N. 15 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 13 febbraio 1998
N. 15 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 13 febbraio 1998 (della regione Lombardia) Lavoro (Collocamento al) - Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro - Obbligo per le regioni di disciplinare, mediante legge, l'organizzazione amministrativa e le modalita' di esercizio delle funzioni e dei compiti trasferiti - Osservanza, a tal fine, dei principi e criteri direttivi concernenti: l'attribuzione alle province delle funzioni e dei compiti relativi al collocamento, la costituzione di organismi regionali, la distribuzione territoriale dei centri per l'impiego, sulla base di bacini di utenza per ambito provinciale - Trasferimento alle regioni del personale in servizio presso le agenzie per l'impiego e del personale dei ruoli del Ministero del lavoro in servizio presso le direzioni regionali e provinciali e presso le sezioni circoscrizionali per l'impiego mediante decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri - Disciplina dell'attivita' di mediazione, tra domanda e offerta di lavoro e del sistema informativo lavoro - Lesione delle competenze regionali e dell'autonomia organizzativa in ordine alle attribuzioni trasferite dalle norme impugnate - Lesione altresi' dell'autonomia finanziaria regionale in dipendenza dai maggiori oneri derivanti dai predetti trasferimenti di competenze - Eccesso di delega in relazione all'art. 4, comma 3, lett. b), e all'art. 3, comma 1, lett. g), della legge n. 59 del 1997. (D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, artt. 4, comma 1, lett. a), b), c), d) e f); 7, commi 1, lett. b), 5 e 8; 10 e 11). (Cost., artt. 115, 117, 118, 119, 123, 128 e 76, in relazione alla legge 15 marzo 1997, n. 59, artt. 4, comma 3, lett. b), e 3, comma 1, lett. g)).(GU n.12 del 25-3-1998 )
Ricorso della regione Lombardia, in persona del presidente della Giunta regionale pro-tempore, on. Roberto Formigoni, autorizzato con delibera di Giunta regionale n. 34436 del 4 febbraio 1998, rappresentato e difeso, come da mandato a margine del presente atto, dal prof. avv. Beniamino Caravita di Toritto e presso il suo studio elettivamente domiciliato in Roma, via T. Taramelli n. 22, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale di alcuni articoli del d.lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, recante "Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell'art. 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59", pubblicato in Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 5 dell'8 gennaio 1998. Fatto Il d.lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, con il quale il Governo ha dato attuazione alla delega ad esso attribuita dall'art. 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59, disciplina il conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro in quattro capi, intitolati rispettivamente: "Conferimento di funzioni", "Servizi regionali per l'impiego", "Trasferimento di risorse alle regioni e soppressione degli uffici" e "Attivita' di mediazione tra domanda e offerta di lavoro - Sistema informativo del lavoro". L'art. 1, al primo comma, individua l'oggetto del decreto, stabilendo che con esso viene disciplinato il "conferimento alle regioni e agli enti locali delle funzioni e dei compiti relativi al collocamento e alle politiche attive del lavoro, nell'ambito di un ruolo generale di indirizzo, promozione e coordinamento dello Stato", e, al secondo comma, enumera le funzioni e i compiti mantenuti allo Stato ai sensi degli artt. 1, commi 3 e 4, e 3, comma 1, lett. a), della legge n. 59/1997. L'art. 2 conferisce alle regioni e agli enti locali, elencandole dettagliatamente, le funzioni e i compiti in materia di collocamento (comma 1) e in materia di politica attiva del lavoro (comma 2). All'art. 3 viene stabilita la competenza generale del Ministero del lavoro e della previdenza sociale in ordine alle attivita' in materia di eccedenze del personale temporanee e strutturali. I commi 2 e 3 del suddetto articolo prevedono, tuttavia, limitate competenze regionali in materia, disponendo che l'esame congiunto previsto nelle procedure relative agli interventi di integrazione salariale straordinaria e per la dichiarazione di mobilita' venga svolto presso le regioni che esprimono motivato parere e contemplando, inoltre, la possibilita' per le regioni di promuovere accordi e contratti collettivi finalizzati ai contratti