N. 63 SENTENZA 12 - 17 marzo 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Militari  -  Sottufficiali  dell'Arma dei carabinieri - Perequazione
 del trattamento economico - Personale non direttivo della Polizia  di
 Stato  -  Riordino  delle  carriere  -  Inquadramento del personale -
 Discrezionalita' legislativa - Ragionevolezza - Non fondatezza.
 
 (D.-L. 7 gennaio 1992, n. 5, art. 3, convertito,  con  modificazioni,
 in  legge  6  marzo  1992, n. 216, art. 1;  d.lgs. 12 maggio 1995, n.
 197, artt. 3, 4, 13, 14 e 15; d.lgs. 12 maggio 1995, n. 197, art. 13,
 lettere a) e b)).
 
 (Cost., artt. 3, 36, 76 e 97).
 
(GU n.12 del 25-3-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo  CHIEPPA,    prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Guido
 NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 3 del d.-l.    7
 gennaio  1992,  n. 5 (Autorizzazione di spesa per la perequazione del
 trattamento economico dei sottufficiali dell'Arma dei carabinieri  in
 relazione  alla  sentenza  della Corte costituzionale n. 277 del 3-12
 giugno 1991 e all'esecuzione di giudicati, nonche'  perequazione  dei
 trattamenti  economici  relativi  al  personale  delle corrispondenti
 categorie  delle   altre   Forze   di   Polizia),   convertito,   con
 modificazioni, in legge dall'art. 1 della legge 6 marzo 1992, n. 216,
 e  degli  artt.   3, 4, 13, 14 e 15 del d.lgs. 12 maggio 1995, n. 197
 (Attuazione dell'art.  3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia
 di riordino delle carriere del personale non direttivo della  Polizia
 di  Stato),  promossi con ordinanze emesse il 20 giugno e il 4 luglio
 1996 (n. 3 ordinanze)  dal  tribunale  amministrativo  regionale  del
 Lazio  ed  il  19  febbraio 1997 dal tribunale regionale di giustizia
 amministrativa,  sezione  autonoma  per  la  provincia  di   Bolzano,
 rispettivamente iscritte al n. 1288 del registro ordinanze 1996 ed ai
 nn.  240,  241,  242  e 266 del registro ordinanze 1997, e pubblicate
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  49,  prima   serie
 speciale,  dell'anno  1996  e  nn.    20  e 21, prima serie speciale,
 dell'anno 1997.
    Visti gli atti di costituzione di Di Meo Antonio ed altri, Fontana
 Ernesto ed altro, Visciotto Francesco, Conte  Raffaellina  ed  altri,
 Meuti   Giovanni  ed  altri,  nonche'  gli  atti  di  intervento  del
 Presidente del Consiglio dei  Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 1 luglio 1997 il  giudice  relatore
 Riccardo Chieppa;
   Uditi gli avvocati Piergiovanni Alleva per Di Meo Antonio ed altri,
 Conte  Raffaellina  ed  altri,  Meuti  Giovanni  ed  altri,  Giuseppe
 Abbamonte per Fontana Ernesto ed altro, Giuseppe Pericu per Visciotto
 Francesco e l'avvocato  dello  Stato  Gaudenzio  Pierantozzi  per  il
 Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso  del  giudizio sul ricorso collettivo proposto da
 Orlando  Gizzi  ed  altri  ispettori  della  Polizia  di  Stato,  che
 lamentavano la illegittima equiparazione, operata a seguito del d.-l.
 7 gennaio 1992, n. 5 (Autorizzazione di spesa per la perequazione del
 trattamento  economico dei sottufficiali dell'Arma dei carabinieri in
 relazione alla sentenza della Corte costituzionale n.  277  del  3-12
 giugno  1991  e all'esecuzione di giudicati, nonche' perequazione dei
 trattamenti economici  relativi  al  personale  delle  corrispondenti
 categorie   delle   altre   Forze   di   Polizia),   convertito,  con
 modificazioni, dall'art.   1 della legge 6 marzo  1992,  n.  216,  ai
 propri  livelli retributivi di quelli dei sovrintendenti della stessa
 Polizia di Stato, originariamente collocati in  posizione  funzionale
 ed  economica  inferiore  a quella degli ispettori, l'adito tribunale
 amministrativo regionale del Lazio, con ordinanza del 20 giugno  1996
 (r.o.  n. 1288 del 1996), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e
 36  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 3 del citato decreto-legge n. 5 del 1992 nella parte in cui
 attribuisce  ai  sovrintendenti  della  Polizia  di  Stato  lo stesso
 trattamento economico degli ispettori, senza parificarne le funzioni.
   Ad  avviso  del  collegio  rimettente,  tale   disciplina   sarebbe
 scaturita  da  una  libera interpretazione della sentenza della Corte
 costituzionale  n.  277  del  1991,  la  quale  si  era  limitata   a
 pronunciarsi  sulla  mancata  equiparazione  tra  gli ispettori della
 Polizia di Stato e i sottufficiali dei carabinieri, caducando  l'art.
 43,  diciassettesimo  comma,  della  legge 1 aprile 1981, n. 121 e la
 allegata tabella "C", relativamente  a  tale  mancata  equiparazione.
 Sicche',  del  tutto  irragionevolmente  i  sovrintendenti,  soggetti
 inseriti  nell'ordinamento  della  Polizia  di  Stato  in   posizione
 sottordinata  rispetto agli ispettori, ed ai quali restavano affidate
 le stesse incombenze previste dal precedente ordinamento, inferiori a
 quelle degli ispettori,  si  sono  visti  attribuire  un  trattamento
 economico  corrispondente  a  quello  di  soggetti  gerarchicamente e
 funzionalmente sovraordinati.
   Il collegio rimettente precisa che sulla questione  non  incide  il
 successivo  d.lgs. 12 maggio 1995, n. 197, con il quale una parte dei
 sovrintendenti e' stata inquadrata nella qualifica  degli  ispettori,
 poiche' fino a quando tale inquadramento non e' avvenuto, le funzioni
 dei sovrintendenti, nell'ambito dell'attivita' di Polizia, sono state
 organizzatoriamente inferiori a quelle degli ispettori.
   2.  - Nel giudizio innanzi alla Corte si sono costituiti Antonio Di
 Meo, Maria Teresa Seneci e Flavio Tuzi, ricorrenti nel giudizio a quo
 i  quali  hanno  insistito  per  la  declaratoria  di  illegittimita'
 costituzionale  della norma impugnata, sottolineando, in particolare,
 la diversa collocazione nella scala gerarchica e i diversi compiti  e
 funzioni degli ispettori e dei sovrintendenti ai sensi della legge n.
 121  del  1981,  e  richiedendo  che  a mansioni caratterizzate da un
 superiore  contenuto  professionale  sia  attribuito  un  trattamento
 economico  superiore  rispetto a quello diretto a retribuire mansioni
 di minore impegno.
