N. 219 SENTENZA 1 - 19 giugno 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Impiego  pubblico  -  Personale  della  soppressa  agenzia  per   la
 promozione  dello  sviluppo del Mezzogiorno (Agensud) - Efficacia dei
 decreti-legge recanti decurtazioni  delle  retribuzioni  spettanti  -
 Potere  del  legislatore  di modificare sfavorevolmente la disciplina
 dei rapporti di durata (cfr. sentenza n. 417 del 1996 e  n.  390  del
 1995) nonche' di intervenire anche in senso riduttivo sui trattamenti
 pensionistici  (vedi  sentenze  n.  240 del 1994 e n. 417 del 1996) -
 Sussistenza della possibilita' di scelta offerta al personale per  il
 collocamento in pensione - Ragionevolezza - Non fondatezza.
 
 (Legge 7 aprile 1995, n. 104, artt. 1, comma 2; d.lgs. 3 aprile 1993,
 n.  96,  artt. 14, comma 4, e 14-bis, comma 1, lettera b) e commi 3 e
 4).
 
 (Cost., artt. 3, 36 e 38).
 
(GU n.26 del 1-7-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, avv. Massimo  VARI,  dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.
 Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI
 MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
   nei  giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 2,
 della  legge  7  aprile  1995,  n.  104  (Conversione  in  legge  del
 decreto-legge  8  febbraio  1995, n. 32, recante disposizioni urgenti
 per accelerare  la  concessione  delle  agevolazioni  alle  attivita'
 gestite  dalla soppressa Agenzia per la promozione dello sviluppo del
 Mezzogiorno, per la sistemazione del relativo personale, nonche'  per
 l'avvio  dell'intervento ordinario nelle aree depresse del territorio
 nazionale),  14,  comma 4, e 14-bis, comma 1, lettera b), e commi 3 e
 4, del decreto-legge 8 febbraio  1995,  n.  32  (Trasferimento  delle
 competenze dei soppressi Dipartimenti per gli interventi straordinari
 nel  Mezzogiorno  e  Agenzia  per  la  promozione  dello sviluppo del
 Mezzogiorno, a norma dell'art.  3 della legge 19 dicembre   1992,  n.
 488),  convertito  in  legge 7 aprile 1995, n. 104, promossi con n. 4
 ordinanze emesse il 24 giugno - 25 novembre 1996 e il 17 luglio  -  9
 dicembre  1996  (nn.  3  ordinanze)  dal Tribunale Amministrativo del
 Lazio rispettivamente iscritte ai  nn.  217,  479,  603  e  604,  del
 registro  ordinanze  1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica nn. 18, 30 e 39, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Visti  gli  atti   di   costituzione   di   Ulisse   Gianfrancesco,
 Gugliormella  Giorgio,  Papaldo  Angelo  ed altri e di Zappella Luisa
 nonche' gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica del 5 maggio 1998 il giudice relatore
 Cesare Ruperto;
   Uditi gli avvocati Fabio Lorenzoni per Ulisse Gianfrancesco  e  per
 Gugliormella  Giorgio,  Giuseppe  Abbamonte  e  Paolo  De Camelis per
 Papaldo Angelo ed altri, Giuseppe Abbamonte  e  Fabio  Lorenzoni  per
 Zappella  Luisa  e  l'Avvocato  dello  Stato  Ivo  Braguglia  per  il
 Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso  di  un  giudizio  -  in  cui  il  ricorrente,  gia'
 dirigente  della  disciolta  Agenzia per la promozione dello sviluppo
 del  Mezzogiorno  (Agensud),  successivamente  inserito   nei   ruoli
 dell'Amministrazione  Statale  e  quindi  collocato  a  riposo, aveva
 chiesto l'annullamento dei provvedimenti con i quali il Ministero del
 bilancio gli aveva attribuito  un  trattamento  economico  pressoche'
 dimezzato  rispetto  a  quello gia' goduto presso l'Agensud e durante
 l'iniziale periodo di servizio nella pubblica  amministrazione  -  il
 Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con ordinanza emessa il
 24  giugno  1996, ha sollevato - in riferimento agli artt. 3, 36 e 38
 della  Costituzione  -  questione  di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  14-bis,  comma  1,  lettera  b)  e  comma  4  del  decreto
 legislativo 3 aprile 1993, n. 96, nel testo  introdotto  dall'art.  9
 del  d.-l. 8 febbraio 1995, n. 32, convertito in legge 7 aprile 1995,
 n. 104. (Conversione in legge del decreto-legge 8 febbraio  1995,  n.
 32,  recante disposizioni urgenti per accelerare la concessione delle
 agevolazioni alle attivita' gestite dalla soppressa  Agenzia  per  la
 promozione  dello  sviluppo  del Mezzogiorno, per la sistemazione del
 relativo personale, nonche' per l'avvio dell'intervento
  ordinario nelle aree depresse del territorio nazionale).
   Espone il rimettente che gl'impugnati provvedimenti, con i quali e'
 stato rideterminato in senso peggiorativo  il  trattamento  economico
 del  ricorrente,  sono  stati resi validi dall'art. 1, comma 2, della
 legge n. 104 del 1995, che ha fatto salvi gli effetti di una serie di
 precedenti decreti-legge. In un primo tempo, con il d.-l.  9  ottobre
 1993,  n. 403 (art. 5), era rispettata l'integralita' del trattamento
 economico percepito presso l'Agensud attraverso un assegno  personale
 diretto   a   colmare   la   differenza   tra   le  retribuzioni.  Ma
 successivamente, con l'impugnato art. 14-bis,  comma  1,  lettera  b)
 introdotto    nell'anno    successivo,   era   stato   stabilito   un
 indifferenziato limite  (di L.  1.500.000) all'assegno personale gia'
 in  godimento,  consentendosi  all'amministrazione  di  dimezzare  il
 trattamento economico.  Chiarisce il giudice a  quo  che  la  vicenda
 trae  origine dalla legge di delegazione 19 dicembre 1992, n. 488, in
 attuazione della quale il decreto legislativo n. 96, del  1993  aveva
 accordato  al personale della soppressa Agensud la facolta' di optare
 per l'assunzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e le
 amministrazioni cui erano state attribuite le competenze della stessa
 Agensud, contestualmente definendo  il  trattamento  economico  sulla
 base dell'anzianita' maturata.  Tale trattamento, peraltro, a seguito
 di  reiterati decreti-legge, era stato garantito nella sua integrita'
 solo fino al  gennaio  1994.    Da  tale  data  infatti  erano  stati
 disconosciuti  tutti  gli  scatti di anzianita' ed accordati soltanto
 quelli conseguiti nell'ultima qualifica rivestita. Codesta normativa,
 tuttavia, era successivamente mutata:  infatti con l'art. 8 del d.-l.