di solidarieta'. Nel Capo II, relativo ai "Servizi regionali per l'impiego", l'art. 4 attribuisce alle leggi regionali, da emanarsi entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto, il compito di disciplinare l'organizzazione amministrativa e le modalita' di esercizio delle funzioni e compiti conferiti, dettando criteri direttivi ben precisi ai quali le disposizioni regionali dovranno essere ispirate (art. 4, comma 1, lett. da a) ad h)). Piu' in particolare, la legge regionale dovra' prevedere l'attribuzione alle province, ai sensi dell'art. 4, comma 3, lett. f) e g) della legge n. 59/1997, delle funzioni in materia di collocamento (lett. a); la costituzione di una commissione regionale permanente tripartita con poteri di proposta valutazione e verifica rispetto alle linee programmatiche e alle politiche del lavoro di competenza regionale (lett. b); la costituzione di un organismo istituzionale che realizzi l'integrazione tra servizi dell'impiego, politiche attive e politiche formative del lavoro (lett. c); la costituzione di una struttura regionale con funzioni di assistenza tecnica e monitoraggio in materia di politiche del lavoro (lett. d); la gestione del collocamento ordinario da parte delle province tramite "centri per l'impiego" (lett. e); la distribuzione dei centri per l'impiego sulla base di bacini provinciali con utenza non inferiore a 100.000 abitanti (lett. f); l'eventuale attribuzione alle province dei servizi connessi ai compiti regionali in materia di politica attiva del lavoro (lett. g); la possibile attribuzione all'ente di cui alla lett. d) di ulteriori funzioni (lett. h). Chiudono l'art. 4 le disposizioni dei commi 2 e 3 che prevedono, rispettivamente, l'individuazione da parte delle province di strumenti di raccordo con gli altri enti locali, e un termine (31 dicembre 1998) entro il quale i servizi per l'impiego dovranno essere organizzati. Gli artt. 5 e 6 dispongono la soppressione di una serie di organismi di livello regionale e di livello provinciale. In particolare, l'art. 5 dispone la soppressione della Commissione regionale per l'impiego con effetto dalla data di costituzione della commissione regionale permanente tripartita di cui all'art. 4, comma 1, lett. b), alla quale vengono trasferite le relative funzioni, mentre l'art. 6 prevede la costituzione, da parte delle province, di un'unica commissione a livello provinciale per le politiche del lavoro e la conseguente soppressione di una serie di organi collegiali provinciali, trasferendone le funzioni alle province ((art. 6, comma 2, lett. a) - i)). Per quanto concerne i trasferimenti alle regioni, l'art. 7, al comma 1, stabilisce che con decreti della Presidenza del Consiglio, da emanarsi entro centoventi giorni dall'entrata in vigore del decreto, vengono individuati i beni, le risorse finanziare, umane e strumentali da trasferire e le modalita' di tale trasferimento, e, al comma 5, prevede che con successivi decreti, da emanarsi entro sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato per l'adozione della disciplina regionale, la Presidenza del Consiglio procede al trasferimento effettivo dei beni e delle risorse individuate ai sensi del comma 1. L'art. 7, inoltre, individua, al comma 1, criteri dettagliati da seguire per la ripartizione del personale effettivo appartenente ai ruoli del Ministero del lavoro e della previdenza sociale - Settore politiche del lavoro, quale risultante al 30 giugno 1997, e del personale in servizio alla medesima data presso le agenzie per l'impiego, disciplinando, nei successivi commi da 2 a 6, le ulteriori modalita' di tale trasferimento. Al comma 8, l'art. 7 disciplina il trasferimento alle regioni delle risorse finanziare occorrenti per l'attuazione dei conferimenti di compiti e funzioni contemplati dal decreto. Un'ulteriore soppressione di uffici periferici statali viene disposta dall'art. 8, mentre l'art. 9 stabilisce regole per il conferimento di funzioni e il trasferimento di beni alle regioni statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano. Chiudono il decreto gli artt. 10 e 11 che disciplinano, rispettivamente, l'attivita' di mediazione tra domanda e offerta di lavoro e il Sistema informativo del lavoro. Numerose disposizioni del decreto legislativo n. 469/1997 risultano lesive della sfera di autonomia costituzionalmente garantita alle regioni oltre che viziate da eccesso di delega e, in quanto tali, sono da considerarsi illegittime per i seguenti