   Nella memoria si segnala, altresi', che i sovrintendenti, oltre  ad
 avere  ottenuto  la  medesima  classe  stipendiale  degli  ispettori,
 godono, ai sensi dell'art. 4  del  decreto-legge  impugnato,  di  una
 valutazione   dell'anzianita'   di   servizio  comparativamente  piu'
 vantaggiosa rispetto a questi ultimi,  potendo  far  valere  ai  fini
 economici quella maturata nella posizione precedente.
   3.  - Ha, altresi', spiegato intervento il Presidente del Consiglio
 dei Ministri per il tramite dell'avvocatura generale dello Stato, che
 ha concluso per la inammissibilita' della questione,  affermando  che
 si  richiede  alla  Corte  un  intervento  additivo,  non logicamente
 necessitato, consistente nella formulazione di una norma che  preveda
 un  aumento  di  retribuzione  per  le  qualifiche di ispettori della
 Polizia di Stato,  ovvero  una  equiparazione  tra  le  funzioni  dei
 sovrintendenti e quelle degli ispettori stessi.
   4.  -  Nel  corso  del  giudizio sul ricorso collettivo proposto da
 Raffaele Ambrosino ed altri ispettori della Polizia di Stato contro i
 rispettivi decreti  di  inquadramento  nelle  diverse  qualifiche  di
 ispettore,  l'adito tribunale amministrativo regionale del Lazio, con
 ordinanza del 4 luglio 1996, pervenuta alla Corte  costituzionale  il
 15  aprile  1997  (r.o.  n.  240 del 1997), ha sollevato questione di
 legittimita' costituzionale degli artt. 3, 4, 13, 14 e 15 del  d.lgs.
 12  maggio  1995,  n. 197 (Attuazione dell'art. 3 della legge 6 marzo
 1992, n. 216, in materia di riordino delle carriere del personale non
 direttivo della Polizia di Stato) per contrasto con gli artt.   97  e
 76 della  Costituzione.
   Ad  avviso del collegio rimettente, il predetto decreto legislativo
 n. 197 - le cui premesse  si  radicano  nella  sentenza  della  Corte
 costituzionale  n.  277  del  1991, che aveva ritenuto illegittima la
 tabella allegata alla legge n. 121 del 1981 nella parte  in  cui  non
 prevedeva  alcuna  equiparazione  tra  gli ispettori della Polizia di
 Stato e i sottufficiali  dei  Carabinieri  -  anziche'  limitarsi  ad
 individuare   la   suddetta  equiparazione  eliminando  la  omissione
 esistente, avrebbe dato luogo  ad  un  "sommovimento  integrale"  dei
 ruoli della Polizia di Stato, determinando una commistione, nel nuovo
 ruolo  degli  ispettori,  delle  funzioni  degli  stessi  con  quelle
 originariamente attribuite ai sovrintendenti, nonche' il  sorgere  di
 un  complesso di qualifiche (quanto meno per quelle da vice ispettore
 e  ispettore  capo)  i  cui  compiti  risulterebbero  sostanzialmente
 ridotti,  quanto  a  qualita'  delle  prestazioni,  rispetto a quelli
 previsti dall'originaria riforma della pubblica sicurezza.
   In particolare, per cio' che concerne gli artt. 3 e 4  del  decreto
 legislativo  n.  197 del 1995, il Collegio rimettente rileva che essi
 avrebbero  compresso  quel   ruolo   d'intelligence   originariamente
 attribuito agli ispettori, determinando una nuova organizzazione, che
 ne  modifica  le  funzioni; quanto agli artt. 13, 14, 15 dello stesso
 decreto, osserva che essi determinano le modalita' d'inquadramento  e
 la  progressione  in  carriera  nell'ambito  del  nuovo  ruolo  degli
 ispettori  -  nonche',  in   via   transitoria,   le   modalita'   di
 inquadramento  in tale nuovo ruolo del personale che, alla data del 1
 settembre 1995, apparteneva ai precedenti ruoli dei sovrintendenti  e
 degli  ispettori  -  in modo irragionevole, in assenza, cioe', di una
 ordinata riqualificazione degli ispettori  stessi  nel  quadro  della
 riorganizzazione   operata.   Si   creerebbero,  cioe',  posizioni  e
 scavalcamenti senza alcun criterio logico e di buona amministrazione,
 frammischiando ruoli diversi e soggetti in possesso di requisiti  non
 omogenei.  E cio' in violazione sia dell'art.  97 della Costituzione,
 in quanto  il  nuovo  assetto  non  tenderebbe  alla  "ottimizzazione
 organizzativa" della pubblica amministrazione; sia dell'art. 76 della
 Costituzione,  poiche'  il  decreto legislativo in questione, pur non
 dovendo porsi, alla stregua della  delega  contenuta  nella  legge  6
 marzo  1992, n. 216, come modificativo dei principi organizzatori che
 avevano ispirato  la  riforma  del  1981,  ma  essendo  semplicemente
 finalizzato   alla   perequazione   del   trattamento  economico  dei
 sottufficiali dell'Arma dei  carabinieri,  ai  sensi  della  predetta
 sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 1991, avrebbe, invece,
 provveduto,  obliterando  le  ragioni  della  delega  stessa,  ad una
 modifica sostanziale di quei principi.
   5. - Nel giudizio innanzi alla Corte  si  sono  costituiti  Ernesto
 Fontana  e Stanislao Aleotti, ricorrenti nel giudizio a quo che hanno
 concluso per la declaratoria  d'illegittimita'  costituzionale  della
 normativa  impugnata, sottolineando, in particolare, che con la legge
 n. 121 del 1981 il legislatore aveva istituito il nuovo  ruolo  degli
 ispettori,  quale  forza di collegamento, e dunque intermedia, tra il
 ruolo  esecutivo  degli  agenti  e  dei  sovrintendenti  ed  il ruolo
 direttivo dei commissari, affidando loro mansioni  essenzialmente  di
 concetto  ed  importanti  compiti  d'investigazione.  Con  il decreto
 legislativo n. 197 del 1995 sarebbe stato  completamente  ridisegnato
 il   ruolo  degli  ispettori  di  Polizia,  stravolgendosi  l'assetto
 configurato dalla legge n. 121 del 1981, con  forte  riduzione  delle
 funzioni proprie di costoro, sminuendosi, in particolare, il ruolo di
 coordinamento   intermedio,   e   contemporaneamente  consentendo  ai
 sovrintendenti (ruolo esecutivo) di  transitare  ex  lege  nel  ruolo
 degli  ispettori,  anche  scavalcando  i  neo ispettori. In tal modo,
 costoro  vedrebbero  appiattite  le  loro  funzioni,   e   verrebbero
 affiancati,    quando    non   addirittura   scavalcati,   dagli   ex
 sovrintendenti.
   Si e' altresi' costituito Francesco Visciotto, che  ha  prospettato
 argomentazioni   adesive   alle   motivazioni   della   ordinanza  di
 rimessione,  in  particolare  sottolineando  i  precisi  limiti   che
 all'operazione  di  complessivo  riordino  aveva posto il legislatore
 delegante, e l'irrazionale  rivisitazione  che  il  decreto  delegato
 avrebbe  operato  dei  principi organizzatori che avevano ispirato la
 riforma della Polizia di Stato.
