N. 33 ORDINANZA 23 - 26 febbraio 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo   penale   -  Rito  abbreviato  richiesto  dall'imputato  -
 Esperibilita'  subordinata  al  consenso  del  p.m.  -  Esigenza   di
 riferimento  alla  sentenza  della Corte n. 81 del 1991 e alla n. 284
 del 1990 - Discrezionalita' legislativa - Manifesta infondatezza.
 
 (C.P.P., art. 438).
 
 (Cost., artt. 3 e 24, secondo comma, 25 e 101, secondo comma).
 
(GU n.9 del 4-3-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,    prof.
 Cesare  MIRABELLI,    prof. Fernando SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,    dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,   prof. Carlo MEZZANOTTE,   avv.
 Fernanda CONTRI, prof. Guido  NEPPI  MODONA,    prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI,  prof.  Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 438 del codice
 di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 25  marzo  1997
 dalla  Corte d'appello di Trieste nel procedimento penale a carico di
 Vitiello Raffaele, iscritta al n. 347 del registro ordinanze  1997  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 25, prima
 serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 14 gennaio 1998 il giudice
 relatore Gustavo Zagrebelsky;
   Ritenuto che con ordinanza del 25 marzo 1997 emessa nel corso di un
 giudizio penale la  Corte  d'appello  di  Trieste  ha  sollevato,  in
 riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, 25 e 101, secondo comma,
 della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
 dell'art.  438 cod. proc. pen., nella  parte  in  cui  "subordina  al
 consenso  del  pubblico ministero l'esperibilita' del rito abbreviato
 chiesto dall'imputato";
     che il rimettente riferisce che nel  corso  del  procedimento  di
 primo  grado  il  giudice  aveva  respinto,  stante  il  dissenso del
 pubblico ministero, la richiesta  di  giudizio  abbreviato  formulata
 dall'imputato  e  aveva  altresi' rigettato un'eccezione del medesimo
 relativa all'incostituzionalita' della disciplina del  rito  speciale
 nella   parte   in  cui  stabilisce  l'insindacabilita'  del  diniego
 dell'organo di accusa; che la pronuncia  dibattimentale  di  condanna
 resa dal giudice di primo grado era appellata dall'imputato, il quale
 riproponeva,  tra  i  motivi  di impugnazione, l'eccezione anzidetta,
 alla quale ritiene ora di dare seguito il giudice di appello,  previa
 affermazione  della  rilevanza  della  questione, il cui accoglimento
 determinerebbe, a norma dell'art. 442 cod. proc.  pen., la  riduzione
 di un terzo della pena applicabile;
     che  ad avviso della Corte d'appello la necessita', per l'accesso
 al  giudizio  abbreviato,  del  consenso   del   pubblico   ministero
 attribuisce  a  quest'ultimo un insindacabile potere di veto, tale da
 influire in modo incontrollabile  sulla  determinazione  della  pena;
 compito, questo, che il codice e ancor prima la Costituzione affidano
 al giudice;
     che  l'attribuzione  di un siffatto potere risulta, ad avviso del
 rimettente, in contrasto: a) con l'art.  3  della  Costituzione,  per
 ingiustificata  possibilita'  di  trattamento  differenziato  di casi
 analoghi, in quanto  dedotti  in  procedimenti  trattati  da  diversi
 pubblici   ministeri;   b)   con  l'art.  24,  secondo  comma,  della
 Costituzione, per la violazione del diritto di difesa; c) con  l'art.
 25  della  Costituzione,  per  la  lesione  del principio del giudice
 naturale e d) con l'art.  101, secondo comma, della Costituzione, per
 la soggezione del giudice alla volonta' del pubblico ministero invece
 che soltanto alla legge;
     che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  che  ha  concluso  per  l'inammissibilita'  o  comunque   per
 l'infondatezza della questione;
   Considerato   che  la  Corte  d'appello  rimettente  prospetta  una
 dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 438  cod.  proc.  pen.
 che elimini dai presupposti di ammissibilita' del giudizio abbreviato
 il  consenso del pubblico ministero, cosi' da superare una disciplina
 che, ad avviso della Corte stessa, accorda all'organo  di  accusa  un
 insindacabile   potere  di  "veto"  sull'esperibilita'  del  giudizio
 speciale, con le conseguenze sostanziali che ne derivano;
     che questa Corte con la sentenza n.  81  del  1991  -  menzionata
 dallo  stesso  giudice  a  quo  -  ha introdotto nella disciplina del
 giudizio  abbreviato  il  controllo  del  giudice  sul  dissenso  del
 pubblico  ministero,  come  garanzia  rispetto a un possibile diniego
 ingiustificato, e ha indicato al contempo - ricavandolo dal sistema -
 il criterio alla cui stregua verificare la legittimita' del dissenso,
 cioe'  la  definibilita'  del  processo  allo   stato   degli   atti,
 conseguentemente  riconoscendo  al  giudice  del  merito il potere di
 applicare la riduzione di un  terzo  della  pena  quando  il  mancato
 consenso risulti ingiustificato;
     che  nell'anzidetta  riconfigurazione dello schema procedimentale
 del rito  speciale  i  dubbi  di  costituzionalita'  prospettati  dal
 rimettente  perdono  rilievo, poiche' il sindacato del giudice, anche
 dell'impugnazione,  sulla  legittimita'  del  diniego  del   giudizio
 abbreviato  consente  di  applicare all'imputato la riduzione di pena
 quando la mancata trattazione del processo nella forma abbreviata sia
 dipesa da un dissenso ingiustificato dell'accusa, cosi' da  escludere
 che   possano   ravvisarsi   gli   inconvenienti   e   le  arbitrarie
 differenziazioni tra imputati, lamentati dal giudice a quo;
     che la richiesta di eliminazione del presupposto del consenso del
 pubblico ministero ai fini dello svolgimento del giudizio  abbreviato
 risulterebbe  d'altra  parte eccessiva e impropria allo stato attuale
 della  disciplina,  in  quanto  equivarrebbe  alla  possibilita'   di
 adottare  un  rito  speciale  contro  le  determinazioni del pubblico
 ministero e sulla base della sola volonta' dell'imputato, espressa in
 funzione dei propri interessi  di  difesa,  possibilita'  che  questa
 Corte  ha  ravvisato  come  non  coerente  con il disegno attuale del
 processo penale (sentenza n. 81 del 1991 citata; sentenza n. 284  del
 1990);
     che  inoltre questa Corte ha sottolineato come la pura e semplice
 eliminazione del presupposto  del  consenso  del  pubblico  ministero
 verrebbe    a    determinare    ulteriori    disarmonie   di   dubbia
 costituzionalita' nel sistema, poiche' alla  perdita,  per  l'accusa,
 della  facolta'  di  interloquire  sulla  scelta  del rito dovrebbero
 accompagnarsi una nuova disciplina sull'esercizio  del  diritto  alla
 prova  e una modifica delle limitazioni alla facolta' di impugnazione
 (sentenze n. 442 del 1994  e  n.  92  del  1992),  secondo  scelte  e
 soluzioni  che  sono  affidate  al legislatore, cui piu' volte questa
 Corte ha d'altra parte indirizzato l'invito a provvedere al riguardo;
     che pertanto la questione deve essere  dichiarata  manifestamente
 infondata, sotto ogni profilo.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale   dell'art.   438  del  codice  di  procedura  penale,
 sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, 25 e  101,
 secondo  comma, della Costituzione, dalla Corte d'appello di Trieste,
 con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 1998.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Zagrebelsky
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 26 febbraio 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 98C0206