N. 12 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 8 maggio 1998

                                 N. 12
   Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria
 l'8 maggio 1998 (della regione Veneto)
 Zootecnia   -  Agricoltura  -  Regime  comunitario  della  produzione
    lattiera - Criteri per la determinazione  del  "numero  di  vacche
    accertato", ai fini della individuazione dei quantitativi di latte
    prodotto  - Modalita' e procedura per la presentazione dei ricorsi
    di riesame - Fissazione del termine di 60 giorni per la decisione,
    da parte delle regioni,  sui  ricorsi  stessi  -  Attribuzione  al
    Ministero  per  le  politiche agricole del potere di coordinamento
    necessario per l'uniforme applicazione, sul territorio  nazionale,
    del  decreto di cui trattasi - Attribuzione all'AIMA del potere di
    aggiornamento degli elenchi dei produttori, titolari di  quota,  e
    dei  quantitativi ad essi spettanti nonche' della competenza circa
    la   determinazione   dell'ubicazione    aziendale    -    Lesione
    dell'autonomia  e  delle  competenze regionali, in particolare, in
    materia  di  agricoltura  -  Violazione  del  principio  di   buon
    andamento  della pubblica amministrazione e del principio di leale
    cooperazione - Mancata attribuzione di risorse finanziarie per  la
    copertura  dei  nuovi  oneri  derivanti  alla  regione dalle norme
    impugnate.
 (Decreto del Ministero delle politiche  agricole  12  febbraio  1998,
    art. 1, comma 2; decreto del Ministero delle politiche agricole 17
    febbraio 1998, intero testo; artt. 1, commi 1, 3, 4 e 5, commi 1 e
    2, 7 e 8).
 (Cost.,  artt.  5,  97, 115, 117 e 118; legge 23 agosto 1998, n. 400,
    art. 17; d.-l. 1 dicembre 1997, n. 411,  convertito  in  legge  27
    gennaio  1998,  n. 5; legge 15 marzo 1997, n. 59, art. 8; legge 28
    marzo 1997, n. 81; legge 3 luglio 1997, n. 204;  d.lgs.  4  giugno
    1997, n. 143; legge 4 dicembre 1993, n. 491).
(GU n.23 del 10-6-1998 )
   Ricorso  della  regione  Veneto,  in  persona  del  vice presidente
 pro-tempore della Giunta regionale, avv. Bruno Canella, rappresentata
 e difesa, come da delega a margine del presente atto, ed in virtu' di
 deliberazione di g.r. n. 1177, del 7 aprile 1998, di autorizzazione a
 stare  in  giudizio  dagli  avv.ti  proff.  Giuseppe Franco Ferrari e
 Massimo Luciani, ed elettivamente domiciliata  presso  lo  studio  di
 quest'ultimo, in Roma, Lungotevere delle Navi n. 30, per conflitto di
 attribuzione  contro  il  Presidente  del  Consiglio dei Ministri, in
 persona del Presidente pro-tempore del Consiglio dei Ministri;
   In relazione al decreto del Ministero per le politiche agricole  17
 febbraio 1998, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 42
 del  20  febbraio  1998,  recante:  "Modalita'  per l'istruttoria dei
 ricorsi di riesame e per l'applicazione dei decreto-legge 1  dicembre
 1997,  n.  411, convertito, con modificazioni, nella legge 27 gennaio
 1998, n. 5", nella sua interezza ed in particolare quanto all'art.  1
 comma 1, in quanto stabilisce  le  modalita'  di  determinazione  del
 numero di vacche da parte dell'Aima, in particolare disponendo che si
 debba  prendere  in considerazione il minor numero di capi tra quello
 risultante dal modello L1 e quello accertato in sede  di  rilevazione
 delle  a.s.l.  a  norma del d.-l n. 130 del 1997, e che in assenza di
 riscontro con la suddetta  rivelazione  il  modello  L1  deve  essere
 assimilato  all'ipotesi  del  modello  L1  privo dell'indicazione del
 numero di capi; quanto all'art. 1, comma 2, in quanto  stabilisce  le
 "modalita'  di  trattamento"  delle  "anomalie  dichiarative"  di cui
 all'art. 2, comma 1 del d.-l. n. 411 del 1997, convertito in legge n.
 5 del 1998; quanto all'art. 3, in quanto stabilisce le modalita'  per
 l'istruttoria  dei  ricorrsi  di riesame di competenza delle regioni;
 quanto all'art.   4, in quanto  elenca  la  documentazione  che  deve
 essere  necessariamente  allegata ai ricorsi di riesame di competenza
 delle regioni; quanto all'art. 5, comma 1, in quanto dispone  che  le
 regioni e le province autonome trasmettano progressivamente all'Aima,
 con  cadenza  settimanale  e  comunque  non  oltre  il termine di cui
 all'art. 2, comma 8, del d.-l.  n. 411 del 1997, convertito in  legge
 n. 5 del 1998, copia dei verbali redatti in riferimento ai ricorsi di
 riesame  istruiti; quanto all'art.  5, comma 2, in quanto dispone che
 l'Aima provvede a verificare il rispetto dei termini di cui al  comma
 4 dell'art. 2 del d.-l. n. 411 del 1997, convertito in legge n. 5 del
 1998,  e  che  nel  caso  in  cui da tale verifica risulti il mancato
 rispetto dei detti termini il ricorso non e' preso in  considerazione
 indipendentemente   dall'esito   dell'istruttoria   effettuata  dalle
 regioni o dalle province  autonome;  quanto  all'art.  7,  in  quanto
 prevede   che   il  Ministero  per  le  politiche  agricole  assicuri
 l'attivita' di coordinamento necessaria all'uniforme applicazione del
 d.m. stesso; quanto all'art. 8, in quanto conferma in  capo  all'Aima
 la   competenza   in   ordine  all'aggiornamento  degli  elenchi  dei
 produttori titolari di quota per il periodo 1998-1999 e  a  tal  fine
 attribuisce  alla  stessa  Aima  le  attribuzioni  inerenti  l'esatta
 localizzazione  delle  aziende   ubicate   in   comuni   parzialmente
 delimitati  ai  sensi dell'art. 3, paragrafi 3, 4 e 5 della direttiva
 CEE 268/75.
                               F a t t o
   1.1.  -  Il  regime  delle  c.d.  quote   latte,   finalizzato   al
 contenimento della produzione, da anni eccedente nel mercato europeo,
 e'   stato   introdotto  in  Italia,  dopo  lungo  contenzioso  circa
 l'effettiva entita' della produzione interna e la  irrogazione  delle
 relative sanzioni comunitarie, dalla legge 26 novembre 1992, n. 468.
   Tale testo normativo, dopo avere demandato, all'art. 2, comma 2, la
 redazione  di  elenchi  dei  produttori  titolari  di quota e la loro
 pubblicazione in appositi bollettini all'azienda  di  Stato  per  gli
 interventi   nel  mercato  agricolo  (Aima),  all'art.  2,  comma  2,
 limitatamente ai produttori di  associazioni  aderenti  alla  Unalat,
 dispone  la  articolazione  della  quota  in  due  parti:  l'una  A),
 commisurata alla produzione di  latte  commercializzata  nel  periodo
 1989-1989;   l'altra   B),   rapportata   alla   maggiore  produzione
 commercializzata nel periodo 1991-1992.
   Poiche' peraltro il regolamento CEE del Consiglio n.  804,  del  27
 giugno  1968,  contemplava  la periodica rideterminazione delle quote
 nazionali spettanti all'Italia, i  commi  6-8  dello  stesso  art.  2
 assegnavano  alle  regioni  il  compito  di  vigilare sulla effettiva
 produzione  dei  singoli  operatori  e  di  comunicare  all'Aima  per
 l'aggiornamento  del  bollettino  le  eventuali  situazioni  di quota
 assegnata   superiore   a   quella   effettiva,   e    al    Ministro
 dell'agricoltura  e  foreste,  acquisito  il  parere della conferenza
 permanente per i rapporti tra lo Stato e  le  regioni  e  sentite  le
 organizzazioni professionali maggiormente rappresentative, in caso di
 eccedenza  delle  quantita' attribuite ai produttori alla stregua dei
 commi 2 e  3  rispetto  alle  quote  nazionali  individuate  in  sede
 comunitaria,  di stabilire con proprio decreto i criteri generali per
 il  pieno  allineamento  con  le  quote  nazionali  nell'arco  di  un
 triennio.  Lo  stesso  comma  8  imponeva  che,  con riferimento alle
 riduzioni obbligatorie della quota B, si tenesse conto "dell'esigenza
 di   mantenere nelle aree  di  montagna  e  svantaggiate  la  maggior
 quantita' di produzione lattiera".