   6. - Nel giudizio ha altresi' spiegato intervento il Presidente del
 Consiglio dei Ministri con  il  patrocinio  dell'Avvocatura  generale
 dello Stato, che ha concluso per la infondatezza della questione.  Ha
 osservato,  in  particolare,  l'Autorita' intervenuta che la legge n.
 216 del 1992 contiene due distinte deleghe al Governo, la prima delle
 quali (art. 2) concerne l'adozione  di  un  decreto  legislativo  per
 definire,  in maniera omogenea, nel rispetto dei principi fissati dai
 relativi ordinamenti di settore, stabiliti dalle  leggi  vigenti,  le
 procedure  per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego delle
 Forze di Polizia e delle Forze Armate; la seconda (art.  3)  prevede,
 invece,  una  serie  di  decreti  legislativi  recanti le "necessarie
 modificazioni  agli  ordinamenti"  del  medesimo  personale,  per  il
 riordino   delle  carriere,  delle  attribuzioni  e  dei  trattamenti
 economici, allo scopo  di  conseguire  una  disciplina  omogenea.  Il
 decreto impugnato e' stato emanato in attuazione appunto della delega
 contenuta   nell'art.    3.  La  questione  sollevata  dal  tribunale
 amministrativo  regionale  del  Lazio  sarebbe   originata,   secondo
 l'Avvocatura,  da  un  equivoco, quello, cioe', di far riferimento ad
 uno specifico criterio della legge delega,  quale  "il  rispetto  dei
 principi  fissati  dai  rispettivi ordinamenti di settore", contenuto
 solo nell'art. 2 della  delega,  laddove  l'art.  3  ha  per  oggetto
 proprio la modificazione degli ordinamenti del personale, con l'unica
 finalita'  di  conseguire  la  omogeneizzazione  delle  discipline di
 settore.
   Nella memoria si aggiunge che, per effetto del riordinamento di cui
 si tratta, il nuovo ruolo degli ispettori ha visto accrescersi, e non
 diminuire,  le  proprie  funzioni,  in  quanto  ha  recepito   quelle
 precedenti,  di carattere prevalentemente investigativo, inglobandone
 altre,  nuove  e  di  livello  superiore,  quali   quelle   derivanti
 dall'attribuzione  di compiti di tutela dell'ordine e della sicurezza
 pubblica, e dalla responsabilita' di uffici.
   7.- La medesima questione e' stata sollevata dallo stesso tribunale
 amministrativo regionale  del  Lazio,  con  altre  due  ordinanze  di
 contenuto  identico  a  quelle  di  cui si e' riferito sub 4), emesse
 sempre il 4 luglio 1996  (r.o. nn. 241 e 242 del 1997).
   8.  -  Nei  relativi  giudizi  si  sono  costituiti rispettivamente
 Raffaellina Conte, Ciro Panico, Pasquale Andreozzi,  Laura  Marcesini
 (giudizio introdotto con la ordinanza r.o. n. 241 del 1997), Giovanni
 Meuti,  Giuseppe  Pierro,  Benedetto  Vescovo  e Salvatore Montemale,
 Catello Somma, Flavio Tuzi (r.o. n. 242 del 1997), insistendo per  la
 declaratoria   di   illegittimita'   costituzionale  della  normativa
 denunciata,  con  argomentazioni  adesive  alle   motivazioni   della
 ordinanza di rimessione.
   9.  -  Nei  giudizi  e',  altresi',  intervenuto  il Presidente del
 Consiglio dei Ministri che ha concluso per la  infondatezza.
   10. - La questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  13,
 lettere  a)  e  b),  del  d.lgs.  n. 197 del 1995 e' stata, altresi',
 sollevata  dal  tribunale  regionale  di  giustizia   amministrativa,
 sezione  autonoma  per  la provincia di Bolzano, con ordinanza del 19
 febbraio  1997  (r.o.    n.  266  del  1997).  Secondo  il   collegio
 rimettente, la predetta normativa si porrebbe in contrasto con l'art.
 3   della   Costituzione,   in   quanto  regolamenterebbe  situazioni
 differenti in modo uguale, e  con  l'art.    97  della  Costituzione,
 violando    il   principio   di   buon   andamento   della   pubblica
 amministrazione per il fatto di determinare una commistione di  ruoli
 diversi e di soggetti in possesso di requisiti non omogenei.
   11. - Nell'imminenza della data fissata per l'udienza, la difesa di
 Antonio  Di  Meo, Maria Teresa Seneci, Flavio Tuzi, parti private nel
 giudizio  originato  dalla  ordinanza  r.o.  n.  1288  del  1996,  ha
 depositato  una  memoria  con la quale insiste nelle conclusioni gia'
 rassegnate, sulla  base  del  rilievo  della  irragionevolezza  della
 equiparazione del trattamento economico spettante ai sovrintendenti a
 quello riservato agli ispettori della Polizia di Stato. In proposito,
 si ribadisce il diverso carattere delle mansioni di concetto affidate
 ai secondi rispetto a quelle, esecutive, che fanno capo ai primi.
   Ne'  l'attribuzione di uno scatto aggiuntivo, operata a seguito del
 decreto-legge n. 271 del 1994, a far  tempo,  peraltro,  solo  dal  1
 gennaio  1994  -  soggettivamente  limitata al personale appartenente
 alla qualifica di vice ispettore, di ispettore e di  ispettore  capo,
 risultandone   esclusi  gli  ispettori  principali,  ed  inclusi  gli
 ispettori capo a condizione di  provenire  dai  ruoli  del  disciolto
 corpo  della  Guardia  di pubblica sicurezza o da quelli del corpo di
 Polizia femminile - sarebbe in  grado  di  sanare  il  contrasto  con
 l'art.  36 della Costituzione, posto che il differenziale retributivo
 preesistente alla legge n.  216 del 1992 tra le due citate  categorie
 di  dipendenti  della Polizia di Stato era di entita' ben superiore a
 quella di uno scatto di stipendio, tenuto anche conto che  lo  scatto
 in  questione  e'  attribuito  in  misura  percentuale  rispetto  non
 all'intero trattamento economico percepito, ma al solo  stipendio  in
 godimento,  con  esclusione,  quindi,  delle  altre  voci stipendiali
 diverse dalla retribuzione.
   12. - Anche l'Avvocatura ha depositato una memoria, con la quale ha
 insistito per la inammissibilita' della questione, e comunque, ne  ha
 richiesto   il   rigetto   in  quanto  infondata.  In  proposito,  ha
 sottolineato che, a seguito della riforma attuata  con  la  legge  n.
