N. 68 ORDINANZA 12 - 17 marzo 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Ambiente   (Tutela  dell')  -  Trattamento  sanzionatorio  penale  -
 Individuazione dei beni oggetto di tutela per categoria - Riferimento
 alla  giurisprudenza  della  Corte  in  materia  (vedi  sentenze  nn.
 247/1997,  67/1992,  151/1986,  269  e  122  del  1993  e 312/1995) -
 Manifesta infondatezza.
 
 (D.-L. 27 giugno 1985, n. 312, art. 1-sexies introdotto  dall'art.  1
 della legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431).
 
 (Cost., artt. 42, 97, 9 e 25, secondo comma).
 
(GU n.12 del 25-3-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1-sexies del
 d.-l. 27 giugno 1985, n. 312  (Disposizioni  urgenti  per  la  tutela
 delle zone di particolare interesse ambientale), introdotto dall'art.
 1 della legge di conversione 8 agosto 1985 n. 431, promossi con sette
 ordinanze  emesse tra il 19 marzo ed il 28 maggio 1997 dal pretore di
 Roma, sezione distaccata di Tivoli, rispettivamente iscritte  ai  nn.
 416,  490,  491,  495,  496,  633 e 634 del registro ordinanze 1997 e
 pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 28, 35 e 40,
 prima serie speciale dell'anno 1997;
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 25 febbraio 1998 il giudice
 relatore Riccardo Chieppa;
   Ritenuto  che il pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, con
 sette ordinanze di identico contenuto, emesse tra il 19 marzo e il 28
 maggio 1997 (r.o. nn. 490, 491, 495, 496, 633,  634  del  1997),  nel
 corso  di  altrettanti  procedimenti penali nei quali era chiamato ad
 applicare, tra l'altro, l'art. 1-sexies del d.-l. 27 giugno 1985,  n.
 312  (Disposizioni  urgenti  per  la tutela delle zone di particolare
 interesse ambientale), introdotto dalla legge di conversione 8 agosto
 1985, n. 431, ha sollevato questione di  legittimita'  costituzionale
 della predetta norma;
     che,  ad  avviso del giudice a quo, essa si porrebbe anzitutto in
 contrasto con gli artt. 42 e 97 della  Costituzione  (per  quanto  il
 richiamo a tale secondo parametro, pur presente nella parte motiva di
 tutte le ordinanze, figuri, poi, nel dispositivo delle sole ordinanze
 r.o.  nn.  416  e  491  del  1997),  rimandando  alla nozione di aree
 protette quale desumibile dalla espressa elencazione normativa di cui
 all'art.  1 dello stesso decreto-legge n. 312 del 1985, che individua
 i beni oggetto di tutela per categoria;
     che siffatta elencazione sarebbe illegittima, non consentendo che
 la individuazione dei beni con  naturale  attitudine  al  vincolo,  e
 conseguenti  limitazioni  al  diritto di godimento e di disposizione,
 avvenga nelle forme del giusto procedimento, sia al fine  di  rendere
 conoscibili  le ragioni che connotano il particolare pregio del bene,
 sia per consentire ai privati di introdurre le  proprie  osservazioni
 ed istanze;
     che, inoltre, la norma in questione recherebbe vulnus all'art.  9
 della Costituzione, introducendo un regime particolarmente afflittivo
 senza  alcuna  certezza che lo stesso sia in rapporto di sintonia con
 interessi effettivamente  sussistenti,  proprio  per  non  essere  la
 tutela  del valore ambientale affidata a concreti atti della pubblica
 autorita' di individuazione del bene da tutelare;
     che,  parimenti,  essa,  per  il  suo  carattere  prevalentemente
 formale, risulterebbe irragionevolmente piu' afflittiva rispetto alla
 previsione   di   cui  all'art.  734  cod.  pen.,  che  considera  la
 deturpazione di fatto ed in concreto del bene ambientale;
     che, nella prospettazione del giudice rimettente, l'art. 1-sexies
 violerebbe, altresi', l'art. 25, secondo comma,  della  Costituzione,
 per  il  contrasto  con  il principio della legalita', avuto riguardo
 alla indeterminatezza  della  pena  da  applicare,  oltre  che  della
 condotta  incriminata,  individuata  con  generico  riferimento  alla
 violazione delle disposizioni dello stesso decreto-legge n.  312  del
 1985;
     che  in tutti i predetti giudizi e' intervenuto il Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato,  che ha concluso per l'inammissibilita' delle
 questioni, non avendo il giudice rimettente  esposto  alcun  elemento
 descrittivo  delle  fattispecie  oggetto  dei  procedimenti  penali a
 quibus e, nel merito, per la manifesta infondatezza;
   Considerato che l'identita' delle questioni consente che esse siano
 trattate e decise congiuntamente;
     che,  per  quanto  riguarda  la  eccezione  di   inammissibilita'
 sollevata   dall'Avvocatura   generale   dello  Stato,  essa  risulta
 infondata  in  quanto,  pur  nella  lacunosita'  delle  ordinanze  di
 rimessione  con  riguardo  al punto della motivazione sulla rilevanza
 delle  questioni  sollevate  nei  giudizi  a  quibus  e'   possibile,
 tuttavia,  rinvenire  elementi  idonei  a  consentire una valutazione
 positiva sulla sussistenza della rilevanza stessa;
