N. 82 SENTENZA 25 marzo - 1 aprile 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Sanita' pubblica - Regione Marche - Contratti di fornitura di beni e
 servizi  alle  UU.SS.LL.  -  Ritardo  nel  pagamento dei debiti delle
 UU.SS.LL. - Disciplina legale della misura del  saggio  di  interesse
 destinata  a regolare direttamente il rapporto tra U.S.L. e fornitore
 -   Preclusione   al   legislatore   regionale    -    Illegittimita'
 costituzionale.
 
 (Legge  regione Marche 24 ottobre 1981, n. 31, art. 73, primo e terzo
 comma).
 
(GU n.14 del 8-4-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Cesare  MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv.
 Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,  dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.
 Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE,
 avv. Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Annibale
 MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 73 della legge
 regionale  delle  Marche  24  ottobre  1981,  n.  31  (Norme  per  la
 disciplina  della  contabilita',  la  utilizzazione e la gestione del
 patrimonio delle unita' sanitarie  locali),  promossi  con  ordinanze
 emesse  il 17 dicembre 1996 (n. 3 ordinanze) e l'11 febbraio 1997 (n.
 5 ordinanze) dal tribunale di  Camerino  ed  il  27  marzo  1997  dal
 tribunale  di  Milano, rispettivamente iscritte ai nn. 224, 225, 226,
 310, 311,  312,  313,  314  e  377  del  registro  ordinanze  1997  e
 pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 19, 24 e 26,
 prima serie speciale dell'anno 1997;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 10 dicembre 1997 il giudice
 relatore Valerio Onida;
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso di vari procedimenti  instaurati  nei  confronti  di
 unita'   sanitarie  locali  della  regione  Marche  per  ottenere  il
 pagamento del corrispettivo di forniture e dei relativi interessi, il
 tribunale di Camerino, con otto ordinanze del medesimo tenore, emesse
 in data 17 dicembre 1996 e 11 febbraio 1997, pervenute a questa Corte
 il 17 marzo 1997 (R.O. nn. 224, 225, 226 del 1997)  e  il  12  maggio
 1997  (R.O.  nn.  310,  311,  312,  313,  314 del 1997), ha sollevato
 questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3
 e 117 della Costituzione, dell'art. 73 della  legge  regionale  delle
 Marche  24  ottobre  1981,  n.  31  (Norme  per  la  disciplina della
 contabilita',  la  utilizzazione  e  la gestione del patrimonio delle
 unita' sanitarie locali).
   Il tribunale, dopo avere accertato il fondamento  delle  domande  e
 condannato,  con  sentenze  non  definitive,  le USL al pagamento dei
 corrispettivi dovuti per le forniture eseguite, quanto agli interessi
 moratori,  che  trovano   titolo   nell'inadempimento   delle   parti
 convenute,  osserva  che  la  relativa  domanda  andrebbe accolta nei
 limiti stabiliti dall'art. 73 della legge regionale delle  Marche  n.
 31  del 1981, a tenore del quale sono dovuti ai fornitori, in caso di
 ritardo nell'emissione del titolo di spesa,  gli  interessi  moratori
 nella  misura  del  tasso  ufficiale  di  sconto, e cioe' di un tasso
 diverso da quello legale stabilito dall'art. 1284 del codice civile.
   Siffatta disciplina, secondo il remittente, regolerebbe un  profilo
 tipicamente privatistico del diritto delle obbligazioni, in contrasto
 con  l'ambito  della  potesta'  legislativa regionale come delimitato
 dall'art. 117 della  Costituzione.  L'indicata  deroga  non  potrebbe
 trovare  giustificazione sul terreno degli interessi pubblici sottesi
 alla normativa regionale di  settore,  poiche'  la  disciplina  della
 contabilita'  delle  USL  in  tanto  potrebbe rientrare nella materia
 dell'assistenza sanitaria ed ospedaliera, di competenza regionale, in
 quanto  attenga  ai  profili  pubblicistici,   e   non   anche   alla
 regolamentazione dei rapporti privatistici, nei quali l'ente pubblico
 agisce jure privatorum.
   In materia di determinazione del tasso degli interessi moratori, la
 generale  previsione  del  codice  civile  sarebbe  bensi' derogabile
 dall'autonomia  privata,  ovvero   per   volonta'   del   legislatore
 nazionale,  ma  non  per  opera  della  legge  regionale. Poiche' non
 sarebbe individuabile alcuna ragione che giustifichi una  deroga  per
 aree  geografiche,  cio'  consentirebbe  di  prospettare altresi' una
 violazione del principio di eguaglianza  sancito  dall'art.  3  della
 Costituzione.
