N. 221 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 gennaio 1998

                                N.  221
  Ordinanza  emessa  il  16  gennaio  1998 dal tribunale di Genova nel
 procedimento penale a carico di Vadacca Vincenzo ed altri
 Processo penale - Dibattimento - Valutazione delle prove -  Modifiche
    normative  -  Disciplina  transitoria - Ipotesi in cui il pubblico
    ministero  non  si  sia  avvalso  della  facolta'  di   richiedere
    l'incidente  probatorio  ed  i soggetti di cui all'art. 210 c.p.p.
    (imputati in procedimento connesso o collegato)  non  siano  stati
    ancora  esaminati in dibattimento - Utilizzabilita' (nei limiti di
    valutazione    probatoria    previsti)     delle     dichiarazioni
    predibattimentali  rese  da  detti soggetti - Mancata previsione -
    Disparita' di trattamento rispetto ad ipotesi analoghe.
 (Legge 7 agosto 1997, n. 267, art. 6, comma 1).
 (Cost., art. 3).
(GU n.14 del 8-4-1998 )
                             IL TRIBUNALE
   Alla prima udienza dibattimentale del 17 ottobre 1997 gli  imputati
 in  procedimento connesso Tedeschini Giuliano e Paladino Baldassarre,
 citati dal p.m.  a  sostegno  dell'ipotesi  accusatoria  formulata  a
 carico  degli  odierni  imputati  ed  ammessi  dal  collegio, si sono
 avvalsi della facolta' di non rispondere. Il p.m.  chiedeva  pertanto
 l'acquisizione mediante lettura delle dichiarazioni rese dai predetti
 nel   corso  delle  indagini  preliminari.  A  seguito  del  dissenso
 manifestato da parte dei difensori, il p.m. ha sollevato questione di
 legittimita' costituzionale degli artt. 1  e 6, legge n. 267/1996 per
 violazione degli artt. 3 e 101 comma secondo della Costituzione.
   In via preliminare osserva il collegio che la questione eccepita in
 relazione all'art. 1 risulta rilevante ai fini del presente giudizio.
 Invero, poiche' la novella dell'agosto 1997 e' intervenuta  in  epoca
 successiva all'emanazione del decreto di rinvio a giudizio disposto a
 carico   degli   imputati  (ma  anteriormente  all'instaurazione  del
 giudizio di primo grado) e non essendosi il p.m. avvalso -  entro  il
 termine  previsto  dall'art.  6  comma  1,  legge n. 267/1997 - della
 facolta' di cui all'art. 392 c.p.p. (come  modificato  dalla  recente
 normativa),   trova   immediata   applicazionie,  relativamente  alle
 dichiarazioni  rese  dai  coimputati  Tedeschini   e   Paladino,   la
 disciplina sancita dall'art.  513 nella nuova formulazione.
   In  ordine  alla  non  manifesta  infondatezza  valgono le seguenti
 osservazioni.
   La ratio sottesa alle modifiche apportate al codice di  rito  dalla
 legge  n.  267/1997  e'  indubbiamente  quella di rendere operante il
 principio del contraddittorio nella formazione della prova,  vietando
 (salvo  il  consenso delle parti) l'utilizzabilita' dibattimentale di
 atti acquisiti dal p.m. durante la fase delle indagini preliminari  e
 ai quali il difensore dell'imputato non abbia partecipato.
   Tale  normativa  non risulta, ad avviso del tribunale, in contrasto
 con il principio espresso dalla Corte costituzionale  nella  sentenza
 n.   254/1992,  che  ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
 dell'art.  513 comma 2 c.p.p. nella parte in cui  non  consentiva  la
 lettura  dei  verbali  delle dichiarazioni rese, nell'ambito di altro
 procedimento, da taluna delle persone indicate nell'art. 210  c.p.p.,
 in  quanto  si  creava  un'irragionevole  disparita'  di  trattamento
 rispetto alla disciplina dettata dal primo comma dell'art. 513 c.p.p.
 (che consentiva invece  l'utilizzabilita'  delle  dichiarazioni  rese
 dall'imputato   anche  nei  confronti  dei  coimputati  del  medesimo
 procedimento). Al riguardo si osserva  che  il  denunciato  vizio  di
 manifesta  irragionevolezza  non  e' piu' ravvisabile in relazione al
 testo novellato dell'art.  513 c.p.p., ove si prevede  che  anche  le
 dichiarazioni  dell'imputato  che  si  rifiuti di sottoporsi ad esame
 possano essere utilizzate - al pari di quelle rilasciate dai soggetti
 di cui all'art. 210 c.p.p.   - nei confronti di  altri  solo  con  il
 consenso degli stessi.
