N. 398 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 marzo 1998

                                N.  398
  Ordinanza emessa il 13 marzo 1998 dal giudice delegato del tribunale
 di  Fermo sul ricorso proposto da Magnalbo' Luciano contro fallimento
 ditta Sgariglia S.r.l.
 Privilegio - Privilegio generale sui mobili - Riconoscimento a favore
    dei crediti  vantati  dagli  iscritti  agli  albi  di  avvocato  e
    procuratore,  per  rivalsa  degli  oneri  contributivi obbligatori
    (art. 11, primo comma, legge  n,  576  del  1980)  e  per  rivalsa
    dell'I.V.A.,  (art.  18,  primo  comma,  d.P.R. n. 633 del 1972) -
    Mancata previsione - Disparita' di trattamento rispetto  a  quanto
    previsto,  sia pure limitatamente al credito di rivalsa del debito
    contributivo, per  gli  iscritti  all'albo  dei  commercialisti  -
    Lesione del principio di eguaglianza.
 (C.C.,  art. 2751-bis, n. 2, in relazione alla legge 29 gennaio 1986,
    n. 21, art. 11).
 (Cost., art. 3).
(GU n.24 del 17-6-1998 )
                          IL GIUDICE DELEGATO
   Scioglimento la riserva formulata all'udienza del 14  luglio  1997,
 ha emesso la seguente ordinanza.
   Con  ricorso depositato il giorno 11 luglio 1996, Magnalbo' Luciano
 proponeva  tardiva  insinuazione  al  passivo  del  fallimento  della
 societa' "Sgariglia S.r.l." - reso esecutivo in data 21 novembre l995
 -  domandando  l'ammissione  dei  propri crediti per corrispettivo di
 prestazioni professionali di avvocato svolte in  sede  stragiudiziale
 nel   corso   del   biennio  anteriore  al  deposito  della  sentenza
 dichiarativa del fallimento, invocandone la collocazione privilegiata
 di cui all'art.  2751-bis, n. 2, 2777, comma secondo, lettera  b),  e
 2776,  comma  secondo,  c.c., in considerazione della sua qualita' di
 soggetto iscritto all'albo professionale degli avvocati.
   Il ricorrente curava la notifica del ricorso e  si  costituiva  nel
 termine  di cui all'art. 98 L.F.  All'udienza di comparizione davanti
 al giudice delegato, il ricorrente precisava che  la  domanda  doveva
 intendersi  riferita  anche  ai  crediti  di  rivalsa  per contributi
 previdenziali  obbligatori  e  I.V.A.  e   produceva   documentazione
 consistente  in  copia  della  lettera  di  incarico  ricevuta  dalla
 societa' suddetta anteriormente  al  fallimento  e  sottoscritta  dal
 legale   rappresentante   della   medesima,  copia  del  ricorso  per
 ammissione alla procedura di  concordato  preventivo  predisposto  in
 esecuzione  del  detto  incarico  (senza  che  la  societa' ne avesse
 successivamente  curata la presentazione), copia della corrispondenza
 intercorsa  in  merito,  anche  tramite  telefax,  con  la   societa'
 medesima.    Il  ricorrente  non  allegava di avere emesso fattura in
 relazione alle prestazioni professionali in questione.
   Il curatore del convenuto fallimento non si opponeva all'ammissione
 dei crediti richiesti, ne' revocava in dubbio la  sussistenza,  oltre
 che del contratto d'opera intellettuale, dei presupposti soggettivi e
 temporali  per il riconoscimento dell'invocato privilegio rispetto al
 credito  per  il  corrispettivo  dell'opera  professionale,  tuttavia
 contestando  la  pretesa  collocazione  privilegiata  del  credito di
 rivalsa contributiva e tributaria.  Sebbene il  ricorso  introduttivo
 indicasse   un   importo   corrispondente  al  credito  per  onorario
 professionale  ed  al  credito  di   rivalsa   contributiva,   sembra
 legittimamente  proposta,  in considerazione del generico riferimento
 ai crediti scaturenti dalla prestazione d'opera professionale ed alla
 successiva esplicita precisazione, la  domanda  di  collocazione  nel
 passivo  fallimentare  col privilegio di cui all'art. 2751-bis, n. 2,
 c.c., non  solo  del  credito  per  corrispettivo  delle  prestazioni
 professionali  suddette,  ma  anche del credito per rivalsa obbligato
 degli oneri contributivi obbligatori, ai sensi  dell'art.  11,  comma
 primo, ult. per.,  legge 20 settembre 1980, n. 576, e del credito per
 rivalsa  obbligatoria  dell'imposta  sul  valore  aggiunto,  ai sensi
 dell'art. 18, comma primo, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.    Poiche'
 la  documentazione  summenzionata  fa apparire fondata la domanda del
 ricorrente, assume rilievo, ai fini  della  eventuale  pronuncia  del
 decreto di cui all'art. 101, comma terzo, r.d. 16 marzo 1942, n. 267,
 la   questione  della  estensione  del  privilegio  di  cui  all'art.