 n. 355, del 1994, riprodotto dal d.-l.  n. 491, del 1994,  era  stato
 introdotto  l'ora  denunciato  art. 14-bis, che al comma 1 faculta il
 personale della cessata Agensud  ad  optare  per  la  cessazione  del
 rapporto  d'impiego con la disciolta agenzia al 12 ottobre 1993 (e la
 contestuale instaurazione di un nuovo rapporto con le amministrazioni
 statali), ovvero per il ricongiungimento del servizio con continuita'
 del rapporto ma con il suddetto limite al riconoscimento degli scatti
 di anzianita' e la possibilita' di godere di un assegno  pensionabile
 (destinato  a  colmare  le  differenze tra le due retribuzioni) nella
 misura massima di L. 1.500.000. Assetto normativo,  codesto,  rimasto
 invariato  sino  alla  legge  n.  104,  del  1995,  che ha convertito
 l'ultimo  d.-l.  dichiarando  validi  gli  atti  ed  i  provvedimenti
 adottati  e  facendo  salvi i rapporti giuridici sorti sulla base dei
 suindicati decreti-legge.  Secondo il giudice a quo, per effetto  del
 d.-l.  n.  355,  del 1994 al ricorrente - il quale aveva inizialmente
 goduto di  un  assegno  ad  personam  che  integralmente  colmava  la
 differenza stipendiale - era stato imposto, a decorrere dal 10 giugno
 1994,  il  suddetto  limite  all'assegno;  con  conseguente sensibile
 riduzione del suo trattamento di quiescenza rispetto a quello  goduto
 dai  colleghi collocati in pensione anteriormente a detta data. Ed in
 tal modo sarebbe stato violato il divieto della reformatio  in  peius
 del  trattamento  stipendiale nel caso di accesso ai ruoli statali di
 personale proveniente da ruoli non statali. Codesta  riduzione  dello
 stipendio (e quindi anche della pensione) sarebbe infatti intervenuta
 sulla  retribuzione gia' goduta come impiegato statale, allorche' era
 stata  garantita,  in  un  primo  momento,   la   conservazione   del
 trattamento,  in  conformita'  ad  un  generale  principio che mira a
 consentire la mobilita' del lavoro, nell'interesse sia del dipendente
 sia dell'amministrazione.  Osserva il TAR come l'impugnata  normativa
 appaia  lesiva anzitutto del principio d'eguaglianza. Infatti, con la
 fissazione del  limite  di  cui  sopra  all'assegno  integrativo,  si
 sarebbe   operata   un'indistinta   omologazione   di  personale  con
 qualifiche  ed  anzianita'  diverse.   Ed   inoltre,   i   dipendenti
 provenienti   dalla  disciolta  Agensud  hanno  ricevuto  trattamenti
 pensionistici diversi a seconda che il momento del pensionamento  sia
 stato precedente o successivo al 10 giugno 1994.  Aggiunge il TAR che
 l'art.  3  della  Costituzione risulterebbe comunque leso anche se si
 volesse giustificare    l'operazione  legislativa  con  l'intento  di
 omogeneizzare   i   trattamenti   con  quelli  dei  dipendenti  delle
 amministrazioni  di   nuova   destinazione,   atteso   il   carattere
 "indifferentemente    riduttivo"   del   limite   posto   all'importo
 dell'assegno, che urterebbe contro il criterio di ragionevolezza,  in
 quanto  il  dipendente  (e solo quello rimasto in servizio al momento
 della riduzione stipendiale) e' stato fatto  oggetto  di  una  misura
 punitiva,  pur  avendo  svolto  sempre le stesse funzioni.  Anche con
 riguardo  alla  riduzione  del  trattamento  pensionistico,  il   TAR
 qualifica  come  irragionevole  l'impugnata  normativa (sia pure alla
 luce delle affermazioni di questa Corte circa la possibilita', per il
 legislatore, di emanare disposizioni che modifichino  sfavorevolmente
 i  rapporti  di  durata),  Infatti,  nella  specie,  sarebbero  state
 irrimediabilmente vanificate le  aspettative  legittimamente  nutrite
 dal  lavoratore  circa il suo trattamento pensionistico, ridottosi di
 circa la meta'.  Ne'  varrebbero  a  giustificare  tale  decurtazione
 ragioni   di   contenimento   della   spesa  o  la  previsione  della
 restituzione dei contributi versati in eccedenza,  giacche'  comunque
 risulterebbe violato l'art. 38 Cost.
   2.  -  E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato,  che  ha  chiesto
 dichiararsi l'inammissibilita' ovvero l'infondatezza della questione,
 in   quanto   la  denunciata  modificazione  stipendiale  sarebbe  la
 conseguenza dell'estensione  al  personale  della  disciolta  Agensud
 della   disciplina   dettata   per   i   dipendenti   statali.   Tale
 omogeneizzazione, a sua volta, discenderebbe dal  venir  meno  di  un
 ordinamento  con  caratteristiche di straordinarieta'.   Proprio tale
 elemento giustificherebbe il trattamento di privilegio del  personale
 dell'Agensud, poiche' alla straordinarieta' sarebbe stata connessa la
 precarieta'  del  rapporto, che non consente di invocare il principio
 della garanzia della sicurezza sociale e dell'affidamento.    Sarebbe
 quindi  da  escludere  il  superamento  del limite di ragionevolezza,
 atteso che il trattamento economico oggetto della  riduzione  trovava
 fondamento  in  una  situazione  giuridica  diversa  da quella che il
 personale ha liberamente scelto in seguito.  Il legislatore - osserva
 l'Avvocatura dello Stato - e' pienamente libero di sancire la fine di
 un intervento straordinario; e nella specie si sarebbe spinto anche a
 garantire  la  conservazione  del  posto  di  lavoro  ai  dipendenti,
 assicurando  loro  la  stabilita'  che  il  precedente  rapporto  non
 garantiva.  Quanto all'argomento, con cui si censura la riduzione  di
 un  trattamento  gia'  in godimento, l'Avvocatura rileva che soltanto
 con la legge n. 104, del  1995  la  materia  e'  stata  compiutamente
 definita  e  che,  anteriormente,  il succedersi di decreti-legge non
 convertiti si era reso necessario per far fronte ad una situazione di
 emergenza.  Conclusivamente  osserva  come  la  vera  disparita'   di
 trattamento  si  sarebbe verificata realmente solo ove, viceversa, il
 personale statale  assunto  attraverso  normali  procedure  selettive
 fosse    stato    sopravanzato    da    dipendenti   provenienti   da
 un'organizzazione soppressa, assunti con modalita' meno  rigorose  ed
 ai  quali si e' consentito l'accesso in ruolo per ragioni di politica
 sociale.
