N. 54 ORDINANZA 9 - 12 marzo 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Reati  in  genere  - Ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario -
 Omessa previsione che siano fatti salvi i delitti dolosi per i  quali
 la  legge  stabilisce la pena pecuniaria o la reclusione per un tempo
 concretamente determinato non superiore nel  massimo  a  due  anni  -
 Pericolosita'   sociale   -   Prospettazione  da  parte  del  giudice
 rimettente di  due  questioni  come  alternative  e/o  concorrenti  -
 Difetto della necessaria univocita' - Inammissibilita'.
 
 (C.P., artt. 222, primo comma, e 203, primo comma).
 
 (Cost., artt. 2, 3 e 32).
 
(GU n.11 del 18-3-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando   SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli  artt.  222,  primo
 comma,  e 203, primo comma, del codice penale, promosso con ordinanza
 emessa l'11 dicembre 1996 dal  pretore  di  Padova  nel  procedimento
 penale  a  carico  di  Gabellotto  Guerrino,  iscritta  al n. 119 del
 registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 10  dicembre  1997  il  giudice
 relatore Francesco Guizzi;
   Ritenuto che nel corso di un procedimento penale per il furto di un
 borsello  e  un mazzo di chiavi lasciati incustoditi sul banco di una
 chiesa, il consulente del giudice rilevava che il soggetto  arrestato
 era  "portatore  di  un'infermita'  di  mente  e  cioe'  di una grave
 debolezza  mentale  ed  eziologica  organica"   con   "capacita'   di
 concettualizzazione   pressoche'  nulla  e  ragionamento  e  giudizio
 gravemente  deficitari,  "concludendo,  da  un  lato,  per   la   non
 imputabilita'  e,  dall'altro, per la sussistenza della pericolosita'
 sociale,  perche'"  "potra'  realizzare  ulteriori  comportamenti  di
 analoga indole e quindi illeciti"
     che,   ad   avviso  del  pretore  di  Padova,  ricorrerebbero  le
 condizioni per il  ricovero  obbligatorio  in  ospedale  psichiatrico
 giudiziario  del prevenuto, ai sensi dell'art. 222 del codice penale,
 essendo contestato un delitto la cui pena edittale  massima  consiste
 nella  reclusione  fino  a  sei anni (artt. 624, 625, numero 4, prima
 ipotesi, del codice penale);
     che, inoltre, l'imputato sarebbe noto all'ufficio in  ragione  di
 frequenti  arresti  per  fatti di indole e disvalore modesti, onde la
 "pericolosita'  sociale"  e  l'automatismo  nell'applicazione   della
 misura di sicurezza (artt. 203 e 222 del codice penale);
     che,  pur  non  ignorando  le pronunce della Corte costituzionale
 (nn. 111 del 1996 e 334 del 1994), ove  si  afferma  che  l'art.  27,
 terzo  comma, della Costituzione e' applicabile soltanto alle pene, e
 non  alle  misure  di   sicurezza,   e   che   la   declaratoria   di
 illegittimita',   concernente  l'ospedale  psichiatrico  giudiziario,
 comporterebbe innovazioni normative tali da risultare invasive  della
 discrezionalita'  del  legislatore, il giudice a quo ha sollevato due
 distinte questioni ritenute "alternative e/o concorrenti",  la  prima
 relativa all'art. 222, e la seconda all'art.  203 del codice penale;
     che  in  ordine  alla norma contenuta nell'art. 222 il rimettente
 censura il richiamo a una  pena  astrattamente  irrogabile  e  non  a
 quella  in  concreto  applicata,  o  applicabile,  cosi'  denunciando
 l'automatismo applicativo della misura; mentre con riguardo  all'art.
 203  osserva  che  - al di la' di ogni valutazione soggettiva e della
 tipologia dei  reati  -  la  disposizione  assume  a  presupposto  la
 probabile  commissione  di  nuovi fatti idonei a recare pericolo alla
 collettivita';
     che il piu' recente legislatore,  disciplinando  il  procedimento
 penale  per  i  minori  (artt.  36,  37,  comma 2,   e 39 del decreto
 legislativo n. 448 del 1988) ha introdotto una ponderata  nozione  di
 pericolosita'  sociale  ai  fini    dell'applicazione delle misure di
 sicurezza;
     che tale ultima previsione non potrebbe  essere  ricondotta  alle
 specifiche esigenze dei minori, palesandosi criterio valido per tutti
 gli imputati;
     che,  in  particolare,  l'applicazione  della misura di sicurezza
 comporterebbe per il cittadino  non  imputabile  il  ricovero  in  un
 ospedale  psichiatrico  giudiziario  anche quando appaia probabile la
