N. 158 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 giugno 1997
N. 158 Ordinanza emessa il 27 giugno 1997 dal tribunale di Lecce nel procedimento civile vertente tra Ferraro Massimo ed altro e fall.to Cantine Giaffreda Processo civile - Modifiche normative - Disciplina transitoria - Giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995 - Facolta' per il Presidente del tribunale di disporre supplenze ex art. 105, regio decreto n. 12 del 1941 - Conseguente possibilita' che il collegio giudicante sia composto anche da un vice pretore onorario - Lesione del principio di eguaglianza e del divieto di istituire giudici straordinari o speciali, se non nei limiti imposti dalla Costituzione - Violazione dei principio che consente la nomina di magistrati onorari solo per le funzioni attribuite ai giudici monocratici - Contrasto con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione per il consentito esercizio della libera professione nello stesso circondario in cui gli stessi svolgono funzioni giudicanti - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 99/1964. (Legge 26 novembre 1990, n. 353, art. 90, comma 5, modificato dal d.-l. 18 ottobre 1995, n. 432, art. 9, convertito in legge 20 dicembre 1995, n. 534). (Cost., artt. 3, 97, 103 e 106, secondo comma).(GU n.12 del 25-3-1998 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente odinanza nella causa civile iscritta al n. 323/1990 del ruolo generale, promossa da Ferraro Michele, rappresentato e difeso per mandato in atti dall'avv. Giuseppe Nico; contro fallimento Cantine Giaffreda, in persona del curatore pro-tempore, rappresentata e difesa per mandato in atti dall'avv. Francesco D'Ambrosio. All'udienza collegiale del 14 febbraio 1997, i procuratori delle parti, rilevato che il collegio era costituito con la partecipazione del dott. Giuseppe Martino, vice pretore onorario, hanno eccepito l'illegittimita' costituzionale dell'art. 90, comma 5, della legge 26 novembre 1990, come modificato dall'art. 9 d.-l. 18 ottobre 1995 n. 432, convertito in legge 20 dicembre 1995, n. 534: Tale norma prevede che: per sopperire alla finalita' dell'esaurimento delle controversie civili pendenti, il presidente del tribunale puo' disporre le supplenze di cui all'art. 105 del r.d. 30 gennaio 1941 n. 12 (ord. giudiziario), anche in assenza delle condizioni ivi previste. Tale finalita' costituisce particolare esigenza di servizio ai fini della nomina di due vice-pretori onorari ai sensi dell'art. 32 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12. Il citato art. 105 stabilisce che se in una sezione manca o e' impedito alcuno dei giudici necessari per costituire il collegio giudicante, il presidente del tribunale o chi ne fa le veci, quando non puo' provvedere a norma dell'art. 97 (cioe' mediante il ricorso alla supplenza), delega un pretore o un vice-pretore della stessa sede. L'art. 32 dell'ordinamento giudiziario come sopra richiamato attiene ai criteri di nomina dei vice-pretori onorari e alla durata dell'incarico e sancisce che non possono essere nominati piu' di due vice pretori in una stessa pretura, salvo particolari esigenze di servizio. Premessi questi brevi richiami normativi, occorre fare riferimento all'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, secondo cui "nel caso di un giudizio dinanzi a un'autorita' giurisdizionale una delle parti o il pubblico ministero possono sollevare questione di legittimita' costituzionale mediante apposita istanza, indicando: a) ''le disposizioni della legge dello Stato o di una regione, viziate da illegittimita' costituzionale''; b) ''le disposizioni della Costituzione o delle leggi costituzionali che si assume violate''". "L'autorita' giurisdionale, qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale o non ritenga che la questione sollevata sia manifestamente infondata, emette ordinanza con la quale, riferiti, i termini ed i motivi della istanza con cui fu sollevata la questione, dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso". Il presente giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale, attenendo la stessa alla composizione del collegio giudicante. Detta questione, non puo' essere ritenuta manifestamente infondata per i seguenti motivi: 1) violazione dell'art. 3 della Costituzione