N. 12 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 8 maggio 1998
N. 12 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria l'8 maggio 1998 (della regione Veneto) Zootecnia - Agricoltura - Regime comunitario della produzione lattiera - Criteri per la determinazione del "numero di vacche accertato", ai fini della individuazione dei quantitativi di latte prodotto - Modalita' e procedura per la presentazione dei ricorsi di riesame - Fissazione del termine di 60 giorni per la decisione, da parte delle regioni, sui ricorsi stessi - Attribuzione al Ministero per le politiche agricole del potere di coordinamento necessario per l'uniforme applicazione, sul territorio nazionale, del decreto di cui trattasi - Attribuzione all'AIMA del potere di aggiornamento degli elenchi dei produttori, titolari di quota, e dei quantitativi ad essi spettanti nonche' della competenza circa la determinazione dell'ubicazione aziendale - Lesione dell'autonomia e delle competenze regionali, in particolare, in materia di agricoltura - Violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione e del principio di leale cooperazione - Mancata attribuzione di risorse finanziarie per la copertura dei nuovi oneri derivanti alla regione dalle norme impugnate. (Decreto del Ministero delle politiche agricole 12 febbraio 1998, art. 1, comma 2; decreto del Ministero delle politiche agricole 17 febbraio 1998, intero testo; artt. 1, commi 1, 3, 4 e 5, commi 1 e 2, 7 e 8). (Cost., artt. 5, 97, 115, 117 e 118; legge 23 agosto 1998, n. 400, art. 17; d.-l. 1 dicembre 1997, n. 411, convertito in legge 27 gennaio 1998, n. 5; legge 15 marzo 1997, n. 59, art. 8; legge 28 marzo 1997, n. 81; legge 3 luglio 1997, n. 204; d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143; legge 4 dicembre 1993, n. 491).(GU n.23 del 10-6-1998 )
Ricorso della regione Veneto, in persona del vice presidente pro-tempore della Giunta regionale, avv. Bruno Canella, rappresentata e difesa, come da delega a margine del presente atto, ed in virtu' di deliberazione di g.r. n. 1177, del 7 aprile 1998, di autorizzazione a stare in giudizio dagli avv.ti proff. Giuseppe Franco Ferrari e Massimo Luciani, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, in Roma, Lungotevere delle Navi n. 30, per conflitto di attribuzione contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro-tempore del Consiglio dei Ministri; In relazione al decreto del Ministero per le politiche agricole 17 febbraio 1998, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 42 del 20 febbraio 1998, recante: "Modalita' per l'istruttoria dei ricorsi di riesame e per l'applicazione dei decreto-legge 1 dicembre 1997, n. 411, convertito, con modificazioni, nella legge 27 gennaio 1998, n. 5", nella sua interezza ed in particolare quanto all'art. 1 comma 1, in quanto stabilisce le modalita' di determinazione del numero di vacche da parte dell'Aima, in particolare disponendo che si debba prendere in considerazione il minor numero di capi tra quello risultante dal modello L1 e quello accertato in sede di rilevazione delle a.s.l. a norma del d.-l n. 130 del 1997, e che in assenza di riscontro con la suddetta rivelazione il modello L1 deve essere assimilato all'ipotesi del modello L1 privo dell'indicazione del numero di capi; quanto all'art. 1, comma 2, in quanto stabilisce le "modalita' di trattamento" delle "anomalie dichiarative" di cui all'art. 2, comma 1 del d.-l. n. 411 del 1997, convertito in legge n. 5 del 1998; quanto all'art. 3, in quanto stabilisce le modalita' per l'istruttoria dei ricorrsi di riesame di competenza delle regioni; quanto all'art. 4, in quanto elenca la documentazione che deve essere necessariamente allegata ai ricorsi di riesame di competenza delle regioni; quanto all'art. 5, comma 1, in quanto dispone che le regioni e le province autonome trasmettano progressivamente all'Aima, con cadenza settimanale e comunque non oltre il termine di cui all'art. 2, comma 8, del d.-l. n. 411 del 1997, convertito in legge n. 5 del 1998, copia dei verbali redatti in riferimento ai ricorsi di riesame istruiti; quanto all'art. 5, comma 2, in quanto dispone che l'Aima provvede a verificare il rispetto dei termini di cui al comma 4 dell'art. 2 del d.-l. n. 411 del 1997, convertito in legge n. 5 del 1998, e che nel caso in cui da tale verifica risulti il mancato rispetto dei detti termini il ricorso non e' preso in considerazione indipendentemente dall'esito dell'istruttoria effettuata dalle regioni o dalle province autonome; quanto all'art. 7, in quanto prevede che il Ministero per le politiche agricole assicuri l'attivita' di coordinamento necessaria all'uniforme applicazione del d.m. stesso; quanto all'art. 8, in quanto conferma in capo all'Aima la competenza in ordine all'aggiornamento degli elenchi dei produttori titolari di quota per il periodo 1998-1999 e a tal fine attribuisce alla stessa Aima le attribuzioni inerenti l'esatta localizzazione delle aziende ubicate in comuni parzialmente delimitati ai sensi dell'art. 3, paragrafi 3, 4 e 5 della direttiva CEE 268/75. F a t t o 1.1. - Il regime delle c.d. quote latte, finalizzato al contenimento della produzione, da anni eccedente nel mercato europeo, e' stato introdotto in Italia, dopo lungo contenzioso circa l'effettiva entita' della produzione interna e la irrogazione delle relative sanzioni comunitarie, dalla legge 26 novembre 1992, n. 468. Tale testo normativo, dopo avere demandato, all'art. 2, comma 2, la redazione di elenchi dei produttori titolari di quota e la loro pubblicazione in appositi bollettini all'azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo (Aima), all'art. 2, comma 2, limitatamente ai produttori di associazioni aderenti alla Unalat, dispone la articolazione della quota in due parti: l'una A), commisurata alla produzione di latte commercializzata nel periodo 1989-1989; l'altra B), rapportata alla maggiore produzione commercializzata nel periodo 1991-1992. Poiche' peraltro il regolamento CEE del Consiglio n. 804, del 27 giugno 1968, contemplava la periodica rideterminazione delle quote nazionali spettanti all'Italia, i commi 6-8 dello stesso art. 2 assegnavano alle regioni il compito di vigilare sulla effettiva produzione dei singoli operatori e di comunicare all'Aima per l'aggiornamento del bollettino le eventuali situazioni di quota assegnata superiore a quella effettiva, e al Ministro dell'agricoltura e foreste, acquisito il parere della conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e sentite le organizzazioni professionali maggiormente rappresentative, in caso di eccedenza delle quantita' attribuite ai produttori alla stregua dei commi 2 e 3 rispetto alle quote nazionali individuate in sede comunitaria, di stabilire con proprio decreto i criteri generali per il pieno allineamento con le quote nazionali nell'arco di un triennio. Lo stesso comma 8 imponeva che, con riferimento alle riduzioni obbligatorie della quota B, si tenesse conto "dell'esigenza di mantenere nelle aree di montagna e svantaggiate la maggior quantita' di produzione lattiera". Il d.