   3. - Nel presente giudizio si e' costituita anche la parte privata,
 che ha insistito per la declaratoria di illegittimita' costituzionale
 dell'impugnata normativa,  sviluppando  ulteriormente  gli  argomenti
 contenuti  nell'ordinanza di rimessione.  Sulla premessa che si verta
 in un caso di continuita' del rapporto, essa ricostruisce a sua volta
 la vicenda dei decreti-legge succedutisi nel tempo, ricordando  come,
 ad   una  piena  equiparazione  (del  trattamento  goduto  presso  le
 amministrazioni di assegnazione)  alla  retribuzione  gia'  percepita
 presso  l'Agensud,  sia  seguita  una  prima  decurtazione  che aveva
 limitato l'assegno personale  alla  differenza  tra  la  retribuzione
 della qualifica statale di assegnazione e lo stipendio iniziale della
 qualifica  di  provenienza,  aumentato  di  un incremento stipendiale
 relativo alla sola anzianita'  maturata  nella  qualifica  (anziche',
 come  prima,  nella  carriera).  Cio'  avveniva  in un momento in cui
 gl'interessati erano gia' transitati alle dipendenze dello Stato. Era
 poi intervenuta la  censurata  riduzione,  che  aveva  introdotto  il
 massimo   indifferenziato  di  L.  1.500.000  mensili  per  l'assegno
 personale;  il  conseguente  taglio  avrebbe  operato   un'indistinta
 omologazione  sotto  lo  stesso  livello stipendiale di personale con
 qualifiche diverse. Osserva ancora la  parte  come,  a  fronte  della
 previsione  della  legge  delegante  circa  l'utilizzo  del personale
 dell'Agensud,  il  decreto  legislativo  n.    96,  del  1993  avesse
 "inopinatamente"   previsto  la  cessazione  del  rapporto  d'impiego
 decorsi 180 giorni dal 15 aprile 1993,  dando  tuttavia  facolta'  di
 domandare l'assunzione presso la pubblica amministrazione; assunzione
 prevista    nella    posizione   iniziale   delle   qualifiche,   con
 determinazione  del  trattamento  economico  computando  l'anzianita'
 maturata.  Il che "lasciava pensare" ad una continuita' e non gia' ad
 un'interruzione del rapporto. In tal senso la "fittizia  interruzione
 del rapporto" sarebbe stata tentata allo scopo di aggirare il divieto
 di   reformatio  in  peius.  Inoltre  la  riduzione  del  trattamento
 risulterebbe contraria anche agli accordi di lavoro sottoscritti  con
 le  organizzazioni  sindacali,  secondo  cui,  nella  progressione di
 carriera, il  maturato  economico  era  interamente  considerato.  Di
 talche'  la  penalizzazione  derivante dalla prescrizione, per cui la
 nuova assunzione avviene a livello iniziale della qualifica,  avrebbe
 finito   per   incidere  anche  sul  buon  andamento  della  pubblica
 amministrazione, con violazione dell'art.  97 Cost.
   4. - Il medesimo  TAR,  con  tre  successive  ordinanze  d'identico
 tenore,  emesse  in  analoghi  giudizi il 17 luglio 1996 (e pervenute
 alla Corte tra il 24 giugno e l'8 agosto 1997), ha  sollevato  -  con
 riferimento   agli  stessi  parametri  -  questione  di  legittimita'
 costituzionale della normativa di cui sopra, articolando  le  censure
 nel  modo seguente.  Per quanto concerne la riduzione del trattamento
 economico, e conseguentemente  del  trattamento  pensionistico  e  di
 quello di fine rapporto, ha denunciato:
     a)  l'art.  1, comma 2, della legge n. 104, del 1995, nella parte
 in cui sono stati dichiarati  validi  gli  atti  ed  i  provvedimenti
 adottati  e  sono  stati  fatti  salvi  gli  effetti  prodottisi ed i
 rapporti giuridici sorti sulla base dell'art. 14, comma 5, del  d.-l.
 n.  96,  del  1993, nel testo introdotto dai decreti-legge n. 95 e n.
 228, del 1994, e dell'art. 14-bis, comma 1,  lettera  b)  e  comma  3
 dello   stesso  decreto  legislativo  n.  96,  del  1993,  nel  testo
 introdotto dall'art. 8 dei decreti-legge n. 355 e n. 491,  del  1994,
 nonche'  dall'art.  9  dei  decreti-legge n. 570 e n. 675, sempre del
 1994, poi non convertiti in legge;
     b) l'art. 14-bis, comma 1, lettera  b)  e  comma  3  del  decreto
 legislativo  n.  96  del  1993,  nel testo introdotto dall'art. 9 del
 d.-l. n. 32, del 1995, convertito con la legge n. 104 del 1995;
   Per quanto invece concerne il solo trattamento di fine rapporto, ha
 denunciato:
     a)  l'art.  1, comma 2, della legge n. 104, del 1995, nella parte
 in cui sono stati dichiarati  validi  gli  atti  ed  i  provvedimenti
 adottati  e  sono  stati  fatti  salvi  gli  effetti  prodottisi ed i
 rapporti giuridici sorti  sulla  base  dell'art.  14,  comma  8,  del
 decreto  legislativo n.  96, del 1993, nel testo introdotto dall'art.
