N. 124 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 dicembre 1997
N. 124 Ordinanza emessa il 19 dicembre 1997 dal tribunale di Pistoia nel procedimento penale a carico di Strumiello Donato ed altri Processo penale - Dibattimento - Esame di coimputato - Lettura dei verbali contenenti le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari - Preclusione per il giudice di utilizzabilita' di tali dichiarazioni nei confronti di altri senza il loro consenso - Lamentata mancata conservazione di materiale probatorio gia' acquisito - Disparita' tra le parti processuali - Illogica differenziazione rispetto al regime delle dichiarazioni testimoniali - Violazione del principio della personalita' della responsabilita' penale - Processo penale - Dibattimento - Valutazione delle prove - Modifiche normative - Disciplina transitoria - Utilizzabilita' (nei limiti di valutazione probatoria previsti) delle dichiarazioni predibattimentali rese da un coimputato nei confronti di altri - Applicabilita' per tutti i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della novella - Mancata previsione - Disparita' di trattamento tra situazioni identiche a seconda se sia stata gia' disposta o meno la lettura dei verbali contenenti dette dichiarazioni. (C.P.P. 1988, art. 513, comma 1; legge 7 agosto 1997, n. 267, art. 6, comma 2). (Cost., artt. 3, primo comma e 27, primo comma).(GU n.10 del 11-3-1998 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza all'udienza del 19 dicembre 1997 nel processo a carico di Strumiello Donato, Baldassarri Marco e Casini Giacomo. Visti gli atti del processo a carico di Strumiello Donato, Baldassarri Marco e Casini Giacomo imputati del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale commessa in concorsa tra di loro, rilevato che, essendo contumace il Casini, il p.m. ha chiesto, alla udienza del 17 ottobre 1997 la acquisizione per lettura delle sue dichiarazioni rese nella fase delle indagini preliminari (verbale del 4 maggio 1993 dinanzi alla p.g. delegata dal p.m.) e che i difensori degli altri imputati non hanno acconsentito alla utilizzazione di tali dichiarazioni nei loro confronti, cosicche', ai sensi dell'art. 513.1 cpp., quelle dichiarazioni sono inutilizzabili nei riguardi dei coimputati Baldassarri e Strumiello; rilevato che le dichiarazioni del Casini, dipendente della S.r.l. Kovest fallita, appaiono rilevanti sotto il profilo probatorio nel giudizio di responsabilita' dei coimputati Baldassarri e Strumiello, amministratori di diritto della societa' in momenti diversi della fase conclusiva della sua vita; rilevato che il p.m. ha chiesto che venga sollevata la questione di incostituzionalita' dell'art. 513.1 cpp e che le altre parti hanno concluso in senso opposto, osserva quanto segue. E' applicabile al caso di specie l'art. 513 cpp e, non, la disciplina transitoria prevista dall'art. 6.1 della legge n. 267 del 7 agosto 1997, giacche' il decreto di rinvio a giudizio e' anteriore alla data di entrata in vigore della legge, e nemmeno quella prevista dall'art. 6.2, atteso che non ricorrono le condizioni ivi previste, nel senso che alla data di entrata in vigore della legge il giudizio era si' in corso, ma non era stata ancora lettura delle dichiarazioni predibattimentali dell'imputato Casini, contumace. Cio' premesso ritiene il tribunale non manifestamente infondata la questione di incostituzionalita' della disposizione sotto diversi profili. Per valutare la questione occorre riferirsi ai principi applicati dalle sentenze della Corte costituzionale n. 254 e 255 del 1992. Con la prima sentenza la Corte dichiaro' la illegittimita' costituzionale dell'originario art. 513.2 cpp rilevando una irrazionale diversita' di disciplina della prova in casi simili, a seconda che si fosse proceduto, nella stessa situazione di fatto, con processo cumulativo o con processi separati; infatti in questo secondo caso la disciplina della utilizzabilita' delle dichiarazioni predibattimentali di chi, avendone la facolta', non si sottoponeva all'esame era, senza alcuna ragione, piu' restrittiva di quella prevista per il processo cumulativo. Nel modificare la disciplina, il legislatore ha reso omogenee le due norme prevedendo, in sostanza, che nel processo cumulativo