-l. 23 dicembre 1994, n. 727, poi convertito con modificazioni in legge 24 febbraio 1995, n. 46 ha poi operato la riduzione delle quote B per singolo produttore, con l'esclusione degli operatori delle stalle ubicate nelle zone montane di cui alla direttiva del Consiglio CEE 75/268 del 28 aprile 1975, da effettuarsi entro il 31 marzo 1995 con operativita' della campagna 1995-1996. La legge di conversione n. 46/1995 ha innovato il decreto come segue: a) ha previsto (art. 2, comma 1, lett. a)) la riduzione della quota A non in produzione, almeno qualora essa ecceda il 50% della quota A attribuita; b) dopo avere confermato la riduzione della quota B (lett. a)), escluso (lett. b)) da entrambre le riduzioni i produttori non solo titolari di stalle ubicate in zone di montagna, ma anche quelli operanti "nelle zone svantaggiate e ad esse equiparate nonche' nelle isole; c) ha consentito (art. 2, comma 2-bis) che i produttori che abbiano ottenuto, anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 468 del 1992, l'approvazione di un piano di sviluppo o di miglioramento zootecnico da parte della regione e che lo abbiano realizzato, possano chiedere la assegnazione di una quota corrispondente all'obiettivo di produzione indicato nel piano medesimo, in sostituzione delle quote A e B. Piu' generale, il d.-l. n. 727 del 1994 e la legge n. 46 del 1995 hanno soppresso la previa consultazione della conferenza tra Stato e regioni, rimettendo la istruttoria e la predisposizione del piano di rientro esclusivamente all'istanza ministeriale. Inoltre, e' stato introdotto un meccanismo di autocertificazione delle produzioni, in base al quale gli acquirenti sono autorizzati a considerare i quantitativi autocertificati dai produttori. La legge n. 46 del 1995, insieme con il decreto-legge convertito veniva impugnata dalla regione Veneto con ricorso rubricato 23/1995, con allegazione di numeri profili di incostituzinalita'. Codesta ecc.ma Corte, a seguito di discussione nella pubblica udienza del 23 novembre 1995, con decisione n. 520 del 28 dicembre 1995 accoglieva il predetto ricorso, in una con quello presentato dalla regione Lombardia e rubricato con n.r.g. 22/1995, sotto il profilo della incostituzionalita' dell'art. 2, comma 1, della legge, nella parte in cui non vi si contemplava il parere delle regioni interessate nel procedimento di riduzione delle quote individuali spettanti ai produttori di latte bovino. 1.2. - Come e' noto, il Governo e' poi piu' volte intervenuto con la decretazione di urgenza, adottando prima il d.-l. 15 marzo 1996 n. 124 e poi, reiterando il primo, adottando il d.-l. 16 maggio 1996 n. 260, (impugnati con i ricorsi n.r.g. 19 e 28/96), indi con il d.-l. 8 luglio 1996 n. 353 (del pari impugnato con il ricorso n.r.g. 33/96), con il d.-l. 8 agosto 1996 n. 440 (impugnato con il ricorso n.r.g. 38/96), con il d.-l. 6 settembre 1996 n. 463 (impugnato con ricorso n.r.g. 41/96), e "infine" con i dd.-l. 23 ottobre 1996, n,. 542 e 552 (il secondo, impugnato con ricorso n.r.g. 47/1996). Tali ultimi due decreti-legge sono poi stati convertiti, rispettivamente, nelle leggi 20 settembre 1996 n. 642 e 23 dicembre 1996 n. 649 (impugnate con ricorsi nn.rr.gg. 17/97 e 15/97). I decreti-legge successivi alla legge n. 46 del 1995 appartengono a due "catene" di decreti reiterati: una saldatasi con la legge di conversione del d.-l. n. 542 del 1996 (legge n. 649 del 1996); l'altra saldatasi con la legge di conversione del d.-l. n. 552 del 1996 (legge n. 642 del 1996). La prima catena e' relativa alle previsioni sulle procedure di compensazione (in particolare, all'eliminazione delle procedure previste dalla legge n. 468 del 1992, sostituite da una compensazione nazionale gestita dall'Aima), nonche' alle modalita' e ai tempi dei prelievi e delle restituzioni. La seconda catena riguarda, in particolare, la disciplina dei bollettini dei produttori titolari di quota; la fissazione dei criteri di effettuazione della compensazione; le modalita' della compensazione medesima; la disciplina dell'abbandono della produzione; i termini per la cessione delle quote latte. Queste due catene, ancorche' distinte, sono interconnesse, e - per le ragioni gia' esposte nei ricorsi sopradescritti - hanno determinato gravissimi pregiudizi all'autonomia delle regioni in materia di agricoltura, disegnando uno scenario normativo incoerente e costituzionalmente illegittimo. L'incoerenza e l'illegittimita' sono state confermate (e aggravate) dalla "saldatura" operata dalle menzionate leggi nn. 642 e 649 del 1996. A distanza di pochissimi giorni dalla pubblicazione (nella Gazzetta Ufficiale rispettivamente, del 21 e del 23 dicembre 1996) delle leggi ora ricordate, il legislatore e' poi nuovamente intervenuto nel settore della produzione lattiera con la legge 23 dicembre 1996 n. 662 (che, addirittura, ancorche' pubblicata poco dopo, reca la stessa data della legge n. 649 del 1996), a conferma della caoticita' e della farraginosita' del suo agire. La legge (impugnata con ricorso n.r.g. 21/1997) dedica alla produzione lattiera i commi da 166 a 174 dell'art. 2. Tutti i ricorsi piu' sopra menzionati, e segnatamente i ricorsi nn.rr.gg. 19, 28, 33, 38, 41, 47 del 1996 e 13, 15, 21 del 1997, sono stati discussi all'udienza pubblica tenutasi in data 28 ottobre 1997. In riferimento ai medesimi ricorsi sopra menzionati, codesta ecc.ma Corte, in data 19 dicembre 1997, ha depositato in cancelleria ordinanza istruttoria del 16 dicembre 1997, con la quale si e' disposta a carico del Presidente del Consiglio dei Ministri (e in minima parte a carico del presidenti delle regioni) ampia integrazione documentale. 1.3. - Nonostante avessero operato la "saldatura" finale delle descritte catene di decreti-legge, i confusi e contraddittori interventi normativi di fine 1996 non sono riusciti a scrivere la parola "fine" sotto la lunga e tormentata storia della disciplina in via d'urgenza della produzione lattiera. Il Governo e' infatti reintervenuto con il d.