 7 dei decreti-legge n. 95 e n. 228, del  1994,  e  sulla  base  dello
 stesso  art.  14,  comma  4,  nel  testo  introdotto  dall'art. 8 dei
 decreti-legge n. 355 e n.   491, del 1994, nonche'  dall'art.  9  dei
 decreti-legge nn. 570 e 675, del 1994, non convertiti in legge;
     b)  l'art.  14,  comma 4, del decreto legislativo n. 96 del 1993,
 nel  testo  introdotto  dall'art.  9  del  d.-l.  n.  32,  del  1995,
 convertito  con  legge  n.  104,  del  1995.    Il rimettente insiste
 ulteriormente sulle anzidette modifiche delle  modalita'  di  calcolo
 dello  stipendio  tabellare,  sulla corresponsione (eventuale) di una
 sola parte delle indennita' in godimento presso le amministrazioni di
 destinazione, sulla soppressione delle  indennita'  percepite  presso
 l'Agensud   e   sulla   fissazione  del  limite  massimo  all'assegno
 pensionabile, pur nell'invariato svolgimento delle funzioni  prima  e
 dopo    la    riduzione    stipendiale,   per   ribadire   l'asserita
 irragionevolezza di quest'ultima, intervenuta allorche' si era  ormai
 incardinato il rapporto con la pubblica amministrazione.
   Sottolinea ancora come l'Agensud perseguisse interessi propri dello
 Stato  e  percio' debba essere considerata quale organo straordinario
 di questo.
   5. - Anche  in  tali  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio  dei  Ministri,  come  sopra rappresentato e difeso, che ha
 svolto considerazioni identiche a quelle riportate sub 2.
   6. -  Si  sono  pure  costituite  le  parti  private  chiedendo  la
 declaratoria   d'illegittimita'   costituzionale,   senza  aggiungere
 argomenti ulteriori rispetto a quelli gia' sopra sintetizzati.
   7. - Nell'imminenza dell'udienza,  poi,  le  parti  costituite  nel
 giudizio  di  cui  all'ordinanza  n.  479,  del 1997 hanno depositato
 un'ampia  memoria,  nella  quale  insistono   per   la   declaratoria
 d'illegittimita' costituzionale della denunciata normativa, chiedendo
 altresi'  che questa comporti, a beneficio dei ricorrenti stessi, gli
 effetti  originariamente  garantiti  per  i  primi  quattro  mesi  di
 servizio  dai  decreti-legge  n.  403 (art. 5) e n. 506 (art. 7), del
 1993.    La  difesa  delle  parti  private  sottolinea   diffusamente
 l'incidenza  delle progressive decurtazioni (intervenute allorche' si
 era gia' incardinato il rapporto d'impiego) sulle  aspettative  degli
 interessati  e sulla riduzione che ne e' conseguita, non soltanto con
 riguardo alle retribuzioni, ma anche in termini di minori importi nel
 calcolo della pensione e del T.F.R.   Pur  riconoscendo  che  al  TAR
 rimettente  era  inibita  l'applicazione dell'art. 202 del T.U. n. 3,
 del 1957, "ostandovi la  censurata  disciplina  speciale  derogatoria
 degli  ordinari  criteri di transito da un'amministrazione ad altra",
 le parti affermano la generale portata del divieto di  reformatio  in
 peius  del  trattamento  economico  di cui alla norma citata e la sua
 applicabilita'  al  caso  di  specie,  configurandosi  un'ipotesi  di
 continuita'  delle  medesime funzioni presso altri uffici. A fortiori
 la  denunciata  riduzione  sarebbe  illegittima,  oltre  che  per  le
 anzidette  violazioni  degli artt. 3 e 36 Cost., anche per la lesione
 dell'art.      38   Cost.,  in  quanto  operata  in  prossimita'  del
 pensionamento. Al riguardo  esse  insistono  nel  contestare  che  la
 restituzione  dei  contributi  versati  in  eccedenza rappresenti una
 reintegrazione del sacrificio patrimoniale imposto.  Esse  contestano
 altresi'    le    tesi   dell'Avvocatura   dello   Stato   circa   la
 straordinarieta'  dell'intervento  nel  mezzogiorno  e  la  correlata
 posizione  di privilegio dei dipendenti dell'Agensud. Sul punto viene
 sottolineato l'equivoco, in cui si sarebbe incorsi circa  la  nozione
 d'intervento   straordinario   (ma   che  sarebbe  comunque  volto  a
 compensare "il perenne sottosviluppo" del Sud) e  le  caratteristiche
 dell'organizzazione  preordinata  a  realizzarlo.   Pure l'altra tesi
 dell'Avvocatura  circa  la  libera  opzione  accordata  al  personale
 sarebbe  "capziosa"  poiche'  la facolta' di scelta di cui alla norma
 impugnata  sarebbe  intervenuta  ad  otto  mesi  dall'ormai  avvenuto
 "passaggio"  all'Amministrazione  ordinaria  dello  Stato,  da alcuni
 settori della quale proverrebbero le "istanze punitive" sottese  alle
 "inferte penalizzazioni".
   8.  -  Anche  le parti costituite nei giudizi di cui alle ordinanze
 nn. 217 e 604, del 1997 hanno  depositato  memorie,  nelle  quali  si
 sottolinea particolarmente la discriminazione in danno dei dipendenti
 rimasti  in  servizio dopo il 10 luglio 1994, e si insiste nella tesi
 per cui, una volta avvenuta l'assegnazione  presso  l'amministrazione
 statale,  con  la  garanzia  di  conservazione  del  trattamento gia'
 goduto,  le  decurtazioni  avrebbero  operato   illegittimamente   su
 posizioni di pubblico impiego ormai gia' garantite.
