N. 136 SENTENZA 20 - 23 aprile 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Sicurezza  pubblica  -  Minori  -  Divieto  di  accesso ai luoghi di
 svolgimento  di  talune  competizioni  agonistiche  -  Convalida  del
 provvedimento  adottato dal questore - Ulteriore obbligo di comparire
 negli uffici di Polizia in orario di svolgimento  delle  competizioni
 per le quali opera il divieto - Presunta ristrettezza del termine per
 la  convalida e impossibilita' per il giudice di poter incidere sulle
 modalita'  di  applicazione  del  provvedimento  -  Riferimento  alla
 sentenza  n.  144/1997  della  Corte  -  Ragionevolezza  - Difetto di
 motivazione - Inammissibilita' - Non fondatezza.
 
 (Legge 13 dicembre 1989, n. 401,  art.  6,  commi  8,  2  e  3,  come
 sostituito dall'art. 1 della legge 24 febbraio 1995, n. 45).
 
 (Cost., artt. 31, secondo comma, 3 e 24).
 
(GU n.17 del 29-4-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,   prof.
 Cesare MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO,   avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare  RUPERTO,    dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,   prof.  Carlo  MEZZANOTTE,    avv.
 Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA,  prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6, commi 2, 3,
 8 in riferimento al comma 2, della legge 13 dicembre 1989,  n.    401
 (Interventi  nel  settore  del giuoco e delle scommesse clandestini e
 tutela  della  correttezza  nello  svolgimento   delle   competizioni
 agonistiche),   modificato  dalla  legge  24  febbraio  1995,  n.  45
 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.-l. 22 dicembre 1994,
 n. 717, recante misure urgenti per prevenire fenomeni di violenza  in
 occasione  di  competizioni  agonistiche),  promosso,  con  ordinanza
 emessa il 13 novembre 1996, dal giudice per le  indagini  preliminari
 presso il Tribunale per i minorenni di Firenze, iscritta al n. 35 del
 registro  ordinanze  1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 10 dicembre 1997 il giudice
 relatore Massimo Vari.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale per
 i minorenni di Firenze, con ordinanza 13 novembre 1996 (r. o.  n.  35
 del  1997),  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 3, 24 e 31,
 secondo  comma,  della  Costituzione,   questione   di   legittimita'
 costituzionale, dell'art. 6, commi 2, 3, 8 in riferimento al comma 2,
 della  legge  13  dicembre  1989,  n. 401 (Interventi nel settore del
 giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello
 svolgimento  delle   competizioni   agonistiche),   come   sostituito
 dall'art.    1  della  legge  24 febbraio 1995, n. 45 (Conversione in
 legge, con modificazioni, del d.-l. 22 dicembre 1994, n. 717, recante
 misure urgenti per prevenire fenomeni di  violenza  in  occasione  di
 competizioni agonistiche).
   2.  - Il giudice a quo - chiamato a convalidare i provvedimenti del
 6 novembre 1996, con i quali il questore  della  provincia  di  Siena
 aveva fatto divieto a due minori di eta' di accedere ai luoghi ove si
 svolgevano  talune  competizioni  sportive,  imponendo, nel contempo,
 "l'obbligo  di  presentazione  negli  uffici   della   Questura,   in
 concomitanza  con l'inizio delle competizioni medesime" - osserva che
 il legislatore, nell'attribuire, con l'art. 6 della citata  legge  n.
 401  del 1989, all'autorita' di pubblica sicurezza il predetto potere
 di interdizione, ha previsto, con l'art. 1 del d.-l. 22 dicembre 1994
 n. 717, convertito, con modificazioni, nella legge 24 febbraio  1995,
 n.  45,  l'eventuale  imposizione,  a garanzia del divieto come sopra
 stabilito, anche  dell'obbligo,  per  il  soggetto  destinatario,  di
 comparire  personalmente nell'ufficio o comando di polizia, in orario
 compreso nel periodo di svolgimento delle competizioni per  le  quali
 opera   il   divieto  stesso.  Misura,  quest'ultima,  soggetta  alla
 convalida da parte dell'Autorita' giudiziaria.