   Il d.-l. 23 dicembre 1994, n. 727, poi convertito con modificazioni
 in  legge  24  febbraio 1995, n. 46 ha poi operato la riduzione delle
 quote B per singolo  produttore,  con  l'esclusione  degli  operatori
 delle  stalle  ubicate  nelle  zone montane di cui alla direttiva del
 Consiglio CEE 75/268 del 28 aprile 1975, da effettuarsi entro  il  31
 marzo 1995 con operativita' della campagna 1995-1996.
   La  legge  di  conversione  n.  46/1995 ha innovato il decreto come
 segue:
     a) ha previsto (art. 2, comma 1, lett.  a))  la  riduzione  della
 quota  A  non  in produzione, almeno qualora essa ecceda il 50% della
 quota A attribuita;
     b) dopo avere confermato la riduzione della quota B  (lett.  a)),
 escluso  (lett.  b))  da entrambre le riduzioni i produttori non solo
 titolari di stalle ubicate in  zone  di  montagna,  ma  anche  quelli
 operanti  "nelle zone svantaggiate e ad esse equiparate nonche' nelle
 isole;
     c) ha consentito (art. 2,  comma  2-bis)  che  i  produttori  che
 abbiano  ottenuto, anteriormente all'entrata in vigore della legge n.
 468  del  1992,  l'approvazione  di  un  piano  di  sviluppo   o   di
 miglioramento  zootecnico  da  parte  della  regione e che lo abbiano
 realizzato,  possano  chiedere   la   assegnazione   di   una   quota
 corrispondente   all'obiettivo   di  produzione  indicato  nel  piano
 medesimo, in sostituzione delle quote A e B.
   Piu' generale, il d.-l. n. 727 del 1994 e la legge n. 46  del  1995
 hanno  soppresso la previa consultazione della conferenza tra Stato e
 regioni, rimettendo la istruttoria e la predisposizione del piano  di
 rientro esclusivamente all'istanza ministeriale.
   Inoltre,  e'  stato  introdotto un meccanismo di autocertificazione
 delle produzioni, in base al quale gli acquirenti sono autorizzati  a
 considerare i quantitativi autocertificati dai produttori.
   La  legge  n.  46 del 1995, insieme con il decreto-legge convertito
 veniva impugnata dalla regione Veneto con ricorso rubricato  23/1995,
 con  allegazione  di  numeri  profili  di incostituzinalita'. Codesta
 ecc.ma Corte, a seguito di discussione nella pubblica udienza del  23
 novembre  1995,  con decisione n. 520 del 28 dicembre 1995 accoglieva
 il predetto ricorso, in  una  con  quello  presentato  dalla  regione
 Lombardia  e  rubricato  con  n.r.g.  22/1995, sotto il profilo della
 incostituzionalita' dell'art. 2, comma 1, della legge, nella parte in
 cui non vi si contemplava il parere  delle  regioni  interessate  nel
 procedimento  di  riduzione  delle  quote  individuali  spettanti  ai
 produttori di latte bovino.
   1.2. - Come e' noto, il Governo e' poi piu' volte  intervenuto  con
 la decretazione di urgenza, adottando prima il d.-l. 15 marzo 1996 n.
 124  e poi, reiterando il primo, adottando il d.-l. 16 maggio 1996 n.
 260, (impugnati con i ricorsi n.r.g. 19 e 28/96), indi con il d.-l. 8
 luglio 1996 n. 353 (del pari impugnato con il ricorso n.r.g.  33/96),
 con il d.-l. 8 agosto 1996 n. 440 (impugnato con  il  ricorso  n.r.g.
 38/96),  con  il d.-l. 6 settembre 1996 n. 463 (impugnato con ricorso
 n.r.g. 41/96), e "infine" con i dd.-l. 23 ottobre 1996, n,.    542  e
 552  (il  secondo, impugnato con ricorso n.r.g. 47/1996). Tali ultimi
 due decreti-legge sono poi stati convertiti,  rispettivamente,  nelle
 leggi  20  settembre 1996 n. 642 e 23 dicembre 1996 n. 649 (impugnate
 con ricorsi nn.rr.gg. 17/97 e 15/97).
   I decreti-legge successivi alla legge n. 46 del 1995 appartengono a
 due "catene" di decreti reiterati: una  saldatasi  con  la  legge  di
 conversione  del  d.-l.  n.  542  del  1996  (legge n. 649 del 1996);
 l'altra saldatasi con la legge di conversione del d.-l.  n.  552  del
 1996 (legge n. 642 del 1996).
   La  prima  catena  e'  relativa  alle previsioni sulle procedure di
 compensazione  (in  particolare,  all'eliminazione  delle   procedure
 previste dalla legge n. 468 del 1992, sostituite da una compensazione
 nazionale  gestita  dall'Aima), nonche' alle modalita' e ai tempi dei
 prelievi  e  delle  restituzioni.  La  seconda  catena  riguarda,  in
 particolare,  la disciplina dei bollettini dei produttori titolari di
 quota;   la   fissazione   dei   criteri   di   effettuazione   della
 compensazione;   le   modalita'   della  compensazione  medesima;  la
 disciplina dell'abbandono della produzione; i termini per la cessione
 delle quote latte.
   Queste due catene, ancorche' distinte, sono interconnesse, e -  per
 le   ragioni   gia'   esposte  nei  ricorsi  sopradescritti  -  hanno
 determinato gravissimi  pregiudizi  all'autonomia  delle  regioni  in
 materia  di agricoltura, disegnando uno scenario normativo incoerente
 e costituzionalmente  illegittimo.  L'incoerenza  e  l'illegittimita'
 sono  state  confermate (e aggravate) dalla "saldatura" operata dalle
 menzionate leggi nn.  642 e 649 del 1996.
   A distanza di pochissimi giorni dalla pubblicazione (nella Gazzetta
 Ufficiale rispettivamente, del 21 e del 23 dicembre 1996) delle leggi
 ora ricordate, il  legislatore  e'  poi  nuovamente  intervenuto  nel
 settore  della  produzione  lattiera con la legge 23 dicembre 1996 n.
 662 (che, addirittura, ancorche' pubblicata poco dopo, reca la stessa
 data della legge n. 649 del 1996),  a  conferma  della  caoticita'  e
 della farraginosita' del suo agire.
   La  legge  (impugnata  con  ricorso  n.r.g.  21/1997)  dedica  alla
 produzione lattiera i commi da 166 a 174 dell'art. 2.
   Tutti i ricorsi piu' sopra menzionati,  e  segnatamente  i  ricorsi
 nn.rr.gg. 19, 28, 33, 38, 41, 47 del 1996 e 13, 15, 21 del 1997, sono
 stati discussi all'udienza pubblica tenutasi in data 28 ottobre 1997.
   In riferimento ai medesimi ricorsi sopra menzionati, codesta ecc.ma
 Corte,  in  data  19  dicembre  1997,  ha  depositato  in cancelleria
 ordinanza istruttoria del 16  dicembre  1997,  con  la  quale  si  e'
 disposta  a  carico  del  Presidente del Consiglio dei Ministri (e in
 minima  parte  a  carico  del   presidenti   delle   regioni)   ampia
 integrazione documentale.