 121  del  1981, l'inquadramento del personale del Corpo delle Guardie
 di pubblica sicurezza nei nuovi ruoli della Polizia di Stato  si  era
 ispirato  al  criterio  della collocazione degli ex sottufficiali del
 Corpo  - gia' equiparati ai sottufficiali dell'Arma dei carabinieri e
 delle altre Forze di Polizia - nel  nuovo  ruolo  dei  sovrintendenti
 della  Polizia  di  Stato,  con  la sola eccezione dei marescialli di
 prima classe, carica  speciale,  inquadrati  nel  nuovo  ruolo  degli
 ispettori.   Pertanto, solo per la figura apicale dell'ispettore capo
 non si era rinvenuta una corrispondenza retributiva con sottufficiali
 dell'Arma dei carabinieri e delle altre Forze di Polizia.  A  seguito
 della  sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 1991, che aveva
 ritenuto irragionevole tale esclusione degli ispettori dalla  tabella
 di equiparazione allegata alla legge n. 121 del 1981, il Consiglio di
 Stato, con la sentenza n. 986 del 1991, riconosceva la corrispondenza
 delle funzioni connesse ai vari gradi dei sottufficiali dell'Arma dei
 carabinieri  con  quelle delle qualifiche della Polizia di Stato, ivi
 compresi gli ispettori di Polizia.  In attuazione di  tali  sentenze,
 il  legislatore  ha,  dapprima,  con  il decreto-legge n. 5 del 1992,
 operato   l'allineamento   economico   equiparando    altresi',    ai
 sottufficiali  dei  carabinieri  i  sovrintendenti  della  Polizia di
 Stato, in forza dell'originario allineamento  con  i  primi.  In  una
 seconda   fase,   per   risolvere   le  piu'  complesse  esigenze  di
 riordinamento in forza di una norma di delega contenuta  nella  legge
 di  conversione  del predetto decreto, sono stati emanati, in data 12
 maggio 1995, diversi decreti  legislativi  contenenti  le  necessarie
 modificazioni  agli  ordinamenti  del  personale delle varie Forze di
 Polizia, per  il  riordino  delle  carriere,  delle  funzioni  e  dei
 trattamenti   economici  allo  scopo  di  conseguire  una  disciplina
 omogenea, fermi restando i rispettivi compiti istituzionali. In  tale
 contesto,   gli   ispettori   di  Polizia,  nell'attesa  di  siffatto
 riordinamento, non potevano che permanere nella  posizione  economica
 transitoriamente    prevista   dalla   legge   di   conversione   del
 decreto-legge n. 5 del 1992 e, comunque, nelle more dell'adozione  di
 tali  provvedimenti,  al personale del ruolo degli ispettori e' stato
 riconosciuto  un  trattamento  stipendiale  superiore  a  quello  dei
 sovrintendenti  ai  sensi  dell'art.  1  del decreto-legge n. 271 del
 1994. Successivamente, con il decreto legislativo n. 197 del 1995, il
 personale proveniente dal vecchio  ruolo  degli  ispettori  e'  stato
 reinquadrato  nelle  varie  qualifiche del nuovo ruolo, ottenendo una
 progressione gerarchica, funzionale ed economica  ed  un  correlativo
 trattamento  economico  di livello superiore a quello precedentemente
 percepito.
   13. - Hanno depositato memorie anche le parti private  dei  giudizi
 introdotti   con   le   ordinanze  r.o.  nn.  241  e  242  del  1997,
 rispettivamente Ciro Panico, Pasquale Andreozzi,  Raffaellina  Conte,
 Laura  Marcesini  e  Meuti,  Pierro, Vescovo, Montemale, Somma, Tuzi,
 ponendo l'accento sullo svuotamento, che sarebbe  stato  operato  dal
 decreto  legislativo n. 197 del 1995, delle funzioni esercitate dagli
 ispettori, e sulla incongruenza tra procedure selettive per l'accesso
 al relativo ruolo e funzioni attribuite agli  appartenenti  al  ruolo
 medesimo.  Si  rileva, altresi', che per il personale appartenente ai
 ruoli di assistenti e  di  sovrintendenti  il  riordino  non  avrebbe
 comportato  alcuna  modificazione  dei  compiti  e  delle funzioni in
 precedenza  attribuiti.     Si  lamenta,  inoltre,   una   immissione
 automatica  ed  incontrollata in un ruolo superiore di personale gia'
 inquadrato  in  un  ruolo  inferiore,  senza   previo   accertamento,
 attraverso  una idonea procedura selettiva, delle relative competenze
 professionali.    Per  le  ricorrenti  provenienti dal corpo delle ex
 assistenti di Polizia femminile, l'inquadramento nella  posizione  di
 ispettore  superiore sarebbe fonte di ulteriori pregiudizi, in quanto
 esse si vedrebbero equiparate a personale proveniente dalla  carriera
 esecutiva,  al  pari  di  quanto  avviene  per tutti coloro che erano
 inquadrati nel  ruolo  degli  ispettori  anteriormente  al  riordino,
 mentre,   secondo   la   sentenza   n.   219  del  1993  della  Corte
 costituzionale, presentano caratteristiche peculiari, applicandosi ad
 esse le disposizioni previste per gli impiegati civili dello Stato ed
 essendo inquadrate in una carriera di concetto.   Esse, tra  l'altro,
 sono  in  possesso  dei  requisiti  per  essere  inquadrate  in ruoli
 direttivi (commissario).  Quanto alla creazione di un fittizio  ruolo
 ad  esaurimento con l'unica qualifica di ispettore capo, nel quale e'
 inquadrato  personale  con  qualifica  di   sovrintendente   capo   e
 principale,  essa  darebbe  vita,  in realta', ad una carriera che si
 sviluppa a latere di quella ordinaria  prevista  per  gli  ispettori,
 realizzando  una  immissione  nella  qualifica  di  ispettore capo di
 personale appartenente ad un ruolo diverso  senza  concorso  e  senza
 alcuna selezione.
   14. - Anche l'Avvocatura generale dello Stato ha depositato memorie
 in  relazione  ai  giudizi introdotti con le ordinanze r.o. nn. 241 e
 242 del  1997,  oltre  che  in  relazione  a  quello  introdotto  con
 ordinanza  r.o. n. 240 del 1997, insistendo per la infondatezza delle
 questioni  sollevate.  Ha,  al  riguardo,  ribadito  che  il  decreto
 legislativo  n.    197  del 1995 rispetta le finalita' e il contenuto
 della delega conferita con la legge n. 216  del  1992,  che  non  era
 stata  attribuita  solo per determinare un nuovo assetto in linea con
 la sentenza n. 277  del  1991  della  Corte  costituzionale,  ma  per
 incisive  modificazioni  nei  gradi e nelle qualifiche delle Forze di
 Polizia. E comunque, nel decreto delegato n. 197 del 1995,  il  ruolo
 dei  sovrintendenti  e'  tenuto  distinto,  secondo  l'Avvocatura, da
 quello degli ispettori, mentre solo  in  via  transitoria  specifiche
 norme  prevedono  che il personale di ruolo dei sovrintendenti e vice
 sovrintendenti sia inquadrato  nella  qualifica  di  vice  ispettore.