cosi' come in quelli separati la utilizzazione di quelle dichiarazioni e' consentita solo se vi e' il consenso della parte cui il contenuto delle dichiarazioni si riferisce: poiche', nel primo caso, la dichiarazione predibattimentale di ciascuno degli imputati, che si avvalga della facolta' di non sottoporsi all'esame, non puo' non essere letta si prevede un divieto di utilizzazione nei confronti degli altri senza il loro consenso; nel secondo caso, senza tale consenso, il verbale delle dichiarazioni predibattimentali non puo' nemmeno essere acquisito per lettura e non entra nemmeno a far parte del fascicolo del dibattimento. Si tratta di modalita' tecnicamente diverse, con uno stesso sostanziale risultato. In realta', ad un esame piu' attento, (lo si rileva solo in via incidentale giacche' il caso qui non ricorre) non sfugge una residua diversita' di disciplina giuridica, per i casi simili del coimputato divenuto irreperibile e dell'imputato in altro procedimento connesso o collegato che si trova nella stessa situazione sostanziale e che, quindi, non puo' essere esaminato per fatti imprevedibili al momento della dichiarazione, giacche', nel primo caso, per la utilizzazione delle sue dichiarazioni predibattimentali occorre comunque il consenso delle altre parti e, nel secondo caso, si puo' dare comunque lettura ex art. 512 cpp. Stante, quindi, la attuale identita' di disciplina (salva la particolare eccezione or ora rilevata) la dichiarazione di incostituzionalita' dell'originario art. 513.2 cpp non ha di per se' rilievo. Peraltro nella sentenza n. 254 del 1992 la Corte, pur dovendo esaminare la questione sotto il profilo della irrazionale diversita' di disciplina per casi identici, ha individuato nella esigenza di evitare la "perdita, ai fini della decisione, di quanto acquisito prima del dibattimento e che sia irripetibile in tale sede" un principio processuale penale di rango costituzionale, cui quindi il legislatore si deve attenere, pur dovendolo contemperare con l'altro principio-guida del processo, quello della oralita' e della formazione della prova la' dove si realizza pienamente il contraddittorio, nella sede dibattimentale. Questo principio, cosi' individuato, e' stato poi precisato dalla Corte nella coeva sentenza, relativa alla questione di costituzionalita' dell'art. 500.4, in materia di esame testimoniale. In quel caso e' stato il criterio fondamentale su cui si e' fondata la pronuncia di incostituzionalita', cosicche' e' utile ripercorrere il ragionamento della Corte. In primo luogo si afferma nella sentenza che "fine primario ed ineludibile del processo penale non puo' che rimanere quello della ricerca della verita'" ("e' appena il caso di ricordarlo", soggiunge la Corte e l'inciso e' molto significativo dell'importanza di quel principio, della sua immanenza nel processo penale tanto che e' sufficiente solo accennarne), cosicche' "l'oralita', assunta a principio ispiratore del nuovo sistema, non rappresenta, nella disciplina del codice, il veicolo esclusivo di formazione della prova nel dibattimento", "di guisa che in taluni casi in cui la prova non possa, di fatto, prodursi oralmente e' dato rilievo, nei limiti e alle condizioni di volta in volta indicate, ad atti formatisi prima e al di fuori del dibattimento". In secondo luogo si evidenziano tutti gli istituti processuali che applicano il principio di non dispersione dei mezzi di prova e che derogano chiaramente al principio della oralita' e della immediatezza dibattimentale, che (continua cosi' la Corte) non sono regole assolute, bensi' criteri-guida del nuovo processo, e tendono a contemperare il rispetto del metodo orale con l'esigenza di evitare la perdita, ai fini della decisione, di quanto, acquisito prima del dibattimento, sia divenuto non ripetibile. In terzo luogo tra gli istituti processuali anzidetti si richiama anche quello regolato nell'originario art. 513 cpp. A sostegno della incostituzionalita' dei limiti di utilizzabilita' delle dichiarazioni utilizzate per le contestazioni nel corso dell'esame testimoniale, la Corte in quella pronuncia trae argomento proprio dall'acquisibilita', tra gli altri atti, dei verbali delle dichiarazioni del coimputato o dell'imputato in procedimento connesso o collegato