N. 207 ORDINANZA 20 maggio - 3 giugno 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo   penale   -   Incompatibilita'   del  giudice  -  G.i.p.  -
 Restituzione degli atti al  p.m.  -  Nuovo  provvedimento  conclusivo
 dell'udienza  preliminare  -  Emissione  per  gli  stessi fatti e nei
 confronti del medesimo imputato, di decreto di rinvio  a  giudizio  -
 Mancata  previsione  tra  le  cause  di  incompatibilita'  -  Analoga
 questione gia' dichiarata manifestamente infondata  dalla  Corte  per
 erroneita'   dei   presupposti   interpretativi  (vedi  ordinanza  n.
 367/1997) - Manifesta infondatezza.
 
 (C.P.P., art. 34, comma 2).
 
 (Cost., artt. 3 e 24).
 
(GU n.23 del 10-6-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2,
 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa  il  16
 luglio  1997  dal  giudice  per  le  indagini  preliminari  presso il
 Tribunale di Brescia nel procedimento penale  a  carico  di  Vittorio
 Sgarbi,  iscritta  al n. 827 del registro ordinanze 1997 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  48,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1997;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di  consiglio  del  7  aprile  1998  il  giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
   Ritenuto  che,  con  ordinanza emessa il 16 luglio 1997, il giudice
 per le indagini preliminari presso il tribunale di Brescia -  dovendo
 adottare,  a  seguito  della  restituzione  degli  atti  al  pubblico
 ministero, disposta dal tribunale, un nuovo provvedimento  conclusivo
 dell'udienza preliminare dopo avere emesso per gli stessi fatti e nei
 confronti  del medesimo imputato un decreto di rinvio a giudizio - ha
 sollevato, in riferimento agli  artt.  3  e  24  della  Costituzione,
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del
 codice di procedura penale, nella parte in  cui  non  prevede  questa
 ipotesi  tra  le cause di incompatibilita' del giudice determinata da
 atti compiuti nel procedimento;
     che  l'ordinanza  di   rimessione   ricorda   che,   secondo   la
 giurisprudenza  costituzionale,  in  sede  di  udienza preliminare il
 giudice ha il compito di controllare la legittimita' della domanda di
 giudizio avanzata dal pubblico  ministero,  e  non  di  accertare  la
 verita'  materiale  dei fatti o di esprimere giudizi sul merito della
 responsabilita' dell'imputato (ordinanza n. 24 del 1996; sentenza  n.
 64 del 1991 e ordinanza n.  252 del 1991); tuttavia il giudice non si
 limiterebbe  ad una mera verifica dei requisiti formali della pretesa
 punitiva e ad  una  acritica  ricognizione  del  materiale  ricevuto,
 dovendo  evitare  la  celebrazione  di  un  dibattimento  superfluo e
 valutare,  quindi, l'adeguatezza delle fonti di prova, tanto piu' che
 la modifica dell'art. 425 cod. proc.  pen. avrebbe ampliato i  poteri
 valutativi  del  giudice  (mentre nel testo iniziale si prevedeva che
 nell'udienza preliminare  fosse  emanata  sentenza  di  non  luogo  a
 procedere  solo  se  risultasse  "evidente"  la  causa che consentiva
 l'adozione di quella pronuncia, successivamente  la  legge  8  aprile
 1993, n. 105, ha abrogato il requisito della "evidenza");
    che   l'omessa   previsione   dell'incompatibilita'   del  giudice
 dell'udienza preliminare investito  della  valutazione  degli  stessi
 fatti  per  i quali abbia in precedenza disposto il rinvio a giudizio
 potrebbe essere in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione,
 essendo intaccata l'imparzialita' del giudice;
    che e' intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 chiedendo  che  la   questione   sia   dichiarata   inammissibile   o
 manifestamente  infondata, giacche' l'incompatibilita' presuppone che
 il convincimento gia'  espresso  dal  giudice  possa  incidere  sulla
 valutazione del merito; valutazione estranea all'udienza preliminare,
 che  costituisce  solo un momento processuale interlocutorio, diretto
 ad accertare la legittimita' della richiesta di rinvio a giudizio.
   Considerato  che,  successivamente  all'ordinanza  di   rimessione,
 analoga  questione  e'  stata  dichiarata  manifestamente  infondata,
 essendo inesatto il presupposto interpretativo posto a base dei dubbi
 di legittimita' costituzionale (ordinanza n. 367 del  1997);  difatti
 nell'udienza  preliminare  il  giudice  non  e' chiamato ad esprimere
 valutazioni sul merito dell'accusa, ma  solo  a  verificare,  in  una
 delibazione  di  carattere processuale, la legittimita' della domanda
 di giudizio formulata dal pubblico  ministero,  sicche'  non  risulta
 pregiudicata  la  decisione  di  merito sull'oggetto del processo, in
 ordine  alla  quale  e'  destinato  ad  operare   il   regime   della
 incompatibilita';
    che  la  soppressione  del  termine "evidente" nel testo dell'art.
 425 cod. proc. pen. (disposta con la legge 8 aprile 1993, n. 105) non
 muta le caratteristiche e la funzione dell'udienza  preliminare,  che
 rimane  destinata  a  valutare  se si possa o meno dare ingresso alla
 successiva fase del  dibattimento  per  il  giudizio  di  merito  (da
 ultimo, ordinanza n. 91 del 1998);
    che  l'ordinanza  di  rimessione non prospetta profili o argomenti
 nuovi rispetto a quelli gia' esaminati da questa  Corte,  sicche'  la
 questione deve essere dichiarata manifestamente infondata;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale,
 sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della  Costituzione,  dal
 giudice  per  le  indagini preliminari presso il tribunale di Brescia
 con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 maggio 1998.
                        Il Presidente: Granata
                        Il redattore: Mirabelli
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 3 giugno 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 98C0663