motivi di D i r i t t o 1. - Violazione degli artt. 115 e 123 della Costituzione e dei principi affermati dalla Corte costituzionale in materia di autonomia organizzativa delle regioni da parte dell'art. 4, comma 1, lett. b), c) e d). L'art. 4 attribuisce alle regioni il compito di disciplinare con legge l'organizzazione amministrativa e le modalita' di esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti, elencando al comma 1, lett. a) - h), una serie di "principi e criteri direttivi" cui il legislatore regionale dovra' attenersi. Alla lettere b), c) e d), del comma 1, il legislatore delegato impone alla legge regionale, rispettivamente, la costituzione di una Commissione regionale permanente tripartita, di un organismo istituzionale permanente e di un ente pubblico regionale. Di ciascuna di tali strutture regionali il decreto individua le funzioni, definendo la prima "quale sede concertativa di progettazione, proposta, valutazione e verifica rispetto alle linee programmatiche e alle politiche del lavoro di competenza regionale"; il secondo, quale "organismo istituzionale finalizzato a rendere effettiva sul territorio l'integrazione tra i servizi per l'impiego, le politiche attive del lavoro e le politiche formative"; e affidando alla terza funzioni di assistenza tecnica e di monitoraggio nella materia della politica attiva del lavoro. Ma vi e' di piu'. L'art. 4, detta criteri ben precisi in ordine alla composizione e alla natura giuridica di tali strutture: definisce, infatti, la commissione regionale permanente tripartita quale organo collegiale nel quale deve essere assicurata la presenza di un rappresentante regionale competente per materia delle parti sociali (per la cui individuazione la lett. b) indica ulteriori criteri) e del consigliere di parita' nominato ai sensi della legge n. 125/1991; prevede, quali membri dell'organismo istituzionale di cui alla lett. c), i rappresentanti istituzionali delle regioni, delle province e degli altri enti locali; configura la struttura regionale di cui alla lett. d) come dotata di personalita' giuridica e di autonomia patrimoniale e contabile. A ben vedere il decreto detta, piu' che di "principi e criteri direttivi", una disciplina analitica dell'organizzazione e delle modalita' di esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti. Le funzioni amministrative vengono, in sostanza, trasferite alle regioni gia' pesantemente "ingessate" e questa ingessatura, toccando la definizione delle competenze conferite, diventa inderogabile da parte della legge regionale. Il trasferimento delle funzioni amministrative deve comunque, pur nella salvaguardia dell'equilibrio politico degli interessi in gioco, lasciare alla regione di formulare con propria legge, e secondo le proprie esigenze politiche, l'organizzazione regionale in materia. E' evidente, dunque, come con le disposizioni di cui all'art. 4, comma 1, lett. b), c), d), il Governo abbia integrato una palese violazione del principio di autonomia organizzativa delle regioni. L'autonomia organizzativa e' una garanzia assicurata dalla Costituzione alle regioni sia dall'art. 115, in base al quale "le regioni sono enti autonomi con propri poteri e proprie funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione", sia dall'art. 123, che, al primo comma, stabilisce che: "Ogni regione ha uno Statuto, il quale in armonia con la Costituzione e con le leggi della Repubblica, stabilisce le norme relative alla organizzazione interna della regione". Trattandosi di un valore garantito dalla Costituzione lo Stato, nell'esercizio dei propri poteri nei confronti delle regioni, non puo' esimersi dal rispettare l'autonomia organizzativa regionale, essendo i poteri statali subordinati alla Costituzione sia quanto a fondamento giuridico, sia quanto ai limiti al loro esercizio. La stessa Corte costituzionale, chiamata in varie occasioni a pronunciarsi in ordine a disposizioni di legge statale lesive dell'autonomia organizzativa delle regioni, si e' pronunciata nel senso di dichiararne l'incostituzionalita'. In particolare, gia' dal 1989, con sentenza n. 407, questa ecc.ma Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di una disposizione di legge (art. 5 della legge 29 dicembre 1988, n. 554), in quanto posta in violazione dell'art. 123, nella parte in cui individuava la Giunta regionale quale organo competente a disporre le assunzioni di personale in deroga per le USL e per gli enti pubblici non economici