   1.3.  -  Nonostante  avessero  operato  la "saldatura" finale delle
 descritte  catene  di  decreti-legge,  i  confusi  e   contraddittori
 interventi  normativi  di  fine  1996 non sono riusciti a scrivere la
 parola "fine" sotto la lunga e tormentata storia della disciplina  in
 via  d'urgenza  della  produzione  lattiera.  Il  Governo  e' infatti
 reintervenuto con il d.-l. n. 11 del 1997 (anch'esso impugnato  dalla
 ricorrente  con  ricorso  rubricato  al  n.  26/1997, pendente avanti
 codesta ecc.ma  Corte).    La  storia  di  questo  decreto  e'  nota:
 incalzato  dalla  protesta  dei produttori, angosciati dall'imminente
 scadenza  del  cosiddetto  "superprelievo",   ed   esasperati   dalla
 pachidermica  gestione  del  settore  lattiero-caseario  da parte del
 Miraaf e dell'Aima, il Governo  ha  ritenuto  opportuno  intervenire,
 subito,  con  un provvedimento legislativo d'urgenza.  Quanto ai suoi
 contenuti, il decreto in questione puo' essere diviso, per quanto qui
 interessa  (e  prescindendo  dunque  dalle   disposizioni   puramente
 finanziarie  e  da  quelle previdenziali, di cui agli artt.  9-11) in
 due parti.  In una prima parte si interviene - disinteressandosi  del
 tutto  delle  prerogative  delle regioni - con forme di finanziamento
 agevolato ai produttori, onde  far  fronte  alla  crisi  del  settore
 determinata,  per  un verso, dall'encefalopatia spongiforme bovina, e
 per l'altro  dalla  sovrapproduzione  di  latte.    Cosi',  l'art.  1
 stabilisce  ammontare  (comma 1), tasso (comma 2), criteri di calcolo
 (comma 3), tempi e garanzie  dei  finanziamenti  per  fronteggiare  i
 danni  causati dalla menzionata epidemia (comma 4). L'art. 2 fissa le
 procedure per la concessione dei finanziamenti.  L'art. 3  introduce,
 per  i  produttori  che  non  abbiano chiesto il finanziamento di cui
 all'art. 1, un premio per  la  perdita  di  reddito  subita  a  causa
 dell'encefalopatia  spongiforme  bovina.  L'art.  4  detta  regole in
 materia di  incentivi  per  l'abbandono  della  produzione  lattiera,
 determinando  ammontare,  modalita' e tempi degli incentivi medesimi.
 L'art. 6 dispone un contributo straordinario al  Fondo  interbancario
 di  garanzia  e  detta  ulteriori regole in materia.   In una seconda
 parte, logicamente differenziata dalla prima e relativa  a  questioni
 che   avrebbero   dovuto   essere   oggetto   di  ben  piu'  meditata
 considerazione, il decreto si occupa direttamente  del  regime  della
 produzione  lattiera.  Cosi', l'art. 5 detta regole sull'assegnazione
 di quote ai giovani produttori. L'art. 7 istituisce  una  commissione
 governativa  di indagine in materia di quote latte. L'art. 8, infine,
 detta norme in  materia  di  identificazione  e  registrazione  degli
 animali  (anagrafe del bestiame), anche in applicazione del d.P.R. 30
 aprile 1996 n. 317.
   1.4.  -  Nonostante fosse affetto dai vizi lamentati nel ricorso n.
 26/1997, sopra menzionato, il d.-l. n.  11  del  1997  e'  stato  poi
 convertito  in  legge  ad  opera  della  legge  28  marzo  1997 n. 81
 (anch'essa impugnata con ricorso pendente avanti codesta ecc.ma Corte
 al n.   37/1997). La struttura del  decreto  e'  stata  profondamente
 alterata, poiche' i suoi vari articoli sono stati tutti raggruppati e
 trasformati  in commi (ben 54) di un solo maxiarticolo 1, ma il testo
 delle varie previsioni normative e' rimasto  largamente  intatto,  ad
 eccezione  delle  parti  che  qui  appresso  si indicano.   E' stato,
 anzitutto, premesso al testo originario un  art.  01,  nel  quale  si
 prevede  che le funzioni amministrative relative all'attuazione della
 normativa comunitaria in materia di quote latte  siano  svolte  dalle
 regioni  (e  dalle  province  autonome. La soddisfazione con la quale
 dovrebbe essere  accolto  il  doveroso  riconoscimento  del  corretto
 assetto  delle  competenze in questo delicato settore e' destinata ad
 avere vita breve. Basta infatti leggere quanto l'art. 01  aggiunge  a
 tale previsione, e precisamente che:
     a)  l'assegnazione alle regioni delle predette funzioni vale solo
 "a decorrere dal periodo di applicazione 1997-1998";
     b) "in  attesa  della  riforma  organica  del  settore"  (videant
 posteri...|),  sono  fatti  salvi i compiti svolti dall'Aima - niente
 meno - "in materia di  aggiornamento  del  bollettino  1997-1998,  di
 riserva   nazionale,   di  compensazione  nazionale  e  di  programmi
 volontari di abbandono";
     c) come se non bastasse, l'Aima concorre con le regioni  per  gli
 altri  adempimenti  dello Stato nei confronti dell'Unione europea nel
 settore lattiero-caseario.  Come si vede, l'incipit di tale articolo,
 apparentemente garantista  per  le  regioni,  si  rivela  addirittura
 derisorio   quando   inserito  nel  contesto  dell'intera  previsione
 normativa.  Sempre nell'art. 01, poi, si e' previsto (al comma 2) che
 le  funzioni  di  indirizzo  e  coordinamento,   nonche'   i   poteri
 sostitutivi  nei  confronti  delle regioni spettano al Ministro delle
 risorse agricole, alimentari e forestali.   L'art.  1,  comma  1,  e'
 stato  modificato assai marginalmente, con il rinvio (prima mancante)
 a quanto  previsto  dalla  legge  n.  468  del  1992  in  materia  di
 attribuzione  dei quantitativi di riferimento di produzione lattiera.
 L'art. 1, comma 3, e' stato modificato, nel senso che si  prevede  la
 consultazione  degli "assessorati regionali all'agricoltura", al fine
 di determinare i criteri oggettivi per il calcolo  della  perdita  di
 reddito  derivante ai singoli produttori a seguito della crisi dovuta
 all'encefalopatia spongiforme bovina.  L'originario art. 4, comma  2,
 del  decreto  (ora  art.  1,  comma  14)  e'  stato modificato con la
 eliminazione  dell'inciso  che  prevedeva  la  sottoscrizione   della
 domanda  di  premio  per  l'abbandono  della  produzione da parte del
 proprietario, ove questi fosse soggetto diverso  dal  titolare  della
 quota.   L'originario art. 5, comma 1, del decreto (ora art. 1, comma
 17) e' stato modificato, prevedendo  unilateralmente  una  disciplina
 ancora piu' analitica - eppercio' illegittima - delle assegnazioni di
 quote  ai giovani produttori.  L'originario art. 5, comma 2 (ora art.
 1, comma 18) e' stato modificato con alcuni aggiustamenti  lessicali,
 ed in particolare con la previsione che la riassegnazione delle quote
 avvenga   "a  livello  regionale"  (anziche'  "su  base  regionale").
 L'originario art. 7, comma  4  (ora  art.  1,  comma  31),  e'  stato
 modificato  con  la  previsione  piu' specifica   dei contenuti della
 relazione che la commissione governativa di indagine  in  materia  di
 quote  latte  e' tenuta a  presentare.  E' stata introdotta, all'art.
 1, comma 35, la previsione secondo cui l'Aima provvede a  rettificare
 gli  elenchi  dei produttori assoggettati al prelievo supplementare e
 ai conguagli  sulla  base  delle  risultanze  della  relazione  della
 commissione  governativa di cui al punto precedente, con il risultato
 di aggravare ulteriormente  -  se  possibile  -  i  gia'  gravi  vizi
 evidenziati  nell'impugnativa  del  decreto.    E'  stato introdotto,
 all'art. 1, comma 42, e modificando doverosamente  l'assurdo  art.  8
 del  decreto,  il principio secondo cui le regioni si avvalgono della
 banca dati per la registrazione  ed  identificazione  dei  bovini  da
 allevamento.
