N. 144 ORDINANZA 20 - 23 aprile 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Imposte  in  genere  -  Contenzioso tributario - Riordino - Presunta
 istituzione  di  "nuovi  giudici   speciali"   -   Infondatezza   dei
 presupposti  processuali  da  parte  del  giudice  a  quo - Manifesta
 infondatezza.
 
 (Legge 30 dicembre 1991, n. 413,  art.  30;  decreti  legislativi  31
 dicembre 1992, nn. 545 e 546).
 
 (Cost.,  art.  102,  secondo  comma,  e  VI  disp.  transitoria della
 Costituzione).
 
(GU n.17 del 29-4-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 30 della  legge
 30   dicembre  1991,  n.  413  (Disposizioni  per  ampliare  le  basi
 imponibili, per razionalizzare, facilitare e  potenziare  l'attivita'
 di  accertamento;  disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei
 beni immobili delle imprese, nonche' per riformare il  contenzioso  e
 per  la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega
 al Presidente della Repubblica per la  concessione  di  amnistia  per
 reati  tributari;  istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del
 conto fiscale) e dei decreti-legislativi 31  dicembre  1992,  n.  545
 (Ordinamento  degli  organi  speciali  di giurisdizione tributaria ed
 organizzazione degli uffici di  collaborazione  in  attuazione  della
 delega  al  Governo  contenuta  nell'art.  30 della legge 30 dicembre
 1991, n. 413) e n.  546  (Disposizioni  sul  processo  tributario  in
 attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
 30  dicembre  1991,  n.  413)  promosso  con  ordinanza  emessa il 24
 febbraio 1997 dalla commissione tributaria provinciale di  Lecce  sul
 ricorso  proposto  da  Pisanello Santa contro l'ufficio IVA di Lecce,
 iscritta al n.  478 del registro ordinanze 1997  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  30, prima serie speciale,
 dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 28 gennaio 1998 il giudice
 relatore Riccardo Chieppa;
   Ritenuto che nel corso del giudizio tributario, avente  ad  oggetto
 l'impugnazione  della  cartella  di pagamento per recupero di imposta
 indebitamente detratta nella dichiarazione IVA, promosso da Pisanello
 Santa, la commissione tributaria provinciale di Lecce, ha  sollevato,
 in  riferimento  all' art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione
 transitoria   della   Costituzione,   questione    di    legittimita'
 costituzionale  dell'art.  30  della  legge  30 dicembre 1991, n. 413
 (Disposizioni per ampliare le basi  imponibili,  per  razionalizzare,
 facilitare e potenziare l'attivita' di accertamento; disposizioni per
 la  rivalutazione  obbligatoria  dei  beni  immobili  delle  imprese,
 nonche' per riformare il contenzioso e per la  definizione  agevolata
 dei   rapporti   tributari   pendenti;  delega  al  Presidente  della
 Repubblica per  la  concessione  di  amnistia  per  reati  tributari;
 istituzioni  dei  centri di assistenza fiscale e del conto fiscale) e
 delle disposizioni contenute nei dd.lgs. 31 dicembre 1992, n.  545  e
 n. 546;
     che  secondo  il  collegio  rimettente,  benche'  le disposizioni
 impugnate abbiano il dichiarato scopo di "riordinare"  la  disciplina
 del contenzioso tributario e delle commissioni, inequivocabili indici
 della  radicalita' delle innovazioni apportate in tema di ordinamento
 del  contenzioso   tributario   e   della   disciplina   processuale,
 renderebbero   evidente  che  sono  stati  istituiti  "nuovi  giudici
 speciali";
     che  la  riconosciuta  natura  giurisdizionale  delle commissioni
 tributarie,   una   volta   esclusa   la    riconducibilita'    della
 trasformazione  di  tali  organi  dall'ambito  del  mero  "riordino",
 condurrebbe conseguentemente ad affermare, secondo il giudice  a  quo
 che  le  norme  censurate  si  pongono  in  contrasto con l'art. 102,
 secondo comma, della Costituzione che prevede la sola istituzione  di
 sezioni specializzate presso gli organi giudiziali ordinari;
     che, d'altra parte, sempre seguendo la prospettazione del giudice
 rimettente,  il  potere  di  revisione  di  cui  alla VI disposizione
 transitoria della Costituzione  gia'  esercitato  per  effetto  della
 delega di cui all'art. 10, n. 14 della legge 9 ottobre 1971, n. 825 e
 sfociato  nella  disciplina  prevista  dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n.