   Rammenta, altresi', il rimettente che  l'art.  6,  comma  3,  della
 legge  in  esame  e' stato dichiarato incostituzionale nella parte in
 cui  prevedeva  che  la  convalida  del  provvedimento  adottato  dal
 questore,  nei confronti del minore di eta', spettasse al giudice per
 le indagini preliminari presso la pretura anziche' a quello presso il
 tribunale  per  i  minorenni,  riconducendosi,  in   tal   modo,   il
 provvedimento    stesso   nell'ambito   della   giustizia   minorile,
 caratterizzata,   come   risulta   dalla   sentenza    della    Corte
 costituzionale   n.   143   del   1996,  "dalla  prevalente  esigenza
 rieducativa, nonche' dalla necessita' di valutazioni, da parte  dello
 stesso  giudice, fondate su prognosi individualizzate in funzione del
 recupero del minore deviante".
   3. - Tanto premesso, l'ordinanza ritiene che  la  disciplina  sopra
 ricordata   contrasti,   anzitutto,  con  gli  artt.  3  e  24  della
 Costituzione in  quanto  -  nonostante  l'attribuzione  all'autorita'
 giudiziaria  della  competenza  per  la  convalida  del provvedimento
 secondo uno schema che ricalca quello dell'art. 390 cod. proc. pen. -
 l'assoluto silenzio del legislatore in ordine alle relative modalita'
 procedurali  non garantirebbe il contraddittorio e la difesa, che non
 potrebbero, infatti, essere lasciati alla  sensibilita'  del  singolo
 giudice per le indagini preliminari, ma dovrebbero essere formalmente
 assicurati.    E  questo  anche  perche'  "risulta prassi consolidata
 l'effettuazione  di  convalide  basate  meramente   su   acquisizioni
 scritte,  senza  il contraddittorio previsto dall'art. 391 cod. proc.
 pen.  a  cui  sarebbe  stato   opportuno   facesse   riferimento   il
 legislatore".
   Tanto  piu' evidente apparirebbe, poi, la disparita' di trattamento
 per il minore, ove si pensi alle misure amministrative  (artt.  25-27
 del   regio   d.-l.   20   luglio  1934,  n.  1404,  convertito,  con
 modificazioni, nella legge 27 maggio 1935, n. 835) che possono essere
 disposte dal tribunale per i minorenni "in camera di  consiglio,  con
 l'intervento  del  minore,  dell'esercente  la  potesta' o la tutela,
 sentito il p.m."  e con la consentita assistenza  del  difensore  (in
 base  alla  modifica  del  citato  art.  25 introdotta dalla legge 25
 luglio 1956, n. 888).
   4. - Viene denunciato,  altresi',  per  contrasto  con  l'art.  31,
 secondo  comma,  della  Costituzione,  il comma 3 del gia' menzionato
 art. 6, nella parte in  cui  dispone  che  il  giudice  proceda  alla
 convalida  del provvedimento del questore entro quarantotto ore dalla
 richiesta del pubblico ministero.
   Secondo  il  rimettente,  i  ristretti  termini  stabiliti  per  la
 convalida   non   consentono  l'acquisizione  di  elementi  idonei  a
 realizzare le finalita' della giustizia minorile, non  disponendo  il
 giudice  del tempo utile per dare, al servizio di zona od al servizio
 ministeriale, il mandato di avviare una procedura di raccolta di dati
 ed informazioni sulla personalita'  del  minore,  si'  da  soddisfare
 l'esigenza,  posta  in  risalto dalla gia' citata sentenza n. 143 del
 1996, che il giudice (minorile) per  le  indagini  preliminari  possa
 avvalersi  del  contributo  di  detti servizi, al fine di valutare la
 conoscenza della personalita' e delle condizioni di vita  del  minore
 stesso.
