N. 63 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 novembre 1997
N. 63 Ordinanza emessa il 7 novembre 1997 dal tribunale di Genova sulla richiesta di riesame proposta da Giacomini Mario Processo penale - Misure cautelari reali - Sequestro conservativo - Procedimento di riesame - Avviso dell'udienza camerale - Notificazione alla parte civile - Mancata previsione - Lesione del diritto di difesa. (C.P.P. 1988, artt. 318 e 324). (Cost., art. 24).(GU n.7 del 18-2-1998 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sulla richiesta di riesame formulata nell'interesse di Giacomini Mario avverso l'ordinanza del g.i.p. presso il tribunale di Genova, in data 6 ottobre 1997, con la quale e' stato disposto il sequestro conservativo sui beni immobili del predetto indagato (appartamento sito in Ferrara, via Messico, 6 con annesso box, nonche' quota di 1/4 di altro appartamento sito in Ferrara, piazza Corelli, 22 con annesso box auto); Premesso: che l'odierno istante (unitamente a Canova Renzo e Offidani Stefano) e' imputato nel medesimo procedimento in ordine al reato di cui agli artt. 61, n. 7, 110, 640 c.p. per avere, in concorso con i predetti, nell'ambito delle trattative per l'acquisto da parte di societa' amministrate dalla parte lesa Scarabicchi Umberto, delle quote della societa' RETEL S.r.l., posto in essere artifici e raggiri consistiti nell'assicurare al predetto che determinati finanziamenti bancari sarebbero stati prontamente pagati alla scadenza dal debitore principale e che, pertanto, l'assunzione di una serie di obbligazioni in garanzia non avrebbe comportato sostanziali rischi per il fideiussore (mentre i finanziamenti erano gia' stati revocati dagli istituti bancari a causa di gravi irregolarita'), inducendolo cosi' ad acquistare, nella sua qualita' di legale rappresentante della IN. GEN. S.r.l., per il prezzo di settecento milioni di lire la totalita' delle quote della RETEL S.r.l., nonche' a sottoscrivere fideiussioni con le quali si garantiva il pagamento dei debiti assunti dalla TELENIT (societa' in cui partecipava la RETEL) verso la Cassa di Risparmio di Ferrara fino all'ammontare di un miliardo e mezzo di lire (cosi' liberando gli originari garanti tra i quali l'Offidani), e a rilasciare al Canova un assegno bancario dell'importo di un miliardo di lire quale garanzia del pagamento da parte dello stesso Scarabicchi di eventuali debiti maturati dalla TELENIT verso il Credito Romagnolo in relazione a finanziamenti erogati da quest'ultimo, in Bologna e Ferrara tra la fine di luglio e l'inizio di agosto del 1991; Rilevato: che il g.i.p., in accoglimento delle richieste del difensore di parte civile e con il parere favorevole del p.m., richiamato il precedente provvedimento di questo tribunale che annullava un precedente sequestro conservativo sugli stessi beni "per insussistenza del requisito del periculum in mora" ha ravvisato nel caso in esame i presupposti per la concessione del provvedimento cuatelare richiesto sia sotto il profilo del fumus boni iuris (nei confronti dei proprietari dei beni vi e' stata richiesta di rinvio a giudizio ed e' in corso l'udienza preliminare), sia sotto quello del menzionato periculum (assumendo che tra il credito vantato dalla parte civile nei confronti degli imputati riguardante gli importi versati e le obbligazioni assunte per l'acquisto della "RETEL S.r.l." - complessivamente superiore ai 3 miliardi e 200 milioni costituiti dalle somme versate per l'acquisto, da un assegno in garanzia e dalle fideiussioni verso la Cassa di Risparmio di Ferrara tenuto conto degli interessi e della rivalutazione monetaria su tale cifra - e il patrimonio degli imputati - "due immobili con anneso box ed una quota pari a 1/4 di un altro immobile" - vi e' "certamente una notevole sproporzione" con la conseguenza che il patrimonio in questione "non puo' essere considerato sufficiente a garantire le obbligazioni derivanti dal reato..."); che, inoltre, il g.i.p. circa la "responsabilita' della Cassa di Risparmio di Ferrara", cui questo tribunale aveva fatto riferimento nel citato provvedimento (per affermare che nel caso di affermata penale responsabilita' del Giacomini il citato Istituto bancario, presso cui il predetto svolgeva funzione di responsabilita' dell'Ufficio fidi, sarebbe stato chiamato a rispondere del fatto illecito commesso dal proprio funzionario), ha osservato che la Cassa di Risparmio in questione non e' parte nel processo penale e la sua responsabilita' per il