N. 208 ORDINANZA 20 maggio - 3 giugno 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Attribuzione al Pretore  della  competenza  per  il
 reato  di  rissa  aggravata  -  Identica  questione  gia'  dichiarata
 manifestamente infondata dalla Corte (vedi  ordinanze  nn.  423/1997,
 257/1995  e  139/1997)  -  Discrezionalita'  legislativa  - Manifesta
 infondatezza.
 
 (Legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, n. 12; c.p.p., art. 7,  comma
 2, lettera g)).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.23 del 10-6-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, n. 12, della
 legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa  al  Governo  della
 Repubblica  per  l'emanazione del nuovo codice di procedura penale) e
 dell'art. 7, comma 2, lettera g), del  codice  di  procedura  penale,
 promosso  con  ordinanza  emessa  il 23 settembre 1996 dal pretore di
 Enna, sezione distaccata di Piazza Armerina, nel procedimento  penale
 a  carico  di  Giuseppe  Messina  ed  altri,  iscritta  al n. 904 del
 registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1998;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di  consiglio  del  7  aprile  1998  il  giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
   Ritenuto  che  con ordinanza emessa il 23 settembre 1996 (pervenuta
 alla Corte costituzionale il  19  dicembre  1997)  nel  corso  di  un
 procedimento penale promosso con l'imputazione di rissa aggravata, il
 pretore di Enna, sezione distaccata di Piazza Armerina, ha sollevato,
 in   riferimento   all'art.   3   della  Costituzione,  questione  di
 legittimita' costituzionale della  disciplina  della  competenza  del
 pretore  dettata dall'art. 2, n. 12, della legge 16 febbraio 1987, n.
 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica  per  l'emanazione
 del  nuovo  codice  di  procedura  penale),  e  dall'art. 7, comma 2,
 lettera g), del  codice  di  procedura  penale,  che  attribuisce  al
 pretore la competenza per il reato di rissa aggravata;
     che  il  giudice  rimettente  osserva  che  la  legge  di  delega
 legislativa ed il codice di  procedura  penale  che  la  attua  hanno
 adottato,  per  determinare  la  competenza  per materia, un criterio
 misto, basato in via generale sulla quantita' della pena, mentre  per
 determinati   reati,   specificamente   indicati,  la  competenza  e'
 attribuita indipendentemente dalla pena  edittale,  in  base  ad  una
 valutazione  qualitativa.  In tal modo al pretore, competente secondo
 il criterio quantitativo per i reati puniti con  una  pena  detentiva
 non  superiore  nel  massimo  a  quattro anni di reclusione, e' stata
 attribuita  la  competenza,  tra  l'altro,  per  il  reato  di  rissa
 aggravata  (art. 588, secondo comma, cod. pen.), che e' punito con la
 pena della reclusione fino a cinque anni;
     che, ad avviso del pretore di Enna, sezione distaccata di  Piazza
 Armerina,  la  determinazione della competenza del giudice secondo un
 criterio qualitativo, accanto a quello quantitativo, darebbe luogo ad
 una disparita' di  trattamento  in  contrasto  con  l'art.  3  Cost.,
 giacche'  la  monocraticita'  dell'organo  e la semplificazione della
 procedura, che non  prevede  l'udienza  preliminare,  attribuirebbero
 minori  garanzie  all'imputato  giudicato dal pretore rispetto a chi,
 essendo imputato per un reato da considerare di pari gravita' in base
 alla pena edittale, e' invece sottoposto al giudizio del tribunale;
     che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione, analoga  ad  altre  sollevate  dal
 medesimo   pretore   e   gia'   dichiarate  manifestamente  infondate
 (ordinanza  n.     139   del   1997),   sia   egualmente   dichiarata
 manifestamente infondata;
   Considerato  che  la  delega legislativa per l'emanazione del nuovo
 codice di procedura penale ha previsto,  nella  determinazione  della
 competenza per materia, l'adozione di un criterio che tenga conto sia
 della  quantita'  della  pena  edittale  sia della qualita' del reato
 (art.  2,  numero  12,  della  legge  16  febbraio  1987,   n.   81),
 comprendendo  nella  competenza  del  pretore, oltre ai delitti per i
 quali la legge stabilisce una pena detentiva, sola  o  congiunta  con
 una  pena pecuniaria, non superiore nel massimo a quattro anni, anche
 altri delitti da indicare specificamente, tra i quali  il  codice  di
 procedura  penale  (art.  7,  comma  2) ha compreso il reato di rissa
 aggravata (art. 588, secondo comma, cod. pen.);
     che  la   asserita   disparita'   di   trattamento,   prospettata
 dall'ordinanza  di  rimessione  senza indicare rispetto a quali altri
 delitti attribuiti alla competenza del tribunale si affermi  la  pari
 gravita', tenderebbe in realta' ad escludere la compatibilita' con il
 principio  di  eguaglianza  della  deroga,  in base alla qualita' del
 reato, al criterio della pena edittale per determinare la  competenza
 per materia;
     che,  come  ha  gia'  affermato  questa  Corte  nel dichiarare la
 manifesta  infondatezza  di  un'identica  questione  di  legittimita'
 costituzionale  (ordinanza  n.  423 del 1997; per analoghe questioni,
 relative ad altre ipotesi di reato, ordinanze n. 257 del  1995  e  n.
 139   del   1997),   rientra   nelle  valutazioni  discrezionali  del
 legislatore   la   ripartizione,   effettuata   nei   limiti    della
 ragionevolezza,  della  competenza per materia tra i diversi giudici,
 senza che la differente composizione  dell'organo  giudicante  per  i
 diversi  reati  o  la  semplificazione del procedimento determini una
 disparita' di trattamento tra cittadini;
     che non sono stati prospettati profili o argomenti nuovi rispetto
 a  quelli  gia'  esaminati  dalla  Corte  e  pertanto la questione di
 legittimita' costituzionale ora  riproposta  deve  essere  dichiarata
 manifestamente infondata;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   dichiara la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  2, n. 12, della legge 16 febbraio 1987, n.
 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica  per  l'emanazione
 del  nuovo  codice  di  procedura  penale),  e  dell'art. 7, comma 2,
 lettera g), del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento
 all'art.    3  della  Costituzione,  dal  pretore  di  Enna,  sezione
 distaccata di Piazza Armerina, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 maggio 1998.
                        Il Presidente: Granata
                        Il redattore: Mirabelli
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 3 giugno 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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