   Inoltre  si  ribadisce come l'Agensud fosse inserita funzionalmente
 nell'apparato  statale,  in  quanto  preordinata  a   rispondere   ad
 un'istanza   perequativa  e  promozionale  che  dura  da  secoli.  In
 proposito  viene  fatto  riferimento   all'elevata   professionalita'
 richiesta  per  l'accesso all'impiego nell'Agensud e si sottolinea, a
 confutazione di quanto affermato dall'Avvocatura, come  cio'  che  si
 vorrebbe mettere in discussione sia l'istituto stesso dell'assegno ad
 personam, il quale viceversa "costituisce una delle basi essenziali e
 fondanti del regime del pubblico impiego".
                         Considerato in diritto
   1. - Il TAR del Lazio, con quattro distinte ordinanze, dubita della
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  2,  della legge 7
 aprile 1995, n. 104, nonche' degli artt. 14, comma 4, e 14-bis, comma
 1, lettera b) e  commi 3 e 4, del decreto legislativo 3 aprile  1993,
 n. 96.
   La  denunciata  normativa  e' censurata nella parte in cui fa salvi
 gli effetti dei decreti-legge, succedutisi nel  tempo,  attraverso  i
 quali  e'  stata  attuata,  in  tempi diversi, una decurtazione della
 retribuzione spettante al personale della soppressa  Agenzia  per  la
 promozione  dello  sviluppo  del  Mezzogiorno  (Agensud),  allorche',
 secondo la prospettazione, il personale stesso  era  gia'  transitato
 nelle amministrazioni statali.
   In  particolare le norme citate lederebbero: 1) l'art. 3 Cost., per
 irragionevolezza, la' dove prevedono  una  cospicua  riduzione  della
 retribuzione   operata,  dapprima  limitando  i  criteri  di  calcolo
 dell'assegno ad personam destinato a colmare  la  differenza  tra  il
 trattamento   percepito  presso  l'Agensud  e  quello  erogato  dalle
 amministrazioni  di  destinazione,  e  successivamente  imponendo  un
 "tetto"  all'assegno  medesimo  (nel  limite  massimo di L. 1.500.000
 mensili).  In  tal  modo,  con effetti sul computo del trattamento di
 fine rapporto e della pensione, si sarebbe ingiustamente  penalizzato
 l'anzidetto  personale,  vanificandone  le  legittime aspettative col
 trascurare di prendere in considerazione il maturato economico  e  le
 differenze  di qualifica; 2) ancora l'art. 3 Cost., per la disparita'
 di trattamento venutasi a creare tra gli stessi dipendenti, a seconda
 che siano stati collocati in pensione prima o dopo il 10 giugno 1994,
 data  in  cui  e'  intervenuta  l'ultima  riduzione  dell'assegno  ad
 personam;  3)  l'art. 36 Cost., per l'asserita violazione del divieto
 di  reformatio  in  pejus  del  trattamento  economico  dei  pubblici
 dipendenti  sancito  dall'art.  202 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3,
 anche perche' la denunciata riduzione avrebbe operato  senza  che  vi
 fosse  stata  alcuna  variazione  nelle funzioni svolte; 4) l'art. 38
 Cost., per gli anzidetti effetti negativi sul calcolo del trattamento
 di quiescenza.
   2. - Con  le  quattro  ordinanze  vengono  denunciate  le  medesime
 disposizioni,  secondo  profili  sostanzialmente  coincidenti  e  con
 argomenti analoghi.   Pertanto  i  relativi  giudizi  possono  essere
 riuniti e decisi con un'unica
  sentenza.
   3. - Le questioni non sono fondate.
   3.1.  -  Giova premettere una ricostruzione della complessa vicenda
 normativa, la quale prende le mosse dalla legge 19 dicembre 1992,  n.
 488,  che  ha  sancito  la  soppressione  del  Dipartimento  per  gli
 interventi  straordinari  nel  Mezzogiorno  e  dell'Agenzia  per   la
 promozione  dello  sviluppo del Mezzogiorno (art. 2), contestualmente
 prevedendo  la  redazione  di  "un  dettagliato  rapporto  contenente
 l'inventario"  delle  attivita' che tali organi avevano in corso. Con
 l'art. 3, nell'ottica di trasferimento delle  competenze,  da  questi
 ultimi esercitate, alle diverse amministrazioni dello Stato, la legge
 stessa   conferisce   delega   al   Governo  per  disciplinare  tutta
 l'operazione, definendo una serie di criteri direttivi, tra  i  quali
 risulta  compresa  (v. lettera e)) l'utilizzazione del personale gia'
 in servizio presso  i  detti  organismi  d'intervento  straordinario,
 "prioritariamente per i compiti previsti dalla presente legge nonche'
 dal  d.-l.  22  ottobre  1992,  n.  415,  come modificato dalla legge
 medesima, ed in particolare per le funzioni tecniche  e  di  supporto
 alle  attivita'  di cui alle lettere a), b) e c) del presente comma",
 cioe'  alle  attivita'  che  vengono  in  dettaglio   devolute   alle
 amministrazioni dello Stato.
   3.1.1.  -  Il  Governo attua la delega con il decreto legislativo 3
 aprile 1993, n. 96, che  nell'art.  14  sancisce  la  cessazione  del
 rapporto  di  lavoro  del personale dell'Agensud, decorsi centottanta
 giorni dal 15 aprile  1993;  riconoscendo  peraltro  la  facolta'  di
 presentare   domanda   per  l'assunzione  presso  le  amministrazioni
 pubbliche. In proposito veniva prevista l'assegnazione in  qualifiche
 corrispondenti   a   quelle   gia'   possedute,  il  collocamento  in
 soprannumero  nella  posizione  iniziale   delle   nuove   qualifiche
 attribuite,  nonche'  un trattamento economico determinato computando
 l'anzianita' pregressa gia' maturata.
   3.1.2.  -  Inizia  a  questo  punto  l'emanazione  d'una  serie  di
 decreti-legge  non  convertiti,  che si succedono nel disciplinare lo
 stato  giuridico  ed  il   trattamento   economico   del   personale:
 precisamente  i  decreti-legge 9 agosto 1993, n. 285; 9 ottobre 1993,
 n.  403;  7  dicembre 1993, n.  506; 7 febbraio 1994, n. 95; 9 aprile
 1994, n. 228; 10 giugno 1994, n.  355;  8  agosto  1994,  n.  491;  7
 ottobre 1994, n. 570; 9 dicembre 1994, n. 675.