     che, nel merito, quanto al rilievo secondo il quale la  legge  n.
 431  del  1985  elenca  i  beni  da  tutelare per categoria, anziche'
 affidare la relativa individuazione ad atti concreti  della  pubblica
 autorita', questa Corte ha ripetutamente affermato che la ratio della
 introduzione  di  vincoli  paesaggistici  generalizzati risiede nella
 valutazione che l'integrita' ambientale e' un bene unitario, che puo'
 risultare compromesso anche da interventi minori e che va,  pertanto,
 salvaguardato  nella  sua interezza (sentenze nn. 247/1997, 67/1992 e
 151/1986; ordinanza n. 431/1991);
     che tali considerazioni rendono altresi' ragione della  manifesta
 infondatezza dell'ulteriore censura relativa alla mancata osservanza,
 nell'apposizione del vincolo di cui si tratta, delle forme del giusto
 procedimento,   la   cui  disciplina,  del  resto,  e'  rimessa  alla
 discrezionalita' del legislatore nei limiti  della  ragionevolezza  e
 del rispetto dei principi costituzionali (sentenza n. 312/1995);
     che,  quanto  alla  lamentata  violazione  dell'art.  25, secondo
 comma, della Costituzione, questa Corte ha  gia'  ritenuto  infondate
 analoghe  questioni  sollevate  con  riferimento al medesimo rilievo,
 osservando che "la scansione...  dell'ambito  sanzionatorio  e  della
 conseguente  quantificazione  della  pena,  distinta  su tre livelli,
 sulla base della tipologia di condotte incriminate...  risulta,  alla
 luce    sia   della   interpretazione   adeguatrice   operata   dalla
 giurisprudenza  che  dell'indirizzo  interpretativo  della  Corte  di
 cassazione,   corrispondere   ai  precetti  di  determinatezza  della
 sanzione penale, soddisfacendo, inoltre, il canone di  adeguatezza  e
 congruita'  della  pena  nel  rapporto  di  proporzionalita', sia nel
 minimo che nel massimo, alla tutela del bene presidiato dalla  norma"
 (sentenza n. 247/1997; v. anche sentenze nn. 122/1993 e 67/1992);
     che,   d'altra   parte,   la   giurisprudenza  costituzionale  ha
 ripetutamente  posto  in  evidenza  che  l'accentuata  severita'  del
 trattamento,  che  puo' risultare dalla norma di cui si tratta, trova
 giustificazione  nella  entita'  sociale  dei  beni  protetti  e  nel
 ricordato  carattere  generale, immediato ed interinale, della tutela
 che la legge ha inteso apprestare di fronte alla  urgente  necessita'
 di reprimere comportamenti tali da produrre all'integrita' ambientale
 danni  gravi  e  talvolta  irreparabili  (sentenze  nn. 269 e 122 del
 1993);
     che questa Corte ha, altresi', gia'  esaminato  il  problema  del
 diverso,  e  piu'  grave,  livello  sanzionatorio  previsto dall'art.
 1-sexies rispetto al trattamento riservato  a  chi  compia  opere  di
 trasformazione non autorizzata in zona vincolata ai sensi della legge
 29  giugno  1939,  n.  1497,  osservando  che  le  censure avverso un
 differente trattamento sanzionatorio operante su piani diversi, quali
 sono quelle di cui si tratta, sono manifestamente  infondate  per  la
 non comparabilita' dei due sistemi presi in considerazione, l'uno dei
 quali  (legge  n.    1497  del  1939) prevede una tutela diretta alla
 preservazione di cose e  localita'  di  particolare  pregio  estetico
 isolatamente  considerate,  mentre  l'altro (decreto-legge n. 312 del
 1985, convertito, con modificazioni, in legge 8 agosto 1985, n.  431)
 introduce   una  tutela  del  paesaggio  improntata  a  integrita'  e
 globalita',  implicante  una  riconsiderazione  assidua   dell'intero
 territorio  nazionale  alla  luce e in attuazione del valore estetico
 culturale;
     che, anche per quanto concerne l'offensivita' in  concreto  delle
 condotte   incriminate,   e'   sufficiente   richiamare   l'indirizzo
 interpretativo di questa Corte, secondo il quale l'accertamento della
 stessa e' in ogni caso devoluto al sindacato del giudice penale  (v.,
 da ultimo, sentenza n. 247 del 1997);
     che,  pertanto,  tutte  le  questioni sollevate dal giudice a quo
 devono essere dichiarate manifestamente infondate;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti   i  giudizi,  dichiara  la  manifesta  infondatezza  delle
 questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1-sexies del d.-l.
 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone
 di particolare interesse ambientale), introdotto  dall'art.  1  della
 legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431, sollevate, in riferimento
 agli  artt.  42,  97,  9,  25, secondo comma, della Costituzione, dal
 pretore di Roma, sezione  distaccata  di  Tivoli,  con  le  ordinanze
 indicate in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 marzo 1998.
                        Il Presidente:  Granata
                         Il redattore: Chieppa
                        Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 17 marzo 1998.
                Il direttore della cancelleria: Di Paola
 98C0284