-l. n. 11 del 1997 (anch'esso impugnato dalla ricorrente con ricorso rubricato al n. 26/1997, pendente avanti codesta ecc.ma Corte). La storia di questo decreto e' nota: incalzato dalla protesta dei produttori, angosciati dall'imminente scadenza del cosiddetto "superprelievo", ed esasperati dalla pachidermica gestione del settore lattiero-caseario da parte del Miraaf e dell'Aima, il Governo ha ritenuto opportuno intervenire, subito, con un provvedimento legislativo d'urgenza. Quanto ai suoi contenuti, il decreto in questione puo' essere diviso, per quanto qui interessa (e prescindendo dunque dalle disposizioni puramente finanziarie e da quelle previdenziali, di cui agli artt. 9-11) in due parti. In una prima parte si interviene - disinteressandosi del tutto delle prerogative delle regioni - con forme di finanziamento agevolato ai produttori, onde far fronte alla crisi del settore determinata, per un verso, dall'encefalopatia spongiforme bovina, e per l'altro dalla sovrapproduzione di latte. Cosi', l'art. 1 stabilisce ammontare (comma 1), tasso (comma 2), criteri di calcolo (comma 3), tempi e garanzie dei finanziamenti per fronteggiare i danni causati dalla menzionata epidemia (comma 4). L'art. 2 fissa le procedure per la concessione dei finanziamenti. L'art. 3 introduce, per i produttori che non abbiano chiesto il finanziamento di cui all'art. 1, un premio per la perdita di reddito subita a causa dell'encefalopatia spongiforme bovina. L'art. 4 detta regole in materia di incentivi per l'abbandono della produzione lattiera, determinando ammontare, modalita' e tempi degli incentivi medesimi. L'art. 6 dispone un contributo straordinario al Fondo interbancario di garanzia e detta ulteriori regole in materia. In una seconda parte, logicamente differenziata dalla prima e relativa a questioni che avrebbero dovuto essere oggetto di ben piu' meditata considerazione, il decreto si occupa direttamente del regime della produzione lattiera. Cosi', l'art. 5 detta regole sull'assegnazione di quote ai giovani produttori. L'art. 7 istituisce una commissione governativa di indagine in materia di quote latte. L'art. 8, infine, detta norme in materia di identificazione e registrazione degli animali (anagrafe del bestiame), anche in applicazione del d.P.R. 30 aprile 1996 n. 317. 1.4. - Nonostante fosse affetto dai vizi lamentati nel ricorso n. 26/1997, sopra menzionato, il d.-l. n. 11 del 1997 e' stato poi convertito in legge ad opera della legge 28 marzo 1997 n. 81 (anch'essa impugnata con ricorso pendente avanti codesta ecc.ma Corte al n. 37/1997). La struttura del decreto e' stata profondamente alterata, poiche' i suoi vari articoli sono stati tutti raggruppati e trasformati in commi (ben 54) di un solo maxiarticolo 1, ma il testo delle varie previsioni normative e' rimasto largamente intatto, ad eccezione delle parti che qui appresso si indicano. E' stato, anzitutto, premesso al testo originario un art. 01, nel quale si prevede che le funzioni amministrative relative all'attuazione della normativa comunitaria in materia di quote latte siano svolte dalle regioni (e dalle province autonome. La soddisfazione con la quale dovrebbe essere accolto il doveroso riconoscimento del corretto assetto delle competenze in questo delicato settore e' destinata ad avere vita breve. Basta infatti leggere quanto l'art. 01 aggiunge a tale previsione, e precisamente che: a) l'assegnazione alle regioni delle predette funzioni vale solo "a decorrere dal periodo di applicazione 1997-1998"; b) "in attesa della riforma organica del settore" (videant posteri...|), sono fatti salvi i compiti svolti dall'Aima - niente meno - "in materia di aggiornamento del bollettino 1997-1998, di riserva nazionale, di compensazione nazionale e di programmi volontari di abbandono"; c) come se non bastasse, l'Aima concorre con le regioni per gli altri adempimenti dello Stato nei confronti dell'Unione europea nel settore lattiero-caseario. Come si vede, l'incipit di tale articolo, apparentemente garantista per le regioni, si rivela addirittura derisorio quando inserito nel contesto dell'intera previsione normativa. Sempre nell'art. 01, poi, si e' previsto (al comma 2) che le funzioni di indirizzo e coordinamento, nonche' i poteri sostitutivi nei confronti delle regioni spettano al Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali. L'art. 1, comma 1, e' stato modificato assai marginalmente, con il rinvio (prima mancante) a quanto previsto dalla legge n. 468 del 1992 in materia di attribuzione dei quantitativi di riferimento di produzione lattiera. L'art. 1, comma 3, e' stato modificato, nel senso che si prevede la consultazione degli "assessorati regionali all'agricoltura", al fine di determinare i criteri oggettivi per il calcolo della perdita di reddito derivante ai singoli produttori a seguito della crisi dovuta all'encefalopatia spongiforme bovina. L'originario art. 4, comma 2, del decreto (ora art. 1, comma 14) e' stato modificato con la eliminazione dell'inciso che prevedeva la sottoscrizione della domanda di premio per l'abbandono della produzione da parte del proprietario, ove questi fosse soggetto diverso dal titolare della quota. L'originario art. 5, comma 1, del decreto (ora art. 1, comma 17) e' stato modificato, prevedendo unilateralmente una disciplina ancora piu' analitica - eppercio' illegittima - delle assegnazioni di quote ai giovani produttori. L'originario art. 5, comma 2 (ora art. 1, comma 18) e' stato modificato con alcuni aggiustamenti lessicali, ed in particolare con la previsione che la riassegnazione delle quote avvenga "a livello regionale" (anziche' "su base regionale"). L'originario art. 7, comma 4 (ora art. 1, comma 31), e' stato modificato con la previsione piu' specifica dei contenuti della relazione che la commissione governativa di indagine in materia di quote latte e' tenuta a presentare. E' stata introdotta, all'art. 1, comma 35, la previsione secondo cui l'Aima provvede a rettificare gli elenchi dei produttori assoggettati al prelievo supplementare e ai conguagli sulla base delle risultanze della relazione della commissione governativa di cui al punto precedente, con il risultato di aggravare ulteriormente - se possibile - i gia' gravi vizi evidenziati nell'impugnativa del decreto. E' stato introdotto, all'art. 1, comma 42, e modificando doverosamente l'assurdo art. 8 del decreto, il principio secondo cui le regioni si avvalgono della banca dati per la registrazione ed identificazione dei bovini da allevamento. 1.5. - Con ulteriore ricorso alla decretazione di urgenza, il Governo ha poi adottato il d.-l. 7 maggio 1997, n. 118, del pari impugnato con ricorso n.r.g. 41/1997, pendente innanzi a codesta ecc.ma corte. In estrema sintesi, il contenuto ditale d.-l. e' il seguente: il comma 1 proroga al 10 luglio 1997 la operativita' della commissione governativa di indagine, di cui all'art. 1, comma 28, della legge n. 81 del 1997, ribadendo che entro tale termine essa dovra' presentare alla Presidenza del Consiglio ed al Ministro la propria relazione; il comma 2 ribadisce quanto gia' disposto dal comma 30 dell'art. 1 della legge n. 81 del 1997 circa l'utilizzo della forza pubblica, aggiungendo che essa puo' in particolare svolgere ispezioni amministrative ed esercitare "tutti i poteri ... spettanti nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, per l'esercizio delle proprie attivita' istituzionali."; il comma 3 demanda all'Aima, entro venti giorni dalla presentazione della relazione di cui al comma 1, di operare le rettifiche negli elenchi dei produttori sottoposti a prelievo supplementare per il periodo 1995-1996 e di effettuare i conseguenti conguagli in sede di compensazione nazionale per il periodo 1996-1997, ovvero, se il conguaglio non sia possibile o sufficiente, le ripetizioni di somme trattenute in meno. il comma 4 differisce al 10 giugno 1997, limitatamente al periodo 1996-1997, le dichiarazioni degli acquirenti, sottoscritte anche dai produttori, in base al regolamento CEE 536/1993 e prescrive nello stesso termine una nuova dichiarazione per il periodo 1995-1996, prevedendo, in caso di omessa sottoscrizione delle dichiarazioni da parte del produttore, verifiche da parte delle forze di polizia; il comma 5 e' la norma finanziaria. Il d.