 2751-bis,  n.  2,  c.c.,  alle  ragioni  di   credito   diverse   dal
 corrispettivo  delle  prestazioni propriamente inteso, in merito alle
 quali ragioni deve dubitarsi  della  conformita'  della  disposizione
 suddetta al dettato dell'art. 3 della Costituzione, in considerazione
 della  previsione dell'art. 11, legge 29 gennaio 1986, n. 2l.  Appare
 infatti corretto  ritenere  che  il  giudice  delegato,  in  sede  di
 decisione circa l'ammissione con decreto del credito insinuato in via
 tardiva  o  l'adozione  dei provvedimenti per l'ulteriore istruttoria
 nelle forme dell'ordinario giudizio contenzioso, sia legittimato alla
 proposizione  della   questione   di   legittimita'   costituzionale.
 Infatti, anche a ritenere l'efficacia del detto decreto limitata alla
 sfera   "endofallimentare",   non  puo'  disconoscersi  il  carattere
 giurisdizionale del provvedimento medesimo ed il contenuto  decisorio
 dello  stesso  (cfr. Corte costituzionale, sent. 28 novembre 1983, n.
 325, n. 325/1983), cosi' come deve ritenersi che solo in questa  sede
 -  e  non nella successiva sede di discussione del piano di riparto -
 devono essere risolte le questioni  attinenti  al  riconoscimento  in
 sede concorsuale delle cause di prelazione (cfr. Cass. 11 marzo 1996,
 n.  1982;  Idem  1 settembre 1995, n. 9220).  Posta tale premessa, si
 impone  il  rilievo  che  il  giudicante   condivide   l'orientamento
 interpretativo  teso ad escludere che il credito per rivalsa I.V.A. e
 dei contributi  previdenziali  obbligatori  spettanti  ai  prestatori
 d'opera  intellettuale  possa godere di privilegio ai sensi dell'art.
 2751-bis, n. 2,  c.c.:  la  detta  prelazione,  infatti,  assiste  il
 credito  del  corrispettivo  e  non  puo'  estendersi  ai rapporti di
 rivalsa - distinti per quanto collegati al primo, come implicitamente
 testimoniato anche dalla previsione di diverse cause di prelazione  -
 se   non  a  condizione  di  operare  una  estensione  analogica  non
 consentita dal carattere eccezionale delle previsioni in  materia  di
 cause  di  prelazione  rispetto  alla  norma (art. 2741, comma primo,
 c.c.)  che  assicura  l'eguale  diritto  dei  creditori   ad   essere
 soddisfatti sul patrimonio del debitore (cfr. Cass. 26 marzo 1992, n.
 3715; Idem 24 aprile 1979, n. 2320).
   Eguale  condivisione  merita l'orientamento che - per l'ipotesi che
 il riparto fallimentare non  permetta  di  soddisfare  i  crediti  di
 rivalsa  per  I.V.A.,  in  ragione della insufficienza dell'attivo da
 distribuire - esclude:  sia  che  a  seguito  della  emissione  della
 fattura  da  parte  del  professionista  che  partecipa al riparto in
 confronto del curatore fallimentare l'I.V.A. esposta  nella  medesima
 possa  essere  integralmente  pagata  "in prededuzione" (cfr. Cass. 4
 giugno 1994, n. 5429); sia che il professionista  possa  emettere  la
 detta  fattura  per  totale corrispondente all'importo effettivamente
 percepito in sede di riparto, evidenziando  la  quota  corrispondente
 all'aliquota  I.V.A.  applicabile quale credito di rivalsa ed il solo
 residuo importo quale compenso per le  prestazioni  rese.    Infatti,
 seguendo  la  prima  tesi,  il  credito  di  rivalsa  I.V.A. verrebbe
 implicitamente  assimilato  ai  crediti  "prededucibili"   ai   sensi
 dell'art.      111,   n.  1,  r.d.    Ma  tale  assimilazione  appare
 insostenibile  poiche'  il  debito  conseguente  all'esercizio  della
 rivalsa  non  puo'  considerarsi contratto "per l'amministrazione del
 fallimento".  Si tratta di fattispecie ben diversa rispetto a  quelle
 in   cui  l'obbligazione  tributaria  scaturisce  dal  compimento  di
 attivita' di liquidazione dell'attivo fallimentare o dalla  decisione
 degli organi fallimentari di avvalersi di disposizioni che consentano
 la  definizione  agevolata  di rapporti tributari o contributivi gia'
