N. 70 ORDINANZA 12 - 20 marzo 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Giustizia  amministrativa  -  Potere  del  giudice amministrativo di
 sospendere  con  ordinanze  cautelari  propulsive   i   provvedimenti
 negativi   e   il   silenzio-rifiuto  dell'amministrazione  -  Omessa
 previsione  -  Questione  non  diretta  a  rimuovere  il  dubbio   di
 legittimita'   costituzionale,   che   il   giudice   rimettente   ha
 concretamente mostrato di  non  nutrire  affatto,  ma  finalizzata  a
 proteggere   l'emananda   pronuncia  definitiva  da  impugnazione  ed
 eventuale annullamento da parte del  giudice  d'appello  -  Manifesta
 inammissibilita'.
 
 (Legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 21, ultimo comma).
 
 (Cost.,  artt.  3,  primo  comma,  24,  secondo comma, e 113, primo e
 secondo comma).
 
(GU n.12 del 25-3-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,    prof.
 Cesare  MIRABELLI,   prof. Fernando   SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda CONTRI, prof. Guido  NEPPI  MODONA,    prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI,  prof.  Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 21, ultimo
 comma,  della  legge  6  dicembre  1971,  n.  1034  (Istituzione  dei
 tribunali amministrativi regionali), promosso con ordinanza emessa il
 10  novembre  1995  dal  Tribunale  amministrativo  regionale  per la
 Sicilia, sezione staccata di Catania, iscritta al n. 722 del registro
 ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 34, prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 10 dicembre 1997 il giudice
 relatore Carlo Mezzanotte;
   Ritenuto che il tribunale amministrativo regionale per la  Sicilia,
 sezione  staccata  di Catania, con ordinanza del 10 novembre 1995, ha
 sollevato, in riferimento agli artt.  3,  primo  comma,  24,  secondo
 comma, e 113, primo e secondo comma, della Costituzione, questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 21, ultimo comma, della legge 6
 dicembre  1971,  n.  1034  (Istituzione  dei tribunali amministrativi
 regionali), nella parte in cui non prevede  espressamente  il  potere
 del  giudice  amministrativo  di  sospendere, con ordinanze cautelari
 propulsive,  i   provvedimenti   negativi   e   il   silenzio-rifiuto
 dell'amministrazione;
     che,   in   particolare,   il   giudice   remittente,  adito  per
 l'annullamento  di  un  provvedimento  di  rigetto  di   domanda   di
 concessione  di contributo in conto capitale ad impresa artigiana per
 l'acquisto di attrezzature e macchinari, ai sensi dell'art. 43  della
 legge  regionale  18  febbraio  1986,  n.  3 (Norme per la tutela, la
 valorizzazione e lo  sviluppo  dell'artigianato  siciliano),  precisa
 che,  con  ordinanza  cautelare n. 2831/1995 in pari data, ha accolto
 temporaneamente  la  domanda  di   sospensione   dell'efficacia   del
 provvedimento  negativo  impugnato,  ordinando  alla  amministrazione
 competente di riesaminare la situazione controversa  e  di  regolarla
 nuovamente a titolo provvisorio, vale a dire concedendo al ricorrente
 il  richiesto  contributo  ovvero, ove ne ricorressero i presupposti,
 negandolo nuovamente in presenza di altre legittime ragioni  ostative
 non evidenziate con l'impugnato provvedimento negativo;
     che,  quanto  alla non manifesta infondatezza della questione, il
 remittente premette di condividere l'orientamento giurisprudenziale a
 suo avviso riconducibile alle sentenze nn. 284 del 1974, 227 del 1975
 e 8 del 1982 di questa Corte ed espresso dall'Adunanza  plenaria  del
 Consiglio  di  Stato  nella  sentenza n. 6 del 30 aprile 1982 e nelle
 ordinanze nn. 17 dell'8 ottobre 1982 e 14 del 1 giugno 1983,  secondo
 il  quale,  in forza dei principi fissati dagli artt. 3, primo comma,
 24, secondo comma, 103, primo comma, e  113  della  Costituzione,  la
 tutela   cautelare   dovrebbe   ammettersi   anche  in  relazione  al
 silenzio-rifiuto ed ai  provvedimenti  negativi  dell'amministrazione
 che  incidono  sugli  interessi legittimi all'acquisizione di un bene
 della vita (cosiddetti interessi legittimi pretensivi);
     che lo stesso remittente ricorda di avere adottato,  in  numerose
 fattispecie  analoghe  a quella oggetto del giudizio a quo, ordinanze
 "propulsive"  di  sospensione  di   provvedimenti   negativi,   tutte
 annullate  dal  Consiglio  di giustizia amministrativa per la regione
 siciliana,  che,  pur   ammettendo   in   linea   di   principio   la
 sospendibilita' dei provvedimenti negativi e del silenzio-rifiuto, ha
 subordinato    l'esercizio   del   potere   cautelare   del   giudice
 amministrativo  a  condizioni  talmente  rigide  da  escludere  nella
 sostanza  la  tutela  cautelare  per  una  larga  fascia di interessi
 pretensivi;
     che viceversa, secondo  il  remittente,  il  giudizio  cautelare,
 analogamente    a   quello   di   ottemperanza,   potendo   implicare
 l'affermazione del dovere dell'amministrazione di provvedere mediante
 un  facere  specifico,  deve  essere  ricondotto  nell'ambito   della
 giurisdizione  estesa  al  merito,  attesa anche l'unitarieta', nella