dipendenti dalle regioni. Successivamente, con sentenza 28 luglio 1993, n. 355, questa ecc.ma Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli artt. 3, comma 6 e 4, e comma 8, del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502, relativo al riordino della disciplina in materia sanitaria, nella parte in cui, nell'attribuire specifiche competenze alle regioni, individuavano l'organo interno regionale competente ad esercitare quelle funzioni (Presidente della Giunta su conforme delibera della giunta stessa)". In tale pronuncia la Corte ha chiaramente affermato il principio in base al quale "la ripartizione delle funzioni regionali fra i vari organi interni della regione rientra nella materia dell'organizzazione interna, riservata alla regione stessa". Ancora piu' chiaramente, con sentenza 26 ottobre 1995, n. 461, questa ecc.ma Corte ha ribadito il principio in base al quale "la ripartizione delle funzioni tra i vari organi delle regioni e delle province autonome rientra nella sfera dell'organizzazione interna, riservata agli Statuti e alle leggi degli enti in questione: una volta individuata la funzione, non spetta alla fonte statale determinare, anche, con una disposizione di dettaglio, l'organo della regione o della provincia autonoma cui la stessa funzione deve essere affidata, cosi' da interferire sulla ripartizione delle funzioni tra i diversi organi degli stessi soggetti". Il combinato disposto degli artt. 115 e 123 della Costituzione, nonche' il consolidato orientamento assunto dalla Corte in materia non lasciano sussistere dubbi in ordine alla illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, lett. b), c), e d) del decreto legislativo n. 469/1997. Una volta conferita alle regioni la competenza in materia di collocamento e di politiche attive del lavoro, era, infatti, onere del Governo lasciare alla competenza regionale l'individuazione, la composizione e le funzioni degli organi deputati a svolgere i compiti conferiti, dettando eventualmente solo le indicazioni generali e di principio sul modello organizzativo. 2. - Violazione degli artt. 115, 118, commi 2 e 3, e 128 della Costituzione e della giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di delega da parte dell'art. 4, primo comma, lett. a). L'art. 4, comma 1, lett. a), stabilisce che la legge regionale, nel disciplinare l'organizzazione amministrativa e le modalita' di esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti, deve attribuire, ai sensi dell'art. 4, comma 3, lett. f), g) e h) della legge n. 59/1997, alle province le funzioni e i compiti relativi al collocamento, gia' conferiti alle regioni dall'art. 2, comma 1, del decreto stesso. Tale disposizione appare incoerente con l'impianto logico su cui l'intero decreto sembra poggiare. Se, infatti, nell'ambito del dibattito relativo alle modalita' di conferimento di funzioni amministrative in materie non rientranti nell'elenco di cui all'art. 117 della Costituzione, il decreto dimostra di accogliere la tesi sostenuta dalle regioni, disponendo, agli artt. 1 e 2, in materia di lavoro, materia sicuramente non contemplata dall'art. 117 della Costituzione, il conferimento di funzioni in prima battuta dallo Stato alle regioni e, successivamente, da queste agli Enti locali, con nessuna coerenza, all'art. 4, comma 1, lett. a), impone alle regioni di trasferire tutte le competenze in materia di collocamento, alle province. Il disposto dell'art. 4, comma 1, lett. a), in sostanza, determina una eccessiva rigidita' nell'ulteriore conferimento di funzioni e compiti agli enti locali, quando, invece, avrebbe, coerentemente con l'impostazione generale del decreto e, in particolare, con l'art. 2, dovuto lasciare alle regioni un maggiore margine di autonomia nell'ulteriore delega di funzioni agli enti locali. La natura della delega conferita alle regioni dal decreto legislativo n. 469/1997 impone, al contrario, di ritenere legittima una piu' ampia discrezionalita' del legislatore regionale nell'ulteriore delega di funzioni e compiti agli enti locali. Non vi e' dubbio, infatti, che la delega attribuita alle regioni dal decreto impugnato rientri in quella categoria di deleghe che la Corte costituzionale, in varie sentenze, ha definito "devolutive". Questa ecc.ma Corte, infatti, interpellata piu' volte in ordine alla possibilita' da parte delle regioni di proporre conflitto di attribuzioni contro lo Stato a tutela di funzioni delegate, ha individuato varie categorie