N. 200 SENTENZA 20 maggio - 3 giugno 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Impiego  pubblico  -  Dipendenti  del  Ministero  degli   esteri   -
 Assegnazione di alloggi in locazione - Versamento all'amministrazione
 di  un  canone  corrispondente  ad una percentuale dell'indennita' di
 servizio  all'estero  -  Ragionevolezza  -  Inammissibilita'  -   Non
 fondatezza.
 
 (D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, art. 84, quarto comma).
 
 (Cost., artt. 3, 76 e 97).
 
(GU n.23 del 10-6-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 84, quarto
 comma, del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n.
 18 (Ordinamento dell'amministrazione degli affari  esteri),  promosso
 con  ordinanza  emessa il 23 gennaio - 20 febbraio 1997 dal tribunale
 amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto  da  Severino
 Natale  ed  altri contro il Ministero degli affari esteri iscritta al
 n. 422 del  registro  ordinanze  1997  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  28, prima serie speciale, dell'anno
 1997;
   Visto l'atto di costituzione di  Baldi  Renata  nonche'  l'atto  di
 intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica del 10 marzo 1998 il giudice relatore
 Fernando Santosuosso;
   Uditi l'avvocato Federico Sorrentino per Baldi Renata e  l'avvocato
 dello  Stato  Vincenzo  Nunziata  per il Presidente del Consiglio dei
 Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel 1990 alcuni dipendenti del Ministero degli  affari  esteri
 in  servizio  a Mosca (rivestenti varie qualifiche, diverse da quella
 diplomatica)  proponevano   ricorso   al   tribunale   amministrativo
 regionale   del   Lazio,   chiedendo   l'annullamento   dei   decreti
 ministeriali con cui era stato  determinato  -  nella  misura  minima
 prevista  dall'art.  84 del d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18 (Ordinamento
 dell'amministrazione degli  affari  esteri)  -  il  canone  che  essi
 dovevano  corrispondere per gli alloggi loro concessi dall'ambasciata
 italiana nella capitale russa.
   Con ordinanza emessa in data 23  gennaio  20  -  febbraio  1997  il
 T.A.R.,  ritenendo che i suddetti decreti ministeriali siano conformi
 al  citato  d.P.R.  n.  18  del  1967,  ha  sollevato  questione   di
 legittimita' costituzionale dell'art. 84, quarto comma, dello stesso,
 lamentando la violazione degli artt. 3, 76 e 97 della Costituzione.
   2.  -  La  norma  impugnata dispone che, in caso di assegnazione di
 alloggi presi in fitto dal Ministero degli esteri,  i  dipendenti  di
 ruolo debbano versare all'amministrazione un canone corrispondente ad
 una  percentuale  dell'indennita'  di  servizio  all'estero,  da loro
 percepita, non inferiore ad un settimo e non superiore ad un  quinto,
 indipendentemente dall'effettiva somma corrisposta dall'ambasciata al
 locatore.  In  particolare,  per  gli  alloggi moscoviti verrebbe, in
 genere,  trattenuta  una  somma  superiore  al  doppio   dei   canoni
 (comprensivi  delle  spese di riscaldamento) realmente corrisposti al
 Governo russo che li fornisce.
   3. - Il tribunale amministrativo regionale ritiene che la rigidita'
 delle decurtazioni previste dalla norma impugnata sia  irragionevole,
 risultando   sproporzionata   rispetto   agli   oneri  effettivamente
 sostenuti  dall'amministrazione,  e  sia  lesiva  del  principio   di
 uguaglianza,  "finendo con l'avvantaggiare i dipendenti che ottengono
 alloggi piu' costosi e confortevoli a danno di quelli  che  fruiscono
 di alloggi modesti, piccoli e meno costosi".
