N. 94 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 dicembre 1997

                                 N. 94
  Ordinanza  emessa  il  9  dicembre 1997 dal tribunale di Trieste nel
 procedimento penale a carico di Arcidiacono Renato ed altri
 Processo penale - Dibattimento - Valutazione delle prove -  Modifiche
    normative     -    Disciplina    transitoria    -    Dichiarazioni
    predibattimentali  rese  ai  sensi  dell'art.   513   del   c.p.p.
    previgente  -  Mancata previsione di efficacia probatoria nel caso
    in cui non sia stata disposta, prima dell'entrata in vigore  della
    novella,   la   lettura  dei  verbali  di  dette  dichiarazioni  -
    Irragionevolezza  -  Lesione  del  principio  di  buon   andamento
    dell'amministrazione della giustizia - Violazione del principio di
    indipendenza del giudice.
 (Legge 7 agosto 1997, n. 267, art. 6, comma 2).
 (Cost., artt. 3, 97, primo comma e 101, secondo comma).
(GU n.9 del 4-3-1998 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza nel procedimento penale n.
 154/97  r.g.  trib.  contro  Arcidiacono  Renato,  Specogna  Giuseppe
 Romano,  Donada  Marino  e Lo Giudice Luigi, imputati di concorso nei
 reati di cui agli artt. 319, 319-bis, 323, 353, del c.p., n. 7  della
 legge 2 maggio 1974, n. 195 e 4 della legge 18 novembre 1981, n. 659.
                           Premesso in fatto
   All'udienza   dibattimentale   del  24  giugno  1997  il  tribunale
 ammetteva l'esame ai sensi dell'art. 513, comma 2, c.p.p.  nel  testo
 previgente  alla  riforma introdotta con legge 7 agosto 1997, n. 267,
 di Riccesi Ennio, Tarquini Giorgio, Muner Elio, Longo  Bruno,  Pivato
 Adriano,  Petrucco  Paolo,  Visentin Giuliano, Biasutti Adriano, Pase
 Sergio, Bennati Giancarlo, Modesti Paolo, Del Monaco Doriano, Cimolai
 Luigi, Albonico Roberto, Presotto Franco,  Zamparini  Dino  e  Polese
 Ruggero  in qualita' di imputati di reato connesso, nei cui confronti
 si era proceduto separatamente.
   Alla successiva udienza  dell'8  luglio  1997  comparivano  i  soli
 Riccesi,   Tarquini,  Muner,  Longo,  Pivato,  Petrucco,  Biasutti  e
 Visentin i quali si avvalevano della facolta' di non rispondere.
   Conseguentemente, il tribunale disponeva, su  richiesta  del  p.m.,
 l'acquisizione  e la lettura, a norma del predetto art. 513, comma 2,
 c.p.p., dei verbali degli interrogatori dai medesimi resi in sede  di
 indagini preliminari.
   All'udienza  del  14 ottobre 1997, destinata all'esame dei restanti
 imputati  di  reato  connesso  in   precedenza   non   comparsi,   si
 presentavano  i  soli  Pase  Sergio, Cimolai Luigi, Albonico Roberto,
 Presotto Franco, Zamparini Dino e Polese Ruggero i quali parimenti si
 avvalevano della facolta' di non rispondere.
   Mancando l'accordo delle parti, la richiesta del p.m. di  procedere
 alla  lettura,  ai  sensi  del sopravvenuto art. 513, comma 2, c.p.p.
 dei  verbali  delle  dichiarazioni  dei  predetti   imputati   veniva
 respinta, mentre trovava accoglimento, ai sensi dell'art. 6, comma 2,
 legge  7  agosto  1997,  n.  267,  quella  della  difesa diretta alla
 citazione per nuovo esame degli imputati gia'  esaminati  all'udienza
 dell'8 luglio 1997.
   Quest'ultimi,  comparsi all'udienza del 24 ottobre 1997 con la sola
 eccezione del Muner e del Visentin,  ribadivano  la  loro  precedente
 scelta processuale.
   Analogo  atteggiamento  teneva  all'udienza  del  5  novembre  1997
 l'imputato Bennati ed a quella del 22 novembre  1997  l'imputato  Del
 Monaco, esaminato a domicilio a causa di infermita'.
   All'udienza   del   9  dicembre  1997  il  p.m.  preso  atto  delle
 determinazioni del  Collegio  sulle  proprie  richieste  istruttorie,
 sollevava  eccezione,  peraltro  gia'  prospettata all'udienza del 14
 ottobre 1997, di illegittimita' costituzionale degli artt. 513, comma
 2, c.p.p. e 6 legge 7 agosto 1997, n.  267,  per  contrasto  con  gli
 artt. 3, 24, 97, 101, 111 e 112 della Costituzione nella parte in cui
 non  consentono,  nella  fase  transitoria  della legge, "il recupero
 delle prove" assunte nella fase delle indagini preliminari.
   In  particolare,  non  potendosi  far   applicazione,   quanto   ai
 dichiaranti  esaminati dopo l'entrata in vigore della citata legge n.
 267 del 1997, della  disciplina  risultante  dal  combinato  disposto
 dell'art.    6, commi 2 e 5, della legge, il quale presuppone la gia'
 avvenuta lettura nel giudizio di primo grado  in  corso  dei  verbali
 delle  dichiarazioni  rese ai sensi del previgente art. 513, comma 2,
 c.p.p. ne' essendo consentito al p.m. l'esercizio della  facolta'  di
 cui  all'art.  392  c.p.p.,  siccome  riservata dall'art. 6, comma 1,
 della legge  alla  sola  fase  delle  indagini  preliminari,  la  pur
 limitata  efficacia  probatoria  prevista  dal comma 5 verrebbe fatta
 irrazionalmente dipendere, secondo l'assunto del p.m., da un dato del
 tutto occasionale ed estrinseco, quale  quello  legato  alle  cadenze
 temporali   del  dibattimento,  spesso  del  tutto  svincolate  dalla
 volonta' delle parti.