 Anche  per  quanto riguarda l'inquadramento del sovrintendente capo o
 del sovrintendente principale nella qualifica di ispettore  capo  del
 ruolo  ad  esaurimento,  si  precisa  che  questi  e'  funzionalmente
 subordinato agli ispettori capo del ruolo degli ispettori. Del resto,
 si osserva, gia' nella riforma di cui alla legge n. 121 del 1981, era
 stata introdotta l'equiparazione tra  il  sovrintendente  di  quarta,
 l'ispettore  di  prima  e  l'ispettore  di  seconda,  e  prevista una
 posizione diversa dell'ispettore di terza.
                        Considerato in diritto
   1. - Le questioni sollevate possono essere suddivise in due gruppi.
   Il primo  riguarda  l'art.  3  del  d.-l.  7  gennaio  1992,  n.  5
 (Autorizzazione   di   spesa  per  la  perequazione  del  trattamento
 economico dei sottufficiali dell'Arma dei  carabinieri  in  relazione
 alla  sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 3-12 giugno 1991
 e all'esecuzione di giudicati, nonche' perequazione  dei  trattamenti
 economici  relativi al personale delle corrispondenti categorie delle
 altre Forze di Polizia), convertito, con modificazioni (ma per questa
 norma senza variazioni), dall'art.  1 della legge 6  marzo  1992,  n.
 216, censurato nella parte in cui attribuisce ai sovrintendenti della
 Polizia  di  Stato  lo  stesso trattamento economico degli ispettori,
 senza  parificarne  le  funzioni,  sotto  il profilo della violazione
 degli artt. 3  e  36  della  Costituzione  (questione  sollevata  dal
 tribunale  amministrativo  regionale  del Lazio con ordinanza r.o. n.
 1288 del 1996).
   Il secondo gruppo  concerne  il  d.lgs.  12  maggio  1995,  n.  197
 (Attuazione  dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia
 di riordino delle carriere del personale non direttivo della  Polizia
 di  Stato).    Di  questo  vengono  impugnati  gli  artt.  3  e  4 in
 riferimento all'art.  97 della Costituzione, sotto  il  profilo  che,
 determinando  un nuovo sistema organizzatorio della Polizia di Stato,
 che  ridimensionerebbe  la  funzione   attribuita   agli   ispettori,
 accomunando   i   compiti   ad   essi   gia'   assegnati  con  quelli
 originariamente  spettanti  ai  sovrintendenti,  si   porrebbero   in
 contrasto  con il principio della ottimizzazione organizzatoria della
 pubblica amministrazione; nonche' in riferimento  all'art.  76  della
 Costituzione   per   la  obliterazione  delle  ragioni  della  delega
 contenuta  nella  legge  n.  216  del  1992,   limitata   alla   mera
 perequazione  del  trattamento  economico dei sottufficiali dell'Arma
 dei carabinieri rispetto agli ispettori della  Polizia  di  Stato  ai
 sensi  della  sentenza  della  Corte  costituzionale  n. 277 del 1991
 (questioni sollevate dal tribunale amministrativo regionale del Lazio
 con le ordinanze r.o. nn. 240, 241 e 242 del 1997).
   Inoltre viene  denunciata  la  illegittimita'  costituzionale,  per
 violazione degli artt. 97 e 76 della Costituzione, degli artt. 13, 14
 e 15 del predetto decreto legislativo n. 197 del 1995, nella parte in
 cui  disciplinano  le  funzioni  e  le  modalita'  di progressione in
 carriera nell'ambito del nuovo ruolo degli ispettori, nonche', in via
 transitoria, le modalita' di inquadramento del  personale  che,  alla
 data  del  1  settembre  1995,  apparteneva  ai  precedenti ruoli dei
 sovrintendenti e degli ispettori, in modo da determinare posizioni  e
 scavalcamenti  senza  alcun ordine logico. (Questioni sollevate dallo
 stesso tribunale amministrativo regionale del Lazio con  le  predette
 ordinanze  r.o. nn. 240, 241 e 242 del 1997).
   Infine  viene  riproposto  un particolare profilo di illegittimita'
 costituzionale, per violazione  sempre  degli  artt.  3  e  97  della
 Costituzione,  dell'anzidetto  art.  13, lettere a) e b), del decreto
 legislativo n. 197  del  1995,  nella  parte  in  cui  provvede  agli
 inquadramenti  degli  ispettori e dei sovrintendenti della Polizia di
 Stato, in  quanto  regolamenterebbe  situazioni  differenti  in  modo
 uguale,  operando  una  commistione di ruoli diversi e di soggetti in
 possesso di requisiti non omogenei (questione sollevata dal tribunale
 regionale  di  giustizia  amministrativa,  sezione  autonoma  per  la
 provincia  di  Bolzano,  con  ordinanza  r.o.  n. 266 del 19 febbraio
 1997).
   2.  -  Stante  la  identita'  di  alcune  questioni  e   l'evidente
 connessione oggettiva di altre, deve disporsi la riunione dei giudizi
 per la decisione con unica sentenza.
   3.  - Preliminarmente deve essere precisato che tutti i profili non
 dedotti nelle ordinanze di rimessione, che nei giudizi incidentali di
 legittimita' costituzionale fissano il thema decidendum, non  possono
 essere   oggetto   di   esame   in   questa   sede,  cosi'  dovendosi
 ridimensionare le argomentazioni  nuove  dedotte  in  alcune  memorie
 delle  parti private, come nel primo gruppo, per il profilo attinente
 al trattamento economico,  in  taluni  casi  piu'  favorevole  per  i
 sovrintendenti   in  conseguenza  dell'applicazione  di  norme  sulla
 valutazione dell'anzianita'
   4. - L'eccezione  di  inammissibilita',  per  il  primo  gruppo  di
 questioni,  contenuta  nell'atto  di  intervento  del  Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri,  e'  priva  di  fondamento,  in  quanto  la
 questione   proposta  non  si  concreta  in  una  mera  richiesta  di
 adeguamento in aumento del trattamento economico - che di per se' non
 puo' essere rimesso  alla  Corte  costituzionale,  anche  perche'  la
 soluzione    non   sarebbe   logicamente   necessitata   e   comunque
 comporterebbe scelte discrezionali  -,  ma  riguarda,  con  finalita'
 implicitamente   caducatorie,   l'esame  della  stretta  legittimita'
 costituzionale della norma che  ha  attribuito  ai  sovrintendenti  e
 corrispondenti qualifiche il trattamento economico del livello VI.
   5. - Nel merito, le questioni sono prive di fondamento.
   6.1. - La norma denunciata con la prima ordinanza (art. 3 del d.-l.
 7  gennaio 1992, n. 5, r.o. n. 1288 del 1996) e' una tipica misura di
 perequazione   del   trattamento   economico   che   rientra    nella
 discrezionalita'  legislativa,  fermo  il  limite  generale  per ogni
 intervento normativo della ragionevolezza, come svolgimento dell'art.
 3 della Costituzione.   Tale discrezionalita'  ricomprende  tanto  la
 differenziazione   del   trattamento  economico  di  categorie  prima
 egualmente retribuite, che non incorre di per se' in  violazione  dei
 precetti costituzionali di cui agli artt. 3 e 36 (sentenza n. 133 del
 1985),  quanto  la  possibilita' che nell'ambito del pubblico impiego
 siano attribuite voci retributive o indennita' particolari in maniera
 uniforme per personale appartenente a figure  e  livelli  differenti.