-l. n. 118/1997 e' poi stato convertito in legge 3 luglio 1997, n. 204. Quest'ultima, in aggiunta al d.-l. convertito, prevede: la sospensione dei programmi di abbandono della produzione di latte e la conseguente interruzione dell'assegnazione delle quote gratuite ai giovani produttori (art. 1-bis); l'obbligo per i primi acquirenti di trattenere solo il 20% del prelievo supplementare della quota B ridotta ed ugualmente prodotta nell'annata 1996-1997 (art. 1, comma 4-bis); la proroga dei lavori della commissione per tutto agosto (art. 1, comma 1), con conseguente slittamento dei termini previsti dall'art. 1, comma 3, del d.-l. convertito. Nel frattempo, il Governo - aggravando la gia' sconcertante disorganicita' e frammentarieta' della disciplina in materia di quote latte - ha fatto si' che si intrufolasse nel testo del d.-l. 19 maggio 1997, n. 130, convertito in legge 16 luglio 1997, nn. 228, relativo agli incendi boschivi, un articolo relativo ai controlli veterinari straordinari da effettuarsi su tutti i capi bovini presenti nelle aziende da latte. Con l'art. 6 del d.-l. in oggetto e' stato, infatti, autorizzato il Ministro della sanita' a disporre la suddetta rilevazione tramite i servizi veterinari delle U.S.L. Inoltre, il Governo, con il d.-l. 15 settembre 1997 n. 305 - poi pero' non convertito -, disponeva la proroga di sessanta giorni dei suddetti termini imposti all'Aima per le rettifiche negli elenchi dei produttori sottoposti a prelievo supplementare per il periodo 1995-1996 e per l'effettuazione dei conseguenti conguagli in sede di compensazione nazionale per il periodo 1996-1997, ovvero - se il conguaglio non sia possibile o sufficiente - per la restituzione delle somme versate in piu' e la ripetizione di quelle versate in meno. 2.1. - Nel frattempo la commissione d'indagine, istituita con il d.-l. n. 11 del 1997, ha presentato due relazioni, del 26 aprile 1997 e del 31 agosto 1997; quest'ultima, frutto delle proroghe disposte dal d.-l. n. 118 del 1997 e dalla legge di conversione n. 204 del 1997. La commissione ha evidenziato come la situazione attuale sia frutto di una normativa che, oltre a disattendere le direttive e i regolamenti comunitari, risulta essere chiaramente inadeguata ad impostare un definitivo riassetto del sistema. Il dato maggiormente preoccupante e' stato individuato nel proliferare di contratti di pseudo soccida e comodato. Tale fenomeno, volto ad eludere le disposizioni normative in materia di circolazione di quote latte, discende - ad avviso della medesima commissione - da una legislazione nazionale non conforme al diritto comunitario e contraddittoria al suo interno. Infatti, se da un lato la legislazione italiana - allo scopo di conservare le quote produttive nelle aree territoriali di origine - proibisce la compravendita e l'affitto di sole quote al di fuori della regione di appartenenza del cedente (legge n. 468 del 1992), vietando altresi' la cessione della sola quota tra aree non omogenee, dall'altro fa menzione dei contratti associativi, senza precisare alcunche' rispetto agli stessi (legge n. 407 del 1994). I contratti di pseudo soccida e comodato (resi possibili dalla richiamata menzione da parte della legislazione interna dei contratti associativi) non comportano un effettivo trasferimento della titolarita' delle quote in capo agli stipulanti (e per questo non sono soggetti ne' al controllo della regione, ne' dell'Aima), ma, legittimando una produzione di latte da parte di chi e' privo di bestiame, oppure da parte dei produttori che hanno gia' completamente utilizzato la quota a propria disposizione, hanno comunque come unico oggetto del rapporto la realizzazione di una commissione strumentale - seppure sui generis - della quota. Da tali transazioni conseguono in tutta evidenza enormi squilibri in sede di compensazione nazionale, a danno dei produttori effettivi. Va fin da ora precisato che tali contratti sfuggono a qualsivoglia controllo in quanto non comportano un formale trasferimento della quota; il fine di suddette transazioni e' infatti l'illegittimo utilizzo della quota da parte chi non ne e' titolare. A proposito, si sottolinea che l'art. 8 della legge n. 468 del 1992 attribuisce al Ministero i poteri di controllo in ordine all'improprio utilizzo degli strumenti giuridici previsti dalla legge medesima. Inoltre - come la stessa commissione rileva - tali pseudo soccide e comodati non possono dirsi stipulati in evidente violazione della normativa interna, in quanto essa - suppure in contrasto con la normativa comunitaria - legittima l'utilizzo di non meglio definiti contratti associativi. Il problema di fondo non risiede dunque nei controlli - quasi impossibili ad effettuarsi -, ma nella disciplina statale del settore. La stessa commissione sollecita, infatti, una effettiva ed ordinata ripartizione dei ruoli tra i vari soggetti preposti alla disciplina e gestione del settore. 2.2. - La commissione governativa ha inoltre proposto che la compensazione, limitatamente alla campagna 1995-1996, venga effettuata secondo il previgente sistema, e cioe' prima al livello della APL, e a livello dei non associati, e poi a livello nazionale. Tale proposta - sempre secondo la commissione - si impone in considerazione del principio del legittimo affidamento, cosi' come riconosciuto anche dall'ordinamento comunitario. In base a tale principio, infatti, la Corte di giustizia ritiene non possa non tenersi conto dell'affidamento riposto dall'imprenditore su norme, comportamentali e prassi delle autorita' nazionale e comunitaria, in base alle quali egli ha determinato le proprie operazioni commerciali; cio', sempre che nessun interesse pubblico vi osti e che la lesione subita sia intervenuta in modo imprevedibile. Nel caso di specie, considerato che solo nel maggio del 1996 la U.E. ha contestato formalmente la metodologia di compensazione utilizzata in Italia, gli allevatori fino ad allora confidavano del tutto verosimilmente nel mantenimento del precedente sistema. Inoltre, nessuna conseguenza si produrrebbe a carico dello Stato nel caso in cui si tornasse ad operare la compensazione secondo la normativa previgente: il prelievo per l'esubero continuerebbe infatti ad essere a carico dei produttori eccedentari (cfr. pagg. 84-86, relazione del 26 aprile 1997; pagg. 56-59 e 140-149, relazione del 31 agosto 1997). Le considerazioni espresse in tal senso dalla commissione confermano le gravi illegittimita' che viziano le disposizioni impugnate, troppo frettolosamente escogitate dal legislatore al solo fine di ovviare ad ulteriori infrazioni comunitarie. Viceversa la commissione medesima ritiene necessario risolvere definitivamente la grave crisi del settore tramite misure che, oltre ad assicurare l'effettivo adempimento agli obblighi imposti dal1'U.E. risultino idonee a governare il sistema delle quote latte sulla scorta dei principi di equita' ed economicita' (cfr. pag. 204, relazione del 31 agosto 1997). 