   Essa  sarebbe,  inoltre,  contraria  a  quanto previsto dalla legge
 delega (legge 13 luglio 1965, n. 891, recante Ê"delega al Governo per
 l'emanazione di norme relative  all'ordinamento  dell'amministrazione
 degli  affari  esteri"), la quale, all'art. 3, n. 6), ha disposto che
 le norme delegate  determinino  "il  riordinamento  del  sistema  del
 trattamento  economico  del  personale  in  servizio  all'estero  ...
 tendente in particolare all'adeguamento degli assegni all'estero agli
 effettivi oneri dipendenti dallo svolgimento  delle  varie  funzioni,
 anche  in  connessione  con  l'eventuale rimborso, totale o parziale,
 delle spese di alloggio e di quelle di viaggioÿ e con  una  serie  di
 altri elementi.
   Infine,   sarebbe  violato  il  "generalissimo  principio  di  buon
 andamento della pubblica amministrazione".
   4. - Si e' costituita nel giudizio avanti alla Corte costituzionale
 la signora Renata Baldi, ricorrente nel giudizio principale,  che  ha
 pure depositato una memoria in prossimita' dell'udienza.
   La  parte  privata riprende e sviluppa le argomentazioni svolte dal
 giudice a quo.
   In primo luogo, sottolinea che la violazione degli  artt.  3  e  76
 della  Costituzione deriva dal fatto che Ê"l'astrattezza con la quale
 il legislatore delegato ha dettato la disciplina delle trattenute per
 coloro che fruiscono di alloggio  in  immobili  presi  in  fitto  dal
 Ministero degli affari esteri non consente di attribuire rilievo alle
 diverse  situazioni  concrete  e  quindi  ai  costi  effettivi  degli
 alloggi, avvantaggiando in molti  casi  i  dipendenti  che  ottengono
 alloggi  piu'  costosi e confortevoli a danno di quelli che fruiscono
 di alloggi modesti".
   D'altra parte, l'indennita' oggetto di trattenuta  e'  destinata  a
 sopperire  agli  oneri  del  servizio all'estero ed e' commisurata ad
 essi (tra i quali vi e' il costo degli  alloggi  nella  sede  ove  si
 presta  servizio):  "ne  discende  allora  che, quando il costo degli
 alloggi sia relativamente basso, e' assai probabile che  esso  incida
 in  misura assai inferiore al settimo dell'indennita' stessa, onde la
 sua decurtazione, anche nella misura minima, rischia di far  perdere,
 in  tutto  o  in  parte,  all'indennita'  stessa  quella  funzione di
 adeguamento  al   costo   della   vita   cui   e'   istituzionalmente
 preordinataÿ..
   Infine,  la  norma  impugnata  violerebbe  anche  l'art.  97  della
 Costituzione  "sia  per  la  mancata  predeterminazione  di   criteri
 orientativi dell'amministrazione nell'assegnazione degli alloggi tale
 da impedire favoritismi ed arbitri, sia per l'adozione di un criterio
 inidoneo  ...  ad adeguare ai costi effettivi degli alloggi gli oneri
 per gli interessatiÿ.
   5. - E' intervenuto nel giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, sostenendo che, per quanto concerne il contrasto con gli  art.
 76 e 97 della Costituzione, la questione e' inammissibile per difetto
 di motivazione, mentre, con riferimento all'art. 3, e' infondata.
   Infatti  la  norma  impugnata,  Ê"proprio  in ossequio all'invocato
 principio di uguaglianza, ha fissato la misura minima e  massima  del
 canone,  attribuendo  al  Ministro  degli  affari esteri il potere di
 stabilire,  con  decreto,  l'entita'  del  canone  alla  luce   delle
 caratteristiche    dell'alloggio   e   dell'eventuale   arredamento".
 Pertanto, la lamentata sperequazione sarebbe un dato di  mero  fatto,
 derivante  Ê"dalla  casualita'  con  la  quale  vengono assegnati gli
 alloggi   e   dall'estrema   variabilita'    delle    dimensioni    e
 caratteristiche degli stessi".
