N. 156 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 ottobre 1997
N. 156 Ordinanza emessa il 22 ottobre 1997 dal tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna sul ricorso proposto da Lepore Mario contro il Ministero dell'interno Impiego pubblico - Corpo degli agenti di polizia penitenziaria - Collocamento in congedo assoluto per permanente inidoneita' fisica non dipendente da causa di servizio - Mancata previsione (prima dell'entrata in vigore dell'art. 75 d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 443) della possibilita' di trasferimento, a domanda, in altri ruoli della Polizia di Stato o ad altre amministrazioni per l'esercizio di mansioni compatibili con l'invalidita', come stabilito per gli appartenenti alla Polizia di Stato - Disparita' di trattamento di situazioni omogenee ed incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. (D.P.R. 24 aprile 1982, n. 339; legge 15 dicembre 1990, n. 395; d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 443). (Cost., artt. 3, primo comma, e 97, primo comma).(GU n.12 del 25-3-1998 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1057/1992, proposto da Mario Lepore, rappresentato e difeso dall'avv. Lorenzo Valgimigli e dalla dott. proc. Manuela Mazza, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo a Bologna, via Rubbiani n. 3; contro Ministero dell'interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna e domiciliato presso gli uffici della stessa, in via G. Reni n. 4; per l'annullamento del provvedimento n. 9186 del 5 marzo 1992, con cui il Ministero dell'interno respinge l'istanza di trasferimento del ricorrente a una corrispondente qualifica di un ruolo della Polizia di Stato ai sensi dell'art. 2 d.P.R. 24 aprile 1982, n. 339; nonche' per l'accertamento del diritto del ricorrente ad essere trasferito ad altri ruoli dell'amministrazione della pubblica sicureza o di altre amministrazioni dello Stato, ai sensi dell'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 339/1982. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero intimato; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore il consigliere dott. Silvio Ignazio Silvestri; Nessuno comparso alla pubblica udienza del 22 ottobre 1997; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F a t t o Il signor Lepore Mario e' un agente di custodia che, in data 20 aprile 1990, a seguito di incidente stradale, ha riportato l'amputazione del piede sinistro. Il 10 ottobre 1991 e' stato visitato dalla commissione medica ospedaliera che ha riscontrato il Lepore affetto da "esiti di amputazione post-traumatica al terzo medio di gamba sinistra (proteizzato)". La commissione ha altresi' precisato che "l'infermita' non dipende da causa di servizio". In data 28 ottobre 1991, il Ministero di grazia e giustizia ha comunicato alla direzione della Casa di lavoro di Castelfranco Emilia, dove il ricorrente prestava servizio, che "con decreto in corso di perfezionamento, il nominato in oggetto viene posto in congedo assoluto per permanente inidoneita' fisica al servizio di istituto a decorrere dal 10 ottobre 1991". Il signor Lepore, in data 30 ottobre 1991, ha presentato al Ministero di grazia e giustizia domanda di trasferimento ad altri ruoli della Polizia di Stato e/o penitenziaria oppure ad altre amministrazioni dello Stato ove poter svolgere mansioni compatibili alla sua invalidita', in applicazione dell'art. 2 del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 339. L'istanza e' stata rigettata dal Ministero dell'interno in data 5 marzo 1992, con prot. n. 9186, in forza dell'assunto che la norma sopracitata troverebbe applicazione solo nei confronti degli appartenenti a ruoli del personale della Polizia di Stato. Avverso tale diniego il sig. Lepore ha presentato ricorso, deducendo le seguenti censure. 1. - Erronea e falsa interpretazione dell'art. 2, d.P.R. 24 aprile 1982, n. 339, in combinato disposto con l'art. 1, comma 3, d.lgs. 21 agosto 1945, n. 508. L'art. 2, decreto del Presidente della Repubblica n. 339/1982, dispone che "il personale dei ruoli della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia che abbia riportato invalidita' non dipendente da causa di servizio, che non comporti l'inidoneita' assoluta ai compiti d'istituto, puo' essere, a domanda, trasferito nelle corrispondenti qualifiche di altri ruoli della Polizia di Stato o di altre amministrazioni dello Stato ovvero, per esigenze di servizio, d'ufficio nelle corrispondenti qualifiche di altri ruoli della Polizia di Stato, sempreche' l'infermita' accertata ne consenta l'ulteriore impiego". Il provvedimento impugnato limita l'applicazione di tale disposizione ai soli ruoli del personale della Polizia di Stato, pero' il Ministero dell'interno