fatto illecito del Giacomini andrebbe accertata in un separato procedimento civile, con la conseguenza che la mera presenza del predetto istituto non puo' considerarsi una "garanzia attuale delle obbligazioni risarcitorie derivanti dal reato"; che il difensore dell'indagato, dopo avere eccepito la violazione del principio del ne bis in idem cautelare, non essendo stato impugnato il precedente provvedimento di questo tribunale e non essendo intervenuta modifica della situazione di fatto o di diritto posta a base della citata ordinanza, ha contestato la sussistenza del periculum in mora, con conseguente violazione dell'art. 316, comma 2, c.p.p., lamentando la mancata motivazione sul punto essendosi il g.i.p. limitato "a rilevare apoditticamente l'insufficienza dei patrimoni degli imputati rispetto alle obbligazioni da reato"; Ritenuto: che, in via preliminare e senza necessita' di entrare nel merito della decisione impugnata, puo' essere accolto il primo motivo di riesame collegato dalla difesa dell'odierno istante alla violazione da parte del g.i.p. del principio del ne bis in idem in ambito cautelare, essendosi fondatamente sostenuto che il giudice della misura ha emesso un provvedimento di identico tenore a quello precedentemente annullato e non impugnato, senza che nel frattempo fosse intervenuta alcuna modifica della situazione di fatto o di diritto (si v. sul punto in materia di vincolo endoprocessuale, tra le altre, Cass., sez. I, 14 maggio 1992, Benetton); che, infatti, da un lato e' pacifico che ne' il p.m. ne', ovviamente, i difensori degli indagati hanno impugnato in Cassazione la precedente ordinanza di accoglimento del riesame proposto nei riguardi dell'iniziale provvedimento di sequestro conservativo, e, dall'altro, pur avendo la cancelleria di questo tribunale attestato che l'ordinanza emessa in data 12 giugno 1997 (con la quale appunto era stato annullato il provvedimento del g.i.p. di sequestro conservativo a carico degli imputati Giacomini e Canova) non e' stata notificata al difensore della parte civile (che pure aveva presenziato all'udienza ed aveva partecipato alla discussione in camera di consiglio chiedendo la conferma dell'impugnato sequestro) avuto riguardo all'interpretazione che la Corte di cassazione (si v. SS.UU. 20 novembre 1996, ric. P.M. c. Bassi e SS.UU. 20 novembre 1996, ric. D'Ambrosio) ha dato in materia di partecipazione alle udienze camerali relative ai provvedimenti cautelari reali, l'impossibilita' per il predetto difensore di proporre eventuale ricorso avverso una decisione a lui contraria non esercita alcuna influenza in punto formazione del giudicato cautelare poiche', come la presenza alla discussione della parte civile (e del suo legale), ai sensi di legge, non era necessaria ai fini della regolarita' della procedura, cosi' neppure vi era alcun obbligo di notifica dell'ordinanza emessa da questo Collegio; che, quanto al presupposto richiesto dalla suprema Corte per la formazione del c.d. giudicato cautelare, vale a dire non essere mutata la situazione di fatto e di diritto, esso sussiste atteso che sul piano processuale - come era gia' accennato nella prima parte della motivazione - e' tutt'ora in corso l'udienza preliminare e, in particolare, non si e' ancora concluso l'incidente probatorio disposto dal g.i.p. che ha conferito perizia contabile, mentre in un punto di diritto l'ordinanza del g.i.p. non fa riferimento a nuovi elementi o a nuovi argomenti riproponendo nella sostanza il contenuto del precedente provvedimento; che, in considerazione di quanto sopra esposto, deve essere accolto l'odierno riesame con conseguente annullamento del provvedimento di sequestro conservativo impugnato, essendosi formato un vincolo processuale sull'ordinanza di questo Collegio in data 12 giugno 1997, ostativo all'emissione di un nuovo provvedimento in mancanza di una modifica della situazione di fatto esistente al momento della pronuncia in sede di esame; che, tuttavia, poiche' in occasione del presente riesame, come sopra e' specificato, non si era proceduto alla documentazione dell'odierna udienza al difensore di parte civile in ossequio al citato orientamento della Sezioni Unite laddove e' stato, tra l'altro, espressamente affermato il principio che, per le udienze camerali relative ai provvedimenti cautelari reali, l'art. 324 del codice di rito prevede esclusivamente la notifica dell'avviso dell'udienza di riesame al difensore (cio' in ogni caso) e all'indagato soltanto quando lo