secondo cui tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge. Gli utenti del servizio giustizia, se il giudizio e' stato instaurato dopo il 30 aprile 1995 hanno la garanzia che la causa sara' trattata da un giudice togato. Altrettanto, invece, non e' per le cause del vecchio rito, cioe', pendenti alla data del 30 aprile 1995, potendo in esse il collegio, risultare composto anche da un vice pretore onorario, il quale, nella maggior parte dei casi assumeva anche la veste di relatore-estensore, cosi' sostituendo il precedente istruttore, destinato alla trattazione delle cause di nuovo rito. In altri termini nel secondo caso, e solo in quest'ultimo, la decisione della causa potra' essere pronunziata da parte di un giudice collegiale composto da un membro il cui accesso non e' stato sottoposto al vaglio di un pubblico concorso, allo svolgimento di un periodo di tirocinio e alla conseguente valutazione, reiterata periodicamente della idoneita' al compimento e svolgimento delle funzioni giurisdizionali; 2) violazione dell'art. 103 della Costituzione secondo cui non possono essere istituiti giudici straordinari o speciali, ma solo, presso gli organi giudiziari ordinari, sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura. Nel caso di specie non ricorre il requisito della specialita' della materia, che avrebbe consentito l'istituzione di una sezione specializzata (vedi ad es. la sezione specializzata agraria, ove l'organo collegiale e' integrato con la partecipazione di due componenti non togati esperti nel settore agrario) ma si e' provveduto ad istituire un giudice che puo' essere definito straordinario, sia perche' diverso da quello ordinario (giudice istruttore in funzione di giudice unico ovvero tribunale nelle cause di cui all'art. 88, della legge 26 novembre 1990, n. 353), sia perche' creato al solo fine di "sopperire alla finalita' dell'esaurimento delle controversie civili pendenti", come testualmente affermato dall'art. 9 d.-l. 18 ottobre 1995 n. 432, convertito in legge 20 dicembre 1995 n. 534, modificativo dell'originaria formulazione del comma 5 dell'art. 90, legge 26 novembre 1990, n. 533, del seguente testuale tenore: "il tribunale giudica con il numero invariabile di tre votanti nei procedimenti che alla data di entrata in vigore della presente legge gli sono stati rimessi ai sensi dell'art. 189 c.p.c. Trattasi in altri termini, di un giudice creato ad hoc, destinato, da un lato, ad occuparsi delle controversie caratterizzate dal solo dato temporale della loro instaurazione ad una certa data e, dall'altro, a cessare con l'esaurimento di dette controversie, istituito in violazione del principio di precostituzione. Per molto tempo il divieto di istituzione di giudici straordinari e' stato identificato con il principio di precostituzione e cio' fino a quando la giurisprudenza costituzionale e la dottrina formatasi su di essa hanno messo in rilievo la distinta funzione che e' propria dell'art. 102 Cost. e dell'art. 25, primo comma Cost., che detta la garanzia del giudice naturale. In considerazione di cio' ben si comprende come il divieto di istituzione di giudici straordinari abbia carattere assoluto in quanto viene a contraddire, al di la' dello specifico precetto costituzionale che lo stabilisce esplicitamente, tutta una serie di precetti che stanno alla base della nostra civilta' giuridica, dal generale divieto di discriminazioni ad alcune delle principali regole specificamente proprie del processo giusto. Mentre il divieto di istituzione di giudice straordinari si fonda sull'esigenza di assicurare il rispetto dei principi fondamentali del sistema democratico, il divieto di istituzione di giudici speciali e' correlato soltanto al rispetto del principio dell'unita' della giurisdizione, che la Costituzione accoglie come criterio direttivo suscettibile di subire una serie di deroghe che la stessa Costituzione introduce laddove prevede giurisdizioni della Corte costituzionale, del Consiglio di Stato e dei Tribunali amministrativi regionali, della Corte dei conti e dei tribunali militari. A differenza di quanto avviene per i giudici straordinari, quindi, nulla impedisce che si abbiano giudici speciali nel rispetto dei principi generali, compreso il principio di precostituzione, a condizione che sia la stessa