di deleghe. A tal proposito, nella sentenza n. 559 del 1988, ha stabilito che le competenze delegate non sono tutelabili attraverso il ricorso al conflitto di attribuzione nel caso in cui si tratti di delega c.d. "libera", ossia di delega rimessa al potere discrezionale dello Stato, non avendo la regione, in tale situazione, un potere costituzionalmente garantito la cui titolarita' e' condizione indispensabile per l'ammissibilita' del conflitto. Del pari tale mezzo non e' consentito, a parere della Corte, quando nella medesima materia concorrono poteri statali e poteri regionali, sia pure giuridicamente ordinati in maniera diversa, in quanto la presenza di poteri statali fa si che non sia configurabile una sfera di attribuzioni esclusive costituzionalmente assegnate alle regioni. Il conflitto, e' invece, stato ammesso dalla Corte in presenza di un ulteriore tipo di delega caratterizzato dal duplice profilo della "traslativita'" e della "necessita'". La prima condizione, a parere di questa ecc.ma Corte, si realizza qualora la "titolarita' di una determinata funzione viene (temporaneamente) tolta dalla sfera di competenza dello Stato e assegnata nel contempo a quella regionale, con la conservazione, in capo al primo del solo potere di indirizzo". Si tratta, in altre parole, di quella delega che in dottrina e' qualificata come "devolutiva o traslativa" e che costituisce la fattispecie di delegazione piu' vicina al trasferimento di funzioni, "in quanto in essa l'accrescimento di competenza del delegato e' consequenziale ad una correlativa diminuzione della stessa nel soggetto delegante". La seconda condizione si realizza allorche' la delega sia volta a consentire "l'esercizio organico delle competenze trasferite". La delega, cioe', spiega la Corte, deve essere finalizzata a realizzare una saldatura funzionale tra le competenze delegate e quelle trasferite, una saldatura tale che l'eventuale limitazione o invasione delle competenze delegate alla regioni finisca per contraddire o impedire quell'esercizio organico" che si e' voluto attribuire alle funzioni "proprie" delle regioni. La Corte ha, inoltre, indicato una serie di elementi sulla base dei quali tali forme di deleghe sono individuabili, tra i quali, oltre al loro carattere di deleghe a tempo indeterminato, "il conferimento di funzioni anche normative ''di organizzazione e di spesa'' e di ''attuazione'' il trasferimento anche di uffici e personale, la possibilita' di subdelega, la preponderante finalizzazione all'esercizio organico predetto". (v. anche sentenze nn. 1112/1998 e 245/1996). Alla luce degli elementi forniti da questa ecc.ma Corte ai fini della individuazione della "delega devolutiva", tale natura non puo' non riconoscersi anche alla delega in materia di lavoro conferita alle regioni dagli artt. 1 e 2 del decreto legislativo n. 469/1997. A cio' si aggiunga che il decreto impugnato rappresenta uno dei tanti decreti legislativi di attuazione della delega contenuta nella legge n. 59/1997, con la quale il Governo e stato incaricato di conferire funzioni e compiti alle regioni e agli enti locali ai fini della riforma della pubblica amministrazione e della semplificazione amministrativa, e nella cui ratio giustificatrice non puo' non rinvenirsi anche la ulteriore e piu' ampia finalita' di permettere alle regioni "l'esercizio organico delle competenze trasferite". Se, dunque, questa ecc.ma Corte ha riconosciuto, ritenendo sussistente l'interesse regionale alla tutela di una sfera costituzionalmente garantita, la legittimazione delle regioni a proporre conflitto di attribuzione a tutela di funzioni delegate con una delega di natura devolutiva, a maggiore ragione dovrebbe ritenere, in presenza degli stessi presupposti, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, lett. a) del decreto, che, nonostante la delega traslativa disposta, agli artt. 1 e 2, a favore delle regioni, impone al legislatore regionale il trasferimento alle province di tutte, indiscriminatamente, le funzioni delegate relative al collocamento. D'altra parte, il Governo, nell'imporre tale indiscriminato e obbligato trasferimento dalle regioni alle province, trasformando le regioni in mero passacarte, non sembra aver tenuto nel debito conto la sostanziale differenza del ruolo che la Costituzione ha attribuito, nel nostro ordinamento, rispettivamente, alle regioni e agli altri enti locali. L'autonomia riconosciuta dalla Costituzione (art. 128) alle province e ai