   I  primi  tre decreti-legge sostituiscono in modo identico il testo
 del succitato art. 14, introducendo i  seguenti  punti  qualificanti:
 a)  possibilita'  per  il  personale  di chiedere il trattenimento in
 servizio; b) istituzione di un ruolo transitorio ad  esaurimento;  c)
 inquadramento  sulla base dell'anzianita' di servizio e di qualifica;
 d) attribuzione di un assegno personale pari alla differenza  tra  la
 retribuzione  cosi'  spettante  e  quella  da  ultimo percepita quale
 dipendente dell'Agensud.
   Con il d.-l. n. 95 del 1994, reiterato nel successivo d.-l. n.  228
 del 1994, il secondo fattore sul quale calcolare la differenza  presa
 a  base per l'assegno ad personam viene modificato radicalmente:  non
 piu' l'ultima retribuzione  goduta  presso  l'Agensud  bensi'  quella
 iniziale prevista per la qualifica di provenienza, incrementata della
 sola anzianita' in essa maturata.
   Gli  ultimi  quattro  decreti-legge, tra loro conformi, ridisegnano
 nuovamente  il  trattamento  giuridico  e  normativo  del  personale.
 Nell'art.  14 non e' piu' menzionato il trattenimento in servizio, ma
 viene   confermata   l'istituzione   del   ruolo   ad  esaurimento  e
 ripristinata la posizione soprannumeraria; viene inoltre descritta in
 dettaglio la procedura di attribuzione delle qualifiche.
   Le novita' di maggior rilievo sono  tuttavia  contenute  nel  nuovo
 art.  14-bis.  Tale  norma  prevede  che  entro  il 31 luglio 1994 il
 personale possa alternativamente optare: a)  per  la  percezione  del
 trattamento   di   fine  rapporto,  la  definizione  della  posizione
 pensionistica gia' costituita con riferimento al 12  ottobre  1993  e
 l'instaurazione,  dal  giorno successivo, di un nuovo rapporto con le
 amministrazioni di  assegnazione;  b)  per  il  ricongiungimento  del
 servizio    prestato    presso    l'Agensud   con   quello   prestato
 successivamente al 12 ottobre 1993 e  con  quello  svolto  presso  le
 amministrazioni di assegnazione, nonche' per un trattamento economico
 calcolato  sulla  base dei bienni di anzianita' nell'ultima qualifica
 rivestita  presso  l'Agensud.   A   detto   personale   e'   altresi'
 riconosciuto   un   assegno   mensile  ad  personam,  pensionabile  e
 riassorbibile con qualsiasi successivo miglioramento, non superiore a
 L. 1.500.000 lorde mensili.
   3.1.3. - Codesto impianto  normativo  viene  mantenuto  nell'ultimo
 decreto-legge,  emanato  l'8  febbraio  1995,  n.  32,  e  finalmente
 convertito con legge 7 aprile 1995, n. 104, che fa salvi gli  effetti
 della pregressa decretazione.
   Resta da aggiungere che l'art. 14 del decreto legislativo n. 96 del
 1993,  come  in  fine  modificato,  prevede nel comma 4 la cessazione
 della  particolare  posizione  previdenziale  collettivamente  accesa
 presso   l'INA,   con   ripartizione  individuale  per  ogni  singolo
 dipendente al momento della cessazione del  rapporto.  A  coloro  che
 avessero   scelto   (fuori   dell'alternativa   sopra  descritta)  la
 definitiva  conclusione  del   rapporto   d'impiego   viene   inoltre
 consentito   dal   comma   3,   dello   stesso  articolo  l'immediato
 pensionamento, in deroga alle disposizioni  sospensive  di  cui  alla
 legge  14  novembre  1992,  n.  438. Mentre il successivo art. 14-bis
 prevede, nel comma 2, il versamento integrativo a carico dello  Stato
 fino  al  raggiungimento  dei  trentacinque  anni per il mantenimento
 delle iscrizioni INPS o INPDAI, qualora alla data di  cessazione  del
 rapporto  e  del  ricongiungimento  la  posizione  pensionistica  del
 dipendente sia di almeno trenta anni di anzianita'  contributiva.  Il
 personale  cessato  dal servizio tra il 15 aprile 1993 e il 15 aprile
 1995,  che  non  abbia  optato  per  la  posizione  pensionistica  di
 provenienza,  puo'  infine  richiedere la restituzione dei contributi
 versati e non utili ai fini della ricongiunzione.
   3.2. - L'iter sopra descritto si colloca - com'e'  evidente  -  nel
 piu'  ampio  quadro  di  una  scelta politico-legislativa, volta alla
 dismissione del complesso apparato  organizzatorio  che  per  decenni
 aveva  caratterizzato  l'intervento  straordinario  nel  Mezzogiorno.
 L'Agensud, in particolare, istituita con la legge 1  marzo  1986,  n.
 64, aveva rappresentato l'anello di congiunzione con il nuovo disegno
 legislativo, raccogliendo in parte i compiti gia' affidati alla Cassa
 per  il  Mezzogiorno,  segnatamente  sul  piano  del finanziamento di
 progetti ed attivita' finalizzati allo  sviluppo del Mezzogiorno;  di
 talche'   essa   era   costituita   da  personale  proveniente  quasi
 integralmente dalla  soppressa Cassa.
    Non occorre entrare nel merito di codesto radicale mutamento  onde
 coglierne  le  peculiarita': la rilevanza e le implicazioni del nuovo
 assetto qui interessano soltanto al fine di  escludere  che  l'intera
 vicenda,  sul  versante  della  gestione  del personale, possa essere
 assimilata  ad  altri  fenomeni  organizzatori,  come  al   contrario
 mostrano  di ritenere i giudici a quibus. Anche a voler ammettere che
 esista una figura astrattamente descrivibile quale "riallocazione  di
 funzioni"  allo scopo di poter postulare una continuita' delle stesse
 e, insieme, dei rapporti d'impiego sorti per  il  loro  espletamento,
 certamente  nella  specie  la  cesura  operata  con  la  normativa di
 delegazione e' tale  da  escludere  che  a  simile  figura  si  possa
 comunque  ricorrere.   Le rationes sottese alla legge n. 488 del 1992
 fanno  attestare  l'intervento  su  un  piano  di  programmazione   e
 coordinamento  centralizzati,  quando  non  si  risolvono  in  pure e
 semplici liquidazioni: prospettiva, nella quale  l'utilizzazione  del
 personale  diviene  strumento  d'attuazione del correlativo progetto,
 cosi' restando dissolta ogni continuita' col passato.