   Il  remittente  osserva  infine  che  la  norma  impugnata, benche'
 abrogata dalla legge regionale 19 novembre  1996,  n.  47  (Norme  in
 materia  di  programmazione,  contabilita'  e controllo delle Aziende
 sanitarie), continua a regolare i rapporti contrattuali  sorti  sotto
 il  suo  vigore,  come quelli sub judice il che comporta la rilevanza
 della sollevata questione.
   2. -  Nel  corso  di  un  procedimento  di  opposizione  a  decreto
 ingiuntivo emesso a favore di un creditore di una USL marchigiana per
 fornitura di farmaci, il tribunale di Milano, con ordinanza emessa il
 27  marzo  1997,  pervenuta a questa Corte il 26 maggio 1997 (R.O. n.
 377 del 1997), ha a sua volta  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale,  in  riferimento ai medesimi parametri, del ricordato
 art. 73 della legge regionale delle Marche n.  31  del  1981,  "nella
 parte  in  cui prevede che ''in caso di ritardo spettano al fornitore
 ... gli interessi computati a norma del  primo  comma'',  e,  dunque,
 ''nella misura del tasso ufficiale di sconto''".
   La  questione,  sollevata  su  istanza della USL opponente, sarebbe
 rilevante perche' dovrebbe farsi applicazione degli interessi di mora
 nella misura fissata dalla citata disposizione di legge regionale,  e
 non  nella  diversa  misura  legale fissata dall'art. 1224 del codice
 civile. Non rileverebbe, in proposito,  che  il  tasso  di  interesse
 stabilito  dalla  legge  regionale  -  come  ha  fatto  osservare  la
 convenuta opposta, la quale ha  sostenuto  per  questo  l'irrilevanza
 della  questione  - sia stato in concreto, per quasi tutto il periodo
 considerato, inferiore al tasso  legale,  e  quindi  piu'  favorevole
 proprio  alla  parte che ha sollevato l'eccezione: la rilevanza della
 questione prescinde infatti, secondo quanto  osserva  il  remittente,
 dalle  convenienze  delle  parti e attiene unicamente alla necessita'
 della  applicazione  della   norma   sospettata   di   illegittimita'
 costituzionale.
   Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo ricorda la
 giurisprudenza  di  questa  Corte  sul limite del diritto privato che
 incontrano  le  regioni  nell'esercizio  della   propria   competenza
 legislativa,  limite  basato  sull'esigenza  di garantire in tutto il
 territorio nazionale uniformita' di disciplina e  di  trattamento  ai
 rapporti fra soggetti privati. A suo avviso la normativa in questione
 sembrerebbe porre una deroga alla disciplina di cui all'art. 1224 del
 codice  civile,  stabilendo  che  per  una  determinata  categoria di
 contraenti, pur sempre privati, la mora nelle obbligazioni pecuniarie
 dia luogo al pagamento di interessi non nella misura  legale,  ma  in
 misura  diversa. Tale statuizione apparirebbe dunque in contrasto, da
 un lato, con  il  generale  principio  di  eguaglianza,  ponendo  una
 determinata categoria di cittadini, vale a dire i fornitori delle USL
 della  regione Marche, in posizione diversa - non importa se migliore
 o peggiore - rispetto a tutti gli altri per  cio'  che  attiene  alla
 disciplina dei loro rapporti contrattuali; dall'altro lato con l'art.
 117  della  Costituzione, rappresentando il risultato di un'attivita'
 legislativa posta in essere in violazione dei limiti e in deroga alle
 materie previste dalla Costituzione.
                         Considerato in diritto
   1. -  Le  nove  ordinanze  sollevano  sostanzialmente  la  medesima
 questione,  onde i relativi giudizi possono essere riuniti per essere
 decisi con unica pronuncia.
   2. - La questione sollevata investe l'art. 73 della legge regionale
 delle Marche 24 ottobre 1981, n. 31 (Norme per  la  disciplina  della
 contabilita',  la  utilizzazione  e  la gestione del patrimonio delle
 unita' sanitarie locali). Piu' precisamente, essa  riguarda  i  commi
 primo   e   terzo  dell'art.  73,  ove  si  stabilisce  che,  qualora
 l'emissione del titolo di spesa a favore del privato contraente,  nei
 contratti  di  fornitura di beni e servizi alle USL, ritardi oltre il
 termine di  novanta  giorni  dal  ricevimento  della  fattura  o  del
 documento  equipollente,  o  dalla  data di approvazione del collaudo
 (primo  comma,  in  relazione  all'art.   72,   quinto   comma),   o,
 rispettivamente,  oltre  il termine di trenta giorni dalla emanazione
 dell'atto  con  cui  e'   avvenuto   il   riconoscimento,   in   sede
 amministrativa,  delle  somme  contestate (terzo comma), "spettano al
 fornitore" gli "interessi moratori nella misura del  tasso  ufficiale
 di sconto".