                        Considerato in diritto
   Ritiene il Collegio che, ricorrendo i requisiti della  rilevanza  e
 non   manifesta   infondatezza   della   questione   di  legittimita'
 costituzionale prospettata dal p.m., essa  dev'essere  sollevata  con
 ogni conseguente provvedimento.
   Appare,  anzitutto,  sicuramente  sussistente  il  requisito  della
 rilevanza,  essendo  evidente  che   un'eventuale   declaratoria   di
 illegittimita'   costituzionale   della  normativa  eccepita,  ed  in
 particolare del ricordato disposto dell'art. 6, comma 2, legge n. 267
 del 1997, nella parte in cui fa dipendere la pur  limitata  efficacia
 probatoria delle dichiarazioni rese ai sensi del previgente art. 513,
 comma  2,  c.p.p.  dalla  gia'  eseguita  lettura  di  esse  in  fase
 dibattimentale, consentirebbe l'utilizzazione ai fini  decisori,  pur
 con  le  limitazioni  segnate  dal  comma  5, anche dei verbali delle
 dichiarazioni di cui, alla data di  entrata  in  vigore  della  nuova
 normativa,   non   era   stata   ancora   data   lettura,  altrimenti
 inutilizzabili per effetto del mancato consenso alla lettura espresso
 dalla difesa ai sensi del sopravvenuto art. 513, comma 2, c.p.p.   In
 contrario,  non  varrebbe  addurre  che  tale  negativa  eventualita'
 avrebbe potuto essere ovviata mediante  ricorso  da  parte  del  p.m.
 alla  procedura  di  cui all'art. 6, comma 1, citata legge n. 267 del
 1997.
   Invero,  anche  ad  ammettere  che  il   ricorso   alla   procedura
 dell'incidente  probatorio  non  sia  limitato  alla  sola fase delle
 indagini preliminari ma sia esperibile anche in sede  dibattimentale,
 non  resterebbe  per  tale  via superata l'incongruenza lamentata dal
 pubblico ministero
   Ed,  infatti,  nell'ipotesi  di  rinnovato   esercizio   da   parte
 dell'imputato di reato connesso in sede di incidente probatorio della
 facolta'   di   non   rispondere   resterebbe,   comunque,   preclusa
 l'applicazione della disciplina  probatoria  introdotta  dalla  norma
 transitoria.
   Sotto  il  diverso profilo della non manifesta infondatezza, sembra
 al Collegio che  il  far  dipendere  l'applicazione  del  particolare
 regime probatorio di cui all'art. 6, comma 5, citato legge n. 267 del
 1997  da  un dato del tutto casuale, quale quello della gia' avvenuta
 lettura dei verbali delle dichiarazioni rese ai sensi del  previgente
 art.    513,  comma  2,  c.p.p.  (alcuni  imputati  non  hanno inteso
 comparire all'udienza dibattimentale dell'8 luglio 1997  fissata  per
 il  loro esame, altri sono stati a cio' impossibilitati per legittimo
 impedimento)   contrasta   con   i   criteri   di   razionalita'    e
 giustificatezza  sottesi  al  principio  costituzionale d'eguaglianza
 sancito dall'art. 3, primo comma della Costituzione.
   La normativa in esame appare altresi' in conflitto, da un lato, con
 l'esigenza del "buon andamento" dell'amministrazione della  giustizia
 ed,  in  particolare,  con quella dell'efficienza del processo penale
 (art.  97,  primo  comma  della  Costituzione),  dall'altro  con   il
 principio  che  vuole  il  giudice  soggetto solo alla legge, laddove
 invece   nell'attuale   assetto   dell'istituto   l'esercizio   della
 giurisdizione resta di fatto assoggettato alle scelte incontrollabili
 degli imputati di reato connesso (art. 101 della Costituzione).
   Si  impone,  pertanto,  ad  avviso  del Collegio, un intervento del
 giudice delle leggi diretto ad assicurare uniformita' di trattamento,
 in ordine al particolare regime  probatorio  delineato  dall'art.  6,
 comma  5, della legge, a tutti i procedimenti pervenuti alla fase del
 giudizio, anche al fine di garantire,  pur  nei  limiti  segnati  dal
 comma  5,  le  scelte  processuali  effettuate dal p.m. nella vigenza
 dell'abrogata disciplina processuale.
   Consegue la sospensione del processo e la trasmissione  degli  atti
 alla Corte costituzionale per il giudizio.
                               P. Q. M.
   Visti  gli  artt. 134 della Costituzione e 23 della legge n. 87 del
 1953, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione
 di  legittimita'  costituzionale dell'art. 6, comma 2, legge 7 agosto
 1997, n. 267 per contrasto con gli artt. 3, 97, primo comma,  e  101,
 secondo comma, della Costituzione;
   Dispone    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e la sospensione del presente procedimento;
   Ordina che la presente ordinanza sia notificata al  Presidente  del
 Consiglio  dei  Ministri  e comunicata ai Presidenti delle due Camere
 del Parlamento.
     Cosi' deciso in Trieste, addi' 9 dicembre 1997
                      Il presidente est.: Trampus
 98C0157