N. 228 SENTENZA 1 - 19 giugno 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Filiazione - Minori -  Azione  per  la  dichiarazione  giudiziale  di
 paternita'  o  maternita'  naturale  -  Competenza per   territorio -
 Individuazione del tribunale per  i  minorenni  nell'ambito  del  cui
 distretto   risiede   il   minore  -  Esclusione  -  Discrezionalita'
 legislativa - Riferimento alla giurisprudenza della Corte in  materia
 (vedi  sentenze  nn.  451/97, 429/91 e 193/97) - Ragionevolezza - Non
 fondatezza.
 
 (C.P.C., art. 18; c.c. art. 274; disp. att., c.c. art. 38).
 
 (Cost.,  art.  3, primo comma, 31, primo e secondo comma, e 24, primo
 comma).
 
(GU n.26 del 1-7-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,    prof.
 Cesare MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
  dott.  Cesare  RUPERTO,    dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY,
  prof. Valerio ONIDA,  prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv. Fernanda CONTRI,
  prof. Guido NEPPI MODONA,   prof. Piero Alberto  CAPOTOSTI,    prof.
 Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 18 del codice
 di procedura civile, 274 del codice civile e 38 delle disposizioni di
 attuazione  del  codice  civile,  promosso  con ordinanza emessa il 9
 gennaio 1997 dal tribunale per i  minorenni  di  Torino  sul  ricorso
 proposto  da Sciandra Cinzia contro Mafrici Francesco, iscritta al n.
 459 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Udito nella camera di  consiglio  del  25  marzo  1998  il  giudice
 relatore Fernanda Contri.
                           Ritenuto in fatto
   Nel  corso  di  un  giudizio  di  ammissibilita' dell'azione per la
 dichiarazione giudiziale di paternita' naturale, il tribunale  per  i
 minorenni  di  Torino,  con  ordinanza  emessa  il 9 gennaio 1997, ha
 sollevato, in riferimento agli artt. 3,  primo  comma,  31,  primo  e
 secondo  comma,  e  24, primo comma, della Costituzione, questione di
 legittimita' costituzionale degli artt. 18 del  codice  di  procedura
 civile,  274  del codice civile e 38 delle disposizioni di attuazione
 del codice civile, nella parte in cui escludono che nel  giudizio  di
 ammissibilita'   dell'azione   per  la  dichiarazione  giudiziale  di
 paternita'  o  maternita'  naturale  la  competenza  per  territorio,
 qualora  la causa riguardi un minore, venga individuata nel tribunale
 per  i  minorenni  nell'ambito  del  cui  distretto risiede il minore
 stesso.
   Il giudice rimettente precisa anzitutto che la  individuazione  del
 tribunale  territorialmente  competente  a  conoscere  dell'azione in
 esame e' stata lungamente dibattuta  sia  in  giurisprudenza  che  in
 dottrina,   dando   luogo   a   contrapposti   orientamenti:  secondo
 l'indirizzo prevalente, l'attribuzione al tribunale per  i  minorenni
 della  competenza  in  questione, ad opera dell'art. 68 della legge 4
 maggio 1983, n.  184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei
 minori),  non  ha  modificato  i  criteri  di  individuazione   della
 competenza  per  territorio,  ne'  ha  esplicato effetti sulla regola
 generale del luogo di residenza del convenuto, prevista dall'art.  18
 cod.  proc.  civ.,  attesa  soprattutto  la  natura  contenziosa  del
 giudizio de quo; la tesi minoritaria (Cass.  6 ottobre 1989, n. 3999)
 muove, invece, dalla considerazione che  la  competenza  territoriale
 del   giudice   di  residenza  del  minore  costituisce  un  criterio
 certamente piu' rispondente  alla  realizzazione  dell'interesse  del
 medesimo  minore,  ponendosi  in  armonia  con i principi generali in
 materia di competenza per territorio del giudice specializzato.   Con
 la  sentenza  n.  1373  del  1992  le  Sezioni  unite  della Corte di
 cassazione hanno composto il contrasto giurisprudenziale,  affermando
 che in assenza di una espressa disposizione di legge contraria non vi
 e'  alcun  motivo  per  discostarsi  dal  criterio  del foro generale
 dell'art.  18  cod.  proc.  civ.,  la  cui  applicazione   circa   la
 determinazione della competenza territoriale anteriormente alla legge
 n.  184  del  1983  non  era dubbia, e ritenendo del tutto apodittica
 l'affermazione secondo cui  il  giudice  specializzato  non  potrebbe
 assolvere  appieno  ai  propri compiti di salvaguardia dell'interesse
 del minore se non nell'ipotesi  di  coincidenza  con  il  giudice  di
 residenza  del  minore stesso; la conclusione, a parere delle Sezioni
 unite,  rimane  identica  anche   dopo   l'intervento   della   Corte
 costituzionale,  che  con  sentenza  n.  341  del  1990 ha dichiarato
 l'illegittimita' costituzionale dell'art.  274 cod. civ. nella  parte
 in  cui  non  prevede  che  l'azione  sia ammessa solo se rispondente
 all'interesse del minore.
