N. 65 SENTENZA 12 - 17 marzo 1998
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo civile - Ordinanza pretorile di reiezione di provvedimento cautelare con compensazione delle spese giudiziali - Reclamo - Collegio che decide sul reclamo della possibilita' di confermare o modificare il provvedimento anche in ordine alla compensazione delle spese - Omessa previsione - Riferimento alla sentenza della Corte n. 253/1994 - Ragionevolezza dell'integrale devoluzione della controversia al giudice collegiale - Unicita' per tutte le parti del sistema di reclamabilita' - Non fondatezza - Manifesta inammissibilita'. (C.P.C., art. 669-terdecies, commi 1 e 4; c.p.c., art. 669-septies, comma 3). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.12 del 25-3-1998 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
ha pronunciato la seguente Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 669-terdecies, commi 1 e 4, e 669-septies, comma 3, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 26 febbraio 1997 dal tribunale di Modena sul reclamo proposto dalla Nuova Siria s.n.c. contro Rossi Olinto ed altra, iscritta al n. 375 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1997; Udito nella camera di consiglio del 28 gennaio 1998 il giudice relatore Cesare Ruperto. Ritenuto in fatto Nel corso di un procedimento di reclamo avverso un ordinanza pretorile che aveva disposto il rigetto del provvedimento cautelare, con compensazione delle spese giudiziali, il tribunale di Modena, adito dalla parte vincitrice avverso la sola statuizione delle spese, con ordinanza emessa il 26 febbraio 1997, ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione - questione di legittimita' costituzionale: 1) dell'art. 669-terdecies, comma 1, cod. proc. civ., nella parte in cui, stabilendo che e' ammesso reclamo contro lrquote ordinanza con la quale e' stato concesso o rigettato un provvedimento cautelare, non prevede altresi' la reclamabilita' del provvedimento con il quale siano state compensate le spese del procedimento cautelare; 2) dell' art. 669-terdecies, comma 4, cod. proc. civ., nella parte in cui non stabilisce che sul reclamo il collegio pronuncia ordinanza non impugnabile con la quale conferma, modifica, o revoca il provvedimento cautelare, "ovvero la compensazione delle spese del procedimento cautelare"; 3) "in alternativa", dell'art. 669-septies, comma 3, cod. proc. civ., nella parte in cui non stabilisce l'opponibilita' del provvedimento ex art. 645 cod. proc. civ., oltre che in caso di condanna alle spese anche in quello di compensazione delle stesse. A parere del giudice a quo, sarebbe esclusa "per diritto vivente" l'ammissibilita' di un reclamo contro la sola statuizione sulle spese (non congiunto cioe' ad un reclamo del provvedimento cautelare), ed inoltre la opponibilita' ex art. 645 cod. proc. civ. della condanna alle spese, prevista dal successivo art. 669-septies, comma 3, non potrebbe estendersi analogicamente alla compensazione delle spese stesse. Tale ultima notazione renderebbe rilevante, "almeno indirettamente", la questione di legittimita' costituzionale del citato art. 669-septies, la cui eventuale addizione nel senso richiesto consentirebbe di superare i dubbi di legittimita' costituzionale concernenti la non reclamabilita' del provvedimento che ha compensato le spese. Osserva il rimettente che la lacuna normativa da lui individuata comporterebbe una duplice irragionevolezza, sul piano sostanziale e su quello processuale: sia la condanna alle spese sia la compensazione delle stesse "negano la sussistenza di diritti soggettivi e importano diminuzioni patrimoniali"; entrambe sono poi "contenute in una statuizione di natura decisoria e destinata a diventare definitiva". Sarebbe altresi' ravvisabile una disparita' di trattamento (incompatibile con il principio di equivalenza dei mezzi processuali dalla stessa Corte costituzionale affermato) tra la posizione della parte vincitrice nel merito ma insoddisfatta dalla compensazione delle spese, priva di qualsiasi rimedio impugnatorio, e quella della parte insoddisfatta dalla condanna alle spese, che invece disporrebbe pur sempre del citato rimedio dell'opposizione ex art. 645 cod. proc. civ. Considerato in diritto 1. - Secondo il tribunale di Modena, l'art. 669-terdecies, commi 1 e 4, cod. proc. civ. risulterebbe lesivo degli artt. 3 e 24 della Costituzione, sotto il duplice profilo dell'irragionevolezza e della disparita' di trattamento nonche' con riferimento al principio dell'equivalenza nell'attribuzione dei mezzi processuali, in quanto non prevede l'esperibilita' del reclamo avverso l'ordinanza resa ante causam, con la quale, nel negare il provvedimento cautelare, si dichiari altresi' la compensazione delle spese giudiziali. La censura e' correlativamente estesa all'omessa previsione, tra i poteri del collegio che decide sul reclamo ai sensi del citato comma 4, della possibilita' di confermare o modificare il provvedimento anche in ordine alla compensazione delle spese. Il giudice a quo lamenta in sostanza il difetto di un'autonoma reclamabilita' del provvedimento con riguardo alla compensazione delle spese, e censura "in alternativa" - ma prospettando in effetti una ipotesi subordinata - l'art. 669-septies, comma 3, cod. proc. civ., nella parte in cui non estende anche alla declaratoria di compensazione delle spese giudiziali l'opponibilita' della condanna alle spese stesse. 