   Tali   valutazioni,   ancorche'  necessarie  per  le  finalita'  di
 protezione contenute nell'art. 31, secondo comma, della Costituzione,
 sarebbero comunque destinate a restare  fine  a  se  stesse,  essendo
 preclusa al giudice la possibilita' di incidere sul contenuto e sulle
 modalita'   dell'applicazione  del  provvedimento,  che  ha  soltanto
 facolta' di convalidare o non convalidare.
   5. - Sempre lesivo delle finalita' di protezione indicate dall'art.
 31, secondo comma, della Costituzione sarebbe, secondo il rimettente,
 anche il comma 8 dell'art. 6 nella parte in cui attribuisce,  in  via
 esclusiva,  al  questore  la  facolta'  di  autorizzare,  per gravi e
 comprovate  esigenze,  il  minore  destinatario   del   provvedimento
 restrittivo  "a  comunicare per iscritto il luogo di privata dimora o
 altro diverso luogo nel quale sia reperibile durante  lo  svolgimento
 di  specifiche  manifestazioni agonistiche". Infatti, "la' dove e' da
 adeguare la misura alla realta' ed all'evolversi della  personalita',
 all'evolversi   ed  al  modificarsi  delle  esigenze  educative",  la
 competenza non potrebbe  non  essere  dell'autorita'  giudiziaria,  e
 nella specie del giudice minorile.
   6.-  E'  intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei Ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che, nel
 concludere  per   una   declaratoria   di   inammissibilita'   o   di
 infondatezza,   osserva   che   la   questione,   anche  a  ritenerla
 ammissibile, sarebbe, comunque,  infondata  dovendo  "il  trattamento
 normativo essere uniforme ove le situazioni regolate siano omogenee e
 non,  invece,  quando  sussistano,  come  nel  caso in esame, fondate
 ragioni per differenziarlo".
                        Considerato in diritto
   1. - Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale per
 i minorenni  di  Firenze  dubita  della  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  6, commi 2, 3, 8 in riferimento al comma 2, della legge 13
 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel  settore  del  giuoco  e  delle
 scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di
 competizioni agonistiche), come sostituito dall'art. 1 della legge 24
 febbraio  1995,  n.  45 (Conversione in legge, con modificazioni, del
 d.-l. 22 dicembre 1994, n. 717, recante misure urgenti per  prevenire
 fenomeni di violenza in occasione di competizioni agonistiche).
   Oggetto  di  censura e' la disciplina prevista per la convalida del
 provvedimento adottato dal questore, al fine di impedire l'accesso ai
 luoghi di svolgimento di talune competizioni agonistiche alle persone
 che siano state denunciate o  condannate  per  determinati  reati,  o
 abbiano  preso parte ad episodi di violenza in occasione o a causa di
 manifestazioni sportive, ovvero, nelle medesime circostanze,  abbiano
 incitato,  inneggiato  o  indotto  alla violenza. La legge denunciata
 stabilisce che a costoro, oltre al divieto di accedere ai  luoghi  di
 svolgimento  delle  manifestazioni indicate nel comma 1 dell'art.  6,
 possa essere imposto, altresi', l'obbligo di comparire  negli  uffici
 di  polizia,  in  "orario  compreso  nel  periodo  di tempo in cui si
 svolgono le competizioni per le quali opera il  divieto",  giusta  la
 espressa previsione in tal senso del successivo comma 2. Quest'ultima
 prescrizione  va comunicata al procuratore della Repubblica presso la
 pretura del circondario in cui ha  sede  l'ufficio  di  questura,  il
 quale, ove ne ricorrano i presupposti, chiede, entro quarantotto ore,
 al   giudice   per   le   indagini   preliminari,  la  convalida  del
 provvedimento.