2.3. - Altro punto sottolineato da entrambe le relazioni redatte dalla commissione d'indagine riguarda la sicura e totale compensazione concessa a gli operatori delle zone svantaggiate (cfr. pagg. 158-159, relazione del 31 agosto 1997). In seguito ad un'analisi comparata delle legislazioni degli Stati membri, la commissione stessa ha evidenziato come la situazione italiana, oltre ad essere atipica, non risponda allo spirito della normativa comunitaria, che consente, infatti, agevolazioni in favore delle zone svantaggiate solo a monte del sistema, e cioe' in sede di assegnazione delle quote. La sostanziale esclusione dei produttori operanti nelle zone svantaggiate dal pagamento del prelievo supplementare comporta dunque un'intollerabile disparita' di trattamento nei confronti degli operatori delle regioni a maggiore vocazione produttiva, quali la regione ricorrente. 2.4. - Infine, quanto all'attribuzione dei poteri di gestione delle quote in capo alle regioni, la commissione sottolinea la necessita' di predeterminare, con riguardo alle particolari situazioni locali piu' sistemi concordati da ciascuna regione con l'organo statale di controllo (cfr. pag. 78), relazione del 26 aprile 1997). Ne discende che le mere affermazioni di principio, quali la tardiva previsione di un comitato permanente in sede consultiva e la formale attribuzione delle competenze in capo alle Regioni - salvo mantenere ben salde in capo all'Aima le competenze effettive -, non potevano certo bastare ai fini di una seria e meditata riorganizzazione della materia. 2.5. - In conclusione, le relazioni redatte dalla commissione d'indagine evidenziano la necessita' di riformare in radice l'intero sistema, a partire dall'individuazione dell'annata di riferimento per l'assegnazione delle quote. Si e' infatti dimostrato come le errate rilevazioni della produzione nazionale effettuate a piu' riprese da diversi organismi abbiano determinato gia' ab origine le condizioni per il proliferare delle successive e consequenziali distorsioni, che hanno impedito l'effettivo e razionale adempimento degli obblighi imposti dalla U.E. Siffatta situazione e' da addebitarsi in primo luogo all'assurda ed incoerente sovrapposizione di disposizioni che si sono sempre piu' allontanate dal dato reale. Le distorsioni del sistema si sono cosi' moltiplicate ed hanno di fatto impedito un effettivo adeguamento della normativa interna agli obblighi imposti dalla U.E. La commissione ha poi rinvenuto precise responsabilita' in ordine alla evidente disfunzione del settore, e segnatamente: in capo all'Unalat e alle organizzazioni professionali agricole, che hanno a suo tempo fornito dati non veritieri in merito alla produzione nazionale; in capo alle a.p.l., per la gestione scorretta delle quote; in capo ai primi acquirenti - le latterie -, che in genere non hanno ostacolato l'utilizzo distorto dei contratti "associativi" da parte dei produttori; in capo del c.c.i.a. per le imprecise rilevazioni in ordine alla produzione nazionale: in capo al Governo, in riferimento alla stratificazione di norme non sempre - rectius, quasi mai - in linea con il diritto comunitario; in capo al Ministero, per non avere gestito correttamente i rilevamenti sulla produzione nazionale interna; in capo all'Aima in riferimento alla dimostrata inefficienza operativa. E', poi, emblematico ed illuminante che, quanto alle regioni, le relazioni si siano invece limitate ad evidenziare l'omesso esercizio da parte di tali enti dei poteri di controllo in relazione, in particolare, ai quantitativi effettivi di latte prodotto dai singoli operatori ed in ordine ai contratti di acquisto ed affitto di quote. In relazione ai contratti, pero', si e' gia' detto dell'impossibilita' di sottoporre al controllo quelle particolari forme di transazioni, dette di pseudo soccida e comodato; queste ultime, infatti, non comportando un effettivo trasferimento di quota non erano in realta' soggette ad alcun controllo ex lege. Quanto all'omesso controllo dei quantitativi di latte effettivamente prodotto, e' di tutta evidenza che i poteri attribuiti alle regioni erano - e sono - del tutto formali, spettando all'Aima l'esclusiva competenza in ordine all'assegnazione delle quote. L'estromissione delle regioni dai poteri programmatori ha ovviamente impedito alle stesse l'esercizio dei poteri di controllo. Il sistema indotto dalle disposizioni succedutasi in materia di quote latte ha reso, infatti, possibile l'utilizzo da parte di alcuni produttori di strumenti giuridici (quali i contratti di pseudo soccida e comodato) ai limiti della legalita', impedendo di fatto all'organo periferico un effettivo controllo sul dato reale. 3. - Malgrado l'invito della commissione governativa di procedere ad una complessiva - nonche' definitiva - riforma del settore lattiero-caseario, il Governo e' poi nuovamente intervenuto con la decretazione d'urgenza per mezzo del decreto-legge n. 411/1997, impugnato con il ricorso n.r.g. 3/1998, pendente avanti codesta ecc.ma Corte. In sintesi, il decreto, quanto al procedimento di accertamento, prevede: che l'Aima accerti la produzione effettiva per i periodi piu' sopra indicati, avendo particolare riguardo: a) ai modelli L1 non firmati o con firme apocrife; b) ai modelli L1 privi dell'indicazione dei capi bovini; c) ai modelli L1 con quantita' di latte commercializzata incompatibile con la consistenza numerica del bestiame; d) ai contratti di circolazione di quote latte (quelli ritenuti atipici dalla Commissione) con durata inferiore ai 6 mesi; e) ai modelli L1 con codici fiscali errati o partite IVA errate o inesistenti, o relativi ad aziende senza bestiame o destinatarie dei premi accordati per vacche nutrici o per abbattimento (art. 2, comma 1); che i contratti di cui al precedente punto d) devono essere inviati all'Aima a cura degli acquirenti entro 15 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge medesimo, pena la revoca del riconoscimento previsto dall'art. 23 del d.P.R. 569/1993 (art. 2, comma 2) (dimenticando che la revoca e' disposta dalle regioni, che, in quanto non destinatarie dell'atto comunicato, non potrebbero direttamente valutare se