   Ad avviso del tribunale rimettente, l'applicazione del criterio del
 foro del convenuto, per  le  cause  di  dichiarazione  giudiziale  di
 paternita' o maternita' naturale, si pone in contrasto con i principi
 che regolano la generalita' delle procedure devolute al tribunale per
 i   minorenni,   la  cui  competenza  territoriale  e'  per  lo  piu'
 individuata nel luogo  di  residenza  del  minore,  come  risulta  da
 numerose disposizioni sia in tema di adozione e affidamento di minori
 che   relativamente   ai   provvedimenti  limitativi  della  potesta'
 genitoriale; proprio in ordine a questi ultimi la Suprema Corte  piu'
 volte ha affermato che deve aversi riguardo al luogo di residenza del
 minore,   dovendosi   privilegiare   le   esigenze  di  realizzazione
 dell'interesse  del  medesimo,  rispetto  alle  quali  l'organo  piu'
 funzionale e' quello del distretto di appartenenza.
   La  diversita'  di  disciplina  rispetto a procedure che ugualmente
 richiedono una valutazione dell'interesse  del  minore,  come  quelle
 dirette  all'emanazione  di  provvedimenti  ablativi  della  potesta'
 genitoriale, ovvero quelle in  materia  di  adozione  e  affidamento,
 induce  il  rimettente  a  sospettare  la violazione del principio di
 eguaglianza,  per  la  necessita'  di  sottoporre  ad   un   medesimo
 trattamento,   anche   nelle   modalita'   di   attuazione   in  sede
 giurisdizionale, situazioni  e  aspettative  che  appaiono  identiche
 sotto il profilo sostanziale.
   La  normativa  in  oggetto, rendendo piu' onerosa l'azione da parte
 del genitore ricorrente con il quale il minore convive e affievolendo
 le probabilita' di una sua instaurazione, sembra al rimettente  porsi
 in  contrasto con il principio di accesso alla tutela giurisdizionale
 e con quello di tutela della famiglia e della sua formazione, che  si
 attua  anche  attraverso  l'acquisizione, per via legale, del secondo
 genitore. Relativamente a quest'ultimo principio  il  giudice  a  quo
 sottolinea come l'evoluzione giurisprudenziale successiva alla citata
 sentenza  della  Corte  n.  341  del 1990 sia orientata nel senso del
 perseguimento  della  genitorialita'  completa,   per   gli   effetti
 positivi, nello sviluppo della prole, della contemporanea presenza di
 entrambe  le  figure  genitoriali,  a  meno  che  cio'  non determini
 concreto pregiudizio  per  il  minore,  onde  ogni  ostacolo  che  il
 genitore  ricorrente  incontra si riflette sullo status personale del
 minore, nel cui interesse egli agisce.
   Ad avviso del rimettente, si profilerebbe inoltre un contrasto  con
 il  principio  costituzionale  di  protezione  dell'infanzia  e della
 gioventu', in quanto una efficace  tutela  dei  minori  non  potrebbe
 attuarsi  senza la predisposizione di strumenti processuali specifici
 e  adeguati   alle   problematiche   psicoaffettive   dei   medesimi.