che, esaminato nella fase delle indagini, si sia avvalso della facolta' di non rispondere nel dibattimento. Cosi' si legge nella sentenza della Corte: "se ... e' possibile dare lettura in dibattimento (e quindi utilizzare ai fini della decisione) di dichiarazioni rese precedentemente ....... dal coimputato che si avvale della facolta' di non rispondere" e di dichiarazioni rese da altri (teste irreperibile, teste deceduto, teste che rifiuti di rispondere, dall'imputato che afferma cose diverse) non e' ragionevole non utilizzare le dichiarazioni predibattimentali del testimone, gia' entrate nel contraddittorio dibattimentale attraverso il veicolo delle contestazioni. Ora, con la nuova disciplina, proprio uno dei casi presi in considerazione dalla Corte nella sua sentenza come oggetto di comparazione risulta regolato in modo totalmente diverso. Cio' comporta, a giudizio di questo tribunale, due profili di irrazionalita'. Il primo e' quello della violazione del principio di conservazione di quanto acquisito prima del dibattimento. Tale principio, come ha insegnato la Corte, e cosi', del resto, ogni bene o diritto costituzionale tutelato, va contemperato con altri confliggenti principi di pari grado: e principalmente con quello della garanzia difensiva nella formazione della prova. Ma la nuova disciplina, perseguendo soltanto quest'ultimo, non contempera i due valori costituzionali ed esclude tout court dal materiale probatorio le iniziali dichiarazioni del coimputato o degli altri soggetti indicati nell'art. 210 cpp. Nonostante che - ed ancora una volta il richiamo e' alla motivazione della sentenza Corte cost. n. 254/1992 - "le dichiarazioni in esame sono soggette ad un canone valutativo particolare ... (art. 192.3 e 4 cpp), il quale, nel momento in cui circonda di cautela tali mezzi di prova, evidenzia allo stesso tempo ancor piu' la irragionevolezza di ipotesi.... di assoluta inacquisibilita' dei medesimi ai fini della decisione". Ne' si puo' considerare come contemperamento tra i confliggenti principi la previsione dell'incidente probatorio senza preclusione di condizioni, giacche', se, da un lato, tale possibilita' consente di "fermare" la prova in un momento vicino alle iniziali dichiarazioni evitando i lunghi tempi necessari per l'esame dibattimentale, dall'altro lato nulla concede per evitare la perdita di quel materiale, quando, comunque la persona si avvalga in quella sede della facolta' di non rispondere. Senza considerare, poi, che tale sistema rende sempre meno centrale il dibattimento. In definitiva, sotto questo profilo, si deve dubitare che sia stato in qualche modo tutelato quel bene costituzionale individuato dalla Corte. Non solo, ma se "fine primario ed ineludibile del processo non puo' che rimanere quello della ricerca della verita'" (finalita' cui e' stato peraltro attento il legislatore della riforma del 1988), non si puo' non dubitare che le nuove disposizioni di legge siano in contrasto anche con quel fine, se solo si considerano le loro possibili conseguenze. Infatti il nuovo art. 513 cpp ha attuato una sorta di "relativita' soggettiva" della prova, introducendo un istituto alquanto singolare, quale quello della utilizzabilita' (primo comma) e della acquisibilita' (secondo comma) della prova per consenso della parte cui essa si riferisce. Cio' ha fatto conferendo all'imputato una sorta di potere di "veto": espressamente previsto dal primo comma per il caso di processo cumulativo, ed analogamente previsto, anche se espresso con formula letterale diversa, ma avente lo stesso contenuto, dal secondo comma per il caso di processi separati. Sul punto occorre un chiarimento perche' le parole usate non sono identiche: una diversa interpretazione tra "senza il loro consenso", nel processo cumulativo, e "con l'accordo delle parti", nei processi separati, non pare ammissibile giacche', in questa seconda ipotesi, se l'accordo deve esserci, il dissenso di uno solo e' sufficiente ad impedire la acquisizione per lettura e, pero', non si puo' non limitare l'impedimento processuale alla sola parte che non consenta se non si vuole nuovamente introdurre una diversita' di disciplina tra i due casi costituzionalmente illegittima; e, a prescindere da questo rilievo di coerenza