N. 179 ORDINANZA 8 - 20 maggio 1998
Giudizio di ammissibilita' di conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Costituzione della Repubblica italiana - Deputato al Parlamento Vittorio Sgarbi, Corte d'appello di Brescia - Rivendicazione del diritto del singolo membro del Parlamento a proporre ricorso per conflitto di attribuzione nei confronti dell'autorita' giudiziaria - Carenza del presupposto oggettivo del conflitto quale e' la valutazione della Camera di appartenenza del parlamentare e quella dell'autorita' giudiziaria - Assenza attuale della materia del conflitto - Inammissibilita'.(GU n.21 del 27-5-1998 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di ammissibilita' del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, sollevato dal deputato al Parlamento Vittorio Sgarbi, con ricorso depositato il 27 dicembre 1997, iscritto al n. 85 del registro ammissibilita' conflitti, nei confronti della Corte di appello di Brescia, sezione seconda penale. Udito nella camera di consiglio dell'11 marzo 1998 il giudice relatore Guido Neppi Modona. Ritenuto che il ricorrente, premesso di essere membro del Parlamento da due legislature e di avere partecipato l'11 dicembre 1994 ad una trasmissione televisiva nel corso della quale aveva espresso opinioni e valutazioni politiche sull'incidenza che l'uso distorto della carcerazione preventiva aveva avuto nell'indurre al suicidio l'ex presidente dell'ENI, espone di essere stato querelato per il delitto di diffamazione a mezzo stampa; che il ricorrente lamenta che i giudici della seconda sezione penale della Corte di appello di Brescia, nel disporre nei suoi confronti il decreto di citazione a giudizio, hanno invaso la sfera di attribuzioni del Parlamento, pretendendo di giudicarlo malgrado le opinioni espresse dai membri del Parlamento siano insindacabili a norma dell'art. 68 della Costituzione; che, in particolare, il Parlamento sarebbe stato privato del potere-dovere di accertare l'insindacabilita' del comportamento del ricorrente, in quanto la Corte di appello di Brescia ha respinto la richiesta di trasmettere gli atti alla Camera dei deputati; che, ad avviso del ricorrente, sussiste la legittimazione del singolo membro del Parlamento a proporre ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti dell'autorita' giudiziaria, dal momento che analogo diritto e' riconosciuto a ciascuno dei "funzionari appartenenti all'ordine di cui all'art. 104 della Costituzione"; che, in definitiva, il ricorrente chiede che la Corte dichiari che, "con i comportamenti denunciati i funzionari dell'ordine di cui all'art. 104 della Costituzione, componenti la Corte di appello di Brescia, sezione seconda penale, hanno avviato un conflitto contro il Parlamento per inficiarne le prerogative, (...) con conseguente violazione della Costituzione e inesistenza giuridica degli atti posti in essere in tale guerra". Considerato che, alla stregua della costante giurisprudenza di questa Corte (v. da ultimo sentenza n. 265 del 1997), la potesta' di dichiarare, a norma dell'art. 68, primo comma, Cost., che l'opinione espressa da un membro del Parlamento e' qualificabile come esercizio delle funzioni parlamentari, con l'effetto di precludere una diversa qualificazione ad opera del giudice, e' attribuita esclusivamente alla Camera di appartenenza; che, di conseguenza, "solo l'esercizio in concreto, da parte della Camera di appartenenza del parlamentare, della propria potesta'" produce "l'effetto inibitorio dell'inizio o della prosecuzione di qualsiasi giudizio di responsabilita', penale o civile per il risarcimento dei danni" (v. sentenze n. 265 del 1997 e n. 129 del 1996), ferma restando la facolta' dell'autorita' giudiziaria che procede di provocare il controllo della Corte costituzionale sollevando conflitto di attribuzione "per vizi del procedimento oppure per omessa o erronea valutazione dei presupposti di volta in volta richiesti per il valido esercizio" della potesta' del Parlamento (v. sentenze n. 1150 del 1988 e n. 443 del 1993); che, sino a che la Camera di appartenenza del parlamentare non abbia deliberato in merito, il potere di valutare incidentalmente la sindacabilita' delle opinioni espresse dal parlamentare spetta all'autorita' giudiziaria che procede, ferma restando la facolta' del membro del Parlamento di sollecitare il riesame della valutazione operata dall'autorita' giudiziaria mediante gli ordinari mezzi di impugnazione (v. sentenza n. 265 del 1997); che la Corte costituzionale puo' essere chiamata ad intervenire solo a posteriori quando risulti da atti formali un contrasto tra la valutazione della Camera di appartenenza del parlamentare e quella dell'autorita' giudiziaria; che nel caso di specie, in assenza di una deliberazione della Camera dei deputati che abbia dichiarato l'insindacabilita' delle opinioni espresse dal deputato Sgarbi, il presupposto oggettivo del conflitto non si e' realizzato; che pertanto il presente ricorso va dichiarato inammissibile, per assenza attuale della materia di un conflitto.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato sollevato dal deputato al Parlamento Vittorio Sgarbi nei confronti della Corte di appello di Brescia, sezione seconda penale, con il ricorso indicato in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 maggio 1998. Il Presidente: Granata Il redattore: Neppi Modona Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 20 maggio 1998. Il direttore della cancelleria: Di Paola 98C0567