N. 224 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 novembre 1997
N. 224 Ordinanza emessa il 6 novembre 1997 dal tribunale amministrativo regionale della Liguria sul ricorso proposto da Donato Placido contro il comune di Genova Impiego pubblico - Dipendente condannato in sede penale - Possibilita' di destituzione all'esito di procedimento disciplinare - Termine perentorio di novanta giorni per la conclusione di detto procedimento - Asserita impossibilita' per la pubblica amministrazione di porre in essere tutti gli atti endoprocedimentali a garanzia degli interessi della stessa o dell'incolpato - Irragionevolezza con incidenza sul diritto al lavoro - Lesione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. (Legge 7 febbraio 1990, n. 19, art. 9, comma 2). (Cost., artt. 3, 4 e 97).(GU n.14 del 8-4-1998 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1744/95 r.g.r. proposto da Placido Donato elettivamente domiciliato in Genova, p.zza Piccapietra, 83/63, presso gli avv.ti Domenico Griffo e Antonio Pedulla' che lo rappresentano e difendono per mandato a margine del ricorso; ricorrente. Contro il comune di Genova in persona del sindaco pro-tempore elettivamente domiciliato in Genova, via Garibaldi, 9, presso l'avv. Edda Odone che lo rappresenta e difende per mandato su copia notificata del ricorso; resistente. Per l'annullamento della deliberazione della giunta comunale n. 1778 del 22 agosto 1995 portante destituzione dal servizio del ricorrente nonche' del verbale e della deliberazione della commissione di disciplina; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Genova; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Data per letta alla pubblica udienza del 6 novembre 1997 la relazione del 1 referendario R. Prosperi, e uditi, altresi', l'avv. Pedulla' per il ricorrente e l'avv. Masuelli per delega dell'avv. Odone per il comune; Ritenuto e considerato quanto segue: Esposizione del fatto Con ricorso notificato il 16 novembre 1995 Placido Donato impugnava, chiedendone l'annullamento la deliberazione epigrafata con la quale la Giunta comunale lo aveva destituito dal servizio, unitamente agli atti della commissione di disciplina. Premetteva in fatto il ricorrente, funzionario tecnico comunale, di essere stato tratto in arresto nel marzo del 1991 perche' imputato di concussione e successivamente, sospeso dal servizio dapprima obbligatoriamente e quindi cautelativamente dopo la scarcerazione, condanato ad un anno e dieci mesi di reclusione in seguito a condanna emessa ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale il giorno 26 novembre 1992. Senza procedere alla riammissione in servizio, il giorno 19 luglio 1993 il comune gli comunicava il cambiamento del tipo di sospensione dal servizio, ora a titolo di pendenza di procedimento disciplinare, ed il successivo 5 agosto lo deferiva alla commissione di disciplina. Ma solamente il 1 giugno 1995 veniva comunicata al ricorrente la composizione della commissione di disciplina e il procedimento riprendeva il suo iter che si concludeva con il provvedimento attualmente impugnato per i seguenti motivi: 1. Violazione dell'art. 9, comma 2, della legge 7 febbraio 1990 n. 19, dell'art. 120 del decreto del Presidente della Repubblica n. 3/1957 e degli artt. 11, 12 comma 4, 13 comma 4, 5 e 6 e dell'intera sezione 2 del regolamento di disciplina del comune di Genova. Appaiono violate tutte le norme che impongono termini procedimentali al procedimento disciplinare. La pubblica amministrazione ebbe conoscenza della sentenza di condanna fin dal 31 dicembre 1992 e tale conoscenza e' sufficiente per far decorrere i termini per l'avvio e la conclusione del procedimento disciplinare ai sensi dell'art. 9 comma 2 della legge 19/1990 e dell'art. 25 del regolamento comunale. Il primo atto emanato dall'amministrazione ossia il deferimento alla commissione di disciplina risale al 30 giugno 1993, 181 dall'avvenuta conoscenza della sentenza, ma solo il 5 maggio 1995 il comune avvia effettivamente le pratiche per la nomina dei membri della suddetta commissione, composta formalmente il 1 giugno 1995. Risultano quindi violati tutti i termini previsti in materia dalla normativa epigrafata, secondo una costante giurisprudenza. 2. - Violazione dell'art. 3, legge 241/1990 per difetto di motivazione e dell'art. 97 della Costituzione. Eccesso di potere sotto svariati profili. I ritardi del comune sono assolutamente privi di motivazione e la lunghezza dei tempi amministrativi appare in totale contrasto con i principi di buon andamento della pubblica amministrazione. 3. - Violazione dell'art. 112 del decreto del Presidente della Repubblica n. 3/1957 degli artt. 19 e 20 del regolamento di disciplina e dell'art. 3 della legge 241/1990. Eccesso di potere sotto svariati profili. L'audizione orale dell'incolpato e' avvenuta in aperta violazione di tutti i diritti della difesa, in quanto al Donato si e' proibita la possibilita' di parlare e cio' anche al difensore e la commissione si e' limitata ad una serie di domande, senza altra possibilita' di ulteriori trattazioni. Il ricorrente concludeva per l'accoglimento del ricorso con il conseguente annullamento del provvedimento della Giunta in quanto viziato dal procedimento in via derivata, con vittoria di spese. Il comune di Genova si e' costituito in giudizio sostenendo l'infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto. Con ordinanza n. 668 del 7 dicembre 1995 questo tribunale accoglieva l'istanza di sospensione cautelare della destituzione impugnata. All'odierna udienza pubblica la causa e' passata in decisione. Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente Donato si duole che il procedimento disciplinare conclusosi con la sua destituzione ed impugnato in questa sede non abbia osservato tutti i termini stabiliti e fra l'altro quelli da ultimo disposti con la legge 7 febbraio 1990 n. 19 all'art. 9 comma 2: in particolare il comune di Genova non avrebbe rispettato i centottanta giorni dalla conoscenza della sentenza di condanna del Donato per avviare il procedimento disciplinare, ne' i novanta giorni per concluderlo. Il primo profilo della censura appare infondato in quanto il termine di centottanta giorni previsto dall'art. 9 comma 2 della legge 19/1990 per l'avvio del procedimento disciplinare decorre dalla conoscenza da parte della pubblica amministrazione della sentenza irrevocabile di condanna. Nel caso di specie risulta dagli atti versati in causa che tale conoscenza e' avvenuta in senso pieno il 10 giugno 1993, allorche' il ricorrente ha notificato al comune la sentenza di condanna con allegata in calce la data di passaggio in giudicato, elemento questo ultimo rimasto antecedentemente sconosciuto per il datore di lavoro, mentre la contestazione degli addebiti risale al 9 luglio successivo. Altrettanto non puo' dirsi per il termine stabilito per la conclusione del procedimento, in quanto l'atto di destituzione e' stato emesso il 22 agosto 1995 e quindi due anni, un mese e tredici giorni dopo la contestazione degli addebiti. Il tribunale non puo' che conformarsi con le conclusioni affermate dalla recentissima pronuncia dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, a.p., 3 settembre 1997 n. 16), con la quale la giurisprudenza sembra aver risolto le incertezze che gravavano sulla perentorieta' o meno di detto termine dei novanta giorni entro i quali il procedimento disciplinare doveva essere concluso. L'adunanza ha ritenuto che principio generale del diritto in senso lato punitivo deve essere la predeterminazione anche procedimentale delle conseguenze dell'illecito disciplinare, predeterminazione che richiede una tale regola di chiarezza che verrebbe violata dalla ordinarieta' del termine. Per non citare poi l'argomento letterale "... deve essere ... concluso" che rappresenta una ulteriore affermazione della perentorieta'. Dunque, date queste considerazioni, dovrebbe dirsi fondato il secondo profilo della censura. Ma il collegio ritiene anche di aderire ai dubbi di legittimita costituzionale sollevati dal Consiglio di Stato. La perentorieta' del termine di novanta giorni entro il quale il procedimento disciplinare deve essere concluso non permette alle amministrazioni di rispettare le norme di garanzia e contenute nel decreto del Presidente della Repubblica n. 3/1957 e dunque tutti i passaggi endoprocedimentali da questo previsti devono intendersi abrogati, con la conseguenza che gli interessi coinvolti sia dell'incolpato, sia della pubblica amministrazione difficilmente possono essere presi in considerazione. Da tale disciplina, in aperto contrasto con ogni regola di logicita' - e quindi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione - puo' derivare tanto una tendenza "colpevolista" tale da nuocere alla prosecuzione dell'attivita' lavorativa garantita dall'art. 4 della Costituzione, derivante dalla necessita' di "fare presto" nel sanzionare soggetti oggigiorno quantomai impopolari, quanto una facilita' per detti soggetti a sfuggire a qualsiasi conseguenza, visti i tempi strettissimi e la nota farraginosita' dei meccanismi, dei quali la presente vicenda e' emblema; e la sottrazione ad ogni conseguenza non puo' che apparire in evidente contrasto con l'art. 97 della Costituzione. Tali questioni devono quindi essere rimesse all'esame della Corte costituzionale, essendone anche evidente la loro rilevanza nella presente controversia. Quanto all'istanza di riammissione in servizio del ricorrente sollevata in udienza, non appare ammissibile in quanto il ricorso e' stato proposto avverso la destituzione del Donato e la sospensione cautelare di tale provvedimento ha fatto rivivere la precedente sospensione dal servizio disposta dal comune e non impugnata dal ricorrente;
P. Q. M. Il tribunale amministrativo regionale della Liguria, sez. 2, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 4 e 97 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 2, della legge 7 febbraio 1990, n. 19 e rimette per questo gli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della segreteria della sezione, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Genova nella Camera di Consiglio del 6 novembre 1997. Il presidente: Balba Il 1 referendario, estensore: Prosperi 98C0341