interna della disposizione di legge, non si vede perche' dovrebbe essere negata la acquisibilita' e la utilizzabilita' relativa di dichiarazioni predibattimentali richieste dal p.m. quando l'imputato nei cui confronti si intendono utilizzare acconsenta, diversamente dagli altri coimputati. Questo potere processuale, sostanzialmente identico quindi nei due casi, e' conferito solo ad una delle parti, all'imputato cioe', con esclusione della parte pubblica: il p.m. non potra' mai considerarsi, pure nel caso di dichiarazioni favorevoli all'imputato, il soggetto processuale nei cui confronti quelle dichiarazioni possono essere utilizzate. E, gia' sotto questo profilo, si deve riconoscere che una parita' tra le parti nel processo non e' realizzata. Ma, a prescindere da questo rilievo, sta il fatto che la utilizzabilita' relativa consente, anche nel caso piu' semplice, quello di piu' persone imputate dello stesso reato in concorso tra loro - e' questo il caso di specie -, ad accertamenti giurisdizionali diversi ed anche opposti pur in presenza dello stesso materiale originario di prova, a causa del concreto diverso esercizio da parte di ciascuno di quel potere. A seconda che gli imputati (uno od alcuni) consentano o meno la utilizzazione o la acquisibilita' nei loro confronti la valutazione del materiale probatorio portera' a opposte conseguenze: si puo' quindi ben ipotizzare che, nello stesso processo, taluno venga condannato per avere commesso il reato in concorso con altri e questi vengano assolti per non aver commesso il fatto o, addirittura, perche' il fatto non sussiste. Ulteriore profilo di valutazione e' quello che pone a confronto le disposizioni anzidette (art. 513.1 e 2 cpp) e le altre che, invece, consentono la utilizzazione ai fini del giudizio delle acquisizioni predibattimentali. Il riferimento e' agli artt. 500.4, 511-bis, 512 e 512-bis: il sistema prevede ampi spazi per tale utilizzabilita'. In alcuni casi, quale quello del testimone che renda dichiarazioni testimoniali difformi da quelle predibattimentali, non vi e' dubbio che non si puo' ravvisare identita' di situazioni con i casi regolati dall'art. 513 cpp. giacche' li si realizza in modo pieno il contraddittorio dibattimentale delle parti nell'esame del dichiarante e, qui, la difesa non puo sottoporre la persona citata e comparsa ad alcun esame. Ma, in altri, non vi e' dubbio che la situazione sia identica ed anzi, sotto il profilo difensivo, talvolta deteriore: se il testimone e' reticente o rifiuta di rispondere alle domande le dichiarazioni predibattimentali possono essere utilizzate, salvo il criterio prudenziale di valutazione probatoria, lo stesso di quello previsto dall'art. 192.3 cpp.; se il testimone risiede all'estero o se e' divenuto irreperibile, per fatti o circostanze imprevedibili, analogamente le dichiarazioni predibattimentali possono essere utilizzate, nel secondo caso, senza la necessita' di applicare alcun criterio prudenziale e, nel primo caso, alla sola condizione che si tenga conto degli altri elementi di prova acquisiti. In definitiva anche sotto questo profilo si deve rilevare una totale diversita' di disciplina, nonostante i criteri di valutazione probatoria rigorosi previsti per le dichiarazioni delle persone indicate nell'art. 210 cpp. Pertanto il tribunale deve sollevare d'ufficio la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 513.1 cpp per contrasto con gli artt. 3.1 e 27.1 Cost. In via subordinata, con riferimento alla disciplina transitoria della legge n. 267 del 7 agosto 1997, rileva il tribunale come anch'essa non si sottrae a censura di legittimita' costituzionale nella parte in cui, nulla prevedendo per casi, come quello di specie, cui non si puo' applicare, essendo gia' conclusa la fase delle indagini preliminari, la disciplina transitoria del primo comma dell'art. 6, non consente, per mancanza delle condizioni ivi previste, la applicabilita' della disciplina del secondo comma dello stesso articolo, che pure riguarda i processi in corso di giudizio alla data della entrata in vigore della legge. Infatti la prima disposizione (art. 6.1), con cui si attribuisce la competenza al giudice per le indagini preliminari per l'incidente probatorio da richiedere entro il termine