   2. - Secondo il rimettente la disciplina contenuta  nei  menzionati
 commi 2 e 3 dell'art. 6 contrasterebbe, anzitutto, con gli artt.  3 e
 24  della Costituzione, in ragione dell'assoluto silenzio serbato dal
 legislatore in ordine alle  modalita'  procedurali  della  convalida,
 tali  da  non  garantire  il  contraddittorio  e la difesa, specie di
 fronte a  "prassi  consolidate",  di  effettuazione  della  convalida
 stessa  sulla  base  unicamente  di  acquisizioni scritte. Tanto piu'
 evidente  sarebbe,  secondo  il  giudice  a  quo  la  disparita'   di
 trattamento  a  danno  del  minore destinatario del provvedimento del
 questore ove si ponga mente  al  sistema  di  garanzie  previsto  per
 l'applicazione,  ai  minori, delle misure amministrative disciplinate
 dagli artt. 25-27 del regio d.-l.   n. 1404  del  1934  e  successive
 modificazioni,  che  possono  essere  disposte  dal  tribunale  per i
 minorenni in  camera  di  consiglio,  con  l'intervento  del  minore,
 dell'esercente   la  potesta'  genitoriale  o  la  tutela  e  con  la
 consentita assistenza del difensore.
   3. - Il medesimo comma 3 viene denunciato per violazione, altresi',
 dell'art.  31,  secondo  comma,  della  Costituzione,  in quanto, nel
 prevedere per la convalida i ristretti termini delle quarantotto  ore
 successive  alla  richiesta del pubblico ministero, non permetterebbe
 al giudice per le indagini preliminari di  avviare  la  procedura  di
 raccolta  di dati ed informazioni che consentano la valutazione della
 personalita' del minore e  della  utilita'  a  fini  educativi  della
 misura, anche in relazione alle modalita' della sua applicazione.
   Sotto  altro  profilo,  ma in stretta connessione con quello teste'
 accennato, la disposizione - sul presupposto che il  giudice  per  le
 indagini  preliminari  abbia  solo  la  facolta' di convalidare o non
 convalidare il provvedimento del questore - viene  poi  ulteriormente
 censurata  nella  parte in cui non consentirebbe al giudice stesso di
 incidere  sul  contenuto  e  sulle   modalita'   d'applicazione   del
 provvedimento medesimo.
   4.  -  Infine,  ad avviso del rimettente le finalita' di protezione
 del minore contenute nell'art. 31, secondo comma, della Costituzione,
 risulterebbero frustrate anche  dal  comma  8  del  medesimo  art.  6
 (denunciato  in  riferimento al comma 2), la' dove prevede che sia il
 questore  ad  autorizzare,  per  gravi  e  comprovate  esigenze,   il
 destinatario del provvedimento restrittivo "a comunicare per iscritto
 il  luogo  di  privata  dimora  o  altro  diverso luogo nel quale sia
 reperibile  durante  lo  svolgimento  di  specifiche   manifestazioni
 agonistiche",  anziche' il giudice minorile, come suggerirebbe invece
 l'esigenza di adeguare la misura alla realta' e  all'evolversi  della
 personalita', come pure al modificarsi delle esigenze educative.
   5.  -  Le  questioni  sono  in  parte  inammissibili  ed  in  parte
 infondate.
   L'ordinanza ripropone all'esame della Corte una  normativa  di  cui
 essa ha avuto occasione, piu' volte, di occuparsi, tra l'altro con la
 sentenza  invocata  dal  rimettente  a  sostegno  di talune delle sue
 doglianze.
   Alla stregua di  tali  precedenti,  la  prima  delle  questioni  va
 reputata  non  fondata,  trovando essa risposta nella sentenza n. 144
 del 1997, con la quale la Corte, nel riconfermare la necessita', gia'
 rilevata in passato, di  un  vaglio  e  di  un  controllo,  da  parte
 dell'autorita'  giudiziaria,  della  misura dell'obbligo di comparire
 nell'ufficio o comando di polizia, in quanto  incidente  sulla  sfera
 della  liberta'  personale del soggetto, ha nondimeno rammentato come
 il diritto di difesa ammetta  una  molteplicita'  di  discipline,  in
 rapporto  alla  varieta'  dei  contesti,  delle sedi e degli istituti
 processuali nel cui ambito e' esercitato.