                        Considerato in diritto
   1.  -  Il tribunale amministrativo regionale del Lazio dubita della
 legittimita' costituzionale dell'art. 84, quarto comma, del d.P.R.  5
 gennaio 1967, n. 18 (Ordinamento  dell'amministrazione  degli  affari
 esteri),  nella  parte  in  cui introduce un elemento di rigidita' ed
 astrattezza nella determinazione del canone degli alloggi forniti  al
 personale  in  servizio all'estero, in riferimento agli artt. 3, 76 e
 97 della Costituzione.
   2. - La questione deve innanzitutto essere dichiarata inammissibile
 in riferimento all'art. 97 della Costituzione:  il  T.A.R.,  infatti,
 non  spende  alcuna parola per motivare l'asserita violazione di tale
 norma costituzionale.
   3. - Riguardo agli altri parametri la questione non e' fondata.
   L'art. 84, secondo comma, del decreto  legislativo  citato  prevede
 che   Ê"qualora   ricorrano   particolari  ragioni  connesse  con  la
 situazione del Paese e finche' le  stesse  permangano,  il  Ministero
 degli affari esteri puo' concedere in uso al personale locali siti in
 immobili  presi  in  fitto".  Il  quarto comma, impugnato dal T.A.R.,
 dispone che, per tali alloggi, i dipendenti di ruolo debbano  versare
 all'amministrazione  un  canone  corrispondente  ad  una  percentuale
 dell'indennita'  di  servizio  all'estero,  da  loro  percepita,  non
 inferiore  ad  un  settimo  e  non  superiore ad un quinto (mentre al
 personale a contratto dev'essere  trattenuta  un'analoga  percentuale
 della  retribuzione  mensile),  Ê"in  relazione  alle caratteristiche
 dell'alloggio  e  dell'eventuale  arredamento"  ed  indipendentemente
 dall'effettiva somma corrisposta dall'ambasciata al locatore.
   Al contrario di quanto sostiene il giudice a quo, tale disposizione
 non  appare  irragionevole:  essa  prevede  una  forma  di intervento
 dell'amministrazione di carattere eccezionale, temporaneo e  comunque
 facoltativo, mentre la regola generale in materia e' che i dipendenti
 in servizio all'estero provvedano da soli a reperire gli alloggi loro
 necessari  e che ai sensi dell'art. 178 del d.P.R. n. 18 del 1967, il
 Ministero eroghi loro un  contributo  per  le  spese  di  abitazione,
 qualora  queste  superino  la quota del 20% dell'indennita' personale
 (indennita' che risulta dal cumulo di quella di  servizio  all'estero
 con gli eventuali aumenti per i carichi di famiglia).
   Nel caso in cui sussista la predetta situazione particolare occorre
 considerare  che il legislatore delegato, nella sua discrezionalita',
 ha ritenuto di operare una scelta semplificatrice,  individuando  una
 misura  mediamente corrispondente al costo degli alloggi per i propri
 dipendenti. In tale costo vanno ricompresi anche gli oneri sopportati
 esclusivamente dal medesimo Ministero nei periodi in  cui  l'alloggio
 rimanga  inutilizzato  a causa del trasferimento ad altra sede di chi
 ne fruiva o in conseguenza degli accordi eventualmente conclusi con i
 dipendenti, in base ai quali l'amministrazione assume su di se' tutte
 le spese, anche di manutenzione ordinaria.
   D'altra parte, la norma impugnata consente una certa  flessibilita'
 nella  determinazione del canone, che puo' variare da un minimo di un
 settimo ad un  massimo  di  un  quinto  dell'indennita'  di  servizio
 all'estero. Questa misura risulta comunque inferiore, in percentuale,
 a quella che sarebbe sopportata dal dipendente in condizioni normali,
 qualora l'amministrazione non gli procuri l'alloggio: infatti, in tal
 caso  -  come  gia'  ricordato - l'art. 178 del d.P.R. n. 18 del 1967
 prevede un contributo del Ministero per le spese  di  abitazione  dei
 propri  dipendenti  all'estero  solo ove queste siano superiori ad un
 quinto dell'indennita' personale da essi percepita.