di sessanta giorni, chiaramente delimita l'ambito della sua applicazione ai procedimenti per cui non sia stato gia' disposto il rinvio a giudizio. La seconda disposizione transitoria (art. 6.2), poi, riguarda, si', i giudizi di primo grado in corso alla data di entrata in vigore della legge - quale e' il presente giudizio -, ma presuppone che sia stata gia' disposta la lettura delle dichiarazioni predibattimentali del coimputato senza il consenso degli altri. Si verifica, quindi, un vuoto nella disciplina transitoria per tutti i giudizi in corso, iniziati prima della legge, per i quali non si e' realizzata quella condizione. E tale lacuna non puo' certo essere superata, a giudizio del Collegio, per via interpretativa stante la chiara e inequivoca lettera della legge. Ne consegue la disparita' di trattamento, dipendente da fattori temporali casuali, quali sono quelli della diversa progressione nell'attivita' di istruzione dibattimentale, non solo per la acquisibilita' della prova, ma anche per il regime della sua valutazione, giacche', pur con le ulteriori limitazioni previste dal quinto comma dello stesso art. 6, le dichiarazioni predibattimentali di un imputato, in alcuni giudizi, possono essere utilizzate e, in altri (come accade nel presente), non possono essere utilizzate. Tale disparita' - che sembra sia totalmente sfuggita al legislatore - pare irrazionale, ai sensi dell'art. 3.1 Cost., giacche' non si ravvisa alcuna ragione perche' in situazioni ontologicamente identiche si debbano applicare discipline cosi' diverse in relazione al momento in cui una delle parti (nel caso il p.m.) chieda sia data lettura delle dichiarazioni predibattimentali rese dall'imputato contumace o da chi si sia avvalso della facolta' di non sottoporsi all'esame: la disciplina transitoria, quindi, che consente la utilizzabilita' di tali dichiarazioni nei confronti dei coimputati ovvero la disciplina dell'art. 513 cpp che condiziona la utilizzabilita' al consenso delle altre parti. Si tratta, poi, di un vuoto normativo della disciplina transitoria che pare debba essere risolto, previa declaratoria di incostituzionalita', con la applicazione a tutti i casi di giudizio in corso della disposizione prevista dal seconda comma dell'art. 6, posto che l'altra disposizione transitoria sarebbe comunque inapplicabile per almeno due incongruenze: la competenza del g.i.p. e la attualita' della fase del giudizio. Quanto all'aspetto della rilevanza della questione nel caso di specie non puo' esservi dubbio alcuno: le dichiarazioni dell'imputato Casini - dipendente con mansioni di magazziniere della Kovest S.r.l. - sono chiaramente influenti sull'accertamento dei fatti e della eventuale responsabilita' dei suoi coimputati. Cio' vale tanto per la questione prospettata in via principale quanto per la questione che si prospetta in via subordinata. Tra le due questioni vi e' evidentemente un rapporto di subordinazione: la declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 513.1 cpp. comporterebbe necessariamente la caducazione della disciplina transitoria; la declaratoria di costituzionalita' di quella disposizione non precluderebbe la valutazione delle censure proposte per la disciplina transitoria.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 513.1 cpp., laddove subordina al consenso della parte nei cui confronti possono essere utilizzate la lettura del verbale delle dichiarazioni precedentemente rese da un coimputato, in riferimento agli artt. 3.1 e 27.1 della Costituzione; Dichiara altresi' rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 6.2 legge 7 agosto 1997, n. 267, nella parte in cui non prevede la utilizzabilita' delle dichiarazioni predibattimentali rese da un coimputato nei confronti degli altri, nei limiti di valutazione probatoria ivi previsti, per tutti i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della legge, quand'anche non sia stata gia' disposta la lettura dei verbali contenenti tali dichiarazioni, in riferimento all'art. 3.1. della Costituzione; Dispone la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e che sia comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Sospende il presente processo. Pistoia, addi' 19 dicembre 1997 Il presidente: Signorelli 98C0198