   Ad  avviso  dei  giudici  remittenti, la disposizione in questione,
 disciplinando  il  rapporto  privatistico  fra  la  USL  e  il  terzo
 fornitore,  travalicherebbe il limite costituzionalmente apposto alla
 competenza legislativa concorrente della regione, consistente nel non
 poter incidere sui rapporti di diritto privato, e violerebbe  percio'
 l'art.  117 della Costituzione, oltre che il principio di eguaglianza
 di cui all'art. 3, alla cui salvaguardia e' inteso detto limite.
   3. - La questione e' fondata.
   Le  disposizioni  contenute nell'art. 72, quinto comma, e nell'art.
 73 della legge regionale  delle  Marche  in  esame  -  oggi  abrogata
 dall'art.    25,  comma 1, della legge regionale 19 novembre 1996, n.
 47, - come quelle analoghe contenute in coeve leggi di altre regioni,
 tendevano a dare effettivita' e garanzia di applicazione al principio
 sancito, in tema di utilizzazione del patrimonio  e  di  contabilita'
 delle  unita'  sanitarie locali, dall'art. 50, primo comma, numero 8,
 della legge 30  dicembre  1978,  n.  833  (Istituzione  del  servizio
 sanitario  nazionale),  secondo  cui  "i  contratti  di fornitura non
 possono essere stipulati con dilazioni di pagamento  superiori  a  90
 giorni":  previsione a sua volta presumibilmente ispirata all'intento
 di evitare la formazione di  debiti  occulti  delle  USL,  attraverso
 prassi di pagamenti dilazionati o rinviati nel tempo.
   In  questo  quadro,  la  legge  regionale  in  questione, dopo aver
 disposto, conformemente a quanto previsto dal citato art.  50,  primo
 comma, numero 8, della legge n. 833 del 1978, che "i contratti per la
 fornitura  di  beni  e  servizi  devono  prevedere  la  clausola  del
 pagamento entro novanta giorni dal ricevimento della  fattura  o  del
 documento  equipollente  e  comunque  dalla  data di approvazione del
 collaudo", o da quella entro  la  quale  il  collaudo  stesso  doveva
 essere  effettuato  a  norma  di  contratto  (art. 72, quinto comma),
 prevedeva che qualora in detti contratti l'emissione  del  titolo  di
 spesa  a  favore  del privato contraente tardasse oltre il termine di
 cui  sopra,  ovvero  oltre  il   termine   di   trenta   giorni   dal
 riconoscimento   in   sede  amministrativa  delle  somme  contestate,
 spettavano  al  fornitore,  per  il  solo  fatto  del  ritardo,   gli
 "interessi moratori nella misura del tasso ufficiale di sconto", vale
 a  dire  in  una misura che, all'epoca dell'emanazione della legge, e
 per molto tempo in seguito, era alquanto superiore al saggio  legale,
 fissato  nel  cinque  per cento dall'art. 1284 del codice civile, nel
 testo allora vigente. Si tendeva cioe' ad assicurare ai fornitori, in
 caso di ritardo nei pagamenti oltre il termine di dilazione  fissato,
 un  ristoro  correlato  al  costo  del  denaro (analogamente a quanto
 tuttora dispongono, per i pagamenti relativi agli  appalti  di  opere
 pubbliche  di competenza del Ministero dei lavori pubblici, gli artt.
 35 e 36 del capitolato generale d'appalto  approvato  con  d.P.R.  16
 luglio  1962, n. 1063). Solo quando, da un lato, la legge 26 novembre
 1990, n. 353, novellando l'art. 1284 del  codice  civile,  porto'  il
 saggio  legale  degli interessi al dieci per cento (fino a che l'art.
 1, comma 185, della legge 23 dicembre 1996, n.  662,  l'ha  riportato
 nuovamente  al  cinque  per cento), e, dall'altro lato, a partire dal
 1993,  il  tasso  ufficiale   di   sconto,   a   seguito   del   calo
 dell'inflazione,  si  ridusse a una misura inferiore al saggio legale
 allora in vigore, la norma  in  questione  venne  a  perdere  il  suo
 originario significato di garanzia di un ristoro piu' consistente per
 i  fornitori,  e  di  ulteriore  sollecitazione delle amministrazioni
 delle USL a non ritardare i pagamenti dovuti.