   4.  -  La  norma  impugnata  non  viola  nemmeno  il  principio  di
 eguaglianza,  come  lamenta  il  giudice a quo, secondo cui finirebbe
 Ê"con l'avvantaggiare i dipendenti che ottengono alloggi piu' costosi
 e confortevoli a danno di quelli che fruiscono  di  alloggi  modesti,
 piccoli e meno costosi".
   Essa,  infatti,  impone  al  Ministero  di  fissare il canone degli
 immobili  concessi  al  proprio   personale   Ê"in   relazione   alle
 caratteristiche   dell'alloggio  e  dell'eventuale  arredamento":  la
 casualita'  nell'assegnazione  delle  diverse  abitazioni   ai   vari
 dipendenti  in  servizio a Mosca e l'uniformita' nella determinazione
 del   relativo   canone,   denunciate   dal   T.A.R.   e   confermate
 dall'Avvocatura  dello  Stato,  non  sono conseguenze derivanti dalla
 norma considerata nel suo contenuto precettivo,  ma  piuttosto  dalla
 sua  applicazione  in concreto. Ci si trova, dunque, di fronte ad una
 eventuale disparita'  di  trattamento  di  mero  fatto,  che  non  ha
 rilevanza  ai  fini  della  verifica  della  costituzionalita'  della
 disposizione censurata, come ripetutamente affermato da questa  Corte
 (si vedano, da ultime, le sentenze n. 417 del 1996, n. 175 del 1997 e
 n. 18 del 1998).
   5.  -  Parimenti  non  e'  violato  l'art.  76  della Costituzione,
 attraverso la norma interposta rappresentata dalla  legge  delega  n.
 891 del 1965.
   Quest'ultima,  all'art.  3,  n.  6),  precisa che la determinazione
 degli assegni percepiti dal personale  in  servizio  all'estero  deve
 avvenire  secondo  un  criterio che tenga conto di vari elementi, tra
 cui l'eventuale rimborso delle spese di alloggio  e  di  viaggio,  il
 trattamento  di missione e, soprattutto, l'adeguamento Ê"tendenziale"
 agli  effettivi  oneri  sopportati  dal  personale  a   causa   dello
 svolgimento  delle  funzioni.  Non  e',  dunque, prescritto che debba
 esservi una perfetta corrispondenza tra  l'ammontare  dell'indennita'
 di  servizio  all'estero  ed  i  suddetti  oneri,  per cui non appare
 censurabile il d.P.R. n. 18 del 1967 (che ha, peraltro,  operato  una
 complessiva   revisione   del  sistema  retributivo  ed  indennitario
 previsto per il personale del Ministero degli esteri). Esso, all'art.
 171,  ha disposto che la predetta indennita' sia calcolata sulla base
 di diversi parametri -  quali  il  costo  della  vita,  quello  degli
 alloggi,  del  personale domestico e dei servizi, il corso dei cambi,
 ed anche le condizioni disagiate della sede - introducendo cosi'  una
 sufficiente  correlazione  con  gli  oneri  sopportati dal personale.
 Conseguentemente, anche l'art.  84 impugnato, che collega  la  misura
 del  canone  dovuto  per  gli  alloggi  forniti  dall'amministrazione
 all'indennita' di cui si tratta, non appare contrastante con la legge
 delega.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara inammissibile la questione di legittimita'  costituzionale
 dell'art.  84,  quarto  comma,  del  d.P.R.  5  gennaio  1967,  n. 18
 (Ordinamento dell'amministrazione degli affari esteri), sollevata, in
 riferimento   all'art.   97   della   Costituzione,   dal   tribunale
 amministrativo  regionale  del  Lazio  con  l'ordinanza  indicata  in
 epigrafe;
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  84,  quarto  comma,  del  d.P.R.  5  gennaio  1967,  n. 18
 (Ordinamento dell'amministrazione degli affari esteri), sollevata, in
 riferimento agli artt.  3  e  76  della  Costituzione,  dal  medesimo
 tribunale con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  dalla  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 maggio 1998.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Santosuosso
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 3 giugno 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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