N. 264 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 febbraio 1998

                                N. 264
  Ordinanza  emessa  il 20 febbraio 1998 dal pretore di Modica sezione
 distaccata di Scicli nel procedimento  civile  vertente  tra  Trovato
 Giuseppe e Plasticontenitor S.r.l.
 Lavoro (Rapporto di) - Licenziamento illegittimo - Ordine del giudice
    di  reintegrare  il  lavoratore  nel  posto  di  lavoro - Prevista
    condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno, anche nel
    caso in cui il licenziamento sia  stato  intimato  a  seguito  del
    giudizio  di  inidoneita', espresso da competente organo, ai sensi
    dell'art. 5, legge n. 300 del 1970 -  Irragionevolezza  -  Lesione
    del principio di eguaglianza - Violazione del diritto di azione.
 (Legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 18).
 (Cost., artt. 3 e 27).
(GU n.16 del 22-4-1998 )
                              IL PRETORE
   Visti  gli  atti  del  giudizio  civile n. 505/1992 r.g. a.c. lav.,
 vertente tra Trovato Giuseppe, rappresentato e difeso dagli avv.ti A.
 Agnello, N. Gentile e C. Spadola -  attore;  contro  Plasticontenitor
 S.r.l.  corrente  in  Scicli, rappresentata e difesa dagli avv.ti. P.
 Petino e R. Rossino - convenuta;
                      Ritenuto in punto di fatto
   L'attore,  esponendo  di  avere  lavorato  alle  dipendenze   della
 societa'  convenuta  a far tempo dal 3 maggio 1976 con le mansioni di
 autista  prima  e,  da  ultimo,  con  le  mansioni  di  addetto  allo
 stampaggio,    lamenta   che   la   societa'   datoriale,   ritenendo
 infondatamente la sua inidoneita' alle mansioni svolte, lo licenziava
 a  decorrere  dal 3 luglio 1992.  Chiede, conseguentemente, di essere
 reintegrato nel posto di lavoro, con ogni conseguenza  in  ordine  al
 risarcimento  dei  danni  giusta  quanto  disposto dall'art. 18 dello
 "Statuto".
   La convenuta eccepisce che il licenziamento  e'  stato  disposto  a
 seguito  di  vista  specialistica  collegiale da parte del competente
 organo medico presso l'USL n. 24 di Modica, richiesta  dall'obiettivo
 stato  di  malattia  del  ricorrente risultante dai numerosi ricoveri
 ospedalieri  e  assenze  per  malattia  e  dal  conseguente  giudizio
 d'inidoneita' psicofisica espresso da detto organo. Chiede, pertanto,
 il  rigetto  della  domanda  e,  in  via riconvenzionale, la condanna
 dell'attore  al  risarcimento  dei  danni  subiti  a  seguito   degli
 incidenti  provocati  dal  Trovato  nel  periodo  in  cui svolgeva le
 mansioni di autista,  nonche',  sempre  in  via  riconvenzionale,  la
 condanna dell'attore alla restituzione dell'indennita' sostitutiva di
 preavviso corrispostagli all'atto del licenziamento.
   All'odierna   udienza   di  discussione  la  causa,  essendo  stata
 parzialmente   decisa   con   l'accoglimento   della    domanda    di
 reintegrazione  nelle  mansioni  assegnate al ricorrente all'atto del
 licenziamento e il rigetto delle riconvenzionali,  e'  stata  rimessa
 sul   ruolo   per   l'ulteriore  corso  in  ordine  alla  domanda  di
 risarcimento del danno;
                          Osserva in diritto
   1. - L'art.  18  dello  "Statuto"  impone  al  giudice,  il  quale,
 dichiarando  inefficace  il  licenziamento ai sensi dell'art. 2 della
 legge n. 604/1966 o annullando il licenziamento intimato senza giusta
 causa o giustificato motivo, ovvero dichiarandone la nullita', ordina
 la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro,  di  condannare
 "il  datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore
 per il licenziamento di  cui  sia  stata  accertata  l'inefficacia  o
 l'invalidita'  stabilendo un'indennita' commisurata alla retribuzione
 globale  di  fatto  dal  giorno  del  licenziamento  sino  a   quello
 dell'effettiva   reintegrazione   e   al  versamento  dei  contributi
 assistenziali  e  previdenziali  dal  momento  del  licenziamento  al
 momento  dell'effettiva  reintegrazione".    La  norma  in  questione
 stabilisce, inoltre, che il risarcimento anzidetto  non  puo'  essere
 inferiore  a cinque mensilita' di retribuzione globale di fatto e che
 il lavoratore puo' optare, in  luogo  della  reintegrazione,  per  la
 corresponsione   di  un'indennita'  pari  a  quindici  mensilita'  di
 retribuzione globale di fatto.