   1.5.  -  Con  ulteriore  ricorso  alla  decretazione di urgenza, il
 Governo ha poi adottato il d.-l. 7 maggio  1997,  n.  118,  del  pari
 impugnato  con  ricorso  n.r.g.  41/1997,  pendente innanzi a codesta
 ecc.ma corte.  In estrema sintesi, il contenuto ditale  d.-l.  e'  il
 seguente:  il comma 1 proroga al 10 luglio 1997 la operativita' della
 commissione  governativa  di  indagine,  di cui all'art. 1, comma 28,
 della legge n. 81 del 1997, ribadendo che  entro  tale  termine  essa
 dovra'  presentare  alla  Presidenza  del Consiglio ed al Ministro la
 propria relazione; il comma 2  ribadisce  quanto  gia'  disposto  dal
 comma  30  dell'art.    1 della legge n. 81 del 1997 circa l'utilizzo
 della forza  pubblica,  aggiungendo  che  essa  puo'  in  particolare
 svolgere  ispezioni  amministrative ed esercitare "tutti i poteri ...
 spettanti nell'ambito dei  rispettivi  ordinamenti,  per  l'esercizio
 delle proprie attivita' istituzionali."; il comma 3 demanda all'Aima,
 entro  venti  giorni  dalla  presentazione  della relazione di cui al
 comma 1, di  operare  le  rettifiche  negli  elenchi  dei  produttori
 sottoposti  a  prelievo  supplementare  per il periodo 1995-1996 e di
 effettuare i conseguenti conguagli in sede di compensazione nazionale
 per il periodo 1996-1997, ovvero, se il conguaglio non sia  possibile
 o  sufficiente, le ripetizioni di somme trattenute in meno.  il comma
 4 differisce al 10 giugno 1997, limitatamente al  periodo  1996-1997,
 le dichiarazioni degli acquirenti, sottoscritte anche dai produttori,
 in  base al regolamento CEE 536/1993 e prescrive nello stesso termine
 una nuova dichiarazione per il periodo 1995-1996, prevedendo, in caso
 di omessa sottoscrizione delle dichiarazioni da parte del produttore,
 verifiche da parte delle forze di polizia; il comma  5  e'  la  norma
 finanziaria.  Il d.-l. n. 118/1997 e' poi stato convertito in legge 3
 luglio  1997,  n. 204. Quest'ultima, in aggiunta al d.-l. convertito,
 prevede:  la sospensione dei programmi di abbandono della  produzione
 di  latte e la conseguente interruzione dell'assegnazione delle quote
 gratuite ai giovani produttori (art. 1-bis); l'obbligo  per  i  primi
 acquirenti di trattenere solo il 20% del prelievo supplementare della
 quota B ridotta ed ugualmente prodotta nell'annata 1996-1997 (art. 1,
 comma  4-bis);  la  proroga  dei  lavori  della commissione per tutto
 agosto (art.  1, comma 1), con conseguente  slittamento  dei  termini
 previsti dall'art.  1, comma 3, del d.-l. convertito.  Nel frattempo,
 il  Governo  -  aggravando  la  gia'  sconcertante  disorganicita'  e
 frammentarieta' della disciplina in materia di quote latte - ha fatto
 si' che si intrufolasse nel testo del d.-l. 19 maggio 1997,  n.  130,
 convertito  in  legge  16 luglio 1997, nn. 228, relativo agli incendi
 boschivi, un articolo relativo ai controlli  veterinari  straordinari
 da  effettuarsi  su  tutti  i  capi  bovini presenti nelle aziende da
 latte.   Con l'art.  6  del  d.-l.  in  oggetto  e'  stato,  infatti,
 autorizzato   il  Ministro  della  sanita'  a  disporre  la  suddetta
 rilevazione tramite i servizi veterinari delle U.S.L.    Inoltre,  il
 Governo,  con  il  d.-l.  15  settembre  1997  n. 305 - poi pero' non
 convertito -, disponeva la proroga di sessanta  giorni  dei  suddetti
 termini   imposti  all'Aima  per  le  rettifiche  negli  elenchi  dei
 produttori  sottoposti  a  prelievo  supplementare  per  il   periodo
 1995-1996  e per l'effettuazione dei conseguenti conguagli in sede di
 compensazione nazionale per il periodo  1996-1997,  ovvero  -  se  il
 conguaglio  non  sia  possibile  o  sufficiente - per la restituzione
 delle somme versate in piu' e la ripetizione  di  quelle  versate  in
 meno.
   2.1.  -  Nel  frattempo la commissione d'indagine, istituita con il
 d.-l. n. 11 del 1997, ha presentato due relazioni, del 26 aprile 1997
 e del 31 agosto 1997; quest'ultima, frutto  delle  proroghe  disposte
 dal  d.-l.  n.  118  del 1997 e dalla legge di conversione n. 204 del
 1997.  La commissione ha evidenziato come la situazione  attuale  sia
 frutto  di  una  normativa che, oltre a disattendere le direttive e i
 regolamenti comunitari,  risulta  essere  chiaramente  inadeguata  ad
 impostare  un definitivo riassetto del sistema.  Il dato maggiormente
 preoccupante e' stato individuato nel  proliferare  di  contratti  di
 pseudo  soccida  e  comodato.  Tale  fenomeno,  volto  ad  eludere le
 disposizioni normative in materia di  circolazione  di  quote  latte,
 discende - ad avviso della medesima commissione - da una legislazione
 nazionale  non  conforme  al diritto comunitario e contraddittoria al
 suo interno.  Infatti, se da un lato la legislazione italiana -  allo
 scopo  di  conservare  le quote produttive nelle aree territoriali di
 origine - proibisce la compravendita e l'affitto di sole quote al  di
 fuori  della  regione  di  appartenenza del cedente (legge n. 468 del
 1992), vietando altresi' la cessione della sola quota  tra  aree  non
 omogenee,  dall'altro  fa  menzione  dei contratti associativi, senza
 precisare alcunche' rispetto agli stessi (legge n. 407 del 1994).   I
 contratti   di  pseudo  soccida  e  comodato  (resi  possibili  dalla
 richiamata menzione da parte della legislazione interna dei contratti
 associativi)  non  comportano  un   effettivo   trasferimento   della
 titolarita'  delle  quote  in  capo agli stipulanti (e per questo non
 sono soggetti ne' al controllo della  regione,  ne'  dell'Aima),  ma,
 legittimando  una  produzione  di  latte  da parte di chi e' privo di
 bestiame, oppure da parte dei produttori che hanno gia' completamente
 utilizzato la quota a propria disposizione, hanno comunque come unico
 oggetto del rapporto la realizzazione di una commissione  strumentale
 -  seppure sui generis - della quota.  Da tali transazioni conseguono
 in  tutta  evidenza  enormi  squilibri  in  sede   di   compensazione
 nazionale, a danno dei produttori effettivi.  Va fin da ora precisato
 che  tali  contratti  sfuggono a qualsivoglia controllo in quanto non
 comportano un formale trasferimento della quota; il fine di  suddette
 transazioni  e'  infatti  l'illegittimo utilizzo della quota da parte
 chi non ne e' titolare.   A proposito, si  sottolinea  che  l'art.  8
 della  legge  n.  468  del  1992 attribuisce al Ministero i poteri di
 controllo in ordine all'improprio utilizzo degli strumenti  giuridici
 previsti  dalla legge medesima.  Inoltre - come la stessa commissione
 rileva - tali pseudo soccide e comodati non possono  dirsi  stipulati
 in  evidente  violazione  della  normativa  interna, in quanto essa -
 suppure  in  contrasto  con  la  normativa  comunitaria  -  legittima
 l'utilizzo di non meglio definiti contratti associativi.  Il problema
 di  fondo  non  risiede  dunque  nei controlli - quasi impossibili ad
 effettuarsi -, ma nella disciplina statale del settore.    La  stessa
 commissione   sollecita,   infatti,   una   effettiva   ed   ordinata
 ripartizione dei ruoli tra i vari soggetti preposti alla disciplina e
 gestione del settore.
   2.2. - La  commissione  governativa  ha  inoltre  proposto  che  la
 compensazione,   limitatamente   alla   campagna   1995-1996,   venga
 effettuata secondo il previgente sistema, e cioe'  prima  al  livello
 della  APL, e a livello dei non associati, e poi a livello nazionale.
 Tale proposta  -  sempre  secondo  la  commissione  -  si  impone  in
 considerazione  del  principio  del legittimo affidamento, cosi' come
 riconosciuto anche  dall'ordinamento  comunitario.  In  base  a  tale
 principio,  infatti,  la  Corte  di  giustizia  ritiene non possa non
 tenersi conto dell'affidamento riposto  dall'imprenditore  su  norme,
 comportamentali  e prassi delle autorita' nazionale e comunitaria, in
 base  alle  quali  egli  ha   determinato   le   proprie   operazioni
 commerciali; cio', sempre che nessun interesse pubblico vi osti e che
 la lesione subita sia intervenuta in modo imprevedibile.  Nel caso di
 specie,  considerato  che  solo  nel  maggio  del  1996  la  U.E.  ha
 contestato formalmente la metodologia di compensazione utilizzata  in
 Italia,   gli   allevatori  fino  ad  allora  confidavano  del  tutto
 verosimilmente nel  mantenimento  del  precedente  sistema.  Inoltre,
 nessuna  conseguenza  si produrrebbe a carico dello Stato nel caso in
 cui si tornasse ad operare  la  compensazione  secondo  la  normativa
 previgente: il prelievo per l'esubero continuerebbe infatti ad essere
 a  carico dei produttori eccedentari (cfr. pagg. 84-86, relazione del
 26 aprile 1997;   pagg.   56-59 e 140-149, relazione  del  31  agosto
 1997).    Le  considerazioni  espresse in tal senso dalla commissione
 confermano  le  gravi  illegittimita'  che  viziano  le  disposizioni
 impugnate,  troppo frettolosamente escogitate dal legislatore al solo
 fine di ovviare ad ulteriori infrazioni comunitarie.    Viceversa  la
 commissione  medesima ritiene necessario risolvere definitivamente la
 grave crisi del settore  tramite  misure  che,  oltre  ad  assicurare
 l'effettivo  adempimento  agli  obblighi imposti dal1'U.E.  risultino
 idonee a governare il sistema delle  quote  latte  sulla  scorta  dei
 principi  di equita' ed economicita' (cfr. pag. 204, relazione del 31
 agosto 1997).