   3.3. - Il definitivo assetto dato agli ex  dipendenti  dell'Agensud
 con  la  legge  n. 104 del 1995, appare immune dall'asserito vizio di
 irragionevolezza, non solo alla  luce  delle  considerazioni  di  cui
 sopra  circa  la  fine  degli organismi straordinari d'intervento, ma
 anche avuto riguardo ai complessivi contenuti della disciplina.
   In  vista  della  garanzia  primaria  del  posto  di   lavoro,   il
 legislatore  ha  offerto  al  personale  di cui trattasi una serie di
 possibilita' che vanno - come  s'e'  visto  -  dalla  cessazione  del
 rapporto,  con  deroga  all'allora  vigente regime di sospensione dei
 pensionamenti, sino all'alternativa tra l'avvio, dal 13 ottobre 1993,
 di un rapporto d'impiego a  livello  iniziale  della  qualifica  (con
 pagamento  del trattamento di fine rapporto e computo della pregressa
 posizione assicurativa nella futura determinazione della pensione)  e
 il  ricongiungimento dei servizi (pregressi presso l'Agensud e presso
 l'amministrazione  di  destinazione)  con  un   nuovo   inquadramento
 (accompagnato   dal   riconoscimento,   sia   pure  in  dati  limiti,
 dell'anzianita' maturata). Inoltre sono state previste  -  come  pure
 gia'  detto - l'assunzione dell'onere della contribuzione integrativa
 da parte dello Stato nonche' la restituzione dei contributi versati e
 non computati ai fini della ricongiunzione dei periodi previdenziali.
   Ma,  soprattutto,  non  puo'  trascurarsi  di  considerare che alle
 amministrazioni   riceventi   e'   stato   attribuito   -   con    la
 rideterminazione delle piante organiche - personale che si aggiungeva
 a  quello  in  servizio, inserendosi con inquadramenti corrispondenti
 alle qualifiche in precedenza rivestite.
   Pur alla luce dell'incremento di compiti che scaturiva, a carico di
 dette amministrazioni,  dalla  legge  n.  488,  del  1992,  non  puo'
 sfuggire  la complessita' dell'opera di bilanciamento degli interessi
 compiuta dal legislatore. Il quadro qui delineato rappresenta infatti
 un punto d'equilibrio tra quei valori di utilizzazione flessibile del
 personale in termini di produttivita' - dei  quali  questa  Corte  ha
 gia'  rilevato  il  carattere  strumentale rispetto al buon andamento
 della pubblica amministrazione (v. sentenza n. 309,  del  1997)  -  e
 l'intento  di  non  pregiudicare  lo status e la professionalita' dei
 dipendenti.
   In ordine alla censurata riduzione del trattamento - che si allinea
 o, meglio, si approssima per eccesso a quello degli altri  dipendenti
 statali  con  pari  qualifica  -  occorre anzitutto sottolineare come
 nella specie essa consegua ad una delle possibili scelte  rimesse  al
 dipendente,   accompagnata  dai  benefici  del  ricongiungimento  dei
 servizi e dell'assegno ad personam; ed  inoltre  osservare,  piu'  in
 generale,  che  la  portata  politica  e la complessita' dei problemi
 posti dal venir meno dell'intervento  configurano  quell'inderogabile
 esigenza  da  questa  Corte  piu'  volte  riconosciuta quale base del
 potere del legislatore di modificare  sfavorevolmente  la  disciplina
 dei  rapporti di durata (cfr. sentenze n. 417, del 1996 e n. 390, del
 1995).
   3.4. - Quanto sin qui detto vale anche ad escludere  la  violazione
 dell'art.  36  Cost.,  prospettata dai rimettenti con un insistito ma
 improprio riferimento  al  divieto  della  reformatio  in  pejus  del
 trattamento economico.
   In  proposito e' da osservare, anzitutto, che appare discutibile il
 presupposto stesso da cui muovono le ordinanze di rimessione, poiche'
 non si e' in presenza d'un semplice  passaggio  tra  carriere  presso
 diverse  amministrazioni,  bensi'  di  rapporti  che nascono ex novo,
 ovvero del solo  ricongiungimento  di  servizi  a  seguito  di  nuovi
 inquadramenti.  Trattasi,  infatti,  di posizioni che trovano la loro
 fonte nell'originario disposto dell'art. 14 del decretolegislativo n.
 96, del 1993 ed  il  loro  assetto  definitivo,  come  si  e'  visto,
 soltanto nella legge di conversione del d.-l. n. 32, del 1995. Non e'
 dato  quindi  far derivare dal trattenimento in servizio previsto dai
 primi   tre   decreti-legge    l'effetto    di    quell'irreversibile
 incorporazione  nelle  Amministrazioni,  che,  secondo  i rimettenti,
 avrebbe precluso al legislatore ogni ulteriore statuizione  in  senso
 peggiorativo del trattamento.
   La  tecnica  legislativa  che  procede per aggiustamenti successivi
 puo' di certo apparire criticabile sotto  diversi  profili.  Tuttavia
 non  e'  consentito  in  questa  sede  utilizzare l'impugnativa della
 clausola di salvezza onde selezionare la conservazione di  quei  soli
 provvedimenti  (e  dei loro effetti) che risultano piu' favorevoli ai
 ricorrenti nei giudizi a quibus. Salvo infatti quanto  si  dira'  con
 riferimento  agli  aspetti  temporali,  e'  alla  disciplina  globale
 risultante  dall'assetto  definitivo  come realizzato con la legge di
 conversione n. 104, del 1995, che occorre aver riguardo.
   Prescindendo poi da ogni considerazione sul fondamento della  tesi,
 secondo  cui  l'art.  202, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, e l'art.