 Cio', ovviamente, se non vi siano appiattimenti retributivi (sentenza
 n.  65  del  1997)  o  non si verifichino altre forme sintomatiche di
 palese arbitrarieta' o di manifesta non ragionevolezza  (sentenze  n.
 133  del 1996 e n. 217 del 1997). Inoltre non vi e' un obbligo, negli
 interventi legislativi in materia, di assoluta  contemporaneita'  tra
 variazioni  del  trattamento  tabellare  e  modifiche ordinamentali e
 organizzatorie di funzioni, potendo queste subire ritardi in una fase
 transitoria e di riforma progressiva.
   Sullo stesso piano, deve escludersi che il cambiamento verso l'alto
 di un livello retributivo tabellare di  una  categoria  di  personale
 debba,  in ogni caso, comportare la necessita' di innalzare i livelli
 superiori, in modo da esigere l'ulteriore avanzamento di "un gradino"
 di coloro che erano in posizione  sovraordinata,  potendo  i  livelli
 retributivi  essere  anche  modificati  nel numero (in riduzione o in
 aumento), cosi' come puo' pervenirsi a riunificazioni di  trattamenti
 economici, ampliando l'ambito dei livelli, cio' naturalmente fermo il
 limite   della   non  palese  arbitrarieta'  e  della  non  manifesta
 irragionevolezza.
   Inoltre, il rapporto di proporzionalita' della retribuzione ai fini
 dei principi desumibili dall'art. 36 della Costituzione  deve  essere
 effettuato  con  riguardo  al  trattamento  economico  complessivo in
 relazione alla categoria e al livello proprio dell' impiego  pubblico
 quale  configurato dalla relativa normativa, e non e' suscettibile di
 differenziazioni personali nell'ambito del livello  unificato,  salvo
 quelle  derivanti  da  anzianita'  o  quelle particolari indennita' o
 compensi per attivita'  aggiuntive  o  comportanti  maggiore  impegno
 quantitativo o qualitativo.
   6.2.  -  Il  d.-l. 7 gennaio 1992, n. 5 e la legge di conversione 6
 marzo 1992, n. 216 sono andati oltre  il  semplice  adeguamento  alla
 statuizione  di  incostituzionalita'  (per  la parte de qua, relativa
 alla  mancata  comparazione  tra  ispettori   e   sottufficiali   dei
 carabinieri  nella  tabella "C" allegata alla legge n. 121 del 1981),
 contenuta nella sentenza n. 277 del 1991.
   Infatti, le dette  disposizioni  hanno  proceduto  -  operando  una
 scelta  propria  del  legislatore  -  non  solo a colmare il vuoto di
 comparazione ed equiparazione per i sottufficiali dei carabinieri, ma
 anche alla unificazione completa, a decorrere dal 1 gennaio 1992, del
 trattamento economico (allineandolo sui livelli VI, VI-bis e VII)  di
 tutti i sottufficiali dei Corpi di Polizia sia a ordinamento militare
 che   civile   (e   qualifiche   corrispondenti),   compresi   quelli
 appartenenti a Forze di Polizia (diverse dai Carabinieri), che  erano
 stati  mantenuti  al  di fuori sia dell'oggetto della pronuncia della
 Corte, sia delle conseguenti  decisioni  dei  giudici  amministrativi
 (v.,  per  quest'ultimo profilo, sentenze n. 465 del 1997, n. 455 del
 1993).
   In  sostanza,  in  considerazione  delle  piu'   urgenti   esigenze
 derivanti  dall'intervento  sui  sottufficiali dei carabinieri, si e'
 inteso ridurre - attraverso  una  compattazione  verso  l'alto  delle
 posizioni  economiche dei sovrintendenti, riallineate alla originaria
 equiparazione tra sottufficiali - le discrasie e  le  differenze  ben
 piu'  gravi  che  si  sarebbero verificate nei confronti degli stessi
 vice sovrintendenti e dei sovrintendenti rispetto alle altre Forze di
 Polizia, pur nella consapevolezza di  non  potersi  raggiungere,  con
 questa  operazione  meramente  meccanica  ed  economica, il risultato
 ottimale  nei   trattamenti   retributivi   ed   ordinamentali,   che
 mantenevano, sia pure ridotte, ulteriori discrasie. Queste sono al di
 fuori del contenuto della norma denunciata e dipendono principalmente
 dal  fatto  che  la  omogeneizzazione  (in  linea  di  principio) dei
 trattamenti  economici  del  personale  delle  Forze  di  Polizia   -
 attraverso  l'estensione automatica e normativa con effetti di rinvio
 mobile al  trattamento  della  Polizia  di  Stato  (da  fissarsi  con
 esclusione  dei dirigenti, mediante accordi: legge n. 121 del 1981) -
 non era ancora affinata e completa dal punto di vista funzionale.
   Si era ancora in un periodo da considerarsi pur sempre transitorio,
 in quanto ciascuna delle Forze di Polizia aveva all'epoca  conservato
 il  suo precedente assetto organizzativo funzionale, salvo la Polizia
 di Stato, che aveva conseguito, con la stessa legge n. 121 del  1981,
 nuove  norme  organizzative cui era accompagnato un nuovo ordinamento
 della pubblica sicurezza.
   Del resto, la  Corte  ha  chiarito  che  il  trattamento  economico
 dell'anzidetto  personale  subiva  i  riflessi  sostanziali derivanti
 dalle diverse forme di progressione nelle  qualifiche  e  nei  gradi,
 anche  se l'omogeneizzazione economica era destinata ad affinarsi nel
 corso del tempo, nell'obiettivo di perseguire l'effettivo  equilibrio
 di trattamenti, che presuppone l'eliminazione di differenze o carenze
 di  meccanismi  di progressione in taluni ordinamenti e l'adeguamento
 di moduli ordinamentali (sentenze nn. 65 e 465 del 1997).
   Ne' puo' farsi a meno di sottolineare che  non  possono  costituire
 motivo  di  illegittimita' costituzionale di una norma, per un verso,
 gli effetti distorsivi  che  possono  derivare  da  applicazione  non
 corretta  e  non conforme ai principi in materia di pubblico impiego;
 per l'altro,  gli  effetti  riflessi  che  costituiscono  conseguenza
 indiretta dell'applicazione di altre norme non denunciate.
   7.1. - Le anzidette discrasie ed incongruenze (o la possibilita' di
 "eventuali  distorsioni", come definite dalla Avvocatura dello Stato)
 sono state percepite dal legislatore, che, proprio in occasione della
 perequazione del trattamento economico  dei  sottufficiali  dell'Arma
 dei Carabinieri a seguito della sentenza della Corte n. 277 del 1991,
 ha  proceduto, in un disegno chiaramente transitorio, non solo ad una
 perequazione sempre economica delle  corrispondenti  posizioni  delle
 altre  Forze  di  Polizia,  ma ha altresi' avviato la successive fasi
 dirette ad una  ulteriore  e  sostanziale  omogeneizzazione,  con  il
 conferimento  di  duplice  delega  (differenziata per fonte, oggetto,
 proponenti, principi direttivi e criteri di delega: artt. 2 e 3 della
 legge 6 marzo 1992, n. 216).