   2.3. - Altro punto sottolineato da entrambe  le  relazioni  redatte
 dalla   commissione   d'indagine   riguarda   la   sicura   e  totale
 compensazione concessa a gli operatori delle zone svantaggiate  (cfr.
 pagg.  158-159,  relazione  del  31  agosto  1997).    In  seguito ad
 un'analisi  comparata  delle  legislazioni  degli  Stati  membri,  la
 commissione  stessa ha evidenziato come la situazione italiana, oltre
 ad  essere  atipica,  non  risponda  allo  spirito  della   normativa
 comunitaria, che consente, infatti, agevolazioni in favore delle zone
 svantaggiate   solo   a  monte  del  sistema,  e  cioe'  in  sede  di
 assegnazione delle quote.  La sostanziale esclusione  dei  produttori
 operanti   nelle   zone   svantaggiate  dal  pagamento  del  prelievo
 supplementare  comporta   dunque   un'intollerabile   disparita'   di
 trattamento  nei  confronti  degli operatori delle regioni a maggiore
 vocazione produttiva, quali la regione ricorrente.
   2.4. - Infine, quanto all'attribuzione dei poteri di gestione delle
 quote in capo alle regioni, la commissione sottolinea  la  necessita'
 di  predeterminare,  con  riguardo alle particolari situazioni locali
 piu' sistemi concordati da ciascuna regione con l'organo  statale  di
 controllo (cfr. pag. 78), relazione del 26 aprile 1997).  Ne discende
 che le mere affermazioni di principio, quali la tardiva previsione di
 un  comitato  permanente in sede consultiva e la formale attribuzione
 delle competenze in capo alle Regioni - salvo mantenere ben salde  in
 capo  all'Aima  le competenze effettive -, non potevano certo bastare
 ai fini di una seria e meditata riorganizzazione della materia.
   2.5. - In  conclusione,  le  relazioni  redatte  dalla  commissione
 d'indagine  evidenziano la necessita' di riformare in radice l'intero
 sistema, a partire dall'individuazione dell'annata di riferimento per
 l'assegnazione delle quote.  Si e' infatti dimostrato come le  errate
 rilevazioni  della  produzione nazionale effettuate a piu' riprese da
 diversi organismi abbiano determinato gia' ab origine  le  condizioni
 per il proliferare delle successive e consequenziali distorsioni, che
 hanno  impedito  l'effettivo  e  razionale adempimento degli obblighi
 imposti dalla U.E.  Siffatta situazione e' da  addebitarsi  in  primo
 luogo  all'assurda  ed incoerente sovrapposizione di disposizioni che
 si sono sempre piu' allontanate dal dato reale.  Le  distorsioni  del
 sistema  si  sono  cosi'  moltiplicate  ed hanno di fatto impedito un
 effettivo adeguamento della normativa interna agli  obblighi  imposti
 dalla  U.E.   La commissione ha poi rinvenuto precise responsabilita'
 in ordine alla evidente disfunzione del settore, e segnatamente:   in
 capo  all'Unalat  e  alle  organizzazioni professionali agricole, che
 hanno  a  suo  tempo  fornito  dati  non  veritieri  in  merito  alla
 produzione  nazionale; in capo alle a.p.l., per la gestione scorretta
 delle quote; in capo ai primi acquirenti -  le  latterie  -,  che  in
 genere   non  hanno  ostacolato  l'utilizzo  distorto  dei  contratti
 "associativi" da parte dei produttori; in capo del  c.c.i.a.  per  le
 imprecise  rilevazioni  in ordine alla produzione nazionale:  in capo
 al Governo, in riferimento alla stratificazione di norme non sempre -
 rectius, quasi mai - in linea con il diritto comunitario; in capo  al
 Ministero,  per  non  avere gestito correttamente i rilevamenti sulla
 produzione nazionale interna; in capo all'Aima  in  riferimento  alla
 dimostrata   inefficienza   operativa.     E',  poi,  emblematico  ed
 illuminante che, quanto alle regioni, le relazioni  si  siano  invece
 limitate  ad evidenziare l'omesso esercizio da parte di tali enti dei
 poteri di controllo in relazione,  in  particolare,  ai  quantitativi
 effettivi  di  latte  prodotto  dai singoli operatori ed in ordine ai
 contratti di acquisto ed affitto di quote. In relazione ai contratti,
 pero',  si  e'  gia'  detto  dell'impossibilita'  di  sottoporre   al
 controllo  quelle  particolari  forme di transazioni, dette di pseudo
 soccida e  comodato;  queste  ultime,  infatti,  non  comportando  un
 effettivo  trasferimento  di  quota  non erano in realta' soggette ad
 alcun  controllo  ex  lege.     Quanto   all'omesso   controllo   dei
 quantitativi  di  latte effettivamente prodotto, e' di tutta evidenza
 che i poteri attribuiti alle regioni erano  -  e  sono  -  del  tutto
 formali,   spettando   all'Aima   l'esclusiva  competenza  in  ordine
 all'assegnazione  delle  quote.  L'estromissione  delle  regioni  dai
 poteri  programmatori  ha ovviamente impedito alle stesse l'esercizio
 dei poteri  di  controllo.  Il  sistema  indotto  dalle  disposizioni
 succedutasi  in  materia  di  quote latte ha reso, infatti, possibile
 l'utilizzo da parte  di  alcuni  produttori  di  strumenti  giuridici
 (quali  i  contratti  di  pseudo  soccida e comodato) ai limiti della
 legalita', impedendo di  fatto  all'organo  periferico  un  effettivo
 controllo sul dato reale.