 636, non e' piu' suscettibile di  ulteriore  esercizio,  non  essendo
 consentita la revisione di una normativa gia' revisionata;
     che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, che ha concluso per la non fondatezza della questione;
   Considerato  che e' privo di fondamento il presupposto da cui parte
 il   giudice   a   quo,   secondo   cui   la   normativa   censurata,
 disciplinerebbe,  anziche'  il  riordino  del contenzioso tributario,
 l'istituzione  di  nuovi  giudici  speciali  mediante  la   revisione
 dell'ambito    della   competenza   e   della   cognizione,   nonche'
 dell'ordinamento, dei gradi di giudizio e dei poteri  conferiti  alle
 commissioni tributarie;
     che  la  modifica  mediante  ampliamento  della  competenza delle
 commissioni tributarie non vale  a  far  ritenere  nuovo  il  giudice
 tributario in modo tale da ravvisarsi un diverso giudice speciale, in
 quanto  e'  rimasto  non  snaturato  ne' il sistema di estrazione dei
 giudici  (anzi  migliorato  dal  punto  di  vista  dei  requisiti  di
 idoneita'    e    di    qualificazione    professionale    e    delle
 incompatibilita'),   ne'   la   giurisdizione    nell'ambito    delle
 controversie   tributarie,   anche   se  riconfigurata  mediante  una
 soluzione unitaria ed aggiornata con la previsione di imposte  locali
 in  aggiunta  a  quelle  statali  con  l'adeguamento  delle norme del
 processo tributario a quelle del processo civile;
     che deve escludersi, altresi', che possano portare ad una diversa
 soluzione  le  contestuali  modifiche  introdotte   dal   legislatore
 all'ordinamento  e  alle  disposizioni  procedurali,  in  quanto sono
 profili  relativi  alla  organizzazione  e  al  funzionamento   delle
 commissioni  suddette, rimaste sostanzialmente immutate rispetto alla
 previsione  della  materia  tributaria  oggetto  della  giurisdizione
 speciale  e  continuatrici  delle preesistenti regolate dal d.P.R. n.
 636 del 1972;
     che pertanto le attuali commissioni tributarie non possono essere
 considerate, agli effetti del combinato disposto dell'art. 102  e  VI
 disposizione  transitoria della Costituzione, nuovi giudici speciali,
 come tali vietati;
     che l'art. 102, secondo comma, della Costituzione, in  ordine  al
 divieto  di istituzione di giudici speciali, deve essere interpretato
 in relazione alla VI disposizione transitoria (sentenze  n.  215  del
 1976  e  n. 196 del 1982), cioe' nel senso che esclude l'introduzione
 di altri giudici (creati ex novo argomentando anche dalla menzione di
 giudici  speciali  negli  artt.  108  e  111,  secondo  comma,  della
 Costituzione:     sentenza  n.  215  del  1976),  diversi  da  quelli
 espressamente nominati in Costituzione (Consiglio di Stato, Corte dei
 conti   e   Tribunali   militari,   esclusi   testualmente  dalla  VI
 disposizione transitoria della Costituzione e come tali non  soggetti
 ad obbligo di revisione, oltre gli organi di giustizia amministrativa
 di   primo  grado)  e  con  una  ulteriore  possibilita'  di  diverso
 trattamento  per  le  giurisdizioni  speciali  preesistenti,  oggetto
 tuttavia di obbligo di revisione;
     che  la  Costituzione  ha  voluto  che  le  (altre) giurisdizioni
 speciali   preesistenti   fossero   sottoposte   a   revisione,   che
 "comportando  una  scelta delicata tra soppressione pura e semplice e
 trasformazione,  e'  stata  affidata  esclusivamente  al  Parlamento"
 (sentenze  n.  92 del 1962, n. 41 del 1957, n. 42 del 1961, n. 17 del
 1965),  non  limitato  al  semplice   mantenimento   delle   suddette
