N. 162 ORDINANZA 4 - 8 maggio 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Difensore d'ufficio - Possibilita', in assenza del
 codifensore  di  fiducia  dell'imputato, di richiedere termine per la
 difesa - Omessa previsione - Riferimento alla sentenza della Corte n.
 450/1997 - Identica questione gia'  dichiarata  non  fondata  con  la
 predetta sentenza - Manifesta infondatezza.
 
 (C.P.P., art. 108).
 
 (Cost., artt. 3 e 24, secondo comma).
 
(GU n.19 del 13-5-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 108 del codice
 di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 19  marzo  1997
 dal  pretore di Napoli - sezione distaccata di Marano, iscritta al n.
 608 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Udito nella camera di  consiglio  del  7  aprile  1998  il  giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
   Ritenuto  che con ordinanza emessa in data 19 marzo 1997 il pretore
 di  Napoli  -  sezione  distaccata  di  Marano,  ha   sollevato,   in
 riferimento  agli  artt.  3  e 24, secondo comma, della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 108 del codice  di
 procedura penale, "nella parte in cui non prevede la possibilita' per
 il  difensore  designato  di  ufficio  in  assenza del codifensore di
 fiducia dell'imputato, di richiedere termine per la difesa";
     che a parere del giudice a  quo  risulterebbe  violato  l'art.  3
 della  Costituzione, perche' l'evidenziata lacuna normativa determina
 una  irragionevole  disparita'  di  trattamento  rispetto  ad   altre
 situazioni  analoghe,  quali  quella  del difensore designato a norma
 dell'art.  97 del codice di procedura penale in caso di rinuncia  del
 difensore   di   fiducia,  nonche'  quella  del  difensore  d'ufficio
 dell'imputato  nei  confronti  del  quale  si  procede  con  il  rito
 direttissimo;
     che  di  conseguenza  violato  sarebbe anche il principio sancito
 dall'art. 24, secondo comma della Carta fondamentale,  in  quanto  il
 non  aver  previsto  la  possibilita'  per  il difensore designato in
 sostituzione di richiedere termine per la difesa,  "finisce  per  non
 assicurare  la  possibilita' ovvero il diritto dell'imputato ad avere
 una difesa effettiva e non meramente simbolica".
   Considerato  che  questa  Corte,  chiamata  a  pronunciarsi   sulla
 identica  questione  sollevata  dal  medesimo  giudice con precedente
 ordinanza, ha disatteso la fondatezza di simili censure (v.  sentenza
 n.  450  del 1997), osservando che la "semplice assenza, non sorretta
 da un legittimo impedimento, e' istituto del tutto diverso da  quello
 dell'abbandono  della  difesa,  e, a maggior ragione, da quello della
 rinuncia", cosi' come del tutto diversa e' la  figura  del  sostituto
 del  difensore "da quella del nuovo difensore designato nelle ipotesi
 di rinuncia, revoca, incompatibilita' e abbandono di difesa";
     che improprio si rivela poi l'assumere come tertium comparationis
 il  sistema  previsto  per  i   termini   a   difesa   nel   giudizio
 direttissimo",  trattandosi  di  situazione "incomparabile con quella
 del giudizio ordinario, che si svolge dopo che vi sono state numerose
 occasioni di contatto con il giudice e di conoscenza  degli  atti  di
 causa sin dalla fase delle indagini preliminari";
     che,  infine, neppure violato e' l'art. 24 della Costituzione, in
 quanto il principio di effettivita' della difesa in giudizio viene ad
 essere adeguatamente salvaguardato "proprio perche' si  conservano  i
 diritti  e  le  facolta'  propri  dell'assistenza  difensiva  in capo
 all'unico  soggetto  chiamato  ad  esercitarli:  il   difensore   che
 l'imputato o l'ufficio hanno originariamente designato come tale";
     che,  pertanto,  non  essendo  stati  addotti  argomenti  nuovi o
 diversi  da  quelli  allora  esaminati,  la  questione  deve   essere
 dichiarata manifestamente infondata.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale  dell'art.  108  del  codice  di   procedura   penale,
 sollevata,  in  riferimento  agli  artt.  3 e 24, secondo comma della
 Costituzione, dal pretore di Napoli - sezione  distaccata  di  Marano
 con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 4 maggio 1998.
                        Il Presidente: Granata
                        Il redattore: Vassalli
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria l'8 maggio 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 98C0530