   3.  -  Malgrado l'invito della commissione governativa di procedere
 ad una  complessiva  -  nonche'  definitiva  -  riforma  del  settore
 lattiero-caseario,  il  Governo  e' poi nuovamente intervenuto con la
 decretazione d'urgenza  per  mezzo  del  decreto-legge  n.  411/1997,
 impugnato  con  il  ricorso  n.r.g.  3/1998,  pendente avanti codesta
 ecc.ma Corte.   In sintesi, il decreto,  quanto  al  procedimento  di
 accertamento,  prevede:    che l'Aima accerti la produzione effettiva
 per i periodi piu' sopra indicati, avendo particolare riguardo: a) ai
 modelli L1 non firmati o con firme apocrife; b) ai modelli  L1  privi
 dell'indicazione  dei  capi bovini; c) ai modelli L1 con quantita' di
 latte commercializzata incompatibile con la consistenza numerica  del
 bestiame;  d)  ai  contratti  di  circolazione di quote latte (quelli
 ritenuti atipici dalla Commissione) con durata inferiore ai  6  mesi;
 e)  ai  modelli  L1  con codici fiscali errati o partite IVA errate o
 inesistenti, o relativi ad aziende senza bestiame o destinatarie  dei
 premi  accordati per vacche nutrici o per abbattimento (art. 2, comma
 1); che i contratti di cui  al  precedente  punto  d)  devono  essere
 inviati all'Aima a cura degli acquirenti entro 15 giorni dall'entrata
 in   vigore   del   decreto-legge   medesimo,   pena  la  revoca  del
 riconoscimento previsto dall'art. 23 del  d.P.R.  569/1993  (art.  2,
 comma  2) (dimenticando che la revoca e' disposta dalle regioni, che,
 in quanto  non  destinatarie  dell'atto  comunicato,  non  potrebbero
 direttamente valutare se l'invio della documentazione e' avvenuto nei
 termini   prescritti);   che   l'Aima   aggiorni  i  quantitativi  di
 riferimento dei singoli produttori per i periodi 1995-1996, 1996-1997
 e 1997-1998 tenendo conto: a) delle  istanze  di  riesame  presentate
 entro  il  30 settembre 1997 dalle regioni e dalle province autonome;
 b) degli azzeramenti di  doppie  quote,  delle  revoche  e  riduzioni
 operate  dalle  regioni e province autonome, pervenute all'Aima entro
 la data di entrata in vigore del decreto stesso; c) dei trasferimenti
 di quote e cambi di titolarita' per i periodi considerati, comunicati
 dalle regioni e province autonome e pervenuti entro  il  15  novembre
 1997  (si  consideri  che,  quanto  ai  cambi  di titolarita', per il
 periodo 1997-1998, essi possono essere effettuati fino  al  31  marzo
 1998 e comunicati alle regioni nei 15 giorni successivi - vd. art. 21
 d.P.R.  n.  569/1993 -); d) della correzione, in base alle risultanze
 del censimento 1993-1994, delle assegnazioni di  quote  a  suo  tempo
 effettuate  (art.  2, comma 3); che l'Aima compiuto l'accertamento de
 quo nei modi sopradescritti, comunichi ai produttori, entro  sessanta
 giorni dalla entrata in vigore del decreto medesimo, mediante lettera
 raccomandata  con  ricevuta di ritorno, i quantitativi di riferimento
 individuali assegnati ed i  quantitativi  di  latte  commercializzato
 (art.  2,  comma  5,  prima parte); che i singoli interessati possono
 presentare alla regione, a pena  di  decadenza,  ricorso  di  riesame
 entro  quindici  giorni  dalla  data di ricezione della summenzionata
 comunicazione  (art.  2,  comma  5,  seconda  parte   e   comma   6),
 (dimenticando  che  la  regione,  non  potendo  accertare  la data di
 ricezione  della  comunicazione,  non  sara'  in  grado  neppure   di
 accertare  il  presupposto  di  ammissibilita' del ricorso medesimo -
 ovvero: la sua proposizione  nei  termini);  che  le  Regioni  devono
 decidere  sui  ricorsi  de  quibus  entro  sessanta  giorni  (termine
 perentorio)  a  decorrere  dalla  scadenza   del   termine   per   la
 presentazione,  ed entro lo stesso termine devono comunicare all'Aima
 la   relativa  decisione,  a  pena  di  irricevibilita'  e  salva  la
 responsabilita' civile, penale e  disciplinare  (art.  2,  comma  8),
 (ancora  non  si  considera  che  le  regioni  non  hanno i mezzi per
 accertare il dies a quo).  Nelle more della effettiva  attuazione  di
 quanto  sopra  descritto,  il  Governo  ha poi disposto in favore dei
 produttori la restituzione dell'80% degli  importi  trattenuti  dagli
 acquirenti  a  titolo  di  prelievo  supplementare,  limitatamente al
 periodo 1996-1997 (art. 1).  Inoltre, l'art. 3,  dispone  che  l'Aima
 provveda  alla rettifica della compensazione nazionale per il periodo
 1995-1996 sulla base dei modelli L1 pervenuti alla data di entrata in
 vigore del decreto,  nonche'  degli  accertamenti  compiuti  e  delle
 decisioni dei ricorsi di riesame di cui all'art. 2.  L'art. 4, quanto
 alla campagna 1997-1998, dispone che l'Aima proceda all'aggiornamento
 dell'elenco  dei  produttori  titolari di quota e dei quantitativi ad
 essi spettanti con la comunicazione di cui al comma 5,  dell'art.  2.
 Tali aggiornamenti andranno a sostituire ad ogni effetto i bollettini
 pubblicati precedentemente. Ai fini delle trattenute e del versamento
 del  prelievo  supplementare  - come espressamente recita il medesimo
 art. 4 - gli acquirenti saranno tenuti a  considerare  esclusivamente
 le  quote  risultanti  dal  suddetto  elenco.    Quanto alla campagna
 1998-1999, l'art. 5, in espressa deroga all'art.  01 del d.-l. n.  11
 del  1997, convertito in legge n. 81 del 1997, attribuisce nuovamente
 all'Aima la competenza in ordine alla  redazione  degli  elenchi  dei
 produttori titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti per
 il periodo 1998-1999.
   4.  -  Il  d.-l.  n.  411  del  1997  sopradescritto  e'  poi stato
 convertito  con  modificazioni  in  legge  27  gennaio  1998,  n.   5
 (impugnata  dalla regione Veneto con ricorso n.r.g. 19/1998, pendente
 avanti codesta ecc.ma Corte), che, cosi' come  il  d.-l.  convertito,
 contiene    disposizioni    gravemente   lesive   delle   prerogative
 costituzionalmente  garantite  alle  regioni.     Nelle  more   della
 conversione  in  legge del d.-l. n. 411 del 1997, il Ministero per le
 politiche agricole aveva inoltre adottato il d.m.  16  gennaio  1998,
 recante  "Modalita'  per lo svolgimento degli accertamenti in materia
 di  produzione  lattiera  ai  sensi  dell'art.    2,  comma  10,  del
 decreto-legge  1 dicembre 1997, n. 411".  La legge di conversione del
 d.-l. piu' volte menzionato apportava pero' una modificazione proprio
 all'art.  2,  comma  10,  stabilendo  che  il  decreto   ministeriale
 attuativo  ivi  previsto  avrebbe  dovuto  disciplinare, oltre che le
 modalita' per l'istruttoria dei ricorsi  di  riesame  (come  previsto
 nell'originario  testo  del  comma 10, dell'art.   2), anche le altre
 modalita'  di  applicazione  del  decreto-legge   convertito.      Di
 conseguenza,  il  Ministero, in sostituzione del d.m. 16 gennaio 1998
 piu' sopra menzionato, ha adottato il d.m.  17  febbraio  1998,  che,
 oltre  ad  apportare  sostanziali  modifiche  ed integrazioni al d.m.
 sostituito, contiene altresi' diverse disposizioni introdotte ex novo
 ad  ulteriore  aggravamento  della  compressione  delle   prerogative
 regionali nel settore lattiero-caseario.
                             D i r i t t o
   1.  -  Quanto  all'intero  d.m.  17 febbraio 1998, violazione degli
 artt. 5, 97, 115, 177 e 118 Cost., anche in riferimento all'art.   17
 della  legge  n.  400  del  1988.    Il d.m. 17 febbraio 1998 trae il
 proprio fondamento dall'art. 2, comma 10, del d.-l. n. 411 del  1997,
 cosi'  come  convertito  in  legge  n. 5 del 1998, che attribuisce al
 Ministro  delle  politiche  agricole,  di  intesa  con  la conferenza
 permanente per i rapporti tra  lo  Stato,  le  regioni,  le  province
 autonome  di Trento e Bolzano, il potere di disciplinare le modalita'
 per l'istruttoria dei ricorsi di riesame  e  le  altre  modalita'  di
 applicazione del decreto stesso.  Trattasi, dunque, chiaramente di un
 atto  normativo  secondario,  che non puo' validamente disporre norme
 incompatibili con quelle contenute in atti legislativi (e dunque  con
 quelle contenute nel d.-l. n. 411 del 1997), ma che, viceversa, ha il
 solo compito di dare concreta attuazione alle norme sovraordinate, in
 conformita', peraltro, con quanto espressamente disposto dallo stesso
 comma  10,  dell'art. 2 piu' sopra citato, dal quale trae fondamento.
 In altri termini, il d.m. in questione, per sua natura, potrebbe solo
 eseguire e sviluppare la disciplina stabilita dal d.-l.  n.  411  del
 1997,  convertito  in  legge n. 5 del 1998, (gia' comunque di per se'
 gravemente lesiva delle prerogative costituzionalmente garantite alle
 regioni nel settore de quo), ma non certo  modificare,  integrare  od
 innovare  le  disposizioni  legislative  delle quali pretende di dare
 attuazione, ai fini di superare i problemi dalle stesse    suscitati.