non avrebbe tenuto in alcun conto il d.lgs.lgt. del 21 agosto 1945 n. 598 che, all'art. 1, secondo comma, dispone esplicitamente che "gli agenti di custodia sono equiparati a tutti gli effetti agli agenti di pubblica sicurezza". Tale equiparazione dovrebbe intendersi riferita proprio al personale della Polizia di Stato; a tale proposito, la legge 1 aprile 1982, n. 121, da una parte ha soppresso il Corpo delle Guardie di pubblica sicurezza e, dall'altra, ha stabilito che i ruoli del personale del disciolto Corpo esplicante funzioni di polizia "assumono la denominazione di ruoli della Polizia di Stato". Cio' conseguirebbe che gli agenti di pubblica sicurezza, ai quali l'art. 1 del decreto legislativo n. 508/1945 equiparava a tutti gli effetti gli agenti di custodia, sono oggi identificabili nella Polizia di Stato. 2. - Illegittimita' derivata per illegittimita' costituzionale dell'art. 2, d.P.R. 24 aprile 1982, n. 339, per contrasto con l'art. 3, primo comma, Cost. Tenuto conto del fatto che, ai sensi dell'art. 16, legge n. 121/1981, il Corpo degli agenti di custodia e' ricompreso tra le Forze di Polizia - unitamente a Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Corpo della Guardia di finanza, Corpo forestale dello Stato - non avrebbe alcuna ragionevolezza ritenere che la norma di tutela del personale inidoneo trovi applicazione solo per una e non per le altre forze di polizia. Equivarrebbe a introdurre una disciplina di privilegio incomprensibilmente differenziata e, dunque, in violazione dell'art. 3, primo comma, della Costituzione. Percio', in via subordinata, il ricorrente chiede che il tribunale voglia dichiarare rilevante e non manifestamente infondata l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2, d.P.R. 24 aprile 1982, n. 339, per contrasto con l'art 3, Cost., nella parte in cui non consente al personale del Corpo degli agenti di custodia che abbia riportato un'invalidita' non dipendente da causa di servizio che non comporti l'inidoneita' assoluta ai compiti di istituto, di essere trasferito, a domanda, nelle corrispondenti qualifiche di altri ruoli della Polizia di Stato o di altre amministrazioni dello Stato. L'amministrazione intimata si e' costituita in giudizio, controdeducendo alle argomentazioni del ricorrente e chiedendo una pronunzia di reiezione. All'udienza pubblica del 22 ottobre 1997 il ricorso e' stato spedito in decisione. D i r i t t o Il ricorrente, agente di custodia in congedo dal 10 ottobre 1991, a seguito di un incidente stradale avvenuto non in dipendenza dal servizio, ha riportato l'amputazione del piede sinistro. Conseguentemente, e' stato posto in congedo assoluto per permanente inidoneita' fisica al servizio di istituto. Egli ha allora presentato domanda di trasferimento ad altri ruoli della Polizia di Stato o ad altre amministrazioni dello Stato ove poter svolgere mansioni compatibili con la sua invalidita', invocando l'art. 2 del d.P.R. 24 aprile 1982 n. 339. L'istanza e' stata rigettata in quanto, secondo il Ministero, la norma richiamata si applicherebbe esclusivamente nei confronti degli appartenenti ai ruoli del personale della Polizia di Stato. Impugnando tale diniego, il ricorrente ha dedotto, con il primo motivo, la violazione dell'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 339/1982 in combinato disposto con l'art. 1, terzo comma, del d.lgs.lgt. 21 agosto 1945, n. 508. Egli non nega che la norma invocata nella sua istanza si riferisca espressamente al personale della Polizia di Stato, tuttavia richiama la disposizione del decreto legislativo luogotenenziale sopra citato, secondo cui "gli agenti di custodia sono equiparati a tutti gli effetti altri agenti di pubblica sicurezza". Tale equiparazione dovrebbe intendersi riferita proprio al personale della Polizia di Stato, posto che la legge 1 aprile 1981, n. 121, ha soppresso il Corpo delle Guardie di pubblica sicurezza ed ha stabilito che i ruoli del personale del disciolto Corpo, esplicante funzioni di polizia, assumono la denominazione di ruoli della Polizia di Stato. Le argomentazioni del ricorrente non convincono, proprio perche' il corpo degli agenti di pubblica sicurezza, cui erano equiparati gli agenti di custodia, e' stato soppresso, percio' e' venuto a mancare uno dei punti normativi di riferimento. Oltretutto, l'art. 3, terzo comma, della legge n. 121/1981, pure invocato dal ricorrente, prevede che assumano la denominazione di personale della Polizia di Stato solo quei dipendenti che esplicano funzioni di polizia od altre attivita', tra cui non rientra quella propria degli agenti di custodia. A dimostrazione del proprio assunto, il ricorrente richiama l'art. 16 della stessa legge n. 121/1981 che qualifica come forze di polizia, ai fini