniziale
 informazione sulla violazione  delle  fattispecie  depenalizzate,  si
 ostacola  l'accertamento  delle  fattispecie  conseguenti  e  tuttora
 penalmente  sanzionate.  Cio'  in  contrasto  anche  con  i  principi
 generali indicati dall'art. 2 del decreto legislativo n. 22/1997, che
 sottolinea   la   necessita'  di  "assicurare  un'elevata  protezione
 dell'ambiente e controlli efficaci, tenendo conto della  specificita'
 dei  rifiuti pericolosi". Vi e' quindi un'irragionevole ed insanabile
 contraddizione tra queste finalita' fondamentali  del  decreto  e  la
 depenalizzazione   delle   fattispecie   che   di   questo  controllo
 costituiscono imprescindibile premessa. Del resto, la  stessa  Unione
 europea  prevede  espressamente  i  controlli sulla vita dei rifiuti,
 soprattutto  pericolosi,  "dalla  culla  alla  tomba",  sottolineando
 quindi la rilevanza di un controllo approfondito sin dall'origine del
 rifiuto stesso.
   La  scelta  di  depenalizzazione  qui  censurata  appare  quindi in
 evidente contrasto con il principio di ragionevolezza, ma anche,  nei
 suoi   riflessi   concreti,   con   l'effettiva  tutela  dei  diritti
 fondamentali alla salute e all'ambiente. E quanto ad irragionevolezza
 va ancora sottolineata la differenza di trattamento sanzionatorio fra
 le fattispecie di cui all'art. 52, commi 1  e  2,  e  quelle  di  cui
 all'art. 51, comma 1, con riferimento agli adempimenti previsti dagli
 artt.  30  -  33  dello  stesso  decreto  legislativo. Non e' infatti
 agevole giustificare la rilevanza esclusivamente  amministrativa  per
 le  prime ed invece penale per le seconde, dal momento che si tratta,
 in tutti i casi, di violazioni  concernenti obblighi  di  iscrizione,
 comunicazione,  registrazione  e  che  le  prime  fattispecie (quelle
 dell'art. 52, commi 1 e 2) non risultano certo di efficacia inferiore
 rispetto alle seconde al fine di  consentire  verifiche  e  controlli
 sulle  modalita'  di  gestione  dei  rifiuti  da  parte  dei  singoli
 operatori. Il tutto  sempre  tenendo  conto  dell'interesse  generale
 protetto  da  tali  norme,  che  e' sempre e comunque la salvaguardia
 dell'ambiente e della salute.
   Si osserva da ultimo, alla luce della  costante  giurisprudenza  di
 codesta  Corte,  che  la  violazione dei criteri di delega integra la
 violazione dell'art. 76 della Costituzione e che questioni,  come  la
 presente,   concernenti   le  c.d.  "norme  penali  di  favore"  sono
 ammissibili (cfr. sentenza n. 25 del 1994, che richiama la n. 148 del
 1983).
   Sulla base di quanto sopra evidenziato appare a questo pretore  non
 manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 52 del decreto legislativo n. 22/1997 per contrasto con gli
 artt. 76, 3, 9 secondo comma, 32,  della  Costituzione.  Ritenuta  la
 rilevanza  della  questione  per  la  definizione del procedimento in
 questione,  in  quanto  l'applicazione  dell'art.  52   del   decreto
 legislativo n.22/1997 e' determinante per la decisione in ordine alla
 responsabilita' penale degli imputati e che il giudizio sul punto non
 puo'   essere   definito   indipendentemente   dalla   questione   di
 legittimita' costituzionale innanzi prospettata, visti gli  artt.  1,
 legge  costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23, legge 1 marzo 1953,
 n. 87.
                               P. Q. M.
   Sospende il processo a carico di Scipione Camillo e Di Tillio  Nino
 Orazio;
   Dispone  che la presente ordinanza letta all'udienza sia notificata
 a cura della cancelleria al Presidente del Consiglio dei  Ministri  e
 comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     S. Valentino in A.C., addi' 9 aprile 1997
                           Il pretore: Cillo
 98C0077