stesso abbia proposto l'istanza di riesame - ed infatti, pur non riferendosi le pronunce citate a fattispecie di sequestro conservativo, il principio di diritto affermato non poteva che intendersi nel senso dell'esclusione dell'avviso dell'udienza di riesame alla parte offesa costituitasi parte civile e al suo difensore posto che il sequestro di cui all'art. 316 c.p.p. rientra a pieno titolo tra le misure cautelari - sembra a questo Collegio che sio' abbia comportato un'ingiustificata compressione del diritto di difesa spettante alla parte lesa costituita parte civile; che, in altre parole, e' opinione di questo Collegio che la attuale inevitabile connessione normativa tra l'art. 324 c.p.p. (in tema di impugnazioni delle misure cautelari reali) e l'art. 318 c.p.p. (specificamente riguardante il sequestro conservativo) determini forti dubbi sulla ragionevolezza del regime normativo in esame, appunto laddove esso deve intendersi esteso (come la stessa suprema Corte sembra affermare) anche ai riesami proposti avverso i provvedimenti ex art. 316 c.p.p. i quali hanno un contenuto ed un fondamento del tutto diverso da quelli che sorreggono il sequestro e quello preventivo; che, infatti, il sequestro conservativo e' istituto proprio del diritto processuale civile (artt. 671 e segg. c.p.c.) - finalizzato, come noto, ad evitare che il creditore possa perdere la garanzia del credito da lui vantato - introdotto nel processo penale (si v. la dizione del nuovo art. 316, secondo comma, c.p.p.) al fine di facilitare e di rendere per quanto possibile piu' spedita la conservazione delle garanzie patrimoniali sui beni del debitore-imputato, a favore del creditore costituito parte civile, ove esista un "fondato timore" che esse "manchino o si disperdano"; che, nel caso in esame, la parte civile ritualmente costituita nel processo - la quale, come si e' detto, aveva ottenuto dal g.i.p. con parere favorevole del p.m. procedente, il provvedimento di sequestro conservativo - in forza dell'esistente quadro normativo si e' visto negata la possibilita' di partecipare all'udienza odierna e, quindi, di proporre al Collegio giudicante gli argomenti a favore del mantenimento della misura cautelare ottenuta; che, nell'impossibilita' di un'interpretazione adeguatrice del regime normativo costituito dagli artt. 318, 324 c.p.p., la quale andrebbe necessariamente a cozzare con il principio di diritto espresso a sezione unite dalla Corte di cassazione, ravvisa questo tribunale un dubbio sulla costituzionalita' (oltre che sulla razionalita') della normativa di cui sopra da sottoporsi al giudice delle leggi apparendo violato il diritto di difesa (che ingloba in se' il diritto alla tutela della pienezza del contraddittorio) sancito dall'art. 24 Cost.; in proposito puo' aggiungersi che la violazione del principio costituzionale appare ulteriormente evidente se si pone mente a quella giurisprudenza di legittimita' (si v. Cass., 9 ottobre 1992, cit.) secondo cui il p.m. non e' legittimato a proporre ricorso avverso l'ordinanza del tribunale della liberta' che verte in tema di sequestro conservativo richiesto dalla parte civile a tutela delle proprie ragioni creditorie.
P. Q. M. Visti gli artt. 318 e 324 del c.p.p. annulla l'ordinanza del g.i.p. presso il tribunale di Genova in data 6 ottobre 1997 che ha disposto il sequestro conservativo dei beni immobili (meglio specificati nella presente ordinanza) di proprieta' di Giacomini Mario, stante l'esistenza del giudicato cautelare formatosi sulla pronuncia di questo tribunale in data 12 giugno 1997 relativa al medesimo oggetto; Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 97, dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del coordinato disposto dagli artt. 318 e 324 c.p.p., per contrasto con l'art. 24 della Costituzione nella parte in cui non prevede che, in caso di sequestro conservativo, l'avviso dell'udienza camerale fissata per il riesame dell'ordinanza che ha disposto la misura cautelare reale in questione, sia notificato anche alla parte civile; Ordina la sospensione del presente procedimento incidentale e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, disponendo che la cancelleria provveda a notificare il presente provvedimento all'imputato, al suo difensore, al p.m. ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, dandone comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Genova, addi' 7 novembre 1997 Il presidente: Martinelli Il giudice est.: Mazza Galanti 98C0115