 L'ordinamento   ha  infatti  previsto  un  organo  specializzato,  ha
 introdotto  procedure   che   privilegiano   la   speditezza   e   la
 realizzazione  degli interessi dei minori ed ha disegnato un processo
 penale  con  regole  proprie.    Inoltre,  quando  la   giurisdizione
 coinvolge   un   minore,  il  citato  principio  costituzionale  deve
 intendersi quale  diritto  a  non  subire  conseguenze  negative  per
 effetto di esperienze processuali: al riguardo, il rimettente avverte
 che   nelle  procedure  in  questione  puo'  rendersi  indispensabile
 l'audizione del minore, la quale darebbe  luogo  a  gravi  disagi  se
 fossero necessari anche lunghi spostamenti sul territorio. Infine, il
 rimettente  sottolinea  che  l'efficacia  dell'attivita' svolta dagli
 organi  sociali  e   amministrativi   di   tutela   dell'infanzia   e
 dell'adolescenza    potrebbe   essere   compromessa   dalla   mancata
 corrispondenza tra il luogo in cui  vive  il  minore,  il  luogo  ove
 operano  i  servizi  stessi  e la sede del tribunale per i minorenni,
 determinandosi un'incongrua sovrapposizione di procedure, ad opera di
 organi giudiziari diversi per territorio.
                        Considerato in diritto
   1. - Il tribunale per  i  minorenni  di  Torino  ha  sollevato,  in
 riferimento  agli  artt. 3, primo comma, 31, primo e secondo comma, e
 24,  primo  comma,  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale  degli  artt.  18  cod. proc. civ., 274 cod. civ. e 38
 disp. att. cod.  civ., nella parte in cui escludono che nel  giudizio
 di  ammissibilita'  dell'azione  per  la  dichiarazione giudiziale di
 paternita'  o  maternita'  naturale  la  competenza  per  territorio,
 qualora  la causa riguardi un minore, venga individuata nel tribunale
 per i minorenni nell'ambito  del  cui  distretto  risiede  il  minore
 stesso.
   Ad avviso del tribunale rimettente le norme censurate si porrebbero
 in contrasto:
     a)  con  l'art.  3  della  Costituzione,  per  la  ingiustificata
 diversita' di disciplina  processuale  di  situazioni  identiche  sul
 piano   sostanziale,   le   quali  dovrebbero  ricevere  un  medesimo
 trattamento   anche   nelle   modalita'   di   attuazione   in   sede
 giurisdizionale;
     b)  con  gli  artt.  24,  primo  comma,  e 31, primo comma, della
 Costituzione,  poiche'  l'applicazione  del  criterio  del  foro  del
 convenuto,  rendendo  piu'  onerosa  l'azione  da  parte del genitore
 ricorrente ed affievolendo la probabilita' della  sua  instaurazione,
 puo'  ostacolare l'accesso alla tutela giurisdizionale e pregiudicare
 la  formazione  della  famiglia,  che  si  attua   anche   attraverso
 l'acquisizione, per via legale, del secondo genitore;
     c)  con  l'art.  31, secondo comma, della Costituzione, in quanto
 una efficace  tutela  dei  minori  non  potrebbe  attuarsi  senza  la
 predisposizione  di  strumenti  processuali specifici e adeguati alle
 problematiche psicoaffettive dei medesimi.
   2. - La questione non e' fondata.
   Con la modifica dell'art. 38 delle disposizioni di  attuazione  del
 codice  civile, introdotta dall'art. 68 della legge 4 maggio 1983, n.
 184, il legislatore, attribuendo  al  tribunale  per  i  minorenni  -
 quando  l'azione  riguardi  minori  -  la  competenza  in ordine alla
 dichiarazione giudiziale di  paternita'  o  maternita'  naturale,  in
 precedenza  spettante al tribunale ordinario, ha indubbiamente inteso
 esaltare la specificita' delle funzioni del detto organo, ritenendolo
 particolarmente  idoneo   a   valutare   le   problematiche   sottese
 all'accertamento dello status del minore.
   La  modifica in esame non ha tuttavia comportato deroghe ai criteri
 di determinazione della competenza territoriale, la quale continua ad
 individuarsi sulla  base  delle  ordinarie  regole  del  processo  di
 cognizione.  Del  che  si  duole  il  giudice  a  quo,  lamentando la
 violazione dei principi enunciati  negli  artt.  3,  24  e  31  della
 Costituzione.