   Peraltro, con detta pronunzia, la Corte,  nel  constatare  che,  in
 subiecta materia non puo' certo dirsi che manchi per l'interessato la
 facolta'  di  interloquire  nel procedimento, ha ritenuto che l'unica
 esigenza da soddisfare, in relazione  alla  vigente  disciplina,  sia
 quella   di  assicurare  all'interessato  la  concreta  ed  effettiva
 conoscenza delle facolta' di  difesa  a  lui  spettanti.  Da  qui  la
 dichiarazione  di illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 3,
 della legge n. 401 del 1989 (come sostituito dall'art. 1 della  legge
 n.  45  del 1995) "nella parte in cui non prevede che la notifica del
 provvedimento del questore contenga  l'avviso  che  l'interessato  ha
 facolta' di presentare, personalmente o a mezzo di difensore, memorie
 o deduzioni al giudice per le indagini preliminari".
   Dopo tale decisione, tenendo conto delle piu' puntuali garanzie che
 ad  essa  conseguono,  si puo', percio', ritenere che nel tendenziale
 allineamento attualmente riscontrabile  fra  le  facolta'  di  difesa
 assicurate  nel  procedimento  di convalida ex art. 6, comma 3, della
 legge denunziata e quelle proprie del tertium  comparationis  evocato
 dal  rimettente (secondo quanto specificamente disposto dall'art.  25
 del regio d.-l. n. 1404 del 1934, convertito nella legge n.  835  del
 1935,  come  modificato  dalla  legge n. 888 del 1956) non sussistano
 differenze apprezzabili in chiave  di  ingiustificata  disparita'  di
 trattamento.
   6.  -  Sempre  sulla  scorta  delle  enunciazioni  desumibili dalla
 giurisprudenza della Corte (sentenza n. 143 del 1996) in ordine  alle
 peculiari  esigenze della giustizia minorile, il rimettente si duole,
 poi, dell'inadeguatezza della disciplina in proposito apprestata  dal
 medesimo comma 3 dell'art.  6, assumendo che i termini a disposizione
 del  giudice  per le indagini preliminari non gli consentirebbero una
 adeguata  raccolta  e   utilizzazione   dei   dati   concernenti   la
 personalita'  del  minore,  si'  da  frustrare le specifiche garanzie
 riferite  all'iter  processuale  minorile  e  da  non  permettere  di
 "avvalersi  dei  servizi  minorili  allo  scopo  di  approfondire  la
 conoscenza  della  personalita'   e   della   condizione   di   vita"
 dell'interessato.
   Come  gia'  osservato  nella  richiamata  sentenza n. 144 del 1997,
 sebbene il modello prescelto dal legislatore  ricalchi  quello  della
 convalida  del  fermo  o  dell'arresto  ex artt. 390 e 391 cod. proc.
 pen. (applicabili peraltro anche al processo  minorile,  per  effetto
 del  richiamo contenuto nell'art. 18, comma 5, delle disposizioni sul
 processo penale a carico di imputati minorenni),  le  misure  di  cui
 all'art.  6  della  legge n. 401 del 1989, non preordinate di per se'
 alla repressione e  sanzione  di  fattispecie  criminose,  hanno  una
 incidenza sulla liberta' personale ben piu' limitata delle menzionate
 misure  pre-cautelari,  assumendo  il carattere di rimedio di livello
 minimale adeguato allo scopo di prevenzione cui e' deputato.  D'altro
 canto,  si  tratta, come la Corte ha gia' osservato, di provvedimenti
 la cui efficacia risente della celerita' della applicazione, si'  che
 la ristrettezza dei termini di cui dispone il giudice per le indagini
 preliminari  (con  scansioni  sostanzialmente  non  diverse da quelle
 previste per la convalida delle ben piu' incisive misure del fermo  e
 dell'arresto  adottabili  anche  in  danno  del  minore) trova la sua
 ragione nella esigenza della sollecita decisione che,  nella  specie,
 si   impone.   Si   spiega,  dunque,  la  necessaria  sommarieta'  di
 acquisizioni  e  conseguenti  valutazioni,  a  fronte,  peraltro,  di
 provvedimenti   che   non  appaiono  destinati  a  incidere  in  modo
 definitivo e pieno sul giudizio globale intorno alla personalita' del
 minore; giudizio che, come tale, non  rientrerebbe,  comunque,  nella
 competenza del giudice per le indagini preliminari.