costituzione ad autorizzarne l'istituzione e la conservazione; 3) violazione dell'art. 106 Cost., che indica nel concorso lo strumento ordinario per la nomina dei magistrati. Come emerge dai lavori preparatori dell'assemblea costituente, la scelta del concorso ha costituito il punto d'arrivo di un complesso dibattito nel corso del quale sono state prospettate tutte le possibili modalita' di assunzione dei magistrati, in rapporto alla scelta fondamentale, operata dall'art. 104, nel senso dell'autonomia ed indipendenza, rispettivamente, dell'ordine giudiziario e del giudice, quest'ultimo soggetto, ai sensi dell'art. 101, soltanto alla legge. Infatti, attraverso il concorso risultano perseguiti due diversi obiettivi, entrambi essenziali nel sistema di garanzia delineato dalla costituzione per la magistratura e di cui l'art. 105 rappresenta la premessa: da una parte la possibilita' di estendere l'accesso alla magistratura a tutti i cittadini, senza distinzione di condizioni sociali, ovvero di posizione politica o religiosa attraverso un meccanismo che, nella sua oggettivita', e' in grado di escludere qualsiasi discriminazione; dall'altro l'accertamento della qualificazione tecnico-professionale, condizione necessaria, anche se non sufficiente, per l'esercizio delle funzioni giudiziarie. In questo senso deve ritenersi che la scelta del concorso, come ordinario sistema di assunzione dei magistrati, si pone in rapporto di strumentalita' con i principi posti dagli artt. 104 e 105 Cost., secondo cui i giudici sono soggetti soltanto alla legge e la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere. In conseguenza di quanto prevede deve affermarsi che i sistemi di nomina diversi dal concorso sono eccezionali, eventuali, ovvero, a tutto voler concedere, soltanto integrativi di quello previsto primario; 4) violazione dell'art. 106, secondo comma Cost. per il quale la legge sull'ordinamento giudiziario puo' ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite ai giudici singoli. Quindi e' espressamente esclusa la possibilita' che il legislatore possa consentire la nomina di magistrati onorari destinati a comporre i collegi giudicanti, ne' tale nomina puo' essere giustificata come gia' fatto dalla Corte costituzionale con pronuncia 17 dicembre 1964, n. 99, invocando la temporaneita' dell'incarico, non ricorrendo l'ipotesi di cui all'art. 105 ord. giud. di mancanza o impedimento di uno dei giudici necessari per costituire il collegio giudicante e non contenendo la previsione di cui all'art. 90, comma 5, legge n. 353/1990 alcuna determinazione del termine di scadenza della disposta supplenza. Ne' detto termine puo' essere altrimenti desunto, non potendo assolutamente prevedersi il tempo occorrente per l'esaurimento delle controversie civili pendenti alla data del 30 aprile 1995. Le competenze che possono essere attribuite a tali magistrati onorari sono limitate a quelle conferite ai giudici singoli. Cio' significa, tenuto presente il momento storico in cui la norma e' stata prevista, nel quale la rilevanza del giudice singolo era certamente assai piu' limitata di quella attuale, che il legislatore costituente ha inteso attribuire una limitata rilevanza a siffatto sistema di nomina, riservando alla competenza del giudice onorario la trattazione della cosiddetta giustizia minore, nel presupposto che alla magistratura professionale dovessero essere affidate le questione di maggior rilievo; 5) violazione dell'art. 97 Cost. secondo cui i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizione di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialita' della amministrazione. Per i magistrati togati sono previste incompatibilita' territoriali e familiari che non risultano sancite per i magistrati onorari in questione ai quali, inoltre, e' consentito lo svolgimento della libera professione nello steso circondario in cui essi svolgono la funzione giudicante.
P. Q. M. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso; Ordina che a cura della cancelleria si notifichi il superiore provvedimento alle parti in causa nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri; Il cancelliere curera' di comunicare l'ordinanza anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Lecce, addi' 27 giugno 1997 Il presidente: Tuccari 98C0275