 12, del  d.P.R.  28  dicembre  1970,  n.  1079  riguarderebbero  quel
 fenomeno  di  "disponibilita'"  del  personale di cui agli artt. 72 e
 segg. dello stesso d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (ora descritto  nella
 piu' ampia casistica della mobilita' di cui agli artt. 32 e segg. del
 decreto  legislativo 3 febbraio 1993, n. 29: cfr., in particolare, il
 testo  dell'art.  33,  come  sostituito  dall'art.  18  del   decreto
 legislativo  31  marzo 1998, n. 80), e' decisivo rilevare che, giusta
 quanto gia' affermato da questa Corte (v. sentenza n. 153, del 1985),
 il divieto di reformatio in pejus  rappresenta  solo  un'acquisizione
 giurisprudenziale,  utile  come  criterio  ermeneutico  ma  del tutto
 inidoneo, atteso il difetto di qualsivoglia copertura costituzionale,
 a vincolare il legislatore.
   Del resto, proprio con riguardo  alla  valutazione  del  cosiddetto
 "maturato   economico"  in  caso  di  nuovi  inquadramenti,  avvenuti
 addirittura all'interno dell'amministrazione  statale,  la  Corte  ha
 escluso    l'incostituzionalita'    della   illimitata   applicazione
 retroattiva del nuovo trattamento (sentenza  n.  296  del  1984).  In
 proposito  essa  ha  osservato  come il passaggio da un sistema ad un
 altro, importando la "riduzione a omogeneita'", implica  "una  scelta
 di  coefficienti  da  operare  sulla  base di numerose variabili, ivi
 comprese  le  disponibilita'  finanziarie,   e   quindi   con   ampia
 discrezionalita'"  (sentenze  n.  618  del  1987  e n. 624 del 1988).
 Affermazioni, queste, che a fortiori valgono nel caso in esame,  dove
 la  riduzione  ad  omogeneita'  appare  vistosa  solo  in ragione del
 trattamento particolarmente favorevole prima  goduto  dai  dipendenti
 dell'Agensud,  in  confronto con quello erogato dalle amministrazioni
 di nuova destinazione.
   3.5.  -  Parimenti  non  fondata  e'  la  censura  per   l'asserita
 disparita' di trattamento che si sarebbe verificata tra gli stessi ex
 dipendenti  dell'Agensud,  a  seconda  che  il  loro  collocamento in
 pensione fosse avvenuto prima o dopo  il  10  giugno  1994,  data  di
 emanazione del d.-l.  n. 95 del 1994.
   Anche  a  tal  proposito e' da richiamare la possibilita' di scelta
 offerta al predetto personale, il quale in quella  data  ben  avrebbe
 ancora potuto revocare la domanda di iscrizione nel ruolo transitorio
 e di collocamento in soprannumero, cosi' cessando definitivamente dal
 servizio  (v.  art.  14, comma 3), ovvero chiedere entro il 31 luglio
 1994 la revoca della volontaria  cessazione  optando  per  una  delle
 alternative  di  cui  sopra detto. La prima delle quali alternative -
 prevista  dall'art.  14-bis,  comma  1,  lettera  a)   -   consentiva
 addirittura di definire la posizione pensionistica al 12 ottobre 1993
 o,  a  seconda della convenienza, al 31 luglio 1994, computando cioe'
 anche  il  servizio  gia'  prestato  nell'amministrazione   ricevente
 (ovviamente,   con   rinvio   della  percezione  del  trattamento  di
 quiescenza al momento della cessazione del rapporto).
   Altrettanto puo' dirsi circa il calcolo  del  trattamento  di  fine
 rapporto,   immediatamente   liquidato  sulla  base  della  posizione
 costituita presso l'INA, non solo nel caso di  definitiva  cessazione
 del  rapporto,  bensi' anche in quello di opzione per un rapporto con
 decorrenza dal 13 ottobre 1993.
   3.6.  -  Considerazioni  del  tutto  analoghe valgono per escludere
 l'asserita violazione dell'art. 38  della  Costituzione  Al  riguardo
 sono  ancora una volta da sottolineare l'operativita' del gia' citato
 meccanismo di restituzione dei contributi  e  gli  oneri  nascenti  a
 carico  dello Stato dalla contribuzione integrativa di cui al comma 2
 del denunciato art. 14-bis. Nel contempo,  oltre  che  rammentare  la
 pluralita'  di  scelte  offerte  al dipendente, deve ribadirsi che il
 legislatore ha il potere d'intervenire anche in senso  riduttivo  sui
 trattamenti  pensionistici (v., ex plurimis, sentenze n. 240 del 1994
 e n. 417 del 1996), nei limiti della compatibilita' finanziaria,  del
 bilanciamento  d'interessi  e  della  complessiva ragionevolezza, che
 nella specie - alla luce  di  tutto  quanto  sopra  osservato  -  non
 possono certamente considerarsi travalicati.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti   i   giudizi,   dichiara   non  fondate  le  questioni  di
 legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma  2,  della  legge  7
 aprile  1995,  n.  104  (conversione  in  legge  del  decreto-legge 8
 febbraio 1995, n.  32, recante disposizioni urgenti per accelerare la
 concessione delle agevolazioni alle attivita' gestite dalla soppressa
 Agenzia per la promozione dello  sviluppo  del  Mezzogiorno,  per  la
 sistemazione    del   relativo   personale,   nonche'   per   l'avvio
 dell'intervento  ordinario  nelle  aree   depresse   del   territorio
 nazionale), 14, comma 4, e 14-bis, comma 1, lettera b), e commi 3 e 4
 del  decreto  legislativo  3 aprile 1993, n. 96. (Trasferimento delle
 competenze dei soppressi Dipartimenti per gli interventi straordinari
 nel Mezzogiorno e  Agenzia  per  la  promozione  dello  sviluppo  del
 Mezzogiorno,  a  norma  dell'art.  3 della legge 19 dicembre 1992, n.
 488), (nel testo introdotto dal decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32,
 convertito in legge 7 aprile 1995, n. 104), sollevate in riferimento,
 agli  artt.  3,  36  e   38   della   Costituzione,   dal   tribunale
 amministrativo regionale del Lazio, con le ordinanze in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 1 giugno 1998.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Ruperto
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 19 giugno 1998.
                       Il cancelliere: Fruscella
 98C0747