 commissione   di   nuovi   reati,   il   cui    disvalore,    oggetto
 dell'apprezzamento   del   giudice,  non  sia  in  concreto  tale  da
 giustificare un giudizio di pericolosita' sociale;
     che siffatto automatismo  violerebbe  gli  artt.  2  e  32  della
 Costituzione,  perche'  - privato di validi aiuti sanitari, sociali e
 materiali anche quando le condotte eventualmente realizzabili non  si
 presentino  di  gravita'  tale  da giustificare le esigenze di tutela
 della collettivita' - l'imputato vedrebbe ristretta  la  sfera  della
 propria liberta' personale;
     che  il  pretore  di  Padova  ha promosso due distinti giudizi di
 costituzionalita': il primo, relativo all'art. 222, primo comma,  del
 codice  penale, "nella parte in cui non prevede che siano fatti salvi
 i delitti dolosi per i quali la legge stabilisce la pena pecuniaria o
 la reclusione per un tempo concretamente  determinato  non  superiore
 nel  massimo  a  due  anni"; il secondo, relativo all'art. 203, primo
 comma, dello stesso codice,  limitatamente  alle  parole  "quando  e'
 probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati";
     che,   secondo   il   rimettente,   le   soluzioni  indicate  non
 inciderebbero sulla discrezionalita' del legislatore: per l'art. 222,
 sarebbe infatti possibile individuare  la  pena  adeguata  al  fatto,
 applicabile  dal giudice in caso di proscioglimento dell'imputato per
 infermita' di mente; mentre per l'art. 203 l'eliminazione dell'inciso
 di cui sopra non determinerebbe alcun vuoto normativo,  fornendo  nel
 contempo una disciplina costituzionalmente corretta;
     che  le  due  questioni,  sollevate  con  riferimento agli stessi
 parametri normativi, avrebbero una loro autonomia:  l'una,  incidendo
 sui  presupposti  applicativi  delle  misure  di sicurezza; e l'altra
 specificamente sul presupposto del ricovero in ospedale  psichiatrico
 giudiziario;
     che  esse sarebbero rilevanti, perche' l'accoglimento di ciascuna
 consentirebbe all'imputato di evitare  l'applicazione della misura di
 sicurezza;
     che e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per
 l'inammissibilita' o, in subordine, per la manifesta infondatezza;
   Considerato che vengono  all'esame  della  Corte  le  questioni  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  222, primo comma, del codice
 penale, "nella parte in cui non  prevede  che  siano  fatti  salvi  i
 delitti  dolosi  per i quali la legge stabilisce la pena pecuniaria o
 la reclusione per un tempo concretamente  determinato  non  superiore
 nel  massimo  a due anni", e dell'art. 203, primo comma, dello stesso
 codice, limitatamente alle parole "quando e' probabile  che  commetta
 nuovi fatti preveduti dalla legge come reati"; disposizioni censurate
 per contrasto con gli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione:
     che  l'ordinanza  del  pretore di Padova solleva due questioni di
 legittimita'  costituzionale  con  riguardo  a  un'unica  fattispecie
 applicativa  della  misura  di  sicurezza  dell'ospedale psichiatrico
 giudiziario;
     che l'eccezione di inammissibilita' avanzata  dall'Avvocatura  e'
 fondata,  perche'  il  giudice a quo, prospetta le due questioni come
 alternative e/o concorrenti, lasciando alla Corte il compito (che  e'
 invece del rimettente) di determinarne l'ordine logico;
     che   le   questioni,   pertanto,   difettano   della  necessaria
 univocita', per cui vanno dichiarate manifestamente inammissibili;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta inammissibilita':
     della  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 222,
 primo comma, del codice penale, sollevata, in  riferimento agli artt.
 2, 3 e 32 della Costituzione, dal pretore di Padova  con  l'ordinanza
 in epigrafe;
     della  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 203,
 primo comma, del codice penale, sollevata, in  riferimento agli artt.
 2, 3, e 32 della Costituzione dal pretore di Padova, con  l'ordinanza
 in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 9 marzo 1998.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Guizzi
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 12 marzo 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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