comuni, infatti, deve svolgersi nell'ambito dei principi fissati dalle leggi generali della Repubblica che ne determinano le funzioni. A differenza di quanto disposto per le regioni (art. 115 della Costituzione), manca nella Costituzione ogni delimitazione della sfera dell'autonomia provinciale e comunale, la cui determinazione e' lasciata alle leggi della Repubblica. L'art. 115 della Costituzione attribuisce, invece, alle regioni natura e rilevanza costituzionale quali enti che caratterizzano la "forma" e la struttura dello Stato come Stato regionale. Il decreto legislativo n. 469/1997 sembra cosi' guardare, con occhio ipermetrope, piuttosto alle proposte della Commissione Bicamerale, che non alla Costituzione attualmente vigente, correndo pero' il rischio, nell'inseguire - appunto - le proposte, che le contingenti scelte politiche (in questi giorni si ipotizza di proposte tendenti alla decostituzionalizzazione delle province) spingano poi in una direzione diversa da quella in cui il decreto delegato vorrebbe andare| 3. - Violazione degli artt. 115, 123, della Costituzione e della giurisprudenza costituzionale in materia di autonomia organizzativa regionale; violazione dell'art. 76 della Costituzione in relazione all'art. 4, comma 3, lett. b) della legge n. 59/1997 da parte dell'art. 4, comma 1, lett. f). L'art. 4, comma 1, dopo aver affidato, alla lett. e), alle province la gestione ed erogazione dei servizi connessi alle funzioni in materia di collocamento, tramite strutture denominate "centri per l'impiego", alla lett. f), prevede la "distribuzione territoriale dei centri per l'impiego sulla base di bacini provinciali con utenza non inferiore a 100.000 abitanti, fatte salve motivate esigenze socio-geografiche". La rigida individuazione dei bacini di utenza per ambito provinciale e per grandezza demografica dell'utenza, operata dalla suddetta disposizione, risulta chiaramente scorretta. E' di tutta evidenza che l'individuazione delle dimensioni ottimali di tali bacini debba essere oggetto di valutazione da parte delle singole amministrazioni regionali. Tale disposizione toglie alle regioni qualsiasi potesta' di programmazione sul territorio, integrando una palese violazione dell'autonomia organizzativa costituzionalmente attribuita alle regioni. Per tali motivi l'art. 4, comma 1, lett. f) espone alle stesse censure di incostituzionalita' gia' mosse alle lett. b), c) e d) dell'art. 4, comma 1. Tale norma, inoltre, non sembra rispettare uno dei principi ai quali, ai sensi della legge di delega, il legislatore delegato avrebbe dovuto ispirarsi nell'emanazione dei decreti di attuazione. L'art. 4, comma 3, lett. b) della legge n. 59/1997 impone, infatti, al Governo il rispetto, nell'attivita' di conferimento, del "principio di completezza, con l'attribuzione alla regione dei compiti e delle funzioni amministrative non assegnate ai sensi della lett. a), e delle funzioni di programmazione". Che la fissazione dei bacini di utenza dei centri per l'impiego rientri nelle funzioni di programmazione attribuite alla regione appare indubitabile. L'art. 4, comma 1, lett. f) e', dunque, viziato di eccesso e di delega e, in quanto tale, viola la disposizione costituzionale dell'art. 76. 4. - Violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione da parte da parte dell'art. 7. L'art. 7 introduce modalita' di trasferimento del personale generiche ed inaccettabili. In particolare, al comma 1, nel disporre in ordine al trasferimento del personale effettivo appartenente ai ruoli del Ministero del lavoro e della previdenza sociale - Settore politiche del lavoro, quale risultante al 30 giugno 1997, con riferimento al personale in servizio presso le Direzioni regionali e provinciali del lavoro - Settore politiche del lavoro, e presso le sezioni circoscrizionali per l'impiego e per il collocamento in agricoltura, stabilisce, alla lett. b), il criterio del trasferimento nella misura del 70%. E' di tutta evidenza come non possa ritenersi sufficiente una mera indicazione quantitativa (70%) in assenza di ulteriori criteri di tipo qualitativo. Il Governo, inoltre, nel quantificare a priori le percentuali di personale, indifferenziato quanto a qualifiche e a specializzazione, dimostra di non avere avuto alcun conto delle funzioni in concreto trasferite, quasi ignorasse l'ovvia connessione tra trasferimento delle funzioni e trasferimento del personale. L'intera disciplina contenuta nell'art. 7 denota una certa