della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, l'Arma dei carabinieri) il Corpo della guardia di finanza, nonche' il Corpo degli agenti di custodia e il Corpo forestale dello Stato. La norma, in realta', dispone espressamente che sono fatte salve le attribuzioni e le normative riguardanti i diversi Corpi ivi indicati, pertanto la equiparazione cui si riferisce l'art. 16 riguarda esclusivamente gli aspetti di funzionita' organizzativa ma non elimina le differenze dei rispettivi ordinamenti. La conferma della correttezza della interpretazione seguita dal collegio e' fornita dallo stesso legislatore, attraverso un esame sistematico delle disposizioni che seguono, regolanti la materia. Ed infatti la norma che consente il trasferimento del dipendente invalido ad altro servizio e' prevista, come si e' detto, dall'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 339/1982, che riguarda appunto il personale della Polizia di Stato; si tratta di un decreto del Presidente della Repubblica emanato in applicazione dell'art. 36 della legge n. 121/1981, che ha delegato il Governo ad emanare uno o piu' decreti aventi valore di legge ordinaria, per provvedere alla determinazione dell'ordinamento del personale dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, da armonizzarsi, con gli opportuni adattamenti, alle previsioni di cui agli articoli 2, 3 e 4 della legge 11 luglio 1980, n. 312. In particolare, l'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 339/1982 da esecuzione alla previsione contenuta nel punto XX dell'art. 36 della legge n. 121/1981. Che lo stesso legislatore non ritenesse applicabile tale disposizione anche agli agenti di custodia e' dimostrato dalla circostanza che, quando, con la legge 15 dicembre 1990, n. 395, si e' proceduto al riordino del personale di custodia ed e' stato istituito il Corpo di polizia penitenziaria, all'art. 14 e' stata prevista una delega al Governo di contenuto identico a quello di cui al citato art. 36 e, alla lett. g) di quella nuova disposizione, e' stata espressamente prevista la norma che avrebbe consentito anche agli agenti della polizia penitenziaria il passaggio ad altro servizio in relazione a casi di inidoneita' dovuti a particolari infermita'. E' evidente che, se il legislatore avesse ritenuto direttamente applicabile agli agenti di custodia - ora agenti di polizia penitenziaria - l'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 339/1982, non avrebbe delegato il Governo ad emanare una norma di contenuto analogo riferita espressamente agli agenti di polizia penitenziaria. La delega e' stata poi attuata dal Governo con d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 443, ed in particolare, l'art. 75 prevede appunto che il personale del Corpo di polizia penitenziaria giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute all'assolvimento dei compiti di Istituto puo', a domanda, essere trasferito nelle corrispondenti qualifiche di altri ruoli dell'amministrazione penitenziaria o di altre amministrazioni dello Stato. Tale disposizione pero' non e' ovviamente applicabile al caso di specie in quanto e' entrata in vigore molti anni dopo la vicenda portata all'esame del collegio. Il collegio ritiene di dover farsi carico anche dell'esame del quarto comma dell'art. 1, della legge n. 395/1990, secondo cui al Corpo di polizia penitenziaria si applicano, in quanto compatibili, le norme relative agli impiegati civili dello Stato, e quindi, in ipotesi, norme di contenuto analogo a quella di cui all'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 339/1982. Anche se la questione non e' stata sollevata dal ricorrente, poiche' riguarda un aspetto di mera interpretazione delle norme) puo' essere esaminata senza che possa parlarsi di ultrapetizione. Comunque, nel caso di specie, le disposizioni soprarichiamate non possono trovare applicazione perche' lo stesso quarto comma lo consente solo "per tutto quanto non espressamente disciplinato nella presente legge". Poiche', come si e' visto, la legge in questione dispone espressamente sul punto, all'art. 14) lett. g), non puo' essere applicata agli agenti di polizia penitenziaria la normativa prevista per i dipendenti civili dello Stato. In definitiva, risulta infondata la pretesa del ricorrente di vedersi applicata la normativa contenuta nell'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 339/1982 e, conseguentemente, il primo motivo del ricorso va rigettato. Con il secondo motivo il ricorrente sostiene che, qualora non fosse applicabile agli agenti di custodia l'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 339/l982, la norma sarebbe incostituzionale per violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3, primo comma, della