l'invio della documentazione e' avvenuto nei termini prescritti); che l'Aima aggiorni i quantitativi di riferimento dei singoli produttori per i periodi 1995-1996, 1996-1997 e 1997-1998 tenendo conto: a) delle istanze di riesame presentate entro il 30 settembre 1997 dalle regioni e dalle province autonome; b) degli azzeramenti di doppie quote, delle revoche e riduzioni operate dalle regioni e province autonome, pervenute all'Aima entro la data di entrata in vigore del decreto stesso; c) dei trasferimenti di quote e cambi di titolarita' per i periodi considerati, comunicati dalle regioni e province autonome e pervenuti entro il 15 novembre 1997 (si consideri che, quanto ai cambi di titolarita', per il periodo 1997-1998, essi possono essere effettuati fino al 31 marzo 1998 e comunicati alle regioni nei 15 giorni successivi - vd. art. 21 d.P.R. n. 569/1993 -); d) della correzione, in base alle risultanze del censimento 1993-1994, delle assegnazioni di quote a suo tempo effettuate (art. 2, comma 3); che l'Aima compiuto l'accertamento de quo nei modi sopradescritti, comunichi ai produttori, entro sessanta giorni dalla entrata in vigore del decreto medesimo, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, i quantitativi di riferimento individuali assegnati ed i quantitativi di latte commercializzato (art. 2, comma 5, prima parte); che i singoli interessati possono presentare alla regione, a pena di decadenza, ricorso di riesame entro quindici giorni dalla data di ricezione della summenzionata comunicazione (art. 2, comma 5, seconda parte e comma 6), (dimenticando che la regione, non potendo accertare la data di ricezione della comunicazione, non sara' in grado neppure di accertare il presupposto di ammissibilita' del ricorso medesimo - ovvero: la sua proposizione nei termini); che le Regioni devono decidere sui ricorsi de quibus entro sessanta giorni (termine perentorio) a decorrere dalla scadenza del termine per la presentazione, ed entro lo stesso termine devono comunicare all'Aima la relativa decisione, a pena di irricevibilita' e salva la responsabilita' civile, penale e disciplinare (art. 2, comma 8), (ancora non si considera che le regioni non hanno i mezzi per accertare il dies a quo). Nelle more della effettiva attuazione di quanto sopra descritto, il Governo ha poi disposto in favore dei produttori la restituzione dell'80% degli importi trattenuti dagli acquirenti a titolo di prelievo supplementare, limitatamente al periodo 1996-1997 (art. 1). Inoltre, l'art. 3, dispone che l'Aima provveda alla rettifica della compensazione nazionale per il periodo 1995-1996 sulla base dei modelli L1 pervenuti alla data di entrata in vigore del decreto, nonche' degli accertamenti compiuti e delle decisioni dei ricorsi di riesame di cui all'art. 2. L'art. 4, quanto alla campagna 1997-1998, dispone che l'Aima proceda all'aggiornamento dell'elenco dei produttori titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti con la comunicazione di cui al comma 5, dell'art. 2. Tali aggiornamenti andranno a sostituire ad ogni effetto i bollettini pubblicati precedentemente. Ai fini delle trattenute e del versamento del prelievo supplementare - come espressamente recita il medesimo art. 4 - gli acquirenti saranno tenuti a considerare esclusivamente le quote risultanti dal suddetto elenco. Quanto alla campagna 1998-1999, l'art. 5, in espressa deroga all'art. 01 del d.-l. n. 11 del 1997, convertito in legge n. 81 del 1997, attribuisce nuovamente all'Aima la competenza in ordine alla redazione degli elenchi dei produttori titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti per il periodo 1998-1999. 4. - Il d.-l. n. 411 del 1997 sopradescritto e' poi stato convertito con modificazioni in legge 27 gennaio 1998, n. 5 (impugnata dalla regione Veneto con ricorso n.r.g. 19/1998, pendente avanti codesta ecc.ma Corte), che, cosi' come il d.-l. convertito, contiene disposizioni gravemente lesive delle prerogative costituzionalmente garantite alle regioni. Nelle more della conversione in legge del d.-l. n. 411 del 1997, il Ministero per le politiche agricole aveva inoltre adottato il d.m. 16 gennaio 1998, recante "Modalita' per lo svolgimento degli accertamenti in materia di produzione lattiera ai sensi dell'art. 2, comma 10, del decreto-legge 1 dicembre 1997, n. 411". La legge di conversione del d.-l. piu' volte menzionato apportava pero' una modificazione proprio all'art. 2, comma 10, stabilendo che il decreto ministeriale attuativo ivi previsto avrebbe dovuto disciplinare, oltre che le modalita' per l'istruttoria dei ricorsi di riesame (come previsto nell'originario testo del comma 10, dell'art. 2), anche le altre modalita' di applicazione del decreto-legge convertito. Di conseguenza, il Ministero, in sostituzione del d.m. 16 gennaio 1998 piu' sopra menzionato, ha adottato il d.m. 17 febbraio 1998, che, oltre ad apportare sostanziali modifiche ed integrazioni al d.m. sostituito, contiene altresi' diverse disposizioni introdotte ex novo ad ulteriore aggravamento della compressione delle prerogative regionali nel settore lattiero-caseario. D i r i t t o 1. - Quanto all'intero d.m. 17 febbraio 1998, violazione degli artt. 5, 97, 115, 177 e 118 Cost., anche in riferimento all'art. 17 della legge n. 400 del 1988. Il d.m. 17 febbraio 1998 trae il proprio fondamento dall'art. 2, comma 10, del d.-l. n. 411 del 1997, cosi' come convertito in legge n. 5 del 1998, che attribuisce al Ministro delle politiche agricole, di intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, il potere di disciplinare le modalita' per l'istruttoria dei ricorsi di riesame e le altre modalita' di applicazione del decreto stesso. Trattasi, dunque, chiaramente di un atto normativo secondario, che non puo' validamente disporre norme incompatibili con quelle contenute in atti legislativi (e dunque con quelle contenute nel d.-l. n. 411 del 1997), ma che, viceversa, ha il solo compito di dare concreta attuazione alle norme sovraordinate, in conformita', peraltro, con quanto espressamente disposto dallo stesso comma 10, dell'art. 2 piu' sopra citato, dal quale trae fondamento. In altri termini, il d.m. in questione, per sua natura, potrebbe solo eseguire e sviluppare la disciplina stabilita dal d.-l. n. 411 del 1997, convertito in legge n. 5 del 1998, (gia' comunque di per se' gravemente lesiva delle prerogative costituzionalmente garantite alle regioni nel settore de quo), ma non certo modificare, integrare od innovare le disposizioni legislative delle quali pretende di dare attuazione, ai fini di superare i problemi dalle stesse suscitati. Viceversa, il d.m. 17 febbraio 1998, lungi dal limitarsi ad attuare il d.