   Lo stesso legislatore ha poi provveduto ad un ulteriore  intervento
 urgente correttivo, peraltro non esaustivo, ritoccando il trattamento
 economico  del  ruolo  ispettori (art. 1 del decreto-legge n. 271 del
 1994, convertito in legge n. 433 del 1994)
   7.2. - La prima delega contenuta nell'art. 2, comma 1, della  legge
 6  marzo  1992,  n.  216,  ha  per oggetto la definizione "in maniera
 omogenea, nel rispetto dei principi fissati dai relativi  ordinamenti
 di  settore,  stabiliti  dalle  leggi  vigenti,  ivi  compresi quelli
 stabiliti dalla legge 11 luglio 1978, n. 382",  delle  procedure  per
 disciplinare  i  contenuti  del  rapporto  di  impiego delle Forze di
 Polizia anche ad ordinamento militare, ai sensi della legge 1  aprile
 1981, n. 121, nonche' del personale delle Forze armate, ad esclusione
 dei  dirigenti  civili  e militari e del personale di leva. La delega
 doveva essere esercitata con un unico decreto legislativo su proposta
 del  Ministro  dell'interno  di  concerto  con  gli  altri   Ministri
 interessati,  sulla  base  di appositi e ulteriori criteri e principi
 stabiliti nei  commi 3 e seguenti del suddetto art. 2. Era  evidente,
 come  ha avuto occasione di sottolineare la Corte con  sentenza n. 65
 del 1997, la crescente preoccupazione del legislatore di non alterare
 gli equilibri tra i vari ordinamenti militari.
   La prima delega e' stata esercitata con il d.lgs. 12  maggio  1995,
 n. 195, che richiama anche la legge 29 aprile 1995, n. 130.
   La  seconda  delega, prevista nell'art. 3 della citata legge n. 216
 del 1992 (quella esercitata, tra l'altro, con  il  d.lgs.  12  maggio
 1995,  n.  197,  denunciato  con il secondo gruppo di ordinanze: r.o.
 nn. 240, 241, 242, 266 del 1997)  prevede  "le  necessarie  modifiche
 degli  ordinamenti del personale delle Forze di Polizia e delle Forze
 armate,  esclusi  dirigenti  e  direttivi,  per  il  riordino   delle
 carriere,  delle attribuzioni e dei trattamenti economici, allo scopo
 di conseguire una disciplina omogenea, fermi  restando  i  rispettivi
 compiti  istituzionali,  le  norme  fondamentali di stato, nonche' le
 attribuzioni delle autorita' di pubblica  sicurezza,  previsti  dalle
 vigenti disposizioni di legge".
  L'esercizio  della  delega era previsto con piu' decreti legislativi
 su proposta dei Ministri rispettivamente interessati e per  le  Forze
 di  Polizia  con la concertazione del Ministro dell'interno, attesi i
 suoi compiti istituzionali confermati nella legge n. 121 del 1981.  I
 principi  e  i  criteri  direttivi  sono   fissati   con   specifiche
 disposizioni, che prevedono anche la copertura finanziaria.
   7.3.  - Sulla base delle predette considerazioni e' evidente che la
 delega, cui deve farsi  riferimento  per  valutare  l'osservanza,  da
 parte  del  denunciato decreto legislativo n. 197 del 1995, dell'art.
 76 della Costituzione, e' quella dell'art. 3 della legge n.  216  del
 1992,  sicche' e' fuor di luogo il richiamo all'art. 2 e al "rispetto
 dei principi  fissati  dai  relativi  ordinamenti  di  settore",  che
 riguardano  una delega diversa per oggetto, procedura e criteri. Allo
 stesso modo e' completamente arbitrario ritenere che le ragioni della
 delega  fossero  circoscritte  alle  esigenze  di  colmare  il  vuoto
 evidenziato  dalla  sentenza  della  Corte  costituzionale n. 277 del
 1991, di modo che ne risultasse anche una limitazione di oggetto.  Il
 richiamo  alla  sentenza della Corte n. 277 del 1991 e' contenuto nel
 titolo, nelle premesse e nell'art. 1 del decreto-legge n. 5 del 1992,
 convertito dalla legge n. 216, che a sua volta nella disposizione  di
 conversione  all'art.  1 si riferisce al decreto-legge, menzionandolo
 con il suo titolo.
   Invece, gli artt. 2 e 3 (contenenti le due deleghe) della legge  n.
 216  del  1992  sono  disposizioni  del  tutto  autonome  rispetto al
 decreto-legge e alla sua conversione, essendo stati introdotti,  come
 norma  aggiuntiva,  alla  legge  di  conversione nel corso dell'esame
 dello stesso disegno di legge; ne' poteva  essere  altrimenti,  posto
 che  l'atto  di  conferimento  al  Governo di delega legislativa puo'
 avvenire solo con legge.
   In realta' la legge n. 216 del 1992 ha  un  duplice  contenuto  con
 diversa  natura  ed  autonomia:  l'uno  (art.  1)  di conversione del
 decreto-legge  "con  le  modificazioni  riportate  in  allegato  alla
 legge",  adottato  in  base alla previsione dell'art. 77, terzo comma
 della Costituzione; l'altro (artt. 2 e 3),  di  legge  di  delega  ai
 sensi dell'art. 76 della Costituzione.
   Ne' puo' ritenersi che il contenuto o le premesse del decreto-legge
 influiscano  sull'ambito  della  legge  di delega, essendovi solo una
 mera  contestualita'  nelle  disposizioni  legislative,  senza  alcun
 collegamento  e  senza  richiamo nell'oggetto o nei criteri direttivi
 della delega, come del resto si evince anche dal titolo  della  legge
 n.  216,  che  riproduce  il  titolo  del decreto-legge, distinguendo
 nettamente l'altra parte del testo normativo relativa alla delega.
   7.4. - In ordine  alla  infondatezza  della  ulteriore  censura  di
 eccesso  di  delega  sotto  il  profilo  che  non si sarebbero dovuti
 modificare  il  ruolo  degli  ispettori  ne'  le  nuove  funzioni  di
 investigazione, e' sufficiente rilevare che la delega di cui all'art.
 3  prevedeva  tutte  le necessarie modifiche degli ordinamenti per il
 riordino  delle  carriere,  delle  attribuzioni  e  dei   trattamenti
 economici, allo scopo di conseguire una disciplina omogenea, si noti,
 con  riguardo ad una vasta gamma di ordinamenti comprendenti Forze di
 Polizia e Forze armate. Di conseguenza,  non  puo'  rinvenirsi  nella
 delega  l'affermazione della intangibilita' della posizione del ruolo
 degli ispettori.  Ne'  cio'  puo'  dedursi  dalle  altre  limitazioni
 contenute  nell'art. 3, in quanto i compiti istituzionali sono quelli
 previsti per i singoli corpi, mentre gli artt.  3  e  4  del  decreto
 legislativo  di  cui  si tratta non coinvolgono norme fondamentali di
 Stato, ne' "attribuzioni delle autorita' di pubblica sicurezza"  (con
 chiaro  riferimento  alla prima parte del Capo I della legge 1 aprile
 1981, n. 121).