 Viceversa,  il  d.m. 17 febbraio 1998, lungi dal limitarsi ad attuare
 il d.-l. n. 411 del 1997, introduce, ad integrazione e modifica della
 stessa fonte legislativa disposizioni che vanno ad aggravare la  gia'
 insopportabile  estromissione  delle  regioni dal governo del settore
 lattiero-caseario.  In particolare, come in dettaglio si  dimostrera'
 piu'  avanti, l'art.  1 del d.m. in questione, introduce e disciplina
 le modalita' di determinazione del numero di capi da parte  dell'Aima
 (comma  1)  e  le modalita' di trattamento delle cosi' dette anomalie
 dichiarative  (comma  2),  stabilendo  altresi',  quali   conseguenze
 sanzionatorie,  la  revoca  o  la riduzione delle quote a norma degli
 artt. 2 e 3 del d.P.R. n. 569 del 1993 (comma 3); l'art. 5, comma  2,
 ai  fini  di ovviare alle illogiche disposizioni introdotte dal d.-l.
 n. 411 del 1997, convertito in legge n. 5 del  1998,  in  riferimento
 alla  decorrenza  del  termine  per la presentazione alle regioni dei
 ricorsi di riesame, prevede la ancor piu'  illogica  possibilita'  in
 capo  all'Aima  di non tenere in considerazione l'esito dei medesimi;
 l'art.  8  attribuisce  all'Aima  la  competenza,  assolutamente  non
 prevista dalla fonte legislativa, in ordine alla localizzazione delle
 aziende  ubicate in comuni parzialmente delimitati ai sensi dell'art.
 3, paragrafi 3, 4 e 5 della direttiva CEE  n. 268/1975.   Le  singole
 disposizioni  introdotte  ad  integrazione del d.-l. n.  411 del 1997
 sono dunque per tale solo  motivo  illegittime,  in  quanto  estranee
 all'oggetto del conferimento operato dall'art. 2, comma 10, del d.-l.
 n.  411  del  1997, cosi' come convertito in legge n.  5 del 1998. Ma
 tali integrazioni sono di tal natura e numero da travolgere  altresi'
 l'intera struttura del d.m. de quo.
   2.  -  Quanto  all'art. 7, violazione degli artt. 5, 97, 115, 117 e
 118 Cost., anche in riferimento al principio di leale cooperazione, e
 alla legge n. 59 del 1997, alla legge 28  marzo  1997,  n.  81,  alla
 legge  3  luglio  1997,  n.  204  e  al d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143,
 nonche' alla relativa legge di delegazione 4 dicembre 1993,  n.  491.
 L'intero  decreto  presuppone  in  capo  al  Ministero e poi l'art. 7
 attribuisce  espressamente  in  capo  al  medesimo   l'attivita'   di
 coordinamento  necessaria  ai  fini  dell'uniforme  applicazione  del
 decreto sul territorio nazionale.   Al di  la'  della  denominazione,
 l'articolo  in  questione  attribuisce al Ministero un vero e proprio
 potere  di  indirizzo  e  coordinamento  al  di  fuori  delle  regole
 stabilite dalla Costituzione e recepite dalla costante giurisprudenza
 costituzionale,  dalla  legge  n.  400  del  1988  ed   ulteriormente
 dall'art.  8  della  legge n. 59 del 1997.  Tale ultima disposizione,
 infatti, stabilisce che gli atti di indirizzo e  coordinamento  delle
 funzioni   amministrative   regionali,   anche   solo   gli  atti  di
 coordinamento tecnico, nonche' le  direttive  relative  all'esercizio
 delle  funzioni  delegate,  debbono essere adottate dal Consiglio dei
 Ministri e previa intesa con la conferenza permanente per i  rapporti
 tra  lo  Stato,  le  regioni e le province autonome, o con la singola
 regione interessata.  Inoltre, suddetto riconoscimento di  competenze
 in  capo al Ministero, oltre che incidere direttamente su prerogative
 regionali, si scontra con le ormai note incapacita' dimostrate  dallo
 stesso  Ministero  e  dall'Aima nella gestione del settore e rilevate
 dalla  stessa   Commissione   governativa   d'indagine,   e   percio'
 potenzialmente  aggrava  la  gia'  grave  situazione  in cui versa lo
 stesso  settore  lattiero-caseario.    Al  di  la'  di   tali   ovvie
 considerazioni  di  opportunita',  comunque  la  lesione  delle norme
 costituzionali in epigrafe e' evidente: le regioni vengono,  infatti,
 dichiaratamente  spossessate  di  qualsivoglia potere di intervento e
 relegate ad un ruolo meramente esecutivo, per di piu' nell'ambito  di
 un  quadro  procedurale  che,  per  quanto  confuso,  e'  pur  sempre
 accentrato  a  livello  nazionale,   e   dunque   insuscettibile   di
 adeguamento alcuno alle particolari situazioni locali.
   3.  -  Quanto  all'art. 8, violazione degli artt. 5, 97, 115, 117 e
 118 Cost., anche in riferimento al principio di  leale  cooperazione,
 alla  legge  28 marzo 1997, n. 81, alla legge 3 luglio 1997, n. 204 e
 al d.lgs. 4 giugno 1997, n.  143,  nonche'  alla  relativa  legge  di
 delegazione 4 dicembre 1993, n. 493.  Il d.m. contestato, sia nel suo
 insieme  che  con  particolare  riguardo all'art. 8, conferma in capo
 all'Aima  compiti  di  aggiornamento  degli  elenchi  dei  produttori
 titolari  di  quota  e  dei  quantitativi  ad  essi spettanti.   Tale
 disciplina costituisce un evidente e grave arretramento  rispetto  al
 riparto  di competenze tra Stato e regione imposto dagli artt.  117 e
 118  della  Costituzione  e  da  ultimo,  seppure  solo  formalmente,
 riconosciuto  dalle  leggi nn. 81 e 204 del 1997 e dal d.lgs. 143 del
 1997.  Inoltre, l'art. 8, commi 2 e 3, attribuisce all'Aima - seppure
 con il concorso,  ma  non  con  l'intesa  delle  regioni  e  province
 autonome  -  la  competenza in ordine alla determinazione dell'esatta
 localizzazione  delle  aziende   ubicate   in   comuni   parzialmente
 delimitati  ai sensi dell'art. 3, paragrafi 3, 4, e 5 della direttiva
 CEE n. 268/1975 per l'applicazione dell'art. 2, comma 1, lett.  a)  e
 b)  del  d.-l.   n. 727 del 1994, convertito in legge n. 46 del 1995,
 ovvero ai fini della esclusione dalla riduzione delle quote A e B ivi
 prevista dei  produttori  le  cui  aziende  sono  ubicate  in  comuni
 montani,  nelle  zone svantaggiate e ad esse equiparate nonche' nelle
 isole.  Il conferimento a livello centrale di tale competenza incide,
 oltre che sulle attribuzioni in materia di agricoltura, sullo  stesso
 potere  delle  regioni  di  governo e controllo del territorio, quale
 proprio e principale elemento  costitutivo,  in  evidente  violazione
 della  Costituzione  e dei principi di buon andamento ed economicita'
 dell'azione amministrativa.  Violato, altresi', e'  il  principio  di
 leale   cooperazione,   poiche'   il   procedimento   previsto  dalla
 disposizione  censurata  non  prevede   l'intesa   con   le   regioni
 interessate   ma   si  limita  semplicemente  ad  ammettere  il  loro
 "concorso".
   4. - Ouanto in particolare all'art. 1, commi 1 e  2,  violazione  e
 falsa  applicazione  degli artt. 5, 97, 115, 117 e 118 Cost, anche in
 riferimento all'art. 17 della legge n. 400 del 1988.    Il  comma  1,
 dell'art.   1,  del  d.m.  in  oggetto  stabilisce  le  modalita'  di
 determinazione  del  numero  di  vacche  da   parte   dell'Aima,   in
 particolare  disponendo  che  si  debba prendere in considerazione il
 minor numero di capi tra quello risultante dal modello  L1  e  quello
 accertato  in  sede  di rilevazione delle A.S.L. a norma del d.-l. n.
 130 del  1997,  e  che  in  assenza  di  riscontro  con  la  suddetta
 rilevazione  il  modello  L1  deve  essere assimilato all'ipotesi del
 modello L1 privo dell'indicazione del  numero  di  capi  o  con  capi
 indicati   uguali  a  zero,  con  il  conseguente  azzeramento  della
 produzione.   Il  successivo  comma  2,  determina  le  modalita'  di
 trattamento   delle   cosi'   dette   "anomalie  dichiarative",  gia'
 individuate  dall'art.  2  del  d.-l.  n.  411  del  1997  stabilendo
 l'automatico  azzeramento  della  quota o una sua consistente, quanto
 arbitraria, riduzione.  Tali disposizioni nel loro complesso sono  in
 primo  luogo  in  contrasto con quanto previsto dallo stesso d.-l. n.