 facenti capo al fallito, rientrando  effettivamente  le  prime  nella
 fase  di  liquidazione  dell'attivo  fallimentare e dovendo le ultime
 essere ricondotte al novero dei poteri  di  gestione  del  patrimonio
 fallimentare  riservati agli organi concorsuali.  Inoltre, non sembra
 potersi dare rilievo al momento di insorgenza del  credito  nel  caso
 che  la fatturazione avvenga nei confronti del curatore fallimentare,
 come vorrebbe un orientamento dottrinario attento alla disciplina del
 tributo, il quale opina che,  ove  non  abbia  in  precedenza  emesso
 fattura  per  le  prestazioni  rese,  il professionista (partecipando
 all'eventuale riparto per il credito del corrispettivo  ed  emettendo
 dunque fattura nei confronti del curatore fallimentare) acquisisca il
 diritto  di  conseguire  "in  prededuzione",  quale  credito verso la
 massa, l'I.V.A. cosi' esposta, che apparirebbe  dunque  quale  debito
 contratto  per l'amministrazione del fallimento.  Infatti, da un lato
 non pare ammissibile  discriminare  il  trattamento  del  credito  di
 rivalsa  I.V.A.  secondo  che  il  fornitore  d'opera  intellettuale,
 avvalendosi eventualmente della  facolta'  concessagli  dall'art.  6,
 comma  quarto,  d.P.R.  26  ottobre  1972,  n.  633,  abbia curato la
 fatturazione dei compensi maturati gia' anteriormente al  fallimento;
 dall'altro,  anche ove la fatturazione sia effettuata dopo l'apertura
 della  procedura  concorsuale  nei  confronti  della   curatela,   la
 soggezione  al  credito di rivalsa sembra comunque doversi ricondursi
 al conseguimento del servizio  da  parte  del  soggetto  poi  fallito
 piuttosto  che  alla  emanazione  del documento fiscale nei confronti
 dell'amministrazione fallimentare  che  provveda  al  pagamento,  per
 quanto  temporalmente ed effettualmente collegato a tale adempimento.
 Non   merita   condivisione   neppure   la  teoria  che  vorrebbe  il
 professionista abilitato  ad  emettere  fattura  solo  per  l'importo
 percepito  in  sede  di riparto, imputandone una quota corrispondente
 all'aliquota del tributo a credito di rivalsa: si tratta  infatti  di
 interpretazione   che   presuppone   una   inaccettabile  imputazione
 volontaria diversa da quella risultante da  un  atto  giurisdizionale
 quale  il  piano  di riparto.   D'altro canto, l'ipotetica adesione a
 tale tesi non priverebbe  comunque  di  rilievo  la  questione  della
 estensione  della  previsione  dell'art.  2751-bis,  n.  2,  c.c., al
 credito  di  rivalsa  I.V.A.    Valutazioni  identiche  si  impongono
 rispetto  alla  collocazione  al passivo fallimentare del credito per
 rivalsa contributiva, di cui all'art. 11,  comma  primo,  ult.  per.,
 legge 20 settembre 1980, n.  576.
   Ne  segue  che  il  prestatore  d'opera intellettuale creditore del
 fallito, risulta legittimato a domandare l'insinuazione  del  credito
 per rivalsa I.V.A. e contributiva anche nel caso che non abbia ancora
 provveduto  ad emettere fattura, ma partecipera' in qualunque caso al
 riparto per tali crediti ai sensi dell'art. 111,  nn.  2  e  3,  L.F.
 Cio'  detto  riguardo  alla  ritenuta rilevanza della questione, deve
 osservarsi - in ordine alla non manifesta infondatezza del dubbio  di
 conformita'   della   disposizione   in   esame   all'art.   3  della
 Costituzione, nella parte in cui la medesima non riconosce lo  stesso
 privilegio  spettante  alla  retribuzione  delle  prestazioni d'opera
 intellettuale ai crediti  di  rivalsa  spettanti  ai  professionisti,
 fuori  del  caso  contemplato dall'art. 11, legge n. 21/1986 - che la
 disposizione da ultimo citata non puo' che  essere  interpretata  nel
 senso  che  il  privilegio  e  la  graduazione che   competono devono
 ritenersi propri quelli previsti dagli artt. 2751-bis, n. 2, e  2777,
 comma  2,  lett.   b), e 2776, comma 2, c.c. (Cass. 1 giugno 1995, n.