   7.5.   -   Neppure   si  ravvisa  la  lesione  dell'art.  97  della
 Costituzione, ad opera delle norme denunciate del d.lgs. n.  197,  in
 quanto  le  variazioni  dell'assetto  organizzatorio  della  pubblica
 amministrazione rientrano nelle scelte del legislatore, e non sono di
 per    se'    indice    di    un     peggioramento     dell'andamento
 dell'amministrazione,  anche  se  diminuiscono  o  non  accrescono le
 posizioni di singoli o di gruppi  di  dipendenti.    Cio'  quando  si
 inseriscono  in  un disegno dichiarato di politica normativa tendente
 alla razionalizzazione  e  alla  omogeneizzazione  di  situazioni  di
 ordinamenti,  quali  quelli  delle  Forze  di  Polizia  o delle Forze
 armate, che in una  valutazione  politica  dello  stesso  legislatore
 (certamente    non    palesemente    arbitraria    o   manifestamente
 irragionevole) dovevano essere ricondotte ad effettivo equilibrio  di
 trattamenti normativi ed economici, (v., per riferimenti, sentenza n.
 65   del   1997),  evitando  alterazioni  settoriali  e  rincorse  di
 rivendicazioni.
   Sul piano costituzionale le norme denunciate sono il  risultato  di
 una  scelta  del  legislatore,  che  puo' essere anche discutibile in
 comparazione ad altre possibili soluzioni piu' o meno convenienti per
 particolari  interessi  di  categorie  o  di  settori  di   personale
 (certamente   degni   di   apprezzamento   nella  sede  opportuna  di
 iniziativa); ma cio' costituisce merito di politica  legislativa  non
 sindacabile  in  questa  sede al di fuori dei ricordati limiti di non
 palese arbitrarieta' o di non manifesta irragionevolezza.
   Ne' le modifiche ordinamentali e  di  trattamento  intervenute  con
 riferimento  ai sovrintendenti ed agli ispettori erano precluse dalla
 delega legislativa e dai relativi criteri e principi  direttivi,  che
 espressamente prevedevano "la revisione dei ruoli, gradi e qualifiche
 e,  ove occorra, anche mediante la soppressione di qualifiche, gradi,
 ovvero mediante la istituzione di nuovi ruoli, qualifiche  e  gradi",
 con "le occorrenti disposizioni transitorie". Come si vede, la delega
 era   di   tale   ampiezza  da  consentire  certamente  modificazioni
 dell'ordinamento del personale  e  dei  ruoli  ai  fini  di  migliore
 organizzazione.  Di  conseguenza, il mutamento del precedente assetto
 per dette categorie e ruoli non puo' essere riproposto neppure  sotto
 un indiretto profilo di violazione dell'art. 97 della Costituzione.
   Del resto, il predetto principio costituzionale resta estraneo alla
 tutela  delle  posizioni acquisite o dei precedenti assetti normativi
 derivanti da una legge, quale quella n. 121 del 1981, che costituisce
 - come gia' sottolineato - solo un  inizio  di  omogeneizzazione  dei
 trattamenti  del  settore,  e,  si  puo'  aggiungere,  non un modello
 assolutamente ottimale, e, quindi, non immodificabile,  in  relazione
 anche  a  esigenze man mano sopravvenute di notevole rilievo, secondo
 l'apprezzamento dello stesso legislatore, come quelle  di  equilibrio
 di interi settori di  Polizia e di Forze armate.
   8.  -  In  ordine  agli  art.  13,  14  e  15  del predetto decreto
 legislativo n. 197 del 1995 deve essere sottolineato, secondo quanto,
 del resto, rilevato dall'Avvocatura dello Stato,  che  il  ruolo  dei
 sovraintendenti e' rimasto distinto da quello degli ispettori, e solo
 in  via  transitoria  si  e'  operato  un inquadramento degli attuali
 sovrintendenti  e  vice  sovrintendenti  nella  qualifica   di   vice
 ispettore, mentre i sovrintendenti capo e i sovrintendenti principali
 inquadrati nella qualifica di ispettore capo del ruolo ad esaurimento
 rimangono  funzionalmente  subordinati  agli ispettori capo del ruolo
 degli   ispettori,    ridimensionandosi    cosi'    taluni    effetti
 dell'inquadramento (art. 15, comma 3).
   Del   resto,   gia'   con  la  legge  1  aprile  1981,  n.  121  il
 sovrintendente di quarta e l'ispettore di prima erano stati posti nel
 livello VI, cui era seguita poi la creazione del livello  VI-bis  per
 l'ispettore di terza.
   9.   -   Sulla   base   delle   predette   considerazioni   risulta
 l'infondatezza anche dei  profili  di  illegittimita'  sollevati  dal
 tribunale regionale di giustizia amministrativa, sezione autonoma per
 la provincia di Bolzano (r.o. n. 266 del 1997).
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti   i   giudizi,   dichiara   non  fondata  la  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 3 del d.-l. 7 gennaio 1992,  n.
 5  (Autorizzazione  di  spesa  per  la  perequazione  del trattamento
 economico dei sottufficiali dell'Arma dei  carabinieri  in  relazione
 alla sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 3-12 giugno 1991,
 e  all'esecuzione  di giudicati, nonche' perequazione dei trattamenti
 economici relativi al personale delle corrispondenti categorie  delle
 altre  Forze  di  Polizia),  convertito,  con modificazioni, in legge
 dall'art.  1  della  legge  6  marzo  1992,  n.  216,  sollevata,  in
 riferimento  agli  artt.  3  e  36  della Costituzione, dal tribunale
 amministrativo regionale del Lazio con l'ordinanza in epigrafe;
   Dichiara non fondate le questioni  di  legittimita'  costituzionale
 degli  artt.  3,  4,  13,  14  e 15 del d.lgs. 12 maggio 1995, n. 197
 (Attuazione dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in  materia
 di  riordino delle carriere del personale non direttivo della Polizia
 di Stato), sollevate,  in  riferimento  agli  artt.  97  e  76  della
 Costituzione, dal tribunale amministrativo regionale del Lazio con le
 ordinanze indicate in epigrafe;
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 13, lettere a) e b), del predetto  decreto  legislativo  n.
 197  del  1995,  sollevata,  in  riferimento  agli artt. 3 e 97 della
 Costituzione, dal tribunale regionale  di  giustizia  amministrativa,
 sezione  autonoma  per  la  provincia  di Bolzano, con l'ordinanza in
 epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 marzo 1998
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Chieppa
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 17 marzo 1998
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 98C0279