   Si  tratta  se  mai  di  verificare  se  la  disciplina  introdotta
 dall'art.  1, legge n. 267/1997 contrasti con il  "principio  di  non
 dispersione   degli  elementi  di  prova  non  compiutamente  (o  non
 genuinamente) acquisibili con metodo orale"  enunciato  dallo  stesso
 giudice  delle  leggi  nella coeva sentenza n. 255/1992. Sotto questo
 profilo ritiene il collegio che detto principio (sicuramente  accolto
 dal  nostro  ordinamento processuale:  cfr., ad esempio, gli articoli
 431, 392, 512 c.p.p.) non assurga peraltro a rango  costituzionale  a
 differenza  del  principio  del  contraddittorio,  che costituisce in
 primis espressione  e  corollario  imprenscindibile  del  diritto  di
 difesa  esplicitamente  sancito dall'art. 24 della Costituzione e che
 in ultima analisi incide sulla ricerca della verita' "fine primario e
 ineludibile del processo penale" (cosi' testualmente:    sentenza  n.
 255/1992  della  Corte  costituzionale),  in  quanto il diritto delle
 parti di intervenire nella formazione della prova attraverso  l'esame
 incrociato delle dichiarazioni, come esattamente evidenziato da certa
 dottrina,  "non  e'  soltanto  (...)  la  proiezione  di una garanzia
 individuale nel processo,  ma  innanzitutto  un'efficace  tecnica  di
 ricostruzione   dei   fatti  (...),  un  passo  essenziale  verso  la
 completezza e solidita' dell'accertamento giudiziale". In effetti, la
 possibilita' che una dichiarazione resa da un  coimputato  nel  corso
 delle  indagini preliminari (per sua natura sospetta, tanto da essere
 assoggettata al particolare canone valutativo  di  cui  all'art.  192
 commi  3  e  4 c.p.p.) e non ribadita durante il processo entri a far
 parte del fascicolo dibattimentale preclude  un  adeguato  vaglio  da
 parte del giudice sulla credibilita' della fonte di prova.
    Alla  luce  di  quanto  esposto  appare  razionale  la  scelta del
 legislatore di privilegiare il diritto dell'imputato a difendersi nel
 processo penale rispetto alla contrastante esigenza di  conservazione
 degli atti acquisiti nel corso delle indagini preliminari. D'altronde
 la  novella  del 1997, al fine di bilanciare i contrapposti interessi
 in  gioco  ha,  da  un  lato,  ampliato   i   confini   dell'istituto
 dell'incidente  probatorio proprio in relazione alle dichiarazioni da
 assumersi dai soggetti di  cui  all'art.  210  c.p.p;  dall'altro  ha
 dettato  una  disciplina  transitoria  per  le  situazioni giuridiche
 pendenti che consente di utilizzare ai fini  della  decisione  -  sia
 pure entro determinati limiti - le dichiarazioni precedentemente rese
 dai   "coimputati"  che  si  siano  avvalsi  della  facolta'  di  non
 rispondere (art. 6, comma 5, legge n. 267/1997).
   In ordine alla questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
 6  legge  n. 267/l997, il p.m. ha evidenziato come tale disposizione,
 in violazione  del  principio  tempus  regit  actum,  sia  venuta  ad
 incidere  sulle  aspettative  della  pubblica  accusa  in ordine agli
 elementi di prova a suo tempo  legittimamente  acquisiti  nella  fase
 delle  indagini  preliminari,  subordinando  l'utilizzabilita'  degli
 stessi  alla  scelta  insindacabile  del  soggetto  che  ha  reso  in
 precedenza  le  dichiarazioni  e,  in  seconda  battuta,  della parte
 controinteressata.
   Quanto  alla  rilevanza della prospettata questione, si osserva che
 nel caso in esame, avuto riguardo alla fase procedimentale durante la
 quale e' intervenuta la riforma del 1997, risulta applicabile  l'art.
 6  comma  1  e,  pertanto,  la  questione stessa e' rilevante ai fini
 dell'odierno processo.
    In merito alla non manifesta infondatezza,  il  tribunale  osserva
 che  le  disposizioni transitorie rispondono all'esigenza di regolare
 il passaggio dalla vecchia alla nuova normativa, approntando  per  le
 situazioni  non  ancora  esaurite  al  momento dell'entrata in vigore
 della legge sopravvenuta una disciplina differente rispetto sia  alla
 precedente normativa sia a quella successiva.