Costituzione, pertanto chiede che venga sollevato l'apposito incidente di legittimita' costituzionale. Torna utile richiamare il gia' citato art. 16 della legge n. 121/1981, che qualifica come forze di polizia, oltre a quelle della Polizia di Stato, anche tutti gli altri corpi al servizio della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, tra cui e' indicato il Corpo degli agenti di custodia. Tale articolo, se pure - come si e' visto - non consente di ritenere senz'altro applicabile agli agenti di custodia la particolare disposizione invocata dal ricorrente, sicuramente indica come il legislatore abbia ritenuto di considerare in maniera unitaria l'attivita' e la funzione di tutto il personale appartenente alle diverse specialita'. Cio' e' pure confermato dall'art. 1, comma 3, della legge n. 395/1990, secondo cui, ferme restando le proprie attribuzioni, il Corpo di polizia penitenziaria fa parte delle forze di polizia. E' pur vero che l'individuazione degli aspetti organizzativi di una entita' pubblica e' lasciata alle scelte discrezionali del legislatore, tuttavia, in presenza di strutture qualificate dallo stesso legislatore come facenti parte di un unico complesso finalizzato alla tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico, non trova giustificazione il differente trattamento nei confronti dei dipendenti appartenenti ad una di tali strutture. Conseguentemente, la disparita' di trattamento riscontrata appare in contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione e, comportando anche una possibile disfunzione nell'assetto organizzativo degli uffici, puo' ledere i principi di buon andamento e imparzialita' dell'amministrazione sanciti dall'art. 97, primo comma, della Costituzione. Una ulteriore argomentazione e' desumibile dalla circostanza che tali ipotizzate incostituzionalita' sono state comunque superate dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 443/1992 che, all'art. 75, ha introdotto, per gli agenti di polizia penitenziaria, una norma di contenuto analogo a quella invocata dal ricorrente. Peraltro, il collegio ritiene che la questione sia ancora rilevante, quantomeno, con riferimento al periodo intercorrente tra l'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 339/1982 e quella del decreto legislativo n. 443/1992, che e' appunto il periodo che interessa nel caso di specie. Oltre tutto, occorre rilevare che il decreto legislativo n. 443/1992 e' stato emanato in attuazione dell'art. 14 della legge n. 395/1990, il quale aveva attribuito al governo la delega ad adottare vari decreti legislativi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della stessa legge. Tale termine e' stato prorogato dall'art. 19 della legge 16 ottobre 1991, n. 321, che ha indicato il nuovo termine del 31 ottobre 1991. Poiche' il decreto legislativo n. 443/1992 e' stato emanato oltre tale data e l'estensore della presente sentenza non ha rinvenuto alcuna altra norma che prorogasse il suddetto termine, si potrebbe anche dubitare della legittimita' dell'intero decreto legislativo in questione, che risulta adottato oltre il termine consentito dal legislatore delegante. Cio' comporterebbe la mancanza nell'ordinamento di una norma quale quella pretesa dal ricorrente odierno. In definitiva, considerata la rilevanza nel caso di specie, non resta che affidare alla Corte costituzionale il compito di dirimere il dubbio di costituzionalita', con riferimento agli articoli 3, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 339, nonche' della legge 15 dicembre 1990, n. 395, e del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 443, nella parte in cui non consentono di applicare anche al personale del corpo di polizia penitenziaria la disposizione contenuta nell'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 339/1982. Conseguentemente, con la presente ordinanza, dovra' essere sospesa ogni decisione sulla controversia e la questione dovra' essere demandata al giudizio della Corte costituzionale.
P. Q. M. Il Tribunale amministrativo per l'Emilia-Romagna, sede di Bologna, sezione I, visti gli artt. 1 della legge 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, riservata ogni altra pronuncia in rito, nel merito e sulle spese, ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 339, nonche' della legge 15 dicembre 1990, n. 395, e del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 443, in parte qua, per contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, sospendendo il giudizio in corso. Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Dispone che la presente ordinanza sia eseguita dall'autorita' amministrativa. Cosi deciso in Bologna, il 22 ottobre 1997. Il presidente ff.: Scola Il cons. rel. est.: Silvestri 98C0273