N. 148 ORDINANZA 20 - 23 aprile 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo    penale    -    Custodia    cautelare    -    Limitazioni
 all'applicabilita' - Decisione in sede di  convalida  dell'arresto  -
 Omessa  previsione  -  Ragionevolezza della scelta del legislatore di
 mantenere distinta la condizione  generale  di  applicabilita'  delle
 misure   coercitive,   riferita  alla  misura  edittale  della  pena,
 dall'accertamento in concreto circa  la  sussistenza  delle  esigenze
 cautelari - Manifesta infondatezza.
 
 (C.P.P., art. 274, comma 1, lett. c)).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.17 del 29-4-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 274, comma 1,
 lettera c), del codice di procedura penale,  promosso  con  ordinanza
 emessa  il  2  agosto  1997  dal  pretore di Pescara nel procedimento
 penale a carico di P.S., iscritta al n. 723  del  registro  ordinanze
 1997  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43,
 prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  25  marzo 1998 il giudice
 relatore Guido Neppi Modona;
   Ritenuto che il pretore di Pescara, nel corso dell'udienza  per  la
 convalida  dell'arresto  di  persona imputata del delitto di evasione
 per essersi  allontanato  dal  luogo  ove  si  trovava  agli  arresti
 domiciliari,  ha  sollevato  questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 274, comma 1, lettera c), del codice di  procedura  penale,
 in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui "non
 prevede  che  il  limite  all'applicazione  delle  misure di custodia
 cautelare contenuto nell'ultimo periodo di tale disposizione  non  si
 applichi  nei  casi  in cui la decisione sulla misura cautelare abbia
 luogo in sede di convalida dell'arresto";
     che     il    giudice    rimettente,    richiamato    l'indirizzo
 giurisprudenziale secondo cui il limite edittale stabilito  dall'art.
 274,  comma  1,  lettera c), cod. proc. pen. per l'applicazione delle
 misure di custodia cautelare (limite  introdotto  dall'art.  3  della
 legge  8  agosto  1995,  n.  332)  opera  anche  in sede di convalida
 dell'arresto, ritiene che tale disciplina si ponga in  contrasto  con
 il  principio  di  ragionevolezza:    da  un lato, infatti, quando il
 giudice procede alla convalida dell'arresto per uno dei reati  per  i
 quali  l'art.  381,  comma  2,  cod.  proc. pen.   consente l'arresto
 facoltativo in flagranza, l'art. 391, comma 5, cod. proc. pen. deroga
 ai limiti edittali di pena stabiliti dall'art.  280 cod.  proc.  pen.
 per  l'applicazione  delle  misure coercitive; dall'altro l'art. 274,
 comma 1, lettera c), cod. proc. pen.  preclude  l'applicazione  delle
 misure  di  custodia  cautelare se la pena edittale dei delitti della
 stessa specie e' inferiore ai limiti ivi previsti;
     che il  rimettente  precisa  che  la  disciplina  risultante  dal
 combinato  disposto  degli artt. 274, comma 1, lettera c), 381, comma
 2, e 391, comma 5, cod. proc. pen. e' applicabile anche al delitto di
 evasione in forza dell'art. 3 del  d.-l.  13  maggio  1991,  n.  152,
 convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 1991, n. 203 (tale
 norma,  infatti,  nel  comma  1 consente di arrestare anche fuori del
 caso di flagranza chi ha posto in  essere  una  condotta  punibile  a
 titolo  di  evasione  e  nel  comma  2 stabilisce che nell'udienza di
 convalida puo' essere disposta l'applicazione di misure coercitive al
 di sotto dei limiti previsti dall'art. 280 cod. proc. pen.);
     che, in particolare, il rimettente lamenta  l'incongruenza  della
 disciplina  impugnata, sino al limite della irragionevolezza, a causa
 dello  "sbilanciamento  di  potesta'  coercitiva  dalla  parte  della
 polizia  giudiziaria",  alla quale nei casi in esame e' consentito di
 privare il soggetto  della  liberta'  personale  operando  l'arresto,
 mentre  al  giudice  e'  preclusa la possibilita' di applicare misure
 custodiali;
     che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;
     che l'Avvocatura dello Stato pone in  rilievo,  da  un  lato,  il
 diverso  fondamento  delle  condizioni di applicabilita' delle misure
 cautelari, tra cui rientrano i limiti edittali della  pena,  e  delle
 esigenze  cautelari,  che  attengono  alla  prognosi  in  concreto di
 pericolosita' del soggetto; dall'altro  sottolinea  che  in  caso  di
 evasione  di  un  soggetto  sottoposto  agli  arresti  domiciliari e'
 prevista la possibilita' di disporre la custodia in  carcere  e  che,
 comunque,  la  misura custodiale potrebbe essere applicata sulla base
 di altra esigenza cautelare, quale il pericolo di fuga, per  cui  non
 opera  il  limite previsto dall'art.   274, comma 1, lettera c), cod.
 proc. pen.