   Cio' puo' spiegare perche' solo di recente si e' posto il  problema
 della  costituzionalita'  delle  disposizioni di legge regionale come
 quella di cui e' giudizio. Peraltro la questione di costituzionalita'
 proposta non puo' che risolversi, al di la' degli apprezzamenti circa
 la funzione pratica cui la  norma  tendeva  o  che  essa  puo'  avere
 svolto,  in base ai principi concernenti i limiti costituzionali alla
 potesta' legislativa regionale.
   4.  -  La giurisprudenza di questa Corte e' costante nell'affermare
 che tale potesta'  legislativa  incontra  il  limite  cosiddetto  del
 diritto   privato,   fondato  sull'esigenza,  connessa  al  principio
 costituzionale  di  eguaglianza,  di  garantire   l'uniformita'   nel
 territorio   nazionale  delle  regole  fondamentali  di  diritto  che
 disciplinano i rapporti fra privati (cfr., fra le molte, le  sentenze
 nn. 462 del 1995; 35 del 1992; 391 del 1989; 154 del 1972).
   Non  e'  necessario,  per risolvere la presente questione, definire
 piu' precisamente l'ambito e la portata, non del tutto  pacifici,  di
 detto limite, bastando osservare che esso comporta l'inderogabilita',
 da  parte  del  legislatore regionale, delle norme dettate dal codice
 civile per regolare l'esercizio dell'autonomia negoziale privata, sia
 che si tratti di  norme  imperative,  sia  che  si  tratti  di  norme
 destinate  a regolare direttamente i rapporti tra soggetti in assenza
 di diversa volonta' negoziale delle parti.
   Nella specie, la norma  impugnata  appare  precisamente  diretta  a
 fissare  la  misura  degli  interessi  dovuti nel caso di ritardo nel
 pagamento  dei  debiti  delle  USL  verso  i  propri   fornitori,   a
 prescindere  da  qualsiasi  volonta' negoziale. Essa non puo' infatti
 intendersi come rivolta semplicemente a prefigurare il  contenuto  di
 una   clausola  contrattuale  concernente  la  fissazione,  ai  sensi
 dell'art. 1224, secondo comma, del codice civile, della misura  degli
 interessi  moratori,  e  destinata ad operare solo in forza della sua
 inclusione nel contratto, accettata dalle due parti. La  disposizione
 in questione - a differenza di quelle di cui all'art. 72 della stessa
 legge regionale, che mirano a disciplinare "condizioni e clausole del
 contratto",  e  tendono  percio'  ad operare attraverso la mediazione
 della volonta' negoziale delle parti - stabilisce direttamente che in
 caso di ritardo "spettano al fornitore gli interessi  moratori  nella
 misura  del  tasso  ufficiale  di sconto": la sua formulazione lascia
 chiaramente intendere  che  la  misura  degli  interessi  e'  imposta
 indipendentemente da qualsiasi pattuizione contrattuale.
   In altri termini, la legge regionale tende a dettare una disciplina
 legale  della  misura  del  saggio di interesse, destinata a regolare
 direttamente il rapporto fra la USL e il fornitore, quanto  meno  con
 la  forza  di  una  statuizione  che  spiega  efficacia in assenza di
 contraria pattuizione: una  disciplina  legale  che  si  sostituisce,
 derogandovi  per  tutti  i  contratti  soggetti  alla  predetta legge
 regionale, a quella derivante dagli artt.  1224  e  1284  del  codice
 civile.
   Ma  cio' e' appunto precluso al legislatore regionale, in quanto va
 ad incidere sulle regole civilistiche relative all'adempimento  delle
 obbligazioni  pecuniarie  e alle conseguenze dell'inadempimento delle
 stesse,  regole  che  ben  possono  essere  derogate  dalla  volonta'
 negoziale  dei  contraenti, ma non, in via autoritativa, da una fonte
 regionale (cfr. sentenza n. 506 del 1991).
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,   dichiara   l'illegittimita'   costituzionale
 dell'art.   73, primo e terzo comma, della legge della regione Marche
 24 ottobre 1981, n. 31 (Norme per la disciplina  della  contabilita',
 la  utilizzazione e la gestione del patrimonio delle unita' sanitarie
 locali).
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1998.
                        Il Presidente: Granata
                          Il redattore: Onida
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 1 aprile 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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