   Benche'  possa  convenirsi  con  il  tribunale  rimettente  che  la
 competenza territoriale di un giudice diverso da quello del luogo  in
 cui  risiede  il  minore e' talvolta fonte di disagi, connessi per lo
 piu' all'acquisizione dei particolari e delicati  elementi  probatori
 che il procedimento in esame richiede, tuttavia essi non si traducono
 per cio' solo nella violazione di precetti costituzionali, poiche' il
 diritto  di  azione  non  e'  in  alcun modo impedito, ne' seriamente
 ostacolato dalla mera distanza tra il luogo di  abituale  dimora  del
 minore  e la sede del tribunale minorile competente e la specificita'
 delle  funzioni  di  tale  organo  garantisce  comunque  ex  se   una
 particolare e attenta ponderazione delle problematiche psicoaffettive
 del  minore  medesimo  e  la  predisposizione di ogni cautela atta ad
 evitare allo stesso qualunque turbamento.
   Le  difficolta'  di  carattere   procedimentale   prospettate   dal
 rimettente   trovano   peraltro   soluzione  negli  stessi  strumenti
 processuali che consentono l'assunzione  dei  mezzi  di  prova  fuori
 della  circoscrizione  del  tribunale  attraverso  delega  al giudice
 minorile  del  luogo:  cio'  vale  ad  escludere  che   la   concreta
 applicazione  delle  norme  censurate  possa  involgere  questioni di
 costituzionalita'.
   3. - Questa Corte ha avuto piu' volte occasione  di  affermare  che
 rientra  nelle  valutazioni discrezionali del legislatore non solo la
 conformazione generale  degli  istituti  processuali,  ma  anche,  in
 particolare,  la  determinazione  delle  competenze e la ripartizione
 della    giurisdizione,   purche'   effettuate   nei   limiti   della
 ragionevolezza (tra le tante, sentenze nn.  451  del  1997,  429  del
 1991, 193 del 1987; ordinanze nn. 139, 63 e 7 del 1997).
   Una  volta  affidata  la cognizione dell'azione in esame al giudice
 che per composizione e specificita' di competenze risulta piu' idoneo
 a dare risposta alle complesse esigenze del minore, si  appalesa  non
 irragionevole  la scelta del legislatore di lasciar operare i criteri
 determinativi  della  competenza  territoriale  secondo   le   regole
 generali  previgenti;  tanto  piu'  in  relazione  ad un'azione, come
 quella in  oggetto,  che  presenta  elementi  di  natura  tipicamente
 contenziosa   e   che   non  puo'  essere  ricondotta  al  genus  dei
 procedimenti modificativi,  ablativi  o  restitutivi  della  potesta'
 genitoriale - invocati dal rimettente quale tertium comparationis - i
 quali  costituiscono espressione della categoria dei provvedimenti di
 volontaria giurisdizione, ne' ai provvedimenti in materia di adozione
 e affidamento, i cui presupposti di fatto - e specificamente lo stato
 di abbandono - impediscono ogni comparazione.
   Del resto l'unica  azione  che  presenta  caratteristiche  peraltro
 speculari  a  quella  in esame e' la opposizione al riconoscimento di
 figlio naturale, prevista nel quarto comma dell'art. 250  del  codice
 civile,  rispetto  alla  quale opera lo stesso criterio ordinario del
 foro  del  convenuto   per   la   determinazione   della   competenza
 territoriale del tribunale per i minorenni. Deve quindi escludersi la
 sussistenza  della  lamentata disparita' di trattamento di situazioni
 asseritamente identiche sotto  il  profilo  sostanziale,  poiche'  la
 diversa  natura  delle  azioni  considerate  giustifica  l'assenza di
 uniformita' processuale dei vari procedimenti, nei  quali  si  impone
 comunque la valutazione dell'interesse del minore, appunto attribuita
 al giudice minorile.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 degli artt. 18 del codice di procedura civile, 274 del codice  civile
 e  38  delle disposizioni di attuazione del codice civile, sollevata,
 in riferimento agli artt. 3, primo comma, 31, primo e secondo  comma,
 e  24, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale per i minorenni
 di Torino con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 1 giugno 1998.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Contri
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 19 giugno 1998.
                       Il cancelliere: Fruscella
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