   Considerato che, con riferimento alle condizioni di  applicabilita'
 delle  misure  coercitive,  l'art.  391, comma 5, cod. proc. pen., al
 fine di coordinare la facolta' di procedere all'arresto in  flagranza
 con   la  possibilita'  di  disporre  in  sede  di  convalida  misure
 coercitive, stabilisce che, quando l'arresto e'  stato  eseguito  per
 uno  dei delitti indicati nell'art. 381, comma 2, cod. proc. pen., le
 misure coercitive possono essere  disposte  anche  al  di  fuori  dei
 limiti edittali di pena stabiliti dall'art. 280 cod. proc. pen;
     che  tale deroga e' stata estesa dall'art. 3 del d.-l. n. 152 del
 1991,  convertito  nella  legge  n.   203   del   1991,   all'ipotesi
 dell'arresto per il delitto di evasione, anche fuori della flagranza;
     che  sul  diverso  terreno  delle  esigenze cautelari l'art. 274,
 comma 1, lettera c), cod. proc. pen.  stabilisce  che  le  misure  di
 custodia  cautelare (con riferimento, quindi, alla custodia cautelare
 in carcere, agli arresti domiciliari e  alla  custodia  cautelare  in
 luogo  di  cura)  sono  disposte  -  quando  sussiste  il pericolo di
 reiterazione di delitti della stessa specie - soltanto se  si  tratta
 di  delitti  per  i  quali  e'  prevista la pena della reclusione non
 inferiore nel massimo a quattro anni;
     che tale assetto normativo non determina peraltro alcuna  lesione
 del  principio  di ragionevolezza, ma e' una conseguenza della scelta
 di mantenere distinta, anche  in  ossequio  al  principio  del  favor
 libertatis,  la  condizione  generale  di applicabilita' delle misure
 coercitive riferita alla misura edittale della pena, in  quanto  tale
 verificabile  in  astratto,  dall'accertamento  in  concreto circa la
 sussistenza delle esigenze cautelari;
     che, infatti, la deroga prevista dall'art.  391,  comma  5,  cod.
 proc.  pen.  non  comporta,  da un punto di vista di razionalita' del
 sistema, che in tali ipotesi si debba derogare anche alla  disciplina
 delle  esigenze  cautelari,  operanti  sul  diverso  terreno  di  una
 valutazione  della  sussistenza  in  concreto  delle  situazioni   di
 pericolo che giustificano l'imposizione della misura cautelare;
     che  tale  conclusione e' avvalorata dall'autonomia concettuale e
 funzionale tra convalida dell'arresto  e  applicazione  delle  misure
 cautelari  e  dalle  diverse finalita' rispettivamente perseguite dai
 due istituti (vedi al riguardo sentenza n. 4 del 1994);
     che l'arresto  in  flagranza  per  taluno  dei  delitti  previsti
 dall'art.    381, comma 2, cod. proc. pen. funge quindi da condizione
 necessaria per l'applicazione di misure coercitive al  di  fuori  dei
 limiti  edittali  di pena stabiliti dall'art. 280 cod. proc. pen., ma
 di per se' non sufficiente a legittimare l'applicazione  in  concreto
 delle misure;
     che  inoltre,  in  linea  generale,  non puo' escludersi che, nei
 confronti di alcuno dei reati per cui l'art. 381, comma 2, cod. proc.
 pen. consente l'arresto facoltativo in  flagranza,  sia  in  concreto
 possibile  tenere  conto dell'esigenza cautelare di cui all'art. 274,
 comma 1, lettera c), cod. proc. pen. (il pericolo di reiterazione  di
 reati  della  stessa  specie potrebbe infatti riguardare delitti piu'
 gravi di quelli  per  cui  si  procede,  puniti  con  la  pena  della
 reclusione non inferiore a quattro anni);
     che,  infine,  le  misure di custodia cautelare potrebbero essere
 adottate, sussistendone i presupposti,  anche  sulla  base  di  altra
 esigenza  cautelare,  prevista  nelle  lettere a) o b) della medesima
 norma, nonche' nelle ipotesi di cui alla  lettera  c),  evidentemente
 diverse da quella relativa al pericolo di reiterazione di reati della
 stessa specie;
     che,  per  altro  verso,  l'art.  276 cod. proc. pen. attribuisce
 comunque al giudice,  in  caso  di  trasgressione  alle  prescrizioni
 inerenti  a  una  misura cautelare, il potere di sostituire la misura
 con altra piu' grave e, quindi, di disporre la custodia in carcere;
     che  pertanto  la questione deve essere dichiarata manifestamente
 infondata;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 274, comma 1,  lettera  c),  del  codice  di
 procedura   penale,   sollevata,  in  riferimento  all'art.  3  della
 Costituzione, dal pretore di Pescara, con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 aprile 1998.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Neppi Modona
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 23 aprile 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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