2. - La censura concernente l'art. 669-septies, comma 3, cod. proc. civ. e' manifestamente inammissibile. Il giudice a quo, infatti, si trova a dover decidere in sede di reclamo e non gia' di opposizione, e si duole quindi di un deficit di tutela in un a'mbito processuale diverso da quello introdotto dalla norma impugnata. Donde l'irrilevanza della questione. 3.1. - Riferita la censura - che il giudice a quo motiva unitariamente, prendendo in contemporanea considerazione le due norme denunciate - al solo art. 669-terdecies, diventa agevole osservare che non e' configurabile una disparita' di trattamento fra le parti del processo, le quali astrattamente sono poste sullo stesso piano con riguardo al problema della reclamabilita' del provvedimento emesso dal giudice cautelare di primo grado. 3.2. - Ne' puo' dirsi che, se interpretata nel senso - accolto dal rimettente, in contrasto peraltro con la prevalente dottrina e con parte della giurisprudenza - dell'irreclamabilita' della (sola) compensazione delle spese processuali, la norma sia irragionevole. Al contrario, essa sarebbe da considerare del tutto coerente con quel sistema dalla cui ricostruzione, nei sensi appresso indicati, detta irreclamabilita' discenderebbe. 3.2.1. - Attraverso l'istituto del reclamo il legislatore ha inteso introdurre, secondo quanto piu' volte rilevato da questa Corte (cfr., da ultimo, sentenza n. 421 del 1996), un generale mezzo di controllo dell'operato del giudice della cautela, affidato a un giudice diverso e collegiale. Quest'ultimo e' quindi investito del complessivo contenuto della domanda cautelare ed e' titolare dei medesimi poteri conferiti al primo giudice; per cui il giudizio che s'instaura a se'guito del reclamo e' destinato a svolgersi sull'intero thema decidendum oggetto del procedimento cautelare, del quale il momento del reclamo costituisce la prosecuzione. L'integrale devoluzione della controversia al giudice collegiale implica che il provvedimento da questi adottato venga a sostituire del tutto quello reclamato, e comporta altresi' che il secondo giudice non sia limitato, nella propria cognizione e nella dotazione degli strumenti decisori, dai motivi dedotti dalle parti reclamanti. Con la conseguenza che sarebbe inconfigurabile un giudizio di reclamo circoscritto ad un solo punto della decisione secondo l'ottica propria del giudizio di impugnazione, qual e' viceversa quella sottesa alla prospettazione. E dunque contrasterebbe con la logica stessa dell'istituto un intervento additivo che lo piegasse alle caratteristiche del doppio grado distogliendolo da quelle, sue tipiche, che lo connotano quale sviluppo ulteriore - seppure in una sede diversa - dell'unico procedimento cautelare. Se non e' possibile scindere un profilo del provvedimento per farne il solo oggetto della modifica o della revoca, deve a fortiori escludersi che possa normativamente isolarsi a tal fine il capo concernente la compensazione delle spese per renderlo reclamabile autonomamente prescindendo dal merito. 3.2.2. - Che se poi si volesse invece muovere dalla diversa premessa interpretativa, secondo cui riveste carattere impugnatorio il rimedio previsto dall'art. 669-terdecies, comma 1, cosi' come risulta a seguito della sentenza di questa Corte n. 253 del 1994, allora verrebbe meno ogni ragione per non condividere l'avviso espresso - nell'unico precedente sinora reso in materia - dal giudice della legittimita', secondo cui la parte rimasta anche parzialmente soccombente in ordine alla pronuncia accessoria sulle spese ha a disposizione il mezzo del reclamo (Cass. 27 settembre 1996, n. 8516, che solo in ragione di cio' ha dichiarato inammissibile il ricorso straordinario ex art. 111 della Costituzione). Ma cosi' resterebbe eliso il problema stesso che sta alla base della sollevata questione di costituzionalita'. 3.3. - La norma, comunque interpretata, non viola neppure l'art. 24 della Costituzione, poiche' la compensazione delle spese giudiziali - affidata, per regola generale, alla sussistenza di giusti motivi - non rappresenta in alcun modo ostacolo alla difesa dei propri diritti. Del resto il rimettente, senza negare cio', adduce a sostegno del prospettato dubbio d'incostituzionalita' una ragione tutt'affatto diversa, riportando il rilievo di questa Corte, secondo cui "l'equivalenza dell'attribuzione di mezzi processuali esperibili dalle parti e' in un rapporto di necessaria strumentalita' con la garanzia di azione e difesa sancite dall'art. 24 (sentenza n. 253 del 1994)". Ma omette di considerare che tale argomento veniva utilizzato per trarne la conseguenza che una distribuzione squilibrata dei mezzi di tutela, riducendo la possibilita' di una delle parti di far valere le proprie ragioni, condiziona impropriamente a danno di essa e a favore della controparte l'andamento del processo. Il che non si verifica invece nella presente specie, essendo unico per tutte le parti il sistema di reclamabilita' previsto dalla denunciata normativa.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 669-terdecies, commi 1 e 4, del codice di procedura civile, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal tribunale di Modena con l'ordinanza in epigrafe; Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 669-septies, comma 3, del codice di procedura civile, contestualmente sollevata dallo stesso tribunale in riferimento ai medesimi articoli. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 marzo 1998. Il Presidente: Granata Il redattore: Ruperto Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 17 marzo 1998. Il direttore della cancelleria: Di Paola 98C0281