 giurisdizioni speciali preesistenti;
     che   l'obbligo  di  procedere  alla  revisione  delle  anzidette
 giurisdizioni speciali preesistenti, ha consentito  l'intervento  del
 legislatore  con leggi posteriori a Costituzione attraverso mutamenti
 graduali (v., per tutte  le  disposizioni  integrative  e  correttive
 emanate  in  base  all'art.  17, secondo comma, della legge 9 ottobre
 1971, n. 825, i cui termini sono stati ripetutamente prorogati) e con
 parziali adeguamenti, anche per  colmare  "le  molte  deficienze  del
 contenzioso   tributario"  sottolineate  dalla  Corte  con  invito  a
 "riordino legislativo dell'intera  materia":  (sentenza  n.  154  del
 1984, n. 212 del 1986).  Che allo stesso modo l'intervenuta revisione
 non   vincola   il   legislatore   ordinario   a  mantenere  immutati
 nell'ordinamento e nel funzionamento le commissioni  tributarie  come
 gia' revisionate;
     che  per  le  preesistenti  giurisdizioni speciali, una volta che
 siano state assoggettate a  revisione,  non  si  crea  una  sorta  di
 immodificabilita'  nella  configurazione  e nel funzionamento, ne' si
 consumano le potesta' di intervento del  legislatore  ordinario;  che
 questi   conserva   il   normale   potere  di  sopprimere  ovvero  di
 trasformare, di riordinare i giudici speciali,  conservati  ai  sensi
 della  VI  disposizione  transitoria,  o di ristrutturarli nuovamente
 anche nel funzionamento e nella procedura, con il duplice  limite  di
 non   snaturare   (come  elemento  essenziale  e  caratterizzante  la
 giurisprudenza speciale) le materie attribuite alla  loro  rispettiva
 competenza  e  di  assicurare  la  conformita'  a Costituzione, fermo
 permanendo il principio  che  il  divieto  di  giudici  speciali  non
 riguarda  quelli  preesistenti  a  Costituzione e mantenuti a seguito
 della loro revisione;
   Pertanto deve escludersi la denunciata  violazione  dell'art.  102,
 secondo   comma,   e   della   VI   disposizione   transitoria  della
 Costituzione;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza delle questioni di legittimita'
 costituzionale dell'art. 30 della legge  30  dicembre  1991,  n.  413
 (Disposizioni  per  ampliare  le basi imponibili, per razionalizzare,
 facilitare e potenziare l'attivita' di accertamento; disposizioni per
 la  rivalutazione  obbligatoria  dei  beni  immobili  delle  imprese,
 nonche'  per  riformare il contenzioso e per la definizione agevolata
 dei   rapporti   tributari   pendenti;  delega  al  Presidente  della
 Repubblica per  la  concessione  di  amnistia  per  reati  tributari;
 istituzioni  dei  centri di assistenza fiscale e del conto fiscale) e
 dei decreti legislativi 31 dicembre 1992, n. 545  (Ordinamento  degli
 organi  speciali  di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli
 uffici di  collaborazione  in  attuazione  della  delega  al  Governo
 contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) e n. 546
 (Disposizioni  sul  processo tributario in attuazione della delega al
 Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413),
 sollevate, in riferimento all'art. 102,  secondo  comma,  e  alla  VI
 disposizione   transitoria   della  Costituzione,  dalla  commissione
 tributaria  provinciale  di  Lecce,  con  l'ordinanza   indicata   in
 epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 aprile 1998.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Chieppa
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 23 aprile 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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