   2. -  Cosi'  come  e'  stato  costantemente  ritenuto  (cfr.  Cass.
 3250/1982),  la normativa in esame, prevedendo la c.d. "tutela reale"
 fondata sulla illegittimita', sotto vari profili, del  licenziamento,
 ha indubbiamente collegato l'obbligo risarcitorio a carico del datore
 di  lavoro  alle  norme di diritto comune in tema d'inadempimento. In
 altri  termini,  vertendosi  in  tema  di  contratto  a   prestazioni
 corrispettive,   l'illegittimita'   del  licenziamento  configura  un
 inadempimento imputabile  al  datore  di  lavoro,  il  quale,  avendo
 ingiustificatamente  impedito al lavoratore di adempiere prestando la
 propria attivita'  lavorativa,  e'  tenuto  a  risarcirgli  il  danno
 patito.  E  poiche'  a  tal  fine  devono essere considerate tutte le
 utilita' economiche non conseguite nel periodo in cui il rapporto non
 ha avuto esecuzione, il danno viene dalla legge commisurato oltre che
 alla  retribuzione  globale  di  fatto  che  il  lavoratore   avrebbe
 percepito,  anche  al  versamento contributivo al quale avrebbe avuto
 diritto, se il  rapporto  non  fosse  stato  interrotto  per  effetto
 dell'illegittimo   recesso,   il   quale,   essendo,  per  l'appunto,
 illegittimo,  non  determina  alcuna  soluzione  di  continuita'  del
 rapporto.  Da cio' la necessita' che la retribuzione vada corrisposta
 e  i contributi vadano versati fino al momento in cui venga meno, con
 la reintegrazione, la  cesura  operata  dal  licenziamento  e  venga,
 conseguentemente  ricostituito il rapporto contrattuale, ovvero venga
 meno, con il reperimento di una  nuova  occupazione,  la  conseguenza
 lesiva prodotta dalla cessazione dell'attivita' lavorativa.
   3.  -  Orbene,  l'esigenza  di  tutela  risarcitoria prevista dalla
 normativa anzidetta, non sembra potersi ipotizzare, o, in ogni  caso,
 non  puo' porsi a carico del datore di lavoro, nell'ipotesi in cui il
 licenziamento  sia   stato   intimato   per   effetto   di   verifica
 d'inidoneita'  al  lavoro  accertata  in  esito alla procedura di cui
 all'art. 5 dello Statuto e della  conseguente  constatazione  che  le
 condizioni  di  salute  come  sopra  accertate,  essendo  in concreto
 incompatibili con le mansioni assegnate, o con mansioni  equivalenti,
 o,   sia   pure,   con  altre  mansioni  piu'  leggere,  giustificano
 l'applicazione degli artt. 1256 e 1463 cod. civ.
   In tal caso, infatti, non sembra potersi seriamente contestare  che
 l'intimazione  del licenziamento consegue a un evento (l'accertamento
 dell'organo medico della struttura pubblica) che,  non  solo  non  e'
 riconducibile alla volonta' del datore di lavoro, ma giustifica anche
 la  sussistenza  di  un  legittimo motivo di recesso, ex art. 3 della
 legge n. 604/66, attesa l'accertata impossibilita' della  prestazione
 lavorativa.  Che' anzi, avuto riguardo alla "ratio" della norma (che,
 com'e' noto, e'  stata  predisposta  principalmente  a  tutela  della
 salute  del  lavoratore) e alla natura dell'organo da cui proviene il
 giudizio d'inidoneita', non e' neppur ipotizzabile il diverso  avviso
 della parte datoriale e la possibilita' per questa di disattendere il
 giudizio  d'inidoneita' omettendo di porre in atto il recesso, atteso
 che, in tal caso, essa  dovrebbe  poi  rispondere  delle  conseguenze
 teratogene  indotte  dal proseguimento dell'attivita' lavorativa, sia
 sotto il profilo della responsabilita' civile, sia sotto  il  profilo
 della responsabilita' penale prevista dalle norme antinfortunistiche.