   Nell'ambito  del  suaccennato  quadro di riferimento e in relazione
 alle esigenze che esso pone, il giudice per le indagini preliminari -
 e, prima ancora di esso, il pubblico ministero, secondo le previsioni
 dell'art.  17  del  decreto  legislativo  28  luglio  1989,  n.  272,
 contenente le norme di attuazione, di coordinamento e transitorie sul
 processo  penale  minorile  -  potra'  attivare  i  previsti  servizi
 minorili compatibilmente con gli  obiettivi  e  con  le  esigenze  da
 perseguire,  senza  che, per questo, possa reputarsi concretato alcun
 vulnus ai principi costituzionali evocati dal rimettente. Cio'  fermo
 restando,  ovviamente,  che  si  potra'  semmai  porre un problema di
 adeguamento  di  strutture  a  livello  amministrativo,  affinche'  i
 predetti  servizi  possano  rispondere,  nel  modo  piu' idoneo, alle
 richieste  loro  rivolte,  caratterizzate,  come   gia'   detto,   da
 particolari esigenze di sollecitudine e rapidita'.
   7.  - Non maggiore fondamento ha la censura concernente il medesimo
 art. 6, comma 3, ulteriormente denunciato per  contrasto  con  l'art.
 31,  secondo  comma,  della Costituzione, sull'assunto che al giudice
 per le indagini preliminari sarebbe consentito solo di convalidare  o
 non  convalidare  il  provvedimento  del  questore,  ma  non di poter
 incidere sul suo contenuto e sulle sue modalita' applicative.
   Occorre  precisare,   a   questo   riguardo,   che   l'obbligo   di
 comparizione,  oggetto di convalida, ha natura accessoria rispetto al
 provvedimento di cui al comma 1 dell'art.  6,  operando  al  fine  di
 garantire  l'effettivita'  del  divieto imposto con quest'ultimo, cui
 spetta  individuare  specificamente,  come  richiede  la  legge,   le
 competizioni agonistiche ed anche i luoghi interessati alla sosta, al
 transito  o  al  trasporto di coloro che partecipano o assistono alle
 competizioni  medesime;  e  cosi'  pure  di   stabilire   la   durata
 dell'interdizione, nell'ambito ovviamente dei limiti massimi previsti
 dal  comma  5  (il  quale  dispone che il divieto di cui al comma 1 e
 l'ulteriore prescrizione di cui al comma 2 non possono  avere  durata
 superiore ad un anno).
   Ma il carattere strumentale del provvedimento che dispone l'obbligo
 di  comparizione,  rispetto al divieto di accesso, non esclude che al
 giudice per le  indagini  preliminari,  al  momento  di  decidere  se
 convalidare  o meno il provvedimento stesso e quindi in definitiva in
 sede di delibazione della legittimita' di una misura che, nel caso di
 specie, risulta imposta  dall'autorita'  amministrativa,  spetti  pur
 sempre  -  stante  l'identita'  solo  qualificatoria  e  di struttura
 procedimentale  che  la  convalida  in  questione  presenta  rispetto
 all'istituto   disciplinato   dal   codice  di  rito  penale  (v.  in
 particolare sentenze n. 144  del  1997  e  n.  143  del  1996)  -  il
 controllo  sulla  ragionevolezza  ed "esigibilita'" del provvedimento
 medesimo, cosi' come ammesso dalla giurisprudenza  della  Cassazione;
 cio'  che  potra' consentire, dunque, la valutazione dell'adeguatezza
 della misura adottata e delle sue modalita' applicative con  riguardo
 al  minore,  alla  luce  delle finalita' dell'art. 31, secondo comma,
 della Costituzione, in vista di  un  giudizio  prognostico  che  deve
 attingere, come ha precisato la giurisprudenza di legittimita', non a
 dati  formali,  bensi'  alla  concreta  ed  attuale pericolosita' del
 soggetto, quale presupposto di  giustificazione  ed  idoneita'  della
 misura  stessa  in  relazione allo scopo cui e' preordinata (Cass. n.