-l. n. 411 del 1997, introduce, ad integrazione e modifica della stessa fonte legislativa disposizioni che vanno ad aggravare la gia' insopportabile estromissione delle regioni dal governo del settore lattiero-caseario. In particolare, come in dettaglio si dimostrera' piu' avanti, l'art. 1 del d.m. in questione, introduce e disciplina le modalita' di determinazione del numero di capi da parte dell'Aima (comma 1) e le modalita' di trattamento delle cosi' dette anomalie dichiarative (comma 2), stabilendo altresi', quali conseguenze sanzionatorie, la revoca o la riduzione delle quote a norma degli artt. 2 e 3 del d.P.R. n. 569 del 1993 (comma 3); l'art. 5, comma 2, ai fini di ovviare alle illogiche disposizioni introdotte dal d.-l. n. 411 del 1997, convertito in legge n. 5 del 1998, in riferimento alla decorrenza del termine per la presentazione alle regioni dei ricorsi di riesame, prevede la ancor piu' illogica possibilita' in capo all'Aima di non tenere in considerazione l'esito dei medesimi; l'art. 8 attribuisce all'Aima la competenza, assolutamente non prevista dalla fonte legislativa, in ordine alla localizzazione delle aziende ubicate in comuni parzialmente delimitati ai sensi dell'art. 3, paragrafi 3, 4 e 5 della direttiva CEE n. 268/1975. Le singole disposizioni introdotte ad integrazione del d.-l. n. 411 del 1997 sono dunque per tale solo motivo illegittime, in quanto estranee all'oggetto del conferimento operato dall'art. 2, comma 10, del d.-l. n. 411 del 1997, cosi' come convertito in legge n. 5 del 1998. Ma tali integrazioni sono di tal natura e numero da travolgere altresi' l'intera struttura del d.m. de quo. 2. - Quanto all'art. 7, violazione degli artt. 5, 97, 115, 117 e 118 Cost., anche in riferimento al principio di leale cooperazione, e alla legge n. 59 del 1997, alla legge 28 marzo 1997, n. 81, alla legge 3 luglio 1997, n. 204 e al d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143, nonche' alla relativa legge di delegazione 4 dicembre 1993, n. 491. L'intero decreto presuppone in capo al Ministero e poi l'art. 7 attribuisce espressamente in capo al medesimo l'attivita' di coordinamento necessaria ai fini dell'uniforme applicazione del decreto sul territorio nazionale. Al di la' della denominazione, l'articolo in questione attribuisce al Ministero un vero e proprio potere di indirizzo e coordinamento al di fuori delle regole stabilite dalla Costituzione e recepite dalla costante giurisprudenza costituzionale, dalla legge n. 400 del 1988 ed ulteriormente dall'art. 8 della legge n. 59 del 1997. Tale ultima disposizione, infatti, stabilisce che gli atti di indirizzo e coordinamento delle funzioni amministrative regionali, anche solo gli atti di coordinamento tecnico, nonche' le direttive relative all'esercizio delle funzioni delegate, debbono essere adottate dal Consiglio dei Ministri e previa intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, o con la singola regione interessata. Inoltre, suddetto riconoscimento di competenze in capo al Ministero, oltre che incidere direttamente su prerogative regionali, si scontra con le ormai note incapacita' dimostrate dallo stesso Ministero e dall'Aima nella gestione del settore e rilevate dalla stessa Commissione governativa d'indagine, e percio' potenzialmente aggrava la gia' grave situazione in cui versa lo stesso settore lattiero-caseario. Al di la' di tali ovvie considerazioni di opportunita', comunque la lesione delle norme costituzionali in epigrafe e' evidente: le regioni vengono, infatti, dichiaratamente spossessate di qualsivoglia potere di intervento e relegate ad un ruolo meramente esecutivo, per di piu' nell'ambito di un quadro procedurale che, per quanto confuso, e' pur sempre accentrato a livello nazionale, e dunque insuscettibile di adeguamento alcuno alle particolari situazioni locali. 3. - Quanto all'art. 8, violazione degli artt. 5, 97, 115, 117 e 118 Cost., anche in riferimento al principio di leale cooperazione, alla legge 28 marzo 1997, n. 81, alla legge 3 luglio 1997, n. 204 e al d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143, nonche' alla relativa legge di delegazione 4 dicembre 1993, n. 493. Il d.m. contestato, sia nel suo insieme che con particolare riguardo all'art. 8, conferma in capo all'Aima compiti di aggiornamento degli elenchi dei produttori titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti. Tale disciplina costituisce un evidente e grave arretramento rispetto al riparto di competenze tra Stato e regione imposto dagli artt. 117 e 118 della Costituzione e da ultimo, seppure solo formalmente, riconosciuto dalle leggi nn. 81 e 204 del 1997 e dal d.lgs. 143 del 1997. Inoltre, l'art. 8, commi 2 e 3, attribuisce all'Aima - seppure con il concorso, ma non con l'intesa delle regioni e province autonome - la competenza in ordine alla determinazione dell'esatta localizzazione delle aziende ubicate in comuni parzialmente delimitati ai sensi dell'art. 3, paragrafi 3, 4, e 5 della direttiva CEE n. 268/1975 per l'applicazione dell'art. 2, comma 1, lett. a) e b) del d.-l. n. 727 del 1994, convertito in legge n. 46 del 1995, ovvero ai fini della esclusione dalla riduzione delle quote A e B ivi prevista dei produttori le cui aziende sono ubicate in comuni montani, nelle zone svantaggiate e ad esse equiparate nonche' nelle isole. Il conferimento a livello centrale di tale competenza incide, oltre che sulle attribuzioni in materia di agricoltura, sullo stesso potere delle regioni di governo e controllo del territorio, quale proprio e principale elemento costitutivo, in evidente violazione della Costituzione e dei principi di buon andamento ed economicita' dell'azione amministrativa. Violato, altresi', e' il principio di leale cooperazione, poiche' il procedimento previsto dalla disposizione censurata non prevede l'intesa con le regioni interessate ma si limita semplicemente ad ammettere il loro "concorso". 4. - Ouanto in particolare all'art. 1, commi 1 e 2, violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 97, 115, 117 e 118 Cost, anche in riferimento all'art. 17 della legge n. 400 del 1988. Il comma 1, dell'art. 1, del d.m. in oggetto stabilisce le modalita' di determinazione del numero di vacche da parte dell'Aima, in particolare disponendo che si debba prendere in considerazione il minor numero di capi tra quello risultante dal modello L1 e quello accertato in sede di rilevazione delle A.S.L. a norma del d.-l. n. 130 del 1997, e che in assenza di riscontro con la suddetta rilevazione il modello L1 deve essere assimilato all'ipotesi del modello L1 privo dell'indicazione del numero di capi o con capi indicati uguali a zero, con il conseguente azzeramento della produzione. Il successivo comma 2, determina le modalita' di trattamento delle cosi' dette "anomalie dichiarative", gia' individuate dall'art. 2 del d.-l. n. 411 del 1997 stabilendo l'automatico azzeramento della quota o una sua consistente, quanto arbitraria, riduzione. Tali disposizioni nel loro complesso sono in primo luogo in contrasto con quanto previsto dallo stesso d.