   3.1.  -  Vero e' che, siccom'e' stato ripetutamente affermato dalla
 concorde giurisprudenza di legittimita'  e  di  merito,  il  giudizio
 espresso  dall'organo medico di controllo rimane soggetto a controllo
 in sede giurisdizionale  (Cass.  6349/1985,  Cass.  2848/1987,  Cass.
 9067/1993) e puo', pertanto, in tale sede, essere disatteso.
   E'  vero  anche,  tuttavia, che il successivo giudizio espresso dal
 CTU   nominato   nel   giudizio   conseguente   all'impugnativa   del
 licenziamento  intimato a seguito dell'accertamento di cui all'art. 5
 dello Statuto, non solo non esclude  necessariamente  la  sussistenza
 delle  patologie  inizialmente  riscontrate  e ritenute incompatibili
 dall'organo pubblico (ben  potendo,  le  stesse,  essere  soggette  a
 miglioramento   ovvero   essere  state  valutate  diversamente  sotto
 l'aspetto dell'ostativita' nei confronti dell'attivita'  lavorativa),
 ma,  quel  che conta, non comporta l'illegittimita' del licenziamento
 (o meglio, non comporta che tale  illegittimita'  sia  imputabile  al
 datore  di  lavoro). E' del tutto evidente, intatti, che il datore di
 lavoro, intimando il licenziamento, si e' limitato a  conformarsi  al
 giudizio  d'inidoneita'  espresso  dall'organo  per  legge deputato a
 verificare  l'attitudine  psicofisica del lavoratore.  Ne deriva che,
 al momento del licenziamento e fino quando non  sia  stata  accertata
 giudizialmente    l'insussistenza   delle   patologie   ostative   al
 proseguimento del rapporto, deve ritenersi sussistente,  quanto  meno
 sotto  l'aspetto putativo, il giustificato motivo oggettivo richiesto
 dalla legge per la legittimita' del recesso.
   3.2. - Ne' puo'  imputarsi  al  datore  di  lavoro  alcunche'  solo
 perche'   successivamente,  in  esisto  al  giudizio  instaurato  dal
 lavoratore, sia emersa l'insussistenza  della  ritenuta  inidoneita',
 non  avendo  egli  alcuna  possibilita'  di  contestare  il  giudizio
 espresso  dall'organo  medico  previsto  dall'art.   5.   Invero,   a
 prescindere  dalla  impossibilita'  logica  di  ipotizzare in capo al
 datore di lavoro capacita' tecniche  e  conoscenze  mediche  tali  da
 fargli   fondatamente   ritenere  errato  tale  giudizio,  rimane  da
 considerare che: a) il datore di lavoro non e'  tenuto  ad  attivarsi
 per  contestare  le  risultanze  cui  e' pervenuto l'organo medico di
 controllo, b) il giudizio espresso da tale organo  non  e',  in  ogni
 caso,  soggetto  a  impugnative  di  sorta, atteso che lo Statuto non
 prevede alcunche' al riguardo (in tal senso Cass.  4347/1986).
   4. - Ne deriva che l'art. 18  dello  Statuto,  laddove  prevede  la
 condanna  generalizzata  al risarcimento del danno in ogni ipotesi di
 reintegrazione nel posto di lavoro, non trova alcuna  giustificazione
 causale  nell'ipotesi  in  esame,  la  quale, in mancanza di espressa
 previsione legislativa che impedisca il recesso  in  presenza  di  un
 giudizio  errato dell'organo di controllo medico, puo' solo dar luogo
 alla riassunzione ex  nunc  del  lavoratore  e  non  puo'  anche  far
 ricadere  sulla  parte datoriale incolpevole l'effetto di un giudizio
 medico, alla stessa non imputabile, disatteso in  sede  d'impugnativa
 del licenziamento.