 284 del 1997).
   Al riguardo giova considerare che il questore, oltre a stabilire la
 durata dell'obbligo entro il termine massimo dell'anno, e'  tenuto  a
 individuare  l'orario  di  presentazione  nell'ambito del "periodo di
 tempo in cui si svolgono le competizioni agonistiche". Nel quadro del
 gia' menzionato giudizio di ragionevolezza, il fatto che  al  giudice
 per le indagini preliminari competa soltanto di convalidare o meno il
 provvedimento  non esclude che, in ordine alla decisione da prendere,
 assumano rilievo, nella complessiva  valutazione  da  effettuare,  le
 modalita'  applicative  concretamente  determinate  dal  questore, in
 quanto eventualmente  suscettibili  di  porsi  in  contrasto  con  le
 esigenze educative del minore.
   8.  -  Inammissibile  va considerata, infine, la questione relativa
 alla disposizione del comma 8, denunciato, in riferimento al comma  2
 del  medesimo  art.  6,  sempre  per contrasto con l'art. 31, secondo
 comma, della Costituzione, nella parte in cui rimette al  questore  e
 non  invece  al  giudice,  la  facolta'  di autorizzare, "per gravi e
 comprovate esigenze", il destinatario del  provvedimento  restrittivo
 "a comunicare per iscritto il luogo di privata dimora o altro diverso
 luogo  nel  quale sia reperibile durante lo svolgimento di specifiche
 manifestazioni agonistiche".
   Il rimettente, infatti, ha omesso qualsiasi cenno di motivazione in
 ordine alla rilevanza della censura cosi' sollevata, non  risultando,
 dal tenore dell'ordinanza, ne' che alcun provvedimento sia stato gia'
 assunto  in  tal  senso  dall'autorita'  di pubblica sicurezza (della
 quale sono, invero, impugnati esclusivamente i provvedimenti ex commi
 1 e 2 dell'art. 6), ne' che richieste di autorizzazione  siano  state
 proposte da parte dell'interessato, ne', in ogni caso, che il giudice
 a   quo  abbia  verificato  l'esistenza  di  situazioni  di  per  se'
 riconducibili "alle gravi e comprovate esigenze" di  cui  al  dettato
 legislativo.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara:
     a)  inammissibile  la  questione  di  legittimita' costituzionale
 dell'art. 6, comma 8, in riferimento  al  comma  2,  della  legge  13
 dicembre  1989,  n.  401  (Interventi  nel settore del giuoco e delle
 scommesse clandestini e tutela della  correttezza  nello  svolgimento
 delle  competizioni  agonistiche),  come sostituito dall'art. 1 della
 legge  24  febbraio  1995,  n.  45   (Conversione   in   legge,   con
 modificazioni,  del  d.-l.  22  dicembre 1994, n. 717, recante misure
 urgenti  per  prevenire  fenomeni  di  violenza   in   occasione   di
 competizioni  agonistiche)  sollevata,  in  riferimento  all'art. 31,
 secondo comma,  della  Costituzione,  dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  il  Tribunale  per  i  minorenni di Firenze, con
 l'ordinanza in epigrafe;
     b) non fondata la questione di  legittimita'  costituzionale  del
 predetto art. 6, commi 2 e 3, sollevata, in riferimento agli artt.  3
 e  24  della  Costituzione,  dal  medesimo giudice con l'ordinanza in
 epigrafe;
     c) non fondata la questione di  legittimita'  costituzionale  del
 medesimo  art.  6,  comma  3,  sollevata, in riferimento all'art. 31,
 secondo  comma,  della  Costituzione,  dallo   stesso   giudice   con
 l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 aprile 1998.
                        Il Presidente: Granata
                          Il redattore: Vari
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 23 aprile 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 98C0450