-l. n. 411 del 1997, che, all'art. 2, impone all'Aima di accertare gli effettivi quantitativi di latte prodotto e commercializzato per i periodi 1995-1996 e 1996-1997 con particolare riguardo alle casistiche individuate. Infatti, per mezzo del d.m. qui contestato il Ministero, stabilendo che la sola rilevazione dell'anomalia dichiarativa comporti l'azzeramento o la drastica riduzione della quota ha sollevato l'Aima da qualsivoglia onere di accertamento. Tale conseguenza deriva anche da quanto disposto dal primo comma, che, nel caso in cui il modello L1 non sia stato verificato per mezzo della rilevazione straordinaria di cui al d.-l. n. 130 del 1997, stabilisce, in assenza di ulteriori verifiche da parte dell'Aima l'automatico azzeramento della produzione. Le disposizioni sopra descritte, in evidente violazione della fonte legislativa che pretendono di attuare, sono in tutta evidenza destinate a produrre distorsioni enormi agli effetti dell'accertamento della effettiva produzione nazionale, con conseguente pregiudizio per le singole produzioni regionali, in quanto di fatto impediscono qualsivolia accertamento ancora una volta in evidente spregio delle potesta' programmatorie costituzionalmente riconosciute alle regioni nel governo del settore. Inoltre, l'omessa verifica da parte dell'Aima della effettiva produzione in capo alle aziende e l'automatismo introdotto in termini di decurtazione della produzione stessa, del tutto verosimilmente, portera' al moltiplicarsi dei ricorsi di riesame, con ovvio conseguente aggravio delle competenze meramente esecutive attribuite alle regioni. 5. - Quanto agli art. 3 e 4, violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 97, 115, 117 e 118 Cost. L'art. 3 descrive in dettaglio le modalita' di presentazione dei ricorsi di riesame. Tra l'altro, stabilisce che gli stessi possono essere presentati esclusivamente attraverso il modulo in fac-simile allegato al decreto medesimo (comma 1); che le regioni e le province ai fini dell'istruttoria possono costituire apposite commissioni delle quali puo' fare parte un veterinario delle A.S.L. competente per territorio o del servizio veterinario regionale (comma 3); che a seguito dell'istruttoria le regioni debbono convocare i produttori ricorrenti per l'esame di merito in contraddittorio, del quale deve poi essere redatto apposito verbale (comma 4). Tale disciplina, nel descrivere minuziosamente le modalita' dell'istruttoria dei ricorsi in oggetto, nel prevedere la presentazione di apposito modulo predisposto dal Ministero, nel prefigurare la costituzione di apposite commissioni e dei relativi componenti, oltre a frustare le prerogative regionali, va in tutta evidenza ad incidere sulla stessa autorganizzazione delle regioni, che, per costante giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, e' alle stesse riservata come parte costitutiva della loro autonomia costituzionalmente garantita. Quanto all'art. 4, ivi e' descritta, separatamente per ciascuna delle casistiche individuate, la documentazione che deve essere necessariamente allegata ai ricorsi di riesame. La suddetta elencazione e' a tal punto dettagliata da non lasciare alcun margine di discrezionalita' alle regioni, con la conseguenza che le stesse, prima investite della competenza in ordine alla decisione dei suddetti ricorsi in assenza peraltro di qualunque copertura finanziaria, si vedono ora spogliate della stessa possibilita' di stabilire la documentazione necessaria ai fini dell'istruttoria e della decisione dei medesimi. 6. - Quanto all'art. 5, commi 1 e 2, violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 97, 115, 117 e 118 Cost. L'art. 5, comma 1, stabilisce che i verbali redatti dall regioni in esito alla decisione dei ricorsi di riesame debbono essere progressivamente trasmessi all'Aima con cadenza settimanale, e comunque non oltre il termine di 60 giorni previsto dall'art. 2, comma 8, del d.-l. n. 411 del 1997. In presenza del presumibile aumento dei ricorsi - per le ragioni piu' sopra esposte sub. 4 - il termine di sessanta giorni imposto alle regioni per la decisione dei ricorsi medesimi risulta arbitrario ed esiguo, e ancor piu' violativo dell'art. 97 della Costituzione in riferimento alle prerogative regionali. Il comma 2 del medesimo art. 5 stabilisce che l'Aima provvede a verificare il rispetto dei termini per la presentazione alla regione dei ricorsi di riesame, di cui al comma 5 dell'art. 2 del d.-l. n. 411 del 1997, convertito in legge n. 8 del 1998 (ovvero, quindici giorni dalla ricezione della comunicazione afferente i quantitativi di riferimento accertati dall'Aima), e che nel caso in cui da tale verifica risulti il mancato rispetto dei detti termini il ricorso non e' preso in considerazione indipendentemente dall'esito dell'istruttoria effettuata dalle regioni o dalla province autonome. Tale "accorgimento" si e' reso necessario in considerazione del fatto che il termine di presentazione dei ricorsi di riesame decorre dalla comunicazione da parte dell'Aima ai singoli produttori con raccomandata r.r. dei dati relativi alla produzione accertata: poiche' la regione non puo' conoscere tale data, essa non puo' neppure valutare la ricevibilita' dei ricorsi che deve istruire. L'art. 5, comma 2, sopra illustrato, prefigurando dunque la possibile - e probabile - mancata utilizzazione degli accertamenti svolti dalle regioni, e' prima facie contrario al principio di buon andamento e di economicita' dell'azione amministrativa, nonche' evidentemente violativo delle competenze regionali. Si dimostra, dunque, la fondatezza delle censure gia' formulate avverso il d.-l. n. 411 del 1997 e la relativa legge di conversione in riferimento alla decorrenza del termine di presentazione dei ricorsi de quibus. In base al combinato disposto delle disposizioni legislative e di quelle ex novo introdotte per mezzo del d.m. qui contestato le regioni sono state dunque investite di onerose incombenze in assenza di qualsivoglia risorsa finanziaria; le stesse regioni devono di conseguenza provvedere con mezzi propri alla predisposizione dei mezzi necessari a far fronte a tali incombenti, per giunta con il rischio che il lavoro svolto si dimostri poi del tutto inutile per problemi di intempestivita' di presentazione dei ricorsi, che le stesse non sono in grado di valutare ex ante.
P. Q. M. La regione ricorrente chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso al Ministero delle politiche agricole, dare attuazione al d.-l. 1 dicembre1997, n. 411, convertito in legge 27 gennaio 1998, n. 5, con il d.m. 17 febbraio 1998, pubblicato in Gazzetta Ufficiale ser. gen. n. 42 del 20 febbraio 1998 (in violazione degli artt. 5, 97, 115, 117 e 118 Cost.), e per conseguenza annullare il d.m. impugnato nella sua totalita' e in particolare quanto agli artt. 1, commi 1 e 2; 3, 4 e 5, commi 1 e 2; 7 e 8. Milano-Roma, addi' 16 aprile 1998. prof. avv. Ferrari - prof. avv. Luciani 98C0535