superficialita' del Governo nell'affrontare il tema dei trasferimenti. Del tutto ingenua appare, in particolare, la previsione del primo comma in ordine alla previa concertazione con le Organizzazioni sindacali ai fini dell'individuazione, con successivi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire: come se in queste scelte non fosse prevalente la funzionalita' delle competenze trasferite alle regioni sull'interesse personale dei dipendenti ministeriali. Tale concertazione, nella previsione del comma 4, raggiunge persino l'intensita' dell'"intesa" per quanto riguarda i criteri di priorita' nella scelta del personale da trasferire. Anche il comma 5, nel combinato disposto con il comma 8, che disciplina il trasferimento alle regioni delle risorse necessarie all'attuazione decreto, appare fortemente incostituzionale. Il comma 5, stabilisce, infatti, che "Al personale trasferito e' comunque garantito il mantenimento della posizione retributiva gia' maturata". Il comma 8, a sua volta, valuta le risorse da trasferire nel 1998 e nel 1999 "nel limite massimo delle spese effettivamente sostenute dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale nell'esercizio finanziario 1997, per le funzioni e i compiti conferiti". E' evidente che nel computo delle risorse da trasferire, essendo stato effettuato sulla base delle spese sostenute dal Ministero nel 1997 per le funzioni e i compiti conferiti, non si e' tenuto conto delle maggiori spese derivanti dal mantenimento al personale trasferito della posizione retributiva gia' maturata, cosi come assicurato dal comma 5. Tanto piu' che la scelta del personale da trasferire non e' stata fondata sul criterio delle mansioni svolte, ma e' stata determinata del tutto casualmente, con una quantificazione percentuale. La maggiore spesa derivante dal mantenimento al personale trasferito della posizione retributiva gia' maturata non potra' quindi che rimanere a carico delle regioni, con evidente violazione dell'art. 119 della Costituzione. L'art. 119 della Costituzione, infatti, dopo aver sancito, al primo comma, il principio dell'autonomia finanziaria delle regioni, stabilisce che "alle regioni sono attribuiti tributi propri e quote di tributi erariali, in relazione ai bisogni delle regioni per le spese necessarie ad adempiere alle loro funzioni normali". E non puo' dubitarsi del fatto che le funzioni trasferite dal decreto impugnato alle regioni in materia di collocamento e di politiche attive del lavoro siano da considerarsi funzioni normali della regione. Risulta cosi' violato l'art. 119, come interpretato da una ormai copiosa giurisprudenza costituzionale, in base alla quale ogni trasferimento di funzioni alle regioni deve essere accompagnato da una corrispondente copertura finanziaria. 5. - Violazione dell'art. 76 della Costituzione in relazione all'art. 3, comma 1, lett. g), da parte degli artt. 10 e 11. L'art. 10, introduce la possibilita' che l'attivita' di mediazione possa essere svolta da imprese, societa' cooperative con capitale versato non inferiore a 200 milioni e da enti non commerciali con patrimonio non inferiore a 200 milioni, condizionando l'esercizio di tale attivita' all'autorizzazione del Ministero del lavoro. Tale disposizione, inoltre, disciplina in maniera dettagliata la procedura per il rilascio dell'autorizzazione, i requisiti oggettivi e soggettivi necessari, e i principi ai quali le imprese autorizzate dovranno attenersi nell'esercizio di tale attivita', rinviando ad un successivo decreto del Ministero del lavoro l'individuazione dei criteri per il controllo del corretto esercizio delle attivita', per la revoca dell'autorizzazione e per gli ulteriori adempimenti necessari per l'esercizio della suddetta attivita'. In particolare, il comma 10 dell'art. 10, nel disporre che nei confronti dei prestatori di lavoro l'attivita' di mediazione deve essere esercitata a titolo gratuito, appare fortemente criticabile in quanto il principio di gratuita' ivi accolto potrebbe, nella prassi, tradursi in forme di pagamento "in nero". L'art. 11, disciplina il Sistema informativo del lavoro, definendolo come l'insieme delle strutture organizzative, delle risorse hardware, software e di rete relative ai compiti alle funzioni di cui agli artt. 1, 2 e 3, al quale attribuisce la funzione di "strumento per l'esercizio di funzioni di indirizzo politico amministrativo" con caratteristiche nazionalmente unitarie. L'art. 11, inoltre, oltre a prevedere