 6149).  La ratio dell'art. 11, legge n. 21/1986, puo' pertanto essere
 ravvisata   esclusivamente   nella   opportunita',    ritenuta    dal
 legislatore,   di   estendere   la  collocazione  privilegiata  e  la
 rafforzata  garanzia   di   realizzazione   coattiva   del   credito,
 eventualmente  anche  in  sede concorsuale, a crediti che, pur avendo
 titolo autonomo e distinto rispetto a quello del corrispettivo dovuto
 per lo svolgimento  di  prestazione  d'opera  intellettuale,  sono  a
 questo  pur sempre collegati e che prevedono un meccanismo di rivalsa
 inteso a  far  si'  che  il  creditore  del  corrispettivo  non  veda
 l'utilita' conseguita per questo tramite praticamente decurtata dalla
 impossibilita'  di  far  ricadere  sui  soggetti  che  il legislatore
 intendeva effettivamente "incidere"  i  detti  oneri  contributivi  e
 previdenziali.
   E  la  incongruenza  di  far  ricadere  sul  soggetto "percosso" il
 relativo onere economico, quante volte il meccanismo  di  traslazione
 realizzato dal credito di rivalsa sia vanificato dalla insolvenza del
 soggetto  obbligato, e' indirettamente testimoniata anche dalla legge
 28 febbraio 1997, n. 30, modificativa dell'art.  26,  secondo  comma,
 d.P.R.  n.  633/1972, che ha previsto la facolta' di emettere note di
 variazioni  per  l'ipotesi  che  l'esercizio  della  rivalsa  risulti
 impedito dalla insolvenza del debitore.
   D'altronde,  se  puo'  convincentemente  escludersi  che la mancata
 previsione del privilegio  per  il  credito  di  rivalsa  dell'I.V.A.
 "implichi   violazione  del  principio  costituzionale  di  capacita'
 contributiva, poiche' con la suddetta rivalsa e' soltanto autorizzato
 un  fenomeno  di  traslazione  dell'onere economico dell'obbligazione
 tributaria della quale resta titolare il professionista in  relazione
 all'operazione  che determina spostamento di ricchezza in suo favore"
 (Cass. 4 giugno 1994,  n.  5429),  tale  rilievo  nulla  toglie  alla
 ricostruzione  della  ratio  legislativa  suddetta  ed al conseguente
 contrasto della legge ordinaria con l'art. 3 Cost.
   Tali   considerazioni   sembrano   autorizzare   l'assunto    della
 irragionevolezza   della   mancata   previsione   della  collocazione
 privilegiata prevista dagli art. 2751-bis, n. 2, 2777, comma secondo,
 lett. b),  2776, comma secondo, c.c., relativamente  sia  al  credito
 per  rivalsa degli obblighi contributivi previdenziali degli iscritti
 agli albi della professione forense disciplinato dall'art. 11,  primo
 comma,  legge  20  settembre  1980, n. 576, sia al credito di rivalsa
 spettanti ai medesimi ai sensi  dell'art. 18, primo comma, d.P.R.  26
 ottobre  1972,  n.  633,  a  differenza  di  quanto previsto, per gli
 iscritti  all'albo   dei   dottori   commercialisti,   dalla   citata
 disposizione  della  legge  n.  21/1986,  sia  pure  limitatamente al
 credito di rivalsa del debito contributivo.
   Relativamente al credito di rivalsa tributaria, del resto, non puo'
 condurre a considerazioni diverse  il  rilievo  della  previsione  di
 altro  privilegio,  non  fosse  altro  per  la  diversa  ampiezza del
 privilegio speciale rispetto a  quello  generale  e  per  la  diversa
 collocazione desumibile, rispettivamente, dall'art. 2778, n. 7, c.c.,
 e  dagli  artt. 2777, comma secondo, lett. b), e 2776, comma secondo,
 c.c.
   Visto dunque l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87.
                               P. Q. M.
   Dichiara la rilevanza e non manifesta infondatezza della  questione
 di legittimita' dell'art. 2751-bis, n. 2, c.c., in relazione all'art.
 11,  legge 29 gennaio 1986, n. 21, nella parte in cui non prevede che
 il privilegio  mobiliare  generale  ivi  contemplato  si  estenda  al
 credito di rivalsa obbligatoria degli oneri contributivi obbligatori,
 di  cui  all'art. 11, primo comma, ultimo periodo, legge 20 settembre
 1980, n. 576; ed al credito di rivalsa obbligatoria dell'imposta  sul
 valore  aggiunto,  di cui all'art. 18, primo comma, d.P.R. 26 ottobre
 1972, n. 633; per contrasto con l'art. 3 della Costituzione;
   Ordina la sospensione del giudizio in epigrafe specificato;
   Dispone trasmettersi la presente ordinanza unitamente agli atti del
 giudizio alla Corte costituzionale;
   Manda alla Cancelleria di notificare  la  presente  ordinanza  alle
 parti  in  causa,  al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri e di
 comunicarla ai Presidenti delle Camere.
     Fermo, addi' 13 marzo 1998
                    Il giudice delegato: Mazzagreco
 98C0622