 411 del 1997, che, all'art.   2, impone  all'Aima  di  accertare  gli
 effettivi  quantitativi  di  latte  prodotto e commercializzato per i
 periodi  1995-1996  e  1996-1997  con   particolare   riguardo   alle
 casistiche individuate. Infatti, per mezzo del d.m. qui contestato il
 Ministero,   stabilendo   che   la   sola  rilevazione  dell'anomalia
 dichiarativa comporti l'azzeramento o  la  drastica  riduzione  della
 quota  ha  sollevato  l'Aima  da  qualsivoglia onere di accertamento.
 Tale conseguenza deriva anche da quanto  disposto  dal  primo  comma,
 che, nel caso in cui il modello L1 non sia stato verificato per mezzo
 della  rilevazione  straordinaria  di  cui  al d.-l. n. 130 del 1997,
 stabilisce, in assenza di  ulteriori  verifiche  da  parte  dell'Aima
 l'automatico  azzeramento  della  produzione.   Le disposizioni sopra
 descritte,  in  evidente  violazione  della  fonte  legislativa   che
 pretendono  di  attuare,  sono in tutta evidenza destinate a produrre
 distorsioni enormi agli  effetti  dell'accertamento  della  effettiva
 produzione  nazionale,  con  conseguente  pregiudizio  per le singole
 produzioni regionali, in  quanto  di  fatto  impediscono  qualsivolia
 accertamento  ancora  una  volta  in  evidente spregio delle potesta'
 programmatorie  costituzionalmente  riconosciute  alle  regioni   nel
 governo  del settore.   Inoltre, l'omessa verifica da parte dell'Aima
 della effettiva produzione  in  capo  alle  aziende  e  l'automatismo
 introdotto  in  termini  di decurtazione della produzione stessa, del
 tutto  verosimilmente,  portera'  al  moltiplicarsi  dei  ricorsi  di
 riesame,  con  ovvio  conseguente aggravio delle competenze meramente
 esecutive attribuite alle regioni.
   5. - Quanto agli art. 3 e 4, violazione e falsa applicazione  degli
 artt.  5, 97, 115, 117 e 118 Cost.  L'art. 3 descrive in dettaglio le
 modalita' di presentazione  dei  ricorsi  di  riesame.  Tra  l'altro,
 stabilisce  che  gli  stessi possono essere presentati esclusivamente
 attraverso il modulo  in  fac-simile  allegato  al  decreto  medesimo
 (comma  1);  che  le  regioni  e le province ai fini dell'istruttoria
 possono costituire apposite commissioni delle quali puo'  fare  parte
 un  veterinario delle A.S.L. competente per territorio o del servizio
 veterinario regionale  (comma 3); che a seguito  dell'istruttoria  le
 regioni  debbono  convocare  i  produttori  ricorrenti per l'esame di
 merito in contraddittorio, del quale deve poi essere redatto apposito
 verbale (comma 4).  Tale disciplina, nel descrivere minuziosamente le
 modalita' dell'istruttoria dei ricorsi in oggetto, nel  prevedere  la
 presentazione  di  apposito  modulo  predisposto  dal  Ministero, nel
 prefigurare la costituzione di apposite commissioni  e  dei  relativi
 componenti,  oltre  a  frustare le prerogative regionali, va in tutta
 evidenza ad incidere sulla stessa  autorganizzazione  delle  regioni,
 che,  per  costante  giurisprudenza  di codesta ecc.ma Corte, e' alle
 stesse  riservata  come  parte  costitutiva  della   loro   autonomia
 costituzionalmente  garantita.   Quanto all'art. 4, ivi e' descritta,
 separatamente  per  ciascuna   delle   casistiche   individuate,   la
 documentazione che deve essere necessariamente allegata ai ricorsi di
 riesame.  La  suddetta  elencazione e' a tal punto dettagliata da non
 lasciare alcun margine  di  discrezionalita'  alle  regioni,  con  la
 conseguenza che le stesse, prima investite della competenza in ordine
 alla  decisione dei suddetti ricorsi in assenza peraltro di qualunque
 copertura  finanziaria,  si  vedono  ora   spogliate   della   stessa
 possibilita'  di  stabilire  la  documentazione  necessaria  ai  fini
 dell'istruttoria e della decisione dei medesimi.
   6.  -  Quanto  all'art.  5,  commi  1  e  2,  violazione  e   falsa
 applicazione degli artt. 5, 97, 115, 117 e 118 Cost.  L'art. 5, comma
 1,  stabilisce  che  i  verbali  redatti  dall  regioni in esito alla
 decisione dei ricorsi  di  riesame  debbono  essere  progressivamente
 trasmessi  all'Aima  con cadenza settimanale, e comunque non oltre il
 termine di 60 giorni previsto dall'art. 2, comma 8, del d.-l.  n. 411
 del 1997.  In presenza del presumibile aumento dei ricorsi -  per  le
 ragioni  piu'  sopra  esposte  sub. 4 - il termine di sessanta giorni
 imposto alle regioni per la decisione dei  ricorsi  medesimi  risulta
 arbitrario  ed  esiguo,  e  ancor  piu'  violativo dell'art. 97 della
 Costituzione in riferimento alle prerogative regionali.   Il comma  2
 del  medesimo  art.  5 stabilisce che l'Aima provvede a verificare il
 rispetto dei termini per la presentazione alla regione dei ricorsi di
 riesame, di cui al comma 5 dell'art. 2 del d.-l. n.   411  del  1997,
 convertito  in  legge  n.  8  del 1998 (ovvero, quindici giorni dalla
 ricezione della comunicazione afferente i quantitativi di riferimento
 accertati dall'Aima), e che nel caso in cui da tale verifica  risulti
 il  mancato  rispetto  dei  detti  termini il ricorso non e' preso in
 considerazione    indipendentemente    dall'esito    dell'istruttoria
 effettuata   dalle   regioni   o   dalla   province   autonome.  Tale
 "accorgimento" si e' reso necessario in considerazione del fatto  che
 il  termine  di  presentazione  dei  ricorsi di riesame decorre dalla
 comunicazione  da  parte  dell'Aima   ai   singoli   produttori   con
 raccomandata  r.r.  dei  dati  relativi  alla  produzione  accertata:
 poiche' la regione non  puo'  conoscere  tale  data,  essa  non  puo'
 neppure valutare la ricevibilita' dei ricorsi che deve istruire.
   L'art.  5,  comma  2,  sopra  illustrato,  prefigurando  dunque  la
 possibile - e probabile - mancata  utilizzazione  degli  accertamenti
 svolti  dalle  regioni, e' prima facie contrario al principio di buon
 andamento  e  di  economicita'  dell'azione  amministrativa,  nonche'
 evidentemente  violativo  delle  competenze regionali.   Si dimostra,
 dunque, la fondatezza delle censure gia' formulate avverso  il  d.-l.
 n.  411  del  1997  e la relativa legge di conversione in riferimento
 alla decorrenza del termine di presentazione dei ricorsi  de  quibus.
 In  base  al  combinato  disposto delle disposizioni legislative e di
 quelle ex novo introdotte  per  mezzo  del  d.m.  qui  contestato  le
 regioni  sono state dunque investite di onerose incombenze in assenza
 di qualsivoglia risorsa finanziaria;  le  stesse  regioni  devono  di
 conseguenza  provvedere  con  mezzi  propri  alla predisposizione dei
 mezzi necessari a far fronte a tali incombenti,  per  giunta  con  il
 rischio  che  il  lavoro svolto si dimostri poi del tutto inutile per
 problemi di intempestivita' di  presentazione  dei  ricorsi,  che  le
 stesse non sono in grado di valutare ex ante.
                               P. Q. M.
   La   regione   ricorrente   chiede   che   codesta   ecc.ma   Corte
 costituzionale voglia dichiarare che non spetta  allo  Stato,  e  per
 esso  al Ministero delle politiche agricole, dare attuazione al d.-l.
 1 dicembre1997, n. 411, convertito in legge  27 gennaio 1998,  n.  5,
 con  il  d.m. 17 febbraio 1998, pubblicato in Gazzetta Ufficiale ser.
 gen. n. 42 del 20 febbraio 1998 (in violazione  degli  artt.  5,  97,
 115,  117 e 118 Cost.), e per conseguenza annullare il d.m. impugnato
 nella sua totalita' e in particolare quanto agli artt. 1, commi  1  e
 2; 3, 4 e 5, commi 1 e 2; 7 e 8.
     Milano-Roma, addi' 16 aprile 1998.
                prof. avv. Ferrari - prof. avv. Luciani
 98C0535