 fase cautelare, del momento di  cognizione  e  di  quello  esecutivo,
 essendo   l'eseguibilita',  anche  con  mezzi  coercitivi,  connotato
 proprio ed indefettibile del tipo di tutela richiesto, tanto piu' che
 il giudice, nell'indagine circa la ricorrenza dei  presupposti  della
 tutela  cautelare,  puo' e deve compiere anche una comparazione degli
 interessi pubblici e privati coinvolti nella controversia;
     che,  conseguentemente,  ad avviso del giudice a quo, la costante
 interpretazione restrittiva del Consiglio di giustizia amministrativa
 per la regione siciliana, che costituisce nei suoi confronti "diritto
 vivente",  vanificherebbe  l'esigenza  costituzionale  di  assicurare
 effettiva tutela agli interessi legittimi pretensivi anche nella fase
 cautelare,  e  si  porrebbe,  quindi, in contrasto, con gli artt.  3,
 primo comma, 24, secondo comma, e 113, primo e secondo  comma,  della
 Costituzione;
     che,  nel  giudizio  innanzi  a  questa  Corte, e' intervenuto il
 Presidente del Consiglio dei Ministri, chiedendo che la questione sia
 dichiarata inammissibile o comunque infondata;
   Considerato che il giudice remittente riferisce di aver adottato in
 numerose fattispecie analoghe a quella che forma oggetto del giudizio
 principale una interpretazione  dell'ultimo  comma  dell'articolo  21
 della  legge  n.  1034  del  1971, a suo avviso, conforme ai principi
 risultanti dagli artt. 3, 24 e  113  della  Costituzione,  propiziata
 dalle  sentenze nn. 284 del 1974, 227 del 1975 e 8 del 1992 di questa
 Corte e  seguita  dall'Adunanza  plenaria  del  Consiglio  di  Stato,
 secondo  la  quale  la  tutela  cautelare  deve  ammettersi  anche in
 relazione al silenzio-rifiuto  ed  ai  provvedimenti  negativi  della
 pubblica   amministrazione   che   incidano  su  interessi  legittimi
 cosiddetti  pretensivi,  interessi  che  abbiano  cioe'  ad   oggetto
 l'acquisizione di un bene della vita;
     che  tale  orientamento,  secondo  quanto  riferito  dallo stesso
 giudice remittente, non ha potuto pienamente realizzarsi in  Sicilia,
 poiche'  il  Consiglio  di  giustizia  amministrativa  per la regione
 siciliana, giudice amministrativo di secondo grado in quella regione,
 pur  ammettendo  in  linea  di  principio  la   sospendibilita'   dei
 provvedimenti   negativi   e   del  silenzio-rifiuto  della  pubblica
 amministrazione, ha  tuttavia  circondato  il  potere  cautelare  del
 giudice amministrativo di cosi' stringenti limiti e lo ha subordinato
 a cosi' rigide condizioni da escludere qualsiasi tutela cautelare per
 una   larga   fascia   di   interessi   pretensivi,  con  conseguente
 vanificazione della pienezza del principio costituzionale;
     che il medesimo giudice remittente mostra nondimeno, nelle  ampie
 argomentazioni  svolte  sul  punto   nell'ordinanza di remissione, di
 ritenere senz'altro corretto e conforme a Costituzione l'orientamento
 da lui  adottato, ed erroneo, invece, quello seguito dal Consiglio di
 giustizia amministrativa, come si desume dall'ordinanza con la quale,
 in pari data, il giudice a quo ha accolto, sia pure  temporaneamente,
 la    domanda   incidentale   di   sospensione   dell'efficacia   del
 provvedimento negativo impugnato, rinviando l'ulteriore e  definitiva
 trattazione  dell'istanza  cautelare  alla  prima camera di consiglio
 utile dopo la restituzione degli atti del giudizio da parte di questa
 Corte;
     che, in effetti, la domanda incidentale ha potuto essere  accolta
 solo sulla base di quell'interpretazione ampia dei poteri del giudice
 cautelare  che  oggi viene richiesto a questa Corte di introdurre con
 una pronuncia di illegittimita' costituzionale;
     che in questo contesto e' evidente che  la  questione  sottoposta
 all'esame  di  questa  Corte  non  e'  volta a rimuovere un dubbio di
 legittimita'  costituzionale,  che  il  remittente  ha  concretamente
 mostrato  di  non  nutrire  affatto  e  di  poter  risolvere  in  via
 interpretativa, ma e' finalizzata a proteggere  l'emananda  pronuncia
 definitiva   dall'alea   di   una  impugnazione  e  di  un  eventuale
 annullamento da parte del giudice d'appello;
     che, poiche' una finalita' siffatta e' estranea alla  logica  del
 giudizio  incidentale  di  legittimita'  costituzionale, la questione
 deve essere dichiarata manifestamente inammissibile;
   Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  dinanzi
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'   della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 21, ultimo comma, della legge 6
 dicembre 1971, n.  1034  (Istituzione  dei  tribunali  amministrativi
 regionali),  sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24,
 secondo comma, e 113, primo e secondo comma, della Costituzione,  dal
 tribunale  amministrativo  regionale per la Sicilia, sezione staccata
 di Catania, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 marzo 1998.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Mezzanotte
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 20 marzo 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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