un obbligo generalizzato - per il Ministero del lavoro, le regioni, gli enti locali e i soggetti autorizzati alla mediazione - di connessione al SIL, concede alle imprese di fornitura del lavoro temporaneo e ai soggetti autorizzati alla mediazione la facolta' di accedere, mediante convenzione, alle banche dati e di avvalersi dei servizi di rete offerti dal SIL, le cui tariffe saranno determinate annualmente con decreto del Ministro del lavoro. Sempre attraverso convenzioni, anche a titolo oneroso le imprese di fornitura del lavoro temporaneo e i soggetti autorizzati alla mediazione possono, accedere, inoltre, alle banche dati dei servizi informativi regionali e locali e, tramite questi, eventualmente anche a quelle del SIL (art. 11, comma 5). Ulteriori collegamenti con il SIL sono previsti per le Camere di commercio e per altri enti funzionali. I commi da 8 a 10 prevedono l'istituzione, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo n. 281/1997, di un organo tecnico con compiti di raccordo in materia di SIL tra il Ministero del lavoro, le regioni e le amministrazioni locali. In ordine alle disposizioni degli artt. 10 e 11, va osservato che, se e' vero che l'art. 3, comma 1, lett. g), della legge n. 59/1997, cui tali articoli fanno espresso rinvio, prevede che con i decreti delegati dovranno essere "individuate le modalita' e le condizioni per il conferimento a idonee strutture organizzative di funzioni e compiti che non richiedano, per la loro natura, l'esercizio esclusivo da parte delle regioni e degli enti locali", e' pero' altrettanto vero che, in seguito al conferimento operato dagli artt. 1 e 2 del decreto legislativo n. 469/1997, la maggioranza delle funzioni e compiti relativi al collocamento e alle politiche attive del lavoro sono state attribuite alla competenza regionale. Nella disciplina dell'attivita' di mediazione tra la domanda e l'offerta di lavoro e del Sistema informativo del lavoro si sarebbe dovuto, in ogni caso, tener conto di tale trasferimento. Il Governo, in sostanza, avrebbe dovuto limitarsi, seguendo il dettato dell'art. 3, comma 1, lett. g), della legge di delega, a conferire a idonee strutture organizzative funzioni e compiti che non richiedano, per la loro natura, l'esercizio esclusivo da parte delle regioni e degli enti locali, lasciando, quanto all'organizzazione e al funzionamento delle stesse, un certo margine di discrezionalita' alle regioni. La disciplina contenuta negli artt. 10 e 11, attribuendo al Ministero del lavoro e della previdenza sociale la maggioranza delle competenze sia in materia di attivita' di mediazione tra la domanda e l'offerta di lavoro (si pensi ai poteri del Ministero in ordine alle autorizzazioni all'esercizio dell'attivita' e ai controlli sulle imprese autorizzate), che in ordine al Sistema informativo del lavoro (si pensi alle limitatissime competenze regionali in materia di SIL), forza eccessivamente la delega contenuta nell'art. 3, comma l, lett. g), della legge n. 59/1997, ponendosi, in tal modo, in contrasto con i principi fissati in materia dall'art. 76 della Costituzione. L'eccesso di delega pare palese e assai pericoloso. L'art. 3, comma 1, lett. g) prevede che "siano individuate le modalita' e condizioni per il conferimento a idonee strutture organizzative di funzioni e compiti che non richiedano, per la loro natura, l'esercizio esclusivo da parte delle regioni e degli enti locali". Pretendere da ricavare da tale formulazione una autorizzazione alla riforma di settori cosi' delicati come la mediazione tra domanda e offerta nel mercato del lavoro appare un insulto, oltre che al Parlamento, che si vede spogliato dall'intervento su temi cosi' importanti, all'intelligenza degli interpreti. Gia', in realta', non si possono non nutrire alcuni dubbi sulla genericita' di alcuni principi e criteri contenuti nella legge n. 59: qui pero' si va ben oltre; si ricava da una generalissima formulazione, attinente a temi diversi, una delega alla riforma sostanziale dell'uno (la mediazione) o, un domani, di un altro settore.
P. Q. M. La regione Lombardia, cosi' come rapprentata e difesa, chiede a codesta ecc.ma Corte di dichiarare illegittimita' costituzionale degli artt. 4, comma 1, lett. a), b), c), d), f); 7, commi 1, lett. b), 5 e 8; 10 e 11 del decreto legislativo n. 469/1997, per violazione degli artt. 76, 115, 117, 118, 119, 123 e 128 della Costituzione. Roma, addi' 6 febbraio 1998 Prof. avv. Beniamino Caravita di Toritto 98C0156