   E'  altresi'  pacifico  in giurisprudenza che la predisposizione di
 una disciplina transitoria, che  deroga  al  principio  tempus  regit
 actum,  rientra  nella discrezionalita' del legislatore (v. Cass., 30
 settembre 1991, Taffi)  e  che  non  contrasta  con  l'art.  3  della
 Costituzione,  posto  che  la  normativa transitoria "e' operativa in
 modo identico nei confronti di tutti  coloro  che  si  trovino  nelle
 medesime  condizioni  temporali  e nelle stesse fasi processuali" (in
 tal senso: Cass. sez. VI, 20 maggio  1993,  Frontini;  cfr.  altresi'
 Cass. 4 luglio 1990, Lampis).
   E'  in  relazione  alla coerenza interna delle diverse disposizioni
 transitorie contenute nella legge n. 267/1997 che il  collegio  nutre
 dubbi  di  conformita'  alla Carta costituzionale. In particolare, si
 ravvisa una irragionevole disparita' di trattamento (con  conseguente
 violazione  dell'art. 3 della Costituzione) tra la disciplina dettata
 dal comma1 dell'art. 6 nella parte in cui non prevede, per  l'ipotesi
 in cui il p.m. non si sia avvalso della facolta' ivi prevista, che le
 dichiarazioni  gia'  rese  dai  soggetti  di  cui all'art. 210 c.p.p.
 possano essere valutate dal giudice entro i  paramentri  fissati  dal
 comma 5 e quella dettata dal secondo comma, in base al quale, qualora
 sia  gia'  iniziato  il  giudizio  di  primo  grado  e sia gia' stata
 disposta la  lettura  delle  dichiarazioni  rilasciate  dai  soggetti
 indicati  dall'art.    210  c.p.p.,  il  giudice  - disposta la nuova
 citazione delle suddette persone e preso atto  del  loro  rifiuto  di
 rispondere  - puo' comunque valutare, sia pure nei limiti fissati dal
 comma  5,  dell'art.  6,  legge   n.   267/1997,   le   dichiarazioni
 precedentemente  rese  dai  coimputati  in  procedimento  connesso  o
 collegato. Piu' precisamente, non si comprende per quale  ragione  il
 legislatore   abbia   trattato   in  modo  diseguale  due  situazioni
 processuali (in senso lato) sostanzialmente omogenee:  in entrambe le
 ipotesi sopra indicate infatti il p.m. aveva  gia'  acquisito  (prima
 dell'entrata in vigore della riforma) elementi di prova astrattamente
 idonei ad entrare tra il materiale probatorio da sottoporre al vaglio
 dibattimentale.  In definitiva, il legislatore ha ingiustificatamente
 disatteso l'esigenza di conservazione degli atti (sia pure  temperato
 dalla  necessita'  di  salvaguardare  adeguatamente  il principio del
 contraddittorio),  rendendo  di  immediata  applicazione   la   nuova
 disciplina  dell'art.  513  c.p.p  ai  procedimenti  penali  in corso
 rispetto ai quali il p.m.  non  si  sia  avvalso  della  facolta'  di
 richiedere  l'incidente  probatorio  e  i soggetti indicati dall'art.
 210 c.p.p. debbano essere ancora esaminati  per  la  prima  volta  in
 dibattimento.
   Ne'  e'  possibile  interpretare  in chiave costituzionale l'art. 6
 comma 1, nel senso cioe' di estendere per  l'ipotesi  oggi  in  esame
 quanto  previsto  dal  comma  5  della  stessa  norma.  La disciplina
 transitoria e' infatti per definizione insuscettibile  di  estensione
 analogica,  atteso  che per la situazione di fatto non regolata dalla
 norma transitoria valgono i principi di diritto  intertemporale,  con
 conseguente applicazione della vecchia o della nuova normativa.
                               P. Q. M.
   Visti gli artt. 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Dichiara  manifestamente  infondata  la  questione  di legittimita'
 costituzionale dell'art. 1 della legge 7 agosto 1997, n. 267;
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  6, comma 1, legge citata per
 violazione dell'art. 3 della Costituzione;
   Sospende il presente giudizio;
   Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
   Dispone che a cura della  cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  al  Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai
 Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
     Genova, addi' 16 gennaio 1998
                         Il presidente: Vidali
 98C0338