   A  ben  vedere  la  discresia  legislativa risiede nel fatto che la
 legge, nonche' prevedere la possibilita' (per il lavoratore e per  il
 datore  di  lavoro)  di  impugnare  il  giudizio  anzidetto  in  sede
 amministrativa (o sia  pure  in  sede  giurisdizionale)  al  fine  di
 evitare  che  lo  stesso  divenga  definitivo  senza  possibilita' di
 revisione, prevede invece tout court l'impugnativa del licenziamento,
 il quale e' solo  la  conseguenza  pressoche'  ineluttabile  di  tale
 giudizio.  In  altri termini, poiche' l'impugnativa del licenziamento
 si   risolve,   nella   sostanza,   nell'impugnativa   del   giudizio
 d'inidoneita',  finisce  in  tal  modo  per spostarsi la procedura di
 revisione nella fase contenziosa tra lavoratore e datore di lavoro e,
 quindi, per essere addossata la responsabilita' del recesso in capo a
 un soggetto (il datore di lavoro) che, adeguandosi a un atto per  lui
 vincolante  e  al  quale  non  ha  dato causa, ha subito, al pari del
 lavoratore, tale giudizio.
   5. - Cio', per la verita', sembra conseguenza di mancata previsione
 legislativa,  non  avendo  il  legislatore  verosimilmente  preso  in
 considerazione  l'ipotesi  che,  come  accade  nel caso di specie, il
 licenziamento possa anche essere effetto di comportamento incolpevole
 del datore di lavoro.
   Resta il fatto, tuttavia, che, ove la Corte delle leggi non ritenga
 praticabile un'interpretazione costituzionale della norma, l'art.  18
 della legge 20 maggio 1970, n. 300 appare in palese  contrasto:    a)
 con  l'art. 3 della Costituzione, laddove esso, in violazione di ogni
 elementare principio di  uguaglianza  e  ragionevolezza,  addossa  la
 responsabilita'   risarcitoria   a   un  soggetto  al  quale  non  e'
 addebitabile l'evento da cui tale responsabilita'  trae  origine,  in
 forza  di  una  sorta  di  responsabilita' oggettiva ingiustificata e
 incompatibile con i principi del nostro ordinamento, b) con l'art. 27
 della Costituzione, laddove nella sostanza  impedisce  al  datore  di
 lavoro  incolpevole  di  far valere in giudizio, in via di eccezione,
 l'insussistenza dell'obbligo risarcitorio posto a suo carico.
   Conseguentemente il decidente non puo' che sollevare  d'ufficio  la
 relativa eccezione d'incostituzionalita'.
   6.  -  La  questione  prospettata  appare  indubbiamente rilevante,
 atteso che, dalla  disposta  reintegrazione,  ai  sensi  della  norma
 sottoposta  all'esame della Corte costituzionale, dovrebbe conseguire
 l'obbligo risarcitorio a carico del datore di lavoro,  nonostante  il
 licenziamento  impugnato  nella  presente causa sia stato determinato
 dal giudizio d'inidoneita' psicofisica  del  ricorrente  (inidoneita'
 risultata  insussistente nel corso del presente giudizio) espresso in
 esito all'attivazione della procedura di cui all'art. 5  della  legge
 20  maggio  1970,  n.   300, ragione per cui la causa non puo' essere
 definita indipendentemente dalla risoluzione della questione stessa.
                               P. Q. M.
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara  la  non
 manifesta    infondatezza   della   questione   d'incostituzionalita'
 dell'art.  18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, laddove  impone  la
 condanna  del  datore  di lavoro al risarcimento del danno subito dal
 lavoratore  a  causa  del  licenziamento,  anche  nel  caso  in   cui
 quest'ultimo   sia   stata   intimato  in  conseguenza  del  giudizio
 d'inidoneita' psicofisica espresso  in  esito  all'attivazione  della
 procedura di cui all'art.  5 della legge 20 maggio 1970, n. 300;
   Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza, di cui
 viene   data   lettura   in   udienza,  venga  trasmessa  alla  Corte
 costituzionale,  sia  notificata  al  presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri  e  comunicata al Presidente della Camera dei Deputati e del
 Senato.
    Scicli, addi' 20 febbraio 1998
                           Il pretore: Rizza
 98C0384