N. 415 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 marzo 1998

                                N. 415
  Ordinanza  emessa il 26 marzo 1998 dal tribunale militare di Trieste
 nel procedimento penale a carico di Radanich Remigio
 Processo penale - Dibattimento - Valutazione delle prove -  Modifiche
    normative   -  Disciplina  transitoria  -  Esame  di  imputato  in
    procedimento connesso -  Utilizzabilita'  seppure  limitata  delle
    dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari di cui sia
    stata  gia'  data  lettura  - Disparita' di trattamento rispetto a
    quanto previsto per le dichiarazioni di cui non sia stata disposta
    la lettura - Irragionevolezza -  Lesione  del  principio  di  buon
    andamento della pubblica amministrazione - Incidenza sul principio
    del libero convincimento del giudice.
 (Legge 7 agosto 1997, n. 267, art. 6, comma 2).
 (Cost., artt. 3, 97, primo comma, e 101, secondo comma).
(GU n.24 del 17-6-1998 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza nel procedimento penale n.
 183/1996 r.g. trib.  contro Radanich Remigio, imputato del  reato  di
 cui agli atti 110 cp,  223 in rel. a 216 nn. 1 e 2 l.f. e altro.
                            Premesso in fatto
   All'udienza  dibattimentale  dell'8  gennaio 1998, Becci Ezio, Mari
 Claudio e Zele Dario, citati ex art. 210 c.p.p., si avvalevano  della
 facolta' di non rispondere.
   Il  pubblico  ministero,  preso  atto  di quanto sopra, chiedeva di
 essere autorizzato a produrre i verbali delle dichiarazioni da questi
 ultimi rese alla polizia giudiziaria, su delega  del  p.m.  medesimo,
 nel    corso delle indagini preliminari e, constatato il dissenso del
 difensore  dell'imputato,  sollevava  eccezione   di   illegittimita'
 costituzionale  dell'art. 513 c.p.p., cosi' come sostituito dall'art.
 1, legge 7 agosto 1997, n. 267.
                          Considerato in ditto
   Ritiene il Collegio che,  nella  fattispecie  oggi  in  esame,  sia
 rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
 costituzionale  non gia' della norma di cui all'art. 513 c.p.p. nella
 sua nuova formulazione, bensi' di quella di cui all'art. 6, comma  2,
 legge  n.  267/1997  per contrasto con gli artt. 3, 97, primo comma e
 101, secondo comma, della Costituzione.
   Sotto il primo profilo  osserva  il  Tribunale  che  e'  del  tutto
 evidente    che    un'eventuale    declaratoria   di   illegittimita'
 costituzionale della norma suddetta, nella parte in cui fa  dipendere
 la  pur  limitata  efficacia  probatoria  delle dichiarazioni rese ai
 sensi del previgente art.  513, comma 2, c.p.p., dalla gia'  eseguita
 lettura di esse in fase dibattimentale, consentirebbe l'utilizzazione
 ai  fini  decisori, pur con le limitazioni segnate dal comma 5, anche
 dei verbali delle dichiarazioni di  cui,  alla  data  di  entrata  in
 vigore  della  nuova  normativa,  non  era stata ancora data lettura,
 altrimenti inutilizzabili  per  effetto  del  mancato  consenso  alla
 lettura  espresso  dalla  Difesa  ai sensi del sopravvenuto art. 513,
 comma 2, c.p.p.
   In contrario, non varrebbe addurre che tale  negativa  eventualita'
 avrebbe  potuto  essere  ovviata  mediante ricorso, da parte del p.m.
 alla procedura di cui all'art. 6, comma 1, citata legge 267/l997.
   Invero,  anche  ad  ammettere  che  il   ricorso   alla   procedura
 dell'incidente  probatorio  non  sia  limitato  alla  sola fase delle
 indagini preliminari, ma sia esperibile anche in sede dibattimentale,
 non resterebbe per tale via superata la problematica in questione.
   Ed  infatti,  nell'ipotesi  di   rinnovato   esercizio   da   parte
 dell'imputato di reato connesso in sede di incidente probatorio della
 facolta'   di   non   rispondere,  resterebbe  comunque  preclusa  la
 applicazione  della  disciplina  probatoria  introdotta  dalla  norma
 transitoria.
   Sotto  il  secondo profilo, sembra al Collegio che il far dipendere
 l'applicazione del particolare regime probatorio di cui all'art.   6,
 comma  5,  cit.  legge  267/1997  da un dato del tutto casuale, quale
 quello della gia' avvenuta lettura dei  verbali  delle  dichiarazioni
 rese ai sensi del previgente art. 513, comma 2, c.p.p., contrasta con
 i  criteri  di  razionalita'  e  giustificatezza sottesi al principio
 costituzionale di eguaglianza sancito dall'art. 3, comma primo, Cost.
   La normativa in esame appare altresi' in conflitto, da un lato, con
 l'esigenza del "buon andamento" dell'amministrazione della  giustizia
 e,  in  particolare,  con  quella dell'efficienza del processo penale
 (art. 97, primo comma, Cost.), dall'altro con il principio che  vuole
 il  giudice  soggetto  solo  alla  legge, laddove invece nell'attuale
 assetto dell'istituto l'esercizio della giurisdizione resta di  fatto
 assoggettato  alle  scelte  incontrollabili  degli  imputati di reato
 connesso (art. 101 Cost.).
   Si impone, pertanto, ad avviso  del  collegio,  un  intervento  del
 giudice   delle   leggi,   diretto   ad   assicurare  uniformita'  di
 trattamento, in ordine al  particolare  regime  probatorio  delineato
 dall'art.  6,  comma 5, della legge, a tutti i procedimenti pervenuti
 alla fase del giudizio, anche al fine di garantire,  pur  nei  limiti
 segnati  dal comma 5, le scelte processuali effettuate dal P.M. nella
 vigenza dell'abrogata disciplina processuale.
   Consegue la sospensione del processo e la trasmissione  degli  atti
 alla Corte costituzionale per il giudizio.
                                 P.Q.M.
   Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 legge n. 87/1953;
   Dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 2, lege 7 agosto 1997,
 n. 267, per contrasto con gli artt. 3, 97, comma  primo,  101,  comma
 secondo, Cost.;
   Dispone l'immediata trasmissione dei atti alla Corte costituzionale
 e la sospensione del presente procedimento;
   Ordina  che  la presente ordinanza sia notificata al Presidente del
 Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti  delle  due  Camere
 del Parlamento.